Eravamo animali sociali?
«Ci manca(va) un Venerdì»: il noto astrofilosofo Fabrizio Melodia raggiunge quota 150 e un po’ si dispera, dite voi se ha ragione o torto
«Siamo voraci, ma guardiamo poco di tutto, cambiando spesso programma, serie, film. Leggiamo poco di tutto, illudendoci di essere informati. Assaggiamo tante cose con la stessa voracità. È lo stile di vita contemporaneo. Siamo consumatori veloci che non si danno mai il tempo di digerire. Siamo chiusi nelle nostre case, più soli che mai, cercando di conquistare qualche follower in più e di riempire il più possibile le nostre agende già colme d’impegni. Dov’è la comunicazione con l’altro? Dov’è la voglia di scoprire l’altro? Un libro, come un film, vanno capiti. E poche pagine o pochi minuti non bastano»: così il simpatico attore francese Guillaume Canet, in una intervista all’uscita dell’esilarante commedia «Tre uomini a mollo».
Canet dipinge una società vuota, ignorante e depressa, vittima del proprio “benessere” capitalistico, ora più che mai una vuota chimera.
Non è la sola voce a cantare in questo modo, anche Francesco Gabbani, nella canzone che lo vide trionfare a Sanremo due anni addietro, lo espresse in modalità pop: «Piovono gocce di Chanel / Su corpi asettici / Mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili / Tutti tuttologi col web / Coca dei popoli / Oppio dei poveri»
La conoscenza dell’Altro è sostituita dalla necessità del Mercato di avere sempre più clienti affamati di novità. La rincorsa al “nuovo” a tutti i costi ha caratteristiche compulsive se non addirittura psicopatiche: il cellulare può donare quasi un senso di onnipotenza perchè così ci portiamo dietro tutto il “Sapere Umano possibile e/o immaginabile,” trovando le risposte del Creato.
L’umano in naftalina, come un Commodore 64 o un Amiga a cartucce. Ancora più obsoleto usare la memoria personale con lo studio e la passione per la ricerca e l’approfondimento. Essere nerd perde di significato, se poco ma di “tutto” è a portata di mano, quanto una confezione di burro.
«L’invenzione dei miti e delle religioni, la costruzione di vasti sistemi filosofici sono il prezzo che l’uomo ha dovuto pagare per sopravvivere in quanto animale sociale, senza piegarsi a un mero automatismo» affermava il filosofo e biologo francese Jacques Monod, mettendo in luce quanto gli esseri umani sembrino “condannati” a diventare sempre più un mero fatto funzionale, automatico, rispetto al Mercato e all’affossamento dei miti e sistemi simbolici che compongono la psiche.
Moralisti, superficiali, egoisti: ma figli di chi? La madre potrebbe essere la vanità, di cui molti sembrano, in modo del tutto ingiustificato, pieni.
«Più un oggetto sfugge al nostro sguardo, maggiore è lo sforzo che facciamo per afferrarlo, poiché esso punzecchia il nostro orgoglio, eccita la nostra curiosità e ci appare interessante. Combattendo ciascuno per il proprio dio, infatti, si combatte solo per gli interessi della propria vanità, la quale, fra tutte le passioni prodotte dal cattivo assetto sociale, è quella che può essere offesa più facilmente e quella che meglio si presta a commettere follie»: affermò il poeta Percy Bysshe Shelley.
Il proprio Dio personale fa perdere di vista il Dio (o dio) dell’altro, fa diventare intolleranti, prepotenti, affamati… e la fame porta fame. Forse per questo abbiamo tanti programmi televisivi di cucina e tante persone si bevono le super cavolate internettologiche dei Fusaro o Severgnini di turno?
Siamo davvero così incapaci di interessarci all’altro (se non usi sessiali o altre convenienze)? Di leggere e rileggere un libro? Di guardare un film al cinema senza smanettare sul cellulare?
In questo marasma dove «l’evoluzione inciampa / la scimmia nuda balla» (ancora Gabbani) le scimmie non si alzano solo al suono di un “Namastè! Alè!”, ma di un ganzo Charles Darwin: «Gli animali sociali si rendono fra loro scambievoli servigi: i cavalli si mordicchiano, le vacche si leccano le une le altre in ogni punto ove sentono prurito o pizzicore; le scimmie si liberano scambievolmente dagli esterni parassiti».
Animali sociali che troppo spesso si comportano da bestie, non selvatiche ma autodomesticate da consumismo e mercatino che spacciano per benessere non lo star bene con sé e con gli altri ma il fingersi una massa di “maschi” (o femmine) “alfa”: una dimensione impossibile evolutivamente