Fantastronavi, come scegliere il veicolo migliore
I suggerimenti di Fabrizio Melodia, astro-ingegner-filosofo
Qualcuno è riuscito nella titanica impresa e non posso esimermi dal portare alla conoscenza di tutti il suo augusto nome: Dirk Loeschel ha da tempo pubblicato in Rete, facendola girare sui social più noti, la sua “Starship comparison chart”, ovvero «la carta di comparazione delle astronavi». Lo stampato – un metro e mezzo per un metro e dieci – illustra in modo dettagliato più di un migliaio di astronavi, secondo i temerari che si sono pure messi a contarle, tratte da molti universi, che vanno dai Giochi di Ruolo, passando per i videogames, le serie tv, film e cicli cinematografici.
Per ogni astronave è indicato nome, fonte e altri dati, con particolare risalto alla lunghezza, nel caso voleste parcheggiarla nel garage di casa: difatti le navi sono rappresentate in proporzione, ogni pixel (unità di misura dei punti dello schermo che vanno a comporre l’immagine digitale) corrisponde a dieci metri.
Si vede bene che una nave immensa come quella di “Battlestar Galactica” è una zanzara rispetto alle navi della Gilda di «Dune» o rispetto a un “Cubo Borg”, mentre le meravigliose Enterprise di «Star Trek» sono quasi piccole rispetto ai colossi di «Star Wars» e le astronavi della serie tv “Serenity” sono rappresentate alla stregua di utilitarie.
Il TARDIS non c’è per problemi di rappresentazione: come disegnare in effetti una cabina telefonica anglosassone delle dimensioni di meno di mezzo pixel? Qui ci vorrebbe un miniaturista altroché, quindi Dirk è perdonato ma solamente per motivi tecnici.
Una tiratina d’orecchio la farei a Dirk Loeschel solo per la scarsa presenza di astronavi della fantascienza scritta ma comprendo bene le difficoltà di rappresentare navi stellari create solo sulla carta e attraverso le parole degli autori.
Ci sono molti vascelli presi dalla serie “Honor Harrington” di David Weber, molto popolare all’estero ma inedita qui in Italia, e poco altro.
Mi sarebbe piaciuto vedere le astronavi descritte da Robert A. Heinlein, come quella generazionale del romanzo «Universo»: che figata, un mondo contenuto in un’astronave, dove potete pure dimenticarvi dell’esistenza del vostro mondo di provenienza e vivere la storia in questo guscio, in cui dimenticherete tutto… ma proprio tutto. Oppure vorrei visitare l’astronave-pianeta che Arthur C. Clarke descrive nel romanzo «Incontro con Rama», sicuramente la esplorerei palmo a palmo. Tale astromondo è infatti costituito da un cosiddetto “Cilindro di O’Neill”, vero e proprio habitat con tanto di valli e mari interni sostenuti unicamente dalla forza centrifuga dovuta alla rotazione dell’enorme massa cilindrica. Meglio di un camper super confortevole, parola mia.
Oppure mi sarebbe piaciuto vedere rappresentate le astronavi autoreplicanti, le cosiddette “sonde di Von Neumann”, ovvero che sfrutterebbero le risorse del pianeta di arrivo per costruire copie di se stesse, per poi veleggiare verso altri lidi. Navi del genere sono descritte da Fred Saberhagen nella saga dei “Berserker”, un tipo di macchine costruite millenni prima della nascita dell’essere umano e che hanno sviluppato una propria intelligenza artificiale, giungendo alla decisione di espandersi autoreplicandosi per sterminare poi nell’universo ogni forma di vita biologica.
Altro esempio sono le navi d’invasione degli alieni provenienti da Caronte, una specie vivente parzialmente meccanica e che si espande nell’universo replicando le proprie astronavi con le risorse dei pianeti conquistati, come descritto nel romanzo «L’anello di Caronte» di Roger McBride Allen.
Vorrei concludere tracciando una particolare “non classifica”, dove descriverò le astronavi preferite dall’astro-ingegner-filosofo per muoversi nello spazio intergalattico: non classifica assolutamente parziale e arbitraria, alla quale invito tutte/i a partecipare, mafari per investire i risparmi nel “must” del futuro prossimo venturo.
Inizio con una nota semi nostalgica, rivolta all’astronave del film «Incontri ravvicinati del terzo tipo» del buon Steven Spielberg, in cui appare un colossale veicolo spaziale dalle forme barocche e ridondanti, piena di luci e di strane sporgenze, simili ad aculei. Potrebbe essere utilizzata per una bellissima crociera nello spazio, in quanto i proprietari alieni sono talmente ospitali da averla costruita appositamente per il trasporto di altre forme di vita da una parte all’altra del cosmo. Non sono informato sui pacchetti vacanze ma penso siano prezzi modici con servizio di prim’ordine, degno del viaggio oltre lo spazio conosciuto a cui si assiste alla fine della pellicola.
Continuo con un mio sogno da ragazzino, la mitica astronave Arcadia, direttamente dalla serie televisiva d’animazione “Capitan Harlock” di Leiji Matsumoto: ne esistono 2 versioni, quella blu originale, lunga e affusolata in prua e larga in poppa, e quella verde longilinea come uno squalo con il teschio gigantesco a prua; la mia preferenza è per la blu. L’ Arcadia è il Nautilus del futuro, l’astronave che porta in salvo Capitan Harlock e gli permette di vivere in libertà rispetto al suo pianeta natale, dove gli umani si sono istupiditi a causa del troppo benessere e della ipertecnologia, rea di aver tolto qualsiasi velleità di esplorazione e ricerca. L’interno dell’Arcadia ricorda molto un galeone settecentesco, in simil legno con la gigantesca ruota timone con la quale Harlock governa l’astronave. Per chi ama il classico che non muore mai e per chi ama la libertà.
Una nave stellare che mi è particolarmente simpatica e che piloterei domani stesso è il TIE Fighter in forza all’esercito dell’Impero nella saga di «Star Wars». Composto da un corpo centrale circolare e da due ali esagonali, presenta fenomenali caratteristiche di velocità e agilità, unite a una ottimale potenza di fuoco.
Passando al mio amato «Star Trek» ecco il già citato Cubo Borg, l’astronave più comune degli alieni cyborg più pericolosi della galassia: un cubo di 3x3x3 chilometri fatto di ferro, creato per assimilare nuove forme di vita e renderle cyborg. Vogliamo mettere la genialata della modularità di tali cubi? Ppossono unirsi fra loro, per formare un Ipercubo di inaudita potenza.
Passo all’ Enterprise NCC-1701, la prima astronave di «Star Trek», quella del capitano Kirk per intenderci, costruita con un design che ricorda certe pensate dell’architetto Le Corbusier, costituita da una sezione centrale a disco e da due gondole per la propulsione a curvatura, vero must per ogni viaggiatore interstellare che si rispetti. Timoniere, curvatura due. Attivare!
Impossibile mancasse il Millennium Falcon, guidato dal contrabbandiere Han Solo e dal suo socio ultrapeloso Chewbacca: i soliti ben informati affermano che il design dell’astronave sarebbe stato ispirato da un hamburger.
Passiamo alla “Cuore d’oro”, di cui parla Douglas Adams nel ciclo della «Guida galattica per autostoppisti», rappresentata nel film come una astronave perfettamente sferica, mentre nei romanzi non viene mai descritta. Unica nel suo genere, è sospinta da un motore a Improbabilità Infinita, introducendo nel calcolo del viaggio una quinta dimensione, la probabilità, e rendendo obsoleto il viaggio iperspaziale. Da un tipo che inventa la propulsione bistromatica, cosa ci si poteva aspettare? Per chi è stanco dei ritardi del treno e dei mezzi pubblici e vuole aumentare le probabilità d’arrivo.
Ovviamente c’è posto per la Discovery apparsa nel film capolavoro «2001 – Odissea nello spazio», la cui particolare forma – costituita da un nucleo sferico abitativo e da un lungo corridoio al termine del quale si trovano i motori – la rende unica nel suo genere, veloce e facilmente manovrabile da due persone dell’equipaggio con l’ausilio del computer di bordo HAL 9000… sempre che non si guasti.
Ultimo ma non per importanza, il TARDIS del Dottor Who, acronimo di “Time and Relative Dimension in Space”, è l’astronave per ogni Signore del Tempo che si rispetti: ormai unica nel suo genere, in quanto il Dottore è l’ultimo sopravvissuto della propria specie. Tale astronave, apparsa nel 1963 nel primo episodio della serie, può viaggiare nel tempo e nello spazio attraverso il vortice del tempo, un wormhole creato dalla macchina stessa per muoversi. Decisamente economica per quanto riguarda l’energia utilizzata, nell’aspetto esterno è come una cabina telefonica blu della polizia britannica mentre all’interno è immensa e arredata con gusto: ottima, pur se fa uno strano suono d’atterraggio molto simile agli ingranaggi poco oliati.