Eutanasia? Sì, ma solo per gli animali…
…perché non votano e non pagano le tasse
di Roberto Vuilleumier (*)
Spesso alcuni credenti, i più “clericals” fra i credenti, danno ad intendere che gli atei siano persone malvagie, prive di sentimenti, anaffettive, irragionevoli: ciò sulla base dell’assurdo preconcetto che «una persona di senso deve per forza credere all’esistenza di un’entità superiore».
Ogni volta che un ateo spiega le ragioni che lo inducono a non credere e a ritenere altrettanto insensati preconcetti dettati dalla visione dogmatica della vita (che è maggiormente priva di senso rispetto al ragionamento) l’ unica risposta razionale che si ottiene sono le spallucce..
La vera questione ovviamente non è cosa pensi il credente del non credente e viceversa ma l’atteggiamento prevaricatore del credente “estremista” attuato nei confronti del credente mite e del non credente.
I casi da citare sono arcinoti ma oggi vorrei accennare all’eutanasia. In questo Paese strano e ipocrita non è consentito a una persona moribonda di mettere fine alla propria esistenza in maniera legale.
Una cultura basso-medioevale, per così dire cristiana, sottrae agli esseri umani la possibilità di decidere liberamente della propria esistenza, imponendo a tutti – credenti e non – attraverso il legislatore di sottostare alla volontà del così detto creatore.
Mentre si succedono in Italia governi iniqui che considerano sempre secondari i temi “etici” (perché primari sono invece quelli economici … per i quali per altro il nostro Paese è di fatto commissariato) il buon italiano che decide di mettere fine alla propria dolorosa esistenza deve per forza mettere mano al portafoglio (neanche a dirlo) e andare a spirare nella vicina Svizzera.
Se puoi ancora parlare ed esprimere chiaramente la tua volontà, come minimo devi espatriare. Se invece non parli, non senti e non vedi allora chi ti vuole bene per «lasciarti andare» – secondo la volontà che tu magari un precedenza hai espresso chiaramente – rischia di vivere un calvario passando da un tribunale all’altro.
Una piccola storia. Mario ha 13 anni o meglio li dovrebbe compiere a giugno: è affetto da una malattia invalidante, non riesce più a muoversi; è vigile, attento ma visibilmente abbattuto per il suo stato. Ho provato a curarlo ma non ha risposto come avrebbe dovuto, sta a me ora decidere che fare… Mario non parla, non può parlare perché Mario è un cane: io devo decidere per lui, lo guardo e cerco di capire cosa vorrebbe fare, se voglia trascinarsi con i posteriori ormai “peso morto” graffiandosi gli arti, per poi essere mangiato dalle mosche. Mi chiedo se voglia continuare a respirare con l’affanno per ogni pur minimo movimento. E mi chiedo talvolta se capisca la differenza fra la sua vita passata e questa, se si ricordi di quando era un cane e non una specie di foca senz’acqua in cui nuotare.
Per i “clericals” Mario non è un problema, perché è un cane: certo, anche lui un figlio di dio visto che per i “clericals” sono tutte sue creature. Però Mario non fa offerte, non paga le tasse, non può destinare l’8 o il 5 x mille alla Chiesa cattolica, non fa proselitismo cristiano, non può votare… e il dogma non serve a nulla: quindi la legge può consentire «deo gratia» a un suo amico di farlo addormentare per sempre.
Chissà cosa avrebbe pensato Noè di tutto questo.. se Noè fosse esistito per davvero s’intende.
Per far diventare il nostro un Paese quasi normale servirebbe una legge così, che consenta di trattare tutti gli esseri viventi umanamente.
(*) Roberto Vuilleumier è delegato Uaar (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) per Imola e Castel san Pietro Terme.
Segnalo che sul quotidiano «il manifesto» potete trovare, più o meno ogni settimana, la rubrica «verso l’eutanasia legale». Proprio lì, il 13 maggio, Mina Welby ha raccontato la sua storia al fianco di Piergiorgio, ricordando che «in Italia chi aiuta un malato terminale a morire rischia fino a 12 anni di carcere». Il 13 settembre 2013 è stata consegnata in Parlamento una legge di iniziativa popolare per regolare «l’eutanasia e il testamento biologico» sottoscritta da oltre 79mila cittadini. Lunedì 5 maggio Mina Welby ha lanciato una petizione – potete firmarla su https://www.change.org/…/la-vita-è-un-altra-cosa-eutanasialegale-welby – che in una settimana ha raccolto altre 80 mila persone. (db)
Gentile Roberto, persino nell’ambiente animalista (per generalizzare) ci sono posizioni “clericals” rispetto all’eutanasia del proprio animale.
E in generale persistono giudizi insensati o offensivi per chi, dopo una vita in piena, sincera e rispettosa simbiosi con, ad esempio, il proprio cane, deve scegliere per lui, proprio per non tradirsi all’ultimo momento (o all’ultima ora) e deve inoltre scansare i sensi di colpa, per altro inevitabili, dati da una società che non insegna nulla su come affrontare la morte.
Persino scegliere di far cremare in modo collettivo il proprio animale evitando scelte dal sapore moral-religioso quali conservare le ceneri in un reliquiario a forma di cane o seppellirlo nel cimitero “Il Paradiso di Fido” fanno a tanti storcere il naso e instillano dubbi sul sincero attaccamento all’animale. Uso sempre il sinonimo animale e mai “amico a quattro zampe”, per sottolineare il mio respetto per l’alterità di un’altra specie.
Io ho scelto l’ultimo respiro di Flag, ero lì a pagare il prezzo di una intensa vita condivisa.