Egitto: dire no, insieme si può
Il coraggio di denunciare l’oppressione in cui vivono le donne. Nel racconto della giovane Amani donne di diverse età rivelano i loro sogni
Zenab Ataalla (*)
Si è tenuta nel giugno scorso la premiazione del primo concorso di scrittura creativa in lingua italiana organizzato dall’Università del Cairo. Nato come progetto pilota, il concorso ha visto una buona partecipazione degli iscritti al corso di laurea in Lingua e Letteratura italiana della prima università della capitale egiziana. I racconti e le pièce teatrali hanno affrontato vari temi, da quello politico a quello comico, passando per quello sociale e proprio in questa sezione un racconto in particolare ha suscitato l’interesse nel pubblico presente.
Con il titolo “E questo non si fa…”, Amani – una studentessa di 21 anni – ha avuto il coraggio di denunciare quello che molti sanno, ma che tutti alla fine tacciono. Stiamo parlando della condizione che molte ragazze egiziane sono costrette a vivere, oppresse da una società che richiede loro un determinato ruolo da assumere. «In Egitto per molte giovani come me è difficile avere un vita indipendente. Lavorare e decidere del nostro futuro in piena autonomia è quasi impossibile. I sogni restano solo sogni e le passioni rimangono tali perché la famiglia e la società non ti permettono di realizzarli» dice Amani.
Mentre parliamo, il suo sguardo si accende e la voce diventa incalzante fino a quando non mi confida che non ha alcun timore nel dirmi che il racconto da lei scritto parla della sua vita e di quelle che molte sue amiche vivono. «Attraverso Farida, la protagonista, esprimo il mio dissenso a tutto questo. Farida studia all’università, è quasi al termine del suo percorso di studi. Da piccola amava il tennis, ma un infortunio ha posto fine al suo sogno di diventare una giocatrice professionista. Da grande invece il suo desiderio e quello di una sua amica di studiare all’estero si scontrano con quello che può pensare la società. Non è possibile per una ragazza continuare gli studi oltre i confini e tanto meno vivere da sola senza la famiglia perché è la società che determina il modo in cui devi agire e comportarti».
Tutto questo Amani lo racconta bene nella sua storia. E lo fa in maniera incisiva quando parla di Farida che, trovandosi in presenza della madre e delle sue amiche in occasione del compleanno della sorella, si oppone chiaramente a quello che vuole la gente per lei. In un crescendo tutte sembrano ritrovare il coraggio di parlare e di aprirsi senza paura di essere giudicate. E così la madre di Farida confida che avrebbe sempre voluto viaggiare, mentre una sua amica rivela che avrebbe voluto aprire un ristorante in cui inventare e sperimentare nuove ricette culinarie.
«Nel mio racconto breve le donne parlano di quello che non hanno realizzato ma, se si legge bene, nel loro rimpianto c’è la voglia di incoraggiare le giovani a vivere la vita. In Egitto le donne sanno di avere i diritti, ma troppe volte non se ne rendono conto. Credo che le donne egiziane debbano prima di tutto capire a cosa devono aspirare e cosa la realtà nega loro. Perché solo così possono cominciare a vivere per davvero. Questa è la mia storia e quella di Farida: io come lei voglio lavorare e realizzare i miei sogni. Voglio aiutare le giovani a credere in loro stesse perché un cambiamento è possibile».
(*) ripreso da «Noi donne» on line, numero 37 del 22 settembre