El Salvador: disuguaglianze e devastazioni ambientali

Sopprimere i limiti ai possedimenti terrieri non genera sviluppo e gli ultimi governi di sinistra non sono riusciti a sconfiggere le disuguaglianze sociali.

di Maria Teresa Messidoro (*)

El Salvador è attualmente l’unico paese della regione centroamericana che pone dei limiti alla proprietà della terra: uno dei pochi risultati positivi della Riforma Agraria degli anni 80 è stato infatti inserire nella Costituzione del paese l’articolo 105 che afferma:”L’estensione massima di terra rustica appartenente ad una sola persona naturale o giuridica non potrà superare i 245 ettari. Questa limitazione non potrà essere applicata alle associazioni cooperative o comunali contadine”

Ma dopo i risultati delle elezioni legislative del marzo scorso, quando la destra salvadoregna si è assicurata il controllo assoluto del Parlamento, potendo quindi ottenere i voti necessari (56 su 84) per cambiare la Costituzione, questa barriera contro la concentrazione di terre potrebbe purtroppo cadere.

Con la scusa di voler cancellare un ostacolo agli investimenti ed aumentare la produzione, i partiti Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), Gran Alianza por la Unidad Nacional (GANA) e il Partido Demócrata Cristiano (PDC) presentarono in aprile un progetto di legge per raggiungere senza troppa fatica l’obiettivo che si sono proposti.

Gerson Martínez, ex ministro di Obras Públicas nel governo del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN), ricordò in una conferenza stampa che questo limite era stato imposto per consentire a più persone di accedere alla terra. Volerlo eliminare fa parte di un progetto molto più ampio, che cerca di incrementare il modello “estrattivista”, beneficiando il grande capitale nazionale e multinazionale, distruggendo tutti i risultati raggiunti in precedenza.

Una delle rivendicazioni del popolo salvadoregno è stata da sempre l’accesso alla terra. Nella decade del 1870, sotto la presidenza di Francisco Dueñas, appartenente a una delle storiche famiglie oligarchiche del paese, le cosiddette 14 famiglie, si diede impulso alla coltivazione del caffè. Queste avvenne con la realizzazione di una “riforma agraria”, con cui si estinguevano le terre comunali e comunitarie, costringendo le popolazioni indigena ad abbandonare le proprie comunità secolari per ritirarsi nella zona costiera e quella settentrionale di El Salvador.

Contemporaneamente,  le terre più fertili vennero gentilmente consegnate ai latifondisti che poco alla volta ampliarono il proprio impero senza nessun controllo, assicurandosi una parvenza di legalità attraverso la creazione di un Registro di Proprietà.

Nel 1980, poco prima dello scatenarsi della guerra civile, l’allora Junta de Gobierno, cercò di dare vita ad una riforma agraria, il cui compito ufficiale doveva essere quello di beneficiare i campesinos senza terra. In realtà il vero scopo era quello di occupare militarmente il paese, come avvenne a partire dal 6 marzo di quell’anno, e controllare la popolazione contadina per evitare che appoggiasse i nascenti gruppi guerriglieri.

La prima fase della riforma prevedeva l’espropriazione di 200 latifondi con più di 500 ettari, con la seconda fase si sarebbero dovuti espropriare le circa 1700 proprietà tra i 100 e i 500 ettari, soprattutto legati alla coltivazione del caffè, mentre la terza fase avrebbe dovuto consegnare le terre, in piccole proprietà fino a 7 ettari, a contadini, affittuari e coloni.

Ma con l’ascesa politica della forza politica di destra ARENA nel 1982, si cambiò la Costituzione ponendo il limite dei 245 ettari, senza più proseguire nella seconda e terza fase, il cuore della riforma agraria, che venne quindi definitivamente abbandonata.

Alcuni anni più tardi, finita la guerra ma non le disuguaglianze sociali che l’avevano scatenata, ancora sotto i governi di ARENA, nel 1991 e 1996, il Parlamento approvò alcuni decreti con i quali si promuovevano la parcellizzazione e la vendita delle terre in mano di associazioni cooperative. A fine novembre del 2005 si contavano 56.000 ettari di terra assegnati a più di 70.000 proprietari individuali.
L’attuale commissaria presidenziale per i Diritti Umani, María Silvia Guillén, ha recentemente affermato che questo decreti diedero “il colpo mortale alla riforma agraria, spogliando via via le cooperative delle loro terre. Ci furono loschi affari, moltissime irregolarità, a volte purtroppo con il coinvolgimento di dirigenti delle cooperative o membri delle giunte direttive di alcune comunità locali”

Le terre agricole si trasformarono nuovamente in mercanzia, alla mercè di chi meglio poteva pagare. Smisero di essere terre produttive, diventando beni adatti soprattutto alla speculazione. Poco alla volta furono acquistate dalle banche, per pagare debiti contratti dai loro possessori, quindi vendute per l’industria ed il commercio, quasi sempre parcellizzate per la costruzione di case o per strutture turistiche. Ancora una volta il mondo contadino fu spogliato del territorio in cui viveva da sempre.

Esemplare è stato il caso della finca El Espino, in Antiguo Cuscatlán, nel cuore dell’impero della famiglia Dueñas. Nel 1980 la finca viene nazionalizzata, ma la famiglia non si arrende e ottiene che nel 1986 la Corte Suprema di Giustizia le restituisca 250 ettari, dichiarati immediatamente urbanizzabili.

Inizia così un costante processo di speculazione edilizia: si costruiscono i centri commerciali Multiplaza e Las Cascadas.

Secondo il giornale digitale El Faro, due impresari della quarta generazione dei Dueñas, sono soci di Dueñas Hermanos Limitada, Dueñas Hermanos y Compañía, e Roberto Dueñas Limitada, che complessivamente possiedono un capitale sociale di circa 121 milioni di dollari, cifra aggiornata al 2015.

La finca El Espino non esiste più, da anni si è trasformata nel Distretto Espino, dove il ramo di sviluppo immobiliare della holding Dueñas Hermanos Ltda, con il nome accattivante di Urbanica ha costruito La Puerta Los Faros, tre torri di dieci piani di lussuosi appartamenti; ciascuno di loro costa tra i 250.000 e i 500.000 dollari, quando il salario minimo della maggioranza della popolazione supera di poco i 400 dollari mensili.

Naturalmente questa meravigli è stata costruita nel centro di una zona ricca di alberi, palestra, giochi infantili, piscina, spazio per barbecue,…

Il direttore generale esecutivo di Urbanica è, indoviniamo un po’ .. Alejandro Arturo Dueñas Soler, rampante quarantenne della quinta generazione della famiglia.

L’impero non si ferma qui: Urbanica costruisce nel 2004 il centro commerciale La Gran Vía; nel 2006 Puerta La Castellana, nel 2007 l’ edificio di uffici Promérica e l’ Hotel Courtyard Marriot; nel 2010 il Portal La Ribera; nel 2011 Puerta Gran Canaria e Portal del Casco; nel 2012 Puerta La Palma; nel 2013 Portal del Casco Norte; nel 2014 Puerta La Castellana.

Conseguenza inevitabile di tutto ciò è che le famiglie associate alla cooperativa El Espino, poco alla volta, sono state costrette ad abbandonare le proprie case e i propri piccoli appezzamenti di terra. Il clamore suscitato nei primi mesi di quest’anno per l’allontanamento di intere famiglie contadine, gli interventi indignati di associazioni e di autorità della Chiesa, non hanno potuto fermare il progresso, che inesorabilmente procede, ruspe in azione.

Dice ancora Guillén: “La destra controlla oggi l’Assemblea Legislativa e non solo vuole riformare l’articolo 105 della Costituzione per tornare al latifondo, sta cercando in tutti i modi di cancellare la Legge che proibisce le miniere in El Salvador, legge approvata soltanto l’anno scorso, di espandere le monoculture tradizionali e introdurrne delle nuove, come la palma africana e di far approvare una Legge che privatizzi l’acqua”

Ma c’è altro che preoccupa i difensori dell’ambiente e delle comunità locali: El Salvador è stato uno dei paesi della regione centroamericana con il maggior incremento del turismo: nel 2017 i visitatori sono stati circa 2,2 milioni, il 10% in più dell’anno precedente, con una entrata complessiva di circa 1500 milioni di dollari, con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. Tra il 2009 ed il 2017 le entrate dovute al turismo sono aumentate del 145%.

I grandi capitali sono dunque interessati al settore turistico, i cui affari si rivelano molto più vantaggiosi oggi delle coltivazioni, anche quelle latifondiste:nascono così’ centri ricreativi completamente avulsi dal contesto in cui si situano, in evidente contrasto con la realtà di povertà e di difficoltà che li circonda.

Un esempio è l’inizio delle opere del Fomilenio II, un progetto finanziato dal governo degli Stati Uniti, attraverso la Corporación del Reto del Milenio, con un investimento di 365 milioni di dollari e con un impatto negativo sulla zona costiera.
Senza dimenticare i complessi residenziali a fini turistici già esistenti, come l’ Encanto Residential Country Club, situato tra i comuni di San José Villanueva e Zaragoza, con più di 600 appartamenti costruiti intorno ad un campo da golf di categoria mondiale, in una zona in cui l’acqua scarseggia per la popolazione locale.

O come il progetto abitativo Costa Real, del Grupo Poma, un complesso di 4 torri e 112 appartamenti nella Costa del Sol, una delle migliori spiagge del paese.

Voler sopprimere il limite al possesso delle terre significa creare le condizioni per uno sviluppo con un forte impatto ambientale e culturale, completamente avulso da politiche che realmente siano al servizio della popolazione, proteggendo l’ambiente ed i beni comuni.

Questo articolo prende spunto da Suprimir límite a la tenencia de la tierra no genera desarrollo sino mayor desigualdad di Giorgio Trucchi

Interessante è anche l’articolo

Historias y territorios oligárquicos en El Salvador di Roberto Pineda

E non perdetevi la pubblicità di Puerta Los Faros 

Sembra un film americano, ma purtroppo è la realtà di un paese come El Salvador, in cui gli ultimi governi di sinistra non sono riusciti a sconfiggere le disuguaglianze sociali.

(*) vicepresidente Associazione Lisangà

 

Teresa Messidoro

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