Favole dal futuro
di Gian Marco Ibba
Favole dal futuro, così le chiamava. Ambientate in un futuro lontano ma raccontate al passato, come da qualcuno che avesse viaggiato nel tempo. Devo ammettere che erano inquietanti.
Non che la mia preferenza andasse a quelle tradizionali, tutte piuttosto stucchevoli e vagamente classiste, partorite com’erano dall’inconscio malato della cultura borghese europea. Ma almeno erano più rassicuranti di queste. Immagino che il mio percorso di addestramento al mondo reale dovesse passare anche per quella prova, secondo mio padre. Non ho mai saputo per certo se fossero di sua invenzione o se le prendesse da qualche libro. Entrambe le ipotesi hanno comunque qualcosa di disturbante, che non voglio approfondire.
La più tremenda era probabilmente quella sull’esodo dell’Umanità verso le stelle.
“Ci fu un tempo di grandi cambiamenti, figliolo… un tempo in cui l’Umanità prese decisioni definitive, che la condussero lontano dal nostro pianeta, ad esplorare le stelle e colonizzare mondi lontani, per soddisfare un profondo desiderio di scoperta, di superamento del limite e altre cose di questo genere…” – esordiva, spesso di punto in bianco, quando ero distratto da qualcos’altro. Puntualmente, smettevo di fare quello che stavo facendo per ascoltarlo.
“Dunque, devi sapere figliolo che per anni gli scienziati si arrovellarono il cervello per capire come far viaggiare le astronavi nello spazio. Era indispensabile trovare la tecnologia e il combustibile giusti per affrontare viaggi di lunga durata e fondare colonie su altri pianeti. Insomma, tanto si impegnarono che ci riuscirono. E indovina quale fu la chiave del loro successo?”
“Quale fu?”
“Lo stronzio.”
“Lo stronzio?”
“Già. Lo stronzio…”
“Cos’è?”
“Lo stronzio è l’elemento chimico di numero atomico 38. Il suo simbolo è Sr. Appartiene al gruppo dei metalli alcalino-terrosi e si presenta come un metallo tenero, argenteo, bianco o leggermente giallo. Come gli altri elementi del suo gruppo, è estremamente reattivo. Si trova nella celestite e nella stronzianite…”
“E allora?”
“Beh, per motivi che solo gli scienziati possono capire, lo stronzio si rivelò in possesso di proprietà chimiche tali da risolvere tutti i principali problemi legati ai viaggi interstellari. Divenne il petrolio del futuro, capace di gettare le basi, come il suo predecessore, di una nuova era della civiltà…”
“Una civiltà fondata sullo stronzio…”
“Già, e l’Umanità ne divenne dipendente, per nutrire il suo nuovo sogno.”
“Quello di conquistare le stelle…”
“Precisamente. Allora… per quanto sia molto diffuso in natura, occorrevano grandi quantità di stronzio per alimentare le nuove industrie aerospaziali che spuntarono come funghi in tutto il mondo. Venne fuori che l’Africa ne fosse particolarmente ricca, e non essendo in grado di opporre alcuna resistenza alle grandi potenze, venne letteralmente spogliata di ogni granello di questo materiale. Fiumi e laghi furono prosciugati, e intere foreste le vennero strappate via per far spazio agli stabilimenti di estrazione dello stronzio.
Qualcuno provò a opporsi, ma senza successo. Cos’è una foresta di fronte al sogno di esplorare lo spazio? Paragonata a quella necessità, ogni altra considerazione veniva spazzata via. Non si parlava che di stronzio e della sua importanza. Non c’era niente che contasse di più.
Dopo aver prosciugato le riserve di stronzio africane, si passò a quelle del Sudamerica, altro paese incapace di opporsi alle grandi potenze. L’intera foresta amazzonica venne abbattuta per attingere agli abbondanti filoni di stronzio che nascondeva nel sottosuolo. Al solito, le proteste furono liquidate col noto adagio: preferite conservare le foreste o aprire le porte dello spazio?
Chi si opponeva era considerato un folle, un retrogrado, e in seguito anche un pericolo pubblico. Si cominciò a rinchiudere tutti coloro che si dichiaravano contrari a questa nuova, inderogabile missione della razza umana, ormai legata a doppia mandata allo stronzio.
Esaurite anche le riserve del Sudamerica, ridotta ad un sacco vuoto e senza vita, fu il turno dell’Asia. In quel caso le resistenze furono maggiori, perché alcune delle più grandi potenze si trovavano lì. Tuttavia, sacrificando le meno importanti, grazie ad una coalizione di tutte le restanti, si poterono prelevare impunemente grandi quantità di stronzio anche dall’Asia. L’India venne sacrificata, e subito dopo la Russia, che nel frattempo aveva perso sempre più terreno rispetto alla Cina. Le foreste indiane e poi le praterie russe furono invase dagli immensi estrattori di stronzio, sempre più grandi. Poi fu la volta del Giappone, le cui proteste non valsero a nulla.
L’Europa, illusa fino all’ultimo di potersi sottrarre a quel destino, venne puntualmente ridotta a bacino estrattivo di stronzio a beneficio delle ultime due gradi potenze rimaste: Stati Uniti e Cina.
Cos’è Parigi di fronte ad un’astronave interstellare con propulsione a stronzio? Sostenevano, per giustificare quello scempio.
Parigi val bene una messa si diceva una volta. Ora quella stessa Parigi veniva sacrificata in nome del progresso. In nome dello stronzio.
Persino quando la Terra assunse l’aspetto di un groviera smangiucchiato non fu ancora abbastanza. Occorreva ancora più stronzio, sempre di più.
E si arrivò così allo scontro finale: Cina contro Stati Uniti. A chi sarebbero toccate le ultime riserve di stronzio, necessarie per traghettare ciò che restava della razza umana verso le stelle?
Scoppiò una guerra, ferocissima. La più feroce di tutte. Gli Stati Uniti alla fine prevalsero. Immagino a causa della loro maggiore spregiudicatezza. Dopo tutto, furono loro a sganciare due bombe nucleari su civili nel ’45. Lo fecero ancora, senza esitazione, e così vinsero l’ultima guerra dell’Umanità.
Lo stronzio cinese divenne loro e, sommato a tutto il resto, gli consentì di partire alla volta delle stelle.
Un’astronave grande quasi quanto la luna si sollevò dal suolo terrestre, e i suoi motori giganteschi, necessari a generare la spinta sufficiente a farla uscire dall’orbita, una volta accesi incenerirono mezzo emisfero.
Una sorta di estremo saluto al nostro pianeta natale consumato, disfatto e gettato via per agguantarne uno nuovo, nello spazio profondo. Sembrava fatta, l’Umanità era in viaggio. Il sogno dell’esplorazione spaziale era divenuto realtà e la prima tappa, Sort 2, era alle porte.
Anni addietro era stato individuato, infatti, all’esterno del sistema solare, un pianeta dalle condizioni simili alla nostra Terra, in grado di ospitare la razza umana. Sort 2, per l’appunto.
Una volta giunti, dopo circa un anno di viaggio, i superstiti si diedero da fare per colonizzare il nuovo mondo. Solo che Sort 2 si rivelò totalmente privo di tutte quelle risorse che ci si aspettava di trovare. Sembrava in effetti che fosse stato saccheggiato di ogni bene. In particolare, colpiva la quasi totale assenza di stronzio. Strano, pensarono i superstiti. Un elemento così diffuso sulla Terra, e qui invece tanto raro… La questione apparve tanto misteriosa quanto vitale da risolvere per le sorti del genere umano. Si interpellarono ricercatori e geologi per svelare l’arcano.
Le ricerche che ne seguirono diedero esiti sorprendenti: dai reperti analizzati risultò che Sort 2 un tempo era abitato, come la Terra, da creature non troppo dissimili da noi. Conobbero anche loro uno sviluppo tecnologico paragonabile al nostro, facendo scelte analoghe. Anche loro, qualche millennio prima, decisero di dedicarsi all’esplorazione spaziale dopo aver scoperto l’importanza dello stronzio, a cui sacrificarono tutto, esattamente come noi.
Misero sottosopra il loro pianeta svuotandolo di tutto lo stronzio, trasformandolo in una discarica a cielo aperto. Poi partirono, inseguendo il sogno delle scoperte spaziali, nel vuoto interstellare. Saltarono di pianeta in pianeta, consumandone tutto lo stronzio per andare sempre più lontano, senza più fermarsi.”
“Ma cosa pensavano di trovare?”
“Non lo so…”
“E che ne è stato dei supersiti terrestri su Sort 2?”
“Dovettero arrangiarsi a sopravvivere su un pianeta morto, e senza più neppure un grammo di stronzio per potersene andare via.”
Mi guardava, notando la mia espressione delusa.
“Mi sembra un brutta fine per la razza umana…”
“Beh… che ti aspettavi da una civiltà fondata sullo stronzio?”
Sì, ammetto che ridevo, alla fine. Ci ridevo sopra. Ma rimaneva sempre una punta di amarezza in bocca. Come se quella favola di un futuro possibile ci stesse col fiato su collo.
Una “favola”, ahimè, fin troppo verosimile e vicina a una futura, probabile realtà