El Salvador: tutto il potere in una mano
di Maria Teresa Messidoro (*)
El Salvador: Nuevas Ideas, il partito del presidente Bukele ha stravinto alle elezioni amministrative, svoltesi il 28 febbraio scorso
Il 28 febbraio passerà alla storia salvadoregna come il giorno in cui gli elettori (votando per nominare i componenti dell’Asamblea Legislativa, del Parlamento Centroamericano ed i sindaci) hanno consegnato un potere senza precedenti ad una sola persona, l’attuale presidente Nayib Bukele. Ha infatti vinto Nuevas Ideas, che ha condotto la campagna elettorale come il partito della N di Nayib, promettendo fedeltà assoluta al suo leader carismatico e politico.
Dopo la fine della guerra nel 1992, il partito che ha ottenuto più deputati è stato ARENA, nel 1994, con 39 deputati, 17 meno di quelli conquistati il 28 febbraio da Bukele.
Infatti, nella sua prima partecipazione elettorale con 56 deputati (secondo il conteggio preliminare del Tribunal Supremo Electoral) Nuevas ideas ha ottenuto la strada spianata per qualsiasi decisione, potendo godere sia sulla maggioranza semplice (43 voti) che sulla qualificata (56); secondo i calcoli aritmetici, durante la legislatura 2021-2024 non ci sarà una opposizione rilevante che costringa l’esecutivo a negoziare. Votazioni che finora hanno richiesto fino a settimane – o mesi addirittura – di scontri e compromessi, come approvare il bilancio, ora potranno essere risolte in un attimo, senza necessità di dialogo con forze esterne a NI.
Oltre tutto, NI potrà quasi sicuramente contare sempre o quasi sui 5 voti dei deputati di GANA, il suo storico alleato, e magari anche sull’appoggio di 2 deputati del PCN e 1 del PDC che tradizionalmente si sono sempre accordati con le forze maggioritarie presenti nella legislatura.
Il giovane presidente, di appena 36 anni, potrà contare su una Asamblea Legislativa disponibile a ratificare anche qualunque decisione relativa al debito dello Stato e soprattutto a confermare l’elezione dei funzionari di secondo grado in istituzioni fondamentali, come la Corte Suprema de Justicia, il Fiscal general, il Procurador general de derechos humanos e infine i membri del Consejo Nacional de la Judicatura.
La maggioranza semplice di 43 voti gli consentirà di prendere le decisioni ordinarie senza particolari preoccupazioni, come la amministrazione di risorse naturali (è in ballo la legge sulla gestione dell’acqua, che alcune forze economiche vorrebbero privatizzare, nonostante l’opposizione di ampi settori della società civile) o la gestione delle infrastrutture, importanti per un Governo che ha promesso di recente di costruire un nuovo aeroporto nell’oriente del Paese, di definire la concessione del terminale dello scalo merci dell’aeroporto internazionale Oscar Arnulfo Romero e la concessione del porto di Cutuco.
Bisogna ricordare che molti candidati di NI sono stati impiegati delle amministrazioni municipali o dell’esecutivo di Bukele, contrattisti o pubblicisti dell’attuale governo, fedeli e leali ai suoi messaggi propagandistici, come il piano economico post-crisi, promesso in giugno da Bukele e da lui descritto come il “piano che sorprenderà la popolazione e il mondo intero”.
A livello locale lo scenario cambia di poco: NI conquista 13 delle 14 città capoluogo delle province in cui è suddiviso il Paese.
ARENA ha perso San Salvador e altri 8 capoluoghi, mentre l’FMLN ha mantenuto l’amministrazione di alcuni luoghi storicamente in mano alla sinistra (come San José Las Flores, San Antonio Los Ranchos, Las Vueltas e San Isidro Labrador, tutti nella provincia di Chalatenango) ma ha perso 2 capoluoghi e altri 2 li ha persi pure il PCN; GANA ha invece perso San Francisco Gotera ma ha conquistato Sensuntepeque, in Cabañas.
La sconfitta del FMLN è senza precedenti: nel 2018, nella scorsa tornata elettorale amministrativa aveva ottenuto 520 mila voti, nelle presidenziali del 2019 era sceso a 389 mila e ora cala a 162 mila voti.
Secondo i primi commenti, l’FMLN paga la scelta della corruzione come pratica politica, con l’aggravante di aver rincorso il partito di destra ARENA, ragione per cui secondo molti settori delusi della popolazione votare per uno o per l’altro non faceva la differenza. I movimenti sociali, chi si è sempre riconosciuto nella sinistra tradizionale, si sono ritrovati orfani di un partito capace di rappresentare e portare avanti politiche ispirate a valori di giustizia ed equità sociale.
Mentre il partito del presidente riesce a ottenere sia l’appoggio dei nuovi oligarchi millenials (i cui nonni erano i grandi proprietari terrieri e i padri i rappresentanti della oligarchia finanziaria) che quello dei settori medio-bassi della popolazione, che vedono in NI la forza capace di rimettere al centro della vita politica la persona umana. Le scelte nel campo dell’educazione, della salute, della sicurezza appaiono possibili se nessuno “ruba”. Una terza via dunque, anche se con il rischio di una nuova forma di caudillismo latinoamericano, senza controparte.
Vi sarà tempo per riflettere ed analizzare; poco tempo, forse, per riprendere in mano la propria storia e ritrovarsi in strada a protestare, denunciare e costruire una alternativa credibile.
(*) vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento, www.lisanga.org