Embargo energetico ora, per porre fine al genocidio!

Non c’è giustizia ambientale senza liberazione della Palestina!

da The Palestine Institute for Public Democracy

Appello Ambientalisti Palestinesi, 30 ottobre 2024.

Quello che segue è l’appello che le organizzazioni ambientaliste di base e della società civile palestinese fanno in occasione della COP29 che si terrà a Baku, Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre 2024.

Il genocidio di Israele contro 2,3 milioni di Palestinesi continua, distruggendo Gaza e causando un disastro umano e ambientale di proporzioni incalcolabili. In occasione della COP29, chiediamo a tutte le organizzazioni della società civile presenti alla COP29 e in tutto il mondo di mobilitarsi con urgenza per imporre un embargo energetico a Israele, per fermare il genocidio in Palestina e porre fine all’apartheid, all’occupazione illegale e all’ecocidio di Israele.

Almeno 45.000 palestinesi di Gaza sono stati uccisi, e le stime indicano che il bilancio delle vittime è probabilmente molto più alto. Molte migliaia di persone sono sepolte sotto le macerie delle loro case, centinaia di migliaia di altre soffrono di gravi lesioni fisiche e cicatrici mentali, e la maggior parte della popolazione di Gaza è deliberatamente affamata e denutrita, mentre viene sfollata forzatamente nelle tende. La situazione è ancora più terribile nel nord di Gaza, dove Israele sta commettendo massacri e pulizia etnica. Altre migliaia di persone sono detenute nella rete israeliana di campi di tortura, sottoposte ai trattamenti più barbari che si possano immaginare.

Questo sconvolgente costo umano si unisce a una spaventosa distruzione ecologica, inflitta intenzionalmente a Gaza per renderla inabitabile. Secondo gli esperti umani delle Nazioni Unite, il genocidio di Israele ha incluso anche “domicicidio, urbicidio, scolasticidio, medicidio, genocidio culturale e, più recentemente, ecocidio”. Dall’inizio di questo genocidio, più del 76% dei terreni agricoli di Gaza sono stati danneggiati o distrutti, e ci sono stati danni estesi al suolo, alle serre, ai pozzi d’acqua, alle fattorie e ai rifugi per gli animali.

La guerra genocida di Israele ha prodotto centinaia di migliaia di tonnellate di emissioni di CO2, pari a 31.000 chilotoni di carbone – sufficienti ad alimentare circa 15,8 centrali elettriche a carbone per un anno. Solo nei primi 120 giorni, ha prodotto più CO2 delle emissioni annuali di 26 paesi e territori. Le emissioni di CO2 che saranno prodotte durante la ricostruzione del paesaggio urbano devastato di Gaza ammonteranno a una cifra superiore a quella di oltre 130 paesi. Anche le sostanze chimiche provenienti dalle armi, come il fosforo bianco, hanno contaminato l’aria e probabilmente hanno avuto un impatto sui terreni agricoli e sul suolo.

Nel frattempo, in Cisgiordania, l’occupazione israeliana ha continuato la sua colonizzazione e il furto di terre e risorse naturali palestinesi per gli insediamenti illegali, uccidendo circa 800 palestinesi e ferendone migliaia di altri. Questo nonostante la Corte Internazionale di Giustizia abbia dichiarato a luglio che l’intera occupazione israeliana è illegale e deve cessare.

L’incapacità della comunità internazionale di porre fine alla complicità statale, aziendale e istituzionale nel genocidio di Israele e nel sottostante sistema di apartheid – così come l’incapacità di imporre sanzioni legali e mirate per fermare la macchina da guerra di Israele – ha rafforzato in quel paese un senso di completa impunità, dandogli carta bianca per diffondere la sua distruzione e i suoi massacri anche oltre la Palestina, fino al popolo del Libano. In poche settimane, Israele ha ucciso più di 2.000 cittadini libanesi, ne ha feriti più di 10.000 e ha distrutto migliaia di case e interi villaggi. Dall’estensione dei bombardamenti è chiaro che Israele intende allargare il suo modello di distruzione genocida – prendendo di mira gli ospedali, il personale medico e le infrastrutture civili – alla popolazione del Libano. L’uso di fosforo bianco e di munizioni a grappolo da parte di Israele ha devastato la produzione agricola nel sud del Libano, e l’attacco diretto al sistema di trasporto dell’acqua del fiume Litani dimostra che tale distruzione è intenzionale.

I piani di Israele sono ormai chiari come il sole: ripulire etnicamente l’intera Palestina e il sud del Libano dalle loro popolazioni indigene, una continuazione della Nakba che va avanti, senza sosta, dal 1948 fino ad oggi. In questo contesto, la richiesta tardiva della comunità internazionale di un cessate il fuoco a Gaza non ha senso se non è sostenuta da azioni concrete che possano fermare la macchina da guerra genocida di Israele.

I governi e le aziende che traggono profitto e sostengono un sistema finanziario e un ordine socio-economico che distrugge il nostro pianeta e le terre indigene costringendo milioni di persone all’esilio e alla povertà, sono essi stessi complici che alimentano la macchina genocida di Israele.

Embargo energetico per la Palestina

Oggi è evidente l’urgente necessità di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) per fermare il genocidio, l’apartheid e l’occupazione illegale di Israele. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato – per la prima volta in 42 anni – una risoluzione che chiede sanzioni concrete contro Israele, dopo le ripetute decisioni della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) che evidenziano l’obbligo legale di tutti gli stati e le aziende di porre fine alla loro complicità con i crimini israeliani.

Il genocidio di Israele è basato sul petrolio e sul carbone, che alimentano la sua rete elettrica, la sua industria delle armi, la sua infrastruttura AI e i suoi veicoli militari. La vendita di gas convoglia miliardi nell’economia israeliana, consentendole di continuare le sue campagne genocide. Alla fine di febbraio 2024, le organizzazioni palestinesi hanno lanciato un appello chiedendo la cessazione di tutti i trasferimenti di energia a Israele, l’acquisto di gas israeliano e la complicità aziendale nell’estrazione e nella vendita di fonti energetiche, in particolare quelle che si trovano nella terra, nelle acque o nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) palestinese.

In risposta a questo appello e ad altre campagne guidate dai palestinesi, il governo colombiano ha interrotto il trasferimento di carbone a Israele – circa il 70% del suo utilizzo – e gli attivisti nel Mediterraneo si sono mobilitati intorno alla richiesta di #BlockTheBoat e No Harbour to Genocide, impedendo a una nave cisterna che trasportava carburante per jet militari e a una nave che trasportava esplosivi a Israele di attraccare in molti porti sia in Africa che in Europa. Altre mobilitazioni che chiedono un embargo energetico continuano in Gran Bretagna, Sudafrica, Turchia, Stati Uniti, Brasile e altrove.

La riunione della COP di quest’anno a Baku, in Azerbaigian, è un’opportunità per evidenziare il ruolo dell’Azerbaigian nel sostenere i crimini di Israele. L’Azerbaigian è uno dei principali importatori di armi israeliane, finanziando direttamente l’industria militare di Israele. Inoltre, il petrolio azero, tra gli altri principali fornitori, alimenta la macchina da guerra di Israele. Durante il genocidio, il petrolio dell’Azerbaigian ha costituito più di un quarto delle importazioni di greggio di Israele. Questo petrolio viene trasportato attraverso l’oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan (BTC) fino alla Turchia da dove viene spedito. L’oleodotto è di proprietà della British Petroleum (BP) e della compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian, SOCAR.

Nonostante il sostegno dichiarato della Turchia alla liberazione della Palestina e la sospensione formale della maggior parte degli scambi commerciali con Israele a seguito del genocidio, la Turchia continua a permettere al petrolio azero e kazako (che insieme rappresentano circa il 60% delle importazioni di petrolio di Israele) di passare attraverso il porto turco di Ceyhan, da dove viene trasportato con navi cisterna in Israele. Dall’ottobre 2023, questa complicità è stata messa in discussione da gruppi di giovani turchi che hanno costantemente protestato contro SOCAR e le aziende turche complici, con molti attivisti che hanno dovuto affrontare arresti e molestie da parte delle autorità turche.

Numerosi esperti legali hanno avvertito che il trasferimento di prodotti a duplice uso come il petrolio, che può essere utilizzato nei veicoli militari (carri armati, APC, jeep militari e aerei), rende gli stati di provenienza complici del genocidio, fornendo sostegno materiale allo stato perpetratore. Una recente analisi di esperti legali afferma l’obbligo di porre fine alle forniture di energia a Israele, in conformità con la Convenzione sul Genocidio.

Tutti i trasferimenti di energia a Israele, oltre al genocidio e la distruzione ambientale che essi provocano, devono essere fermati. Chiediamo quindi di fare pressione su tutti i governi e le aziende presenti alla COP29, e in tutto il mondo, affinché adottino misure immediate per:

  1. Fermare il flusso di armi e fonti energetiche da e verso Israele.
  2. Fare pressione su tutti i governi, in particolare su Stati Uniti, membri dell’UE (Grecia, Cipro, Albania e Italia), Azerbaigian, Russia, Sudafrica, Gabon, Brasile, Nigeria, Kazakistan e Turchia, affinché cessino la vendita e/o il trasporto di forniture energetiche a Israele.
  3. Fare pressione sui governi di Giordania, Egitto e sulle istituzioni dell’Unione Europea affinché interrompano tutte le importazioni di gas da Israele.
  4. Mobilitarsi a livello globale in solidarietà con la liberazione e l’autodeterminazione palestinese in occasione della COP29, sul tema BP e SOCAR Stop Fueling Genocide, e partecipare a due giornate di azione:
  1. L’11 novembre: prendere di mira le esportazioni di petrolio dell’Azerbaigian, sensibilizzando sul ruolo dell’Azerbaigian e della Turchia e agendo per fare pressione su di loro affinché interrompano il flusso di petrolio azero verso il genocidio di Israele.
  2. Il 16 novembre: unirsi alle mobilitazioni globali della COP29 e concentrare le azioni principalmente su SOCAR, BP, le aziende coinvolte nella gestione dell’oleodotto BTC e Chevron. Le azioni possono essere concentrate anche su altre aziende complici, come ExxonMobil, Shell, Eni e Total Energies, che insieme forniscono il 66% del petrolio a Israele; così come Eni e BP per i loro contratti illegali per l’esplorazione di gas nella ZEE palestinese al largo di Gaza.

Firmato:
Comitato Nazionale BDS (BNC)
Embargo energetico globale per la Palestina (GEEP)
Campagna palestinese di base contro il muro dell’apartheid

https://www.thepipd.com/actions/cop29-energy-embargo/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina.
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alexik

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