Fascismi
di Franco Astengo
Quale destino potrà incontrare la democrazia in Europa se negli Stati Uniti emergono segnali da anni’20 dello scorso secolo?
Fa impressione il contenuto di un’intervista rilasciata a «Repubblica» dal filosofo Michael Walzer nella quale si pone l’accento sui rischi ben presenti in questa situazione: «Trump gioca con l’odio e la sinistra è fragile». E ancora: «Ci sono senza dubbi similarità fra l’epoca che viviamo e il periodo fra le due guerre. Certo, diversamente da allora, l’incertezza attuale è in parte determinata dalla globalizzazione selvaggia. Ma fronteggiamo i grandi cambiamenti con la stessa inquietudine e il populismo di destra porta avanti un’idea di nazionalismo in certi aspetti simile al fascismo sociale di quei tempi lontani».
L’Italia è il Paese che ha vissuto per intero quel travaglio degli anni’20 trovando il fascismo, la sua base nella capacità eversiva delle classi dirigenti, capaci di costruire un regime reazionario di massa scrivendo l’autobiografia della Nazione.
Oggi si pone di nuovo la domanda sul come reagire a questo pericoloso stato di cose in atto.
Il fenomeno è sicuramente in crescita e soprattutto accolto nella sostanziale indifferenza da una parte rilevante della società italiana che, nel frattempo, ha compiuto un percorso molto significativo all’interno dell’ideologia qualunquista e appare pronta a subire, come in altri tempi, qualsiasi avventura di potere.
Il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine anno, ha cercato di tracciare una- linea di divisione netta nei riguardi delle istanze che rappresentano i veri punti di rischio per la democrazia. Considerate le difficoltà ben presenti a livello di opinione pubblica di addentrarsi in un discorso di «pensiero complesso» il discorso del Capo dello Stato ha incontrato il limite dell’ arrestarsi sul “pre-politico” quasi svolgendo una sorta di controcanto al «buonismo» di certe piazze che in questo momento incontrano il favore di ceti riflessivi innestando una dinamica sicuramente al di sotto del richiesto dalle difficili contraddizioni operanti nella società e nella politica.
Questa situazione di forte difficoltà di tenuta dell’impianto democratico indicato dalla Costituzione repubblicana è stata costruita – prima di tutto – dalla presenza di quegli elementi di “fascismo trasversale” ben presenti nella società italiana e nel suo sistema politico che analisi di tipo sistemico avevano già indicato da tempo. Elementi che sono stati sottovalutati se non ignorati dai principali esponenti della sinistra, impegnati tutti a ricercarsi spazi – in una forma o nell’altra – negli anfratti del sistema.
Prima di tutto deve essere rilevato come l’insieme della situazione politica sia condizionato dal suffragarsi di almeno tre fallimenti di vasta portata e di forte incidenza, non solo sull’attualità ma anche sul futuro:
1) Il fallimento della cosiddetta ipotesi “federalista” che l’allora centrosinistra aveva mutuato allo scopo di inseguire presunti successi elettorali della Lega Nord. Successi della fu Lega Nord ottenuti a suo tempo sulla base di impulsi – alla fine – da considerarsi come meramente razzisti. A quel tempo l’intero sistema politico si era dimostrato del tutto incapace di costruire un nuovo assetto di relazioni istituzionali fra centro e periferia. Un’incapacità palesatasi soprattutto nell’evidente crisi delle Regioni, trasformate da enti legislativi a centri di spesa e di nomina e colpite complessivamente da una devastante questione morale;
2) Il secondo punto di grande difficoltà è stato quello rappresentato dell’Unione Europea. Sarebbe troppo lungo e complicato descrivere gli elementi che hanno determinato questo fatto sul piano delle dinamiche economico-politiche a livello globale, a partire dallo sviluppo inaudito del processo di finanziarizzazione speculativa dell’economia, dell’affermarsi di una concezione di privilegio per la costruzione di borghesie “compradore” nei Paesi a sviluppo emergente, dal pronunciarsi con evidenza – in particolare nella fase nella quale gli USA hanno recitato la parte dell’unica superpotenza – di fenomeni bellici che sono stati all’origine di destabilizzanti migrazioni, del trasferimento del primato della politica a quello dell’economia, dalla perdita di ruolo degli organismi sovranazionali a partire dall’ONU e dal suo Consiglio di Sicurezza. Nella sostanza appare ormai del tutto inadeguata e lontana dalla realtà l’analisi di un’Unione Europea afflitta da un «deficit di democrazia» che andrebbe colmato attraverso un ritorno alla “politica”. Servirebbe ben altro, a partire da un’analisi del pregresso e dalla costruzione di una nuova progettualità.
3) Terzo punto sul quale riflettere è quello di una totale assenza di una politica estera italiana. La questione da citare è quella libica, da ricordare sempre perché è stata all’origine della fase di escalation della vicenda dei migranti. Una fase che è stata l’elemento di vero e proprio punto di rottura del sistema modificando orientamenti culturali e causando un vero e proprio “dissesto sociale e culturale”.
All’interno di questo quadro così sommariamente descritto, si è sviluppato quel fenomeno di fascismo trasversale cui accennavo all’inizio. Come si è formato e realizzato, allora, questo fascismo trasversale? In modo assolutamente irrituale e del tutto diverso dal fascismo del ventennio. Esiste però un punto comune tra il “fascismo trasversale” di oggi e quello del fu ventennio: il potere inteso come tensione idealistica. In questo modo il fascismo trasversale (da non confondere con il «fascismo universale» di Ruggero Zangrandi) sta nei soggetti che lo praticano: non c’è alcun principio da difendere, quindi il nazionalismo della “paura”, il «populismo» degli egoismi reciproci, l’individualismo competitivo diventano i fattori da utilizzare per arrivare al potere. Esiste soltanto il potere da esercitarsi per il potere, senza opposizione politica e confronto con corpi intermedi (sia pure di ispirazione corporativa): per far questo, tra l’altro, si escogitano anche operazioni di puro svuotamento delle istituzioni cui abbiamo assistito e stiamo ancora verificando. Fuori da questo quadro di fascismo trasversale si muove poco o nulla: tutto sembra consegnato a fenomeni di piazza che invocano diversi modelli di comportamento culturale senza mettere in discussione il complesso di relazioni politico-sociali così come questo è stato reso incerto e fragile dalla crisi di transizione apertasi ormai più di 20 anni fa. Un fascismo trasversale che non nasce dal nulla come un fungo, bensì dallo sfrangiamento sociale, dall’individualismo consumistico, dallo smarrimento culturale, dalla perdita di memoria, dalla resa all’ineluttabile modernità che brucia tutto sull’altare dell’«adesso», senza prima e senza dopo. Ed è dalla diffusione, prima di tutto culturale, di questo fascismo trasversale che sorge direttamente il rilancio del fascismo in camicia nera, che si afferma prima di tutto nell’assuefazione di massa dei suoi concetti portanti, primi fra tutti quelli della sopraffazione di classe e del razzismo.
La constatazione più amara in questo frangente, riguarda l’assenza di volontà politica verso la costruzione di un soggetto posto sul piano teorico e su quello pratico nel solco di un discorso di continuità-innovazione con la complessa storia del movimento operaio italiano e del ruolo da questo avuto nel quadro europeo e soprattutto della sua funzione storica. Una funzione storica svolta sia dal punto di vista del riconoscimento e dell’aggregazione sociale oltre alla funzione – decisiva e insostituibile – di soggetto portatore di una pedagogia di massa e di una diffusione di valori portanti contrari e opposti ai disvalori dominanti e diffusi dal “circo Barnum” della comunicazione di massa.
Sommariamente si è fin qui cercato di descrivere alcuni elementi che stanno caratterizzando il sistema italiano all’interno di un quadro internazionale che appare denso di pericoli verso le forme “classiche” della democrazia novecentesca.
A tutti i livelli si stenta a produrre un’idea e una proposta di cambiamento non solo nelle forme e nei metodi – e quindi nella sostanza – come invece sarebbe necessario.
La vignetta – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani