Elezioni Roma: due considerazioni
di Gianluca Cicinelli
A Roma si sono presentate separatamente 5 liste a sinistra del Pd, che sommando i voti non hanno raggiunto nemmeno il 2%. La prima considerazione è quindi dedicata a questo aspetto.
E’ evidente che la parola sinistra, e ancora di più anticapitalismo, provoca ribrezzo nella maggior parte degli interlocutori. Che le sostengano uno o cento partiti, che siano partiti governisti o di lotta pura, ce l’hanno non soltanto fatto capire, ma proprio esplicitamente detto: ci state sulle palle, sciò, annatevene che c’avemo da lavorà.
Allora c’è solo una possibile via d’uscita a questa incresciosa situazione. Sparire.
Così, d’improvviso, non parliamone più, non attacchiamo pipponi sulla violenza del capitale che sventra persone e natura, non proponiamo lavori forzati per quelli che ti licenziano da un giorno all’altro per andare a sfruttare altri popoli più poveri, non arricciamo il naso quando ci parlano del sogno americano e della grandezza della Nato. Anzi, non salutiamoci nemmeno più per strada quando c’incontriamo. E’ meglio.
Poi, tipo quando sei al bar, uno parla di barboni, tu butti lì una cosa del tipo “magari prima aveva un lavoro”, oppure quando si parla d’immigrati sul bus inserisci un “nel suo paese sarebbe morto di fame”, la butti sul compassionevole. Si possono ancora vivere bei momenti sociali poi quando si parla delle banche, lì pure a destra sono d’accordo, dai una stoccatina ai ricchi, ma così, sul bonario, fai finta che non li odi. E poi fai lo stesso nei posti di lavoro, con aria da finto tonto difendi un collega ingiustamente ripreso da un superiore, compari il tuo stipendio con quello di una colf ma con un sorrisetto senza pretese.
Sia perchè non sappiamo che dire di realmente serio per cambiare la società neanche tra di noi e sia perchè comunque nessuno vuole più ascoltare questa roba qua. Poi se ci si presenta l’occasione individualmente di sostenere un punto di vista “non di destra” in una discussione sapremo che fare, ma mai più pensando di rappresentare qualcosa di diverso da noi stessi.
Mi sembra la via d’uscita più dignitosa.
Ma la vita scorre e tra due settimane si vota per il ballottaggio. La seconda considerazione è dedicata a questo.
Grossi ostacoli per Gualtieri
Ciò che sfugge a Gualtieri per il ballottaggio con Michetti è quanto possa stare sulle scatole ai romani il Pd, non il centrosinistra ma proprio il Pd, molto oltre il calcolabile dagli specialisti in sondaggi. Gualtieri è persona assolutamente distinta dal ceto politico mediocre e ottuso che ha governato e governa da molti anni i dem della Capitale. Parla per lui il lavoro che ha svolto a Bruxelles, la sua formazione saldamente socialdemocratica di ricercatore. Ma il pd romano quello è. Il 16,38% raccolto stavolta peggiora il 17,19% del 2016, sui numeri c’è poco da discutere, la frattura con la città non si è ricomposta. E a chi dice che hanno capito gli errori del passato va fatta leggere la lista degli aspiranti consiglieri in lizza per Gualtieri, dove sono almeno sei i personaggi che andarono dal notaio per far sloggiare Marino. Ce ne sono anche un paio che ricevettero finanziamenti per le loro corse elettorali passate dalle cooperative di Buzzi, finanziamenti legali e senza conseguenze giudiziarie va specificato, ma comunque legati a quell’epoca. Queste però sono annotazioni per addetti ai lavori perchè in realtà il 99% dei votanti non va a fare le pulci ai candidati, ma resta l’astio per il Pd. Un astio che è confluito in buona parte nella lista di Calenda con cui adesso Gualtieri deve risolvere un problema grosso. Calenda, primo partito a Roma, chiede a Gualtieri, per sostenerlo al ballottaggio, che il candidato dem non imbarchi nessun M5s nella sua giunta se verrà eletto. Una promessa che Gualtieri non può fare, sia perchè alla Regione Lazio guidata da Zingaretti gli M5s sono in giunta con tanto di assessori sia perchè il peso elettorale dei 5 cosi vale quanto quello di Calenda. D’altra parte però i 5 cosi romani sono da sempre gli “odiatori” ufficiali del Pd in controtendenza nazionale, qui è forte il peso delle ripicche della Raggi e dell’influenza di Di Battista sul partito di Grillo.
Insomma non è affatto scontato che Gualtieri batta Michetti, nonostante i giornali lo trattino già da sindaco, citando la tradizione per cui, tranne che nel 2008 con Alemanno, fin dal 1993 il candidato di centrosinistra è sempre partito con un grosso svantaggio su quello di centrodestra per poi vincere le elezioni.
Va detto poi che se all’inizio la candidatura Michetti aveva tutto l’aspetto di un povero cristo mandato allo sbaraglio per la forza d’inerzia del peso elettorale a Roma di FdI, nel quadro politico attuale totalmente mutato a livello nazionale proprio dalla prima tornata delle amministrative, l’elezione di Michetti diventa l’ultimo filo a cui può aggrapparsi il centrodestra per non affondare del tutto, quindi se la giocheranno alla morte. Il loro argomento principale sarà che Gualtieri non è indipendente e risponde ai giochetti politici del Pd, quelli delle sue cento correnti romane e quello dei cento accordi che dovrà fare con Calenda e M5s.
Se Gualtieri riuscirà a non farsi identificare come sindaco del Pd potrebbe farcela, ma dovrà tirare fuori una capacità di autonomia di manovra e un cinismo politico che sembrano lontani dal suo carattere.
Ps il correttore automatico al nome Calenda mi segnala sempre “errore”.