Fernand Braudel: quando la Storia (e la tarda preistoria) mediterranea si…
… “incarnano” in uno studioso
di Giorgio Chelidonio
Davvero difficile – se non impossibile – ricordare uno storico del calibro di Fernand Braudel nel breve spazio di una “scordata” per l’anniversario della morte (il 28 novembre 1985) . Basterebbe affacciarsi su uno dei links qui riportati – meglio farlo “in francese”, sebbene il sospetto della “grandeur” possa suggerire altri punti di vista [LINK 1] – per rendersi conto delle dimensioni culturali euromediterranee del pensiero e delle ricerche di Braudel.
Devo però confessare di non averne mai letto le opere, probabilmente perché quasi-totalmente assorbito dalle mie letture geo-preistoriche. Eppure, dagli scaffali o dai banchi di qualche libreria nella mia memoria si era impresso un disegno scelto per la copertina di una delle edizioni del suo libro “Memorie del Mediterraneo” (Bompiani, 1998): la riproduzione del dipinto della cosiddetta “tomba del tuffatore”. Inquadrabile fra il 480 e il 479 a. C. rappresenta, appunto, un uomo nudo che si tuffa, dall’alto di un “trampolino litico”, in un “mare convesso” (l’onda che lo inghiottirà?), metafora dell’immergersi nell’aldilà, dopo il commiato con parenti e amici, raffigurato sulle pareti con una scena di “symposium” [LINK 2].
Se si vuole invece affrontare una breve recensione del libro [LINK 3] possiamo “immergerci” nella dimensione grafica di una ormai antica “stampante ad aghi” con cui è stata scritta (nel 1999 !) dal professor Bettalli (università di Pisa).
Letta questa dotta recensione e data magari un’occhiata anche ad alcune “frasi celebri” di Braudel [LINK 4] sono rimasto tentato dal cercare una recensione “preistorica”, visto che il titolo del suo libro sulle «memorie del Mediterraneo» si allarga alla dimensione tardo-preistorica di questo mare, dei suoi paesaggi plasmati da millenni di antropizzazione sempre più intensa.
Imprevedibilmente mi sono “spiaggiato” su una recensione [LINK 5] fatta da Jean Guilaine, illustre studioso di Neolitico, megalitismo e ritualità funebri euro-mediterranee. Forse per un eccesso partecipativo, ho provato a tradurvela in italiano, con qualche limatura e sperando di non fare torti (chi traduce… tradisce) né a Braudel né a Guilaine.
Buoni tuffi nella dimensione braudeliana del “mare nostrum”.
https://books.openedition.org/pupvd/3851?lang=it
Ecco un tema – Preistoria e mondo antico – sul quale non ci aspettavamo Fernand Braudel, anche se è il Mediterraneo, il suo terreno preferito, che fa da sfondo all’esperienza. Ma quando ci si fa paladini della permanenza e dei determinismi geografici, come sfuggire alla tentazione delle origini, l’emergere di una rete storica di cui sono rintracciati, per decenni, sia le strutture di base che molti micro-dettagli?
“Non dite che la Preistoria non è Storia” ha avvertito Braudel nella sua «L’identité de la France». L’archeologo neolitico o protostorico sottoscriverà con tutto il cuore questa affermazione. Potrebbe aggiungere: “Non dire che la scrittura fa la storia. Bisogna aver scavato, analizzato, messo in discussione le civiltà prima agraria, metallurgica e poi urbana del Neolitico, Calcolitico e dell’Età del Bronzo, la maggior parte delle quali senza scrivere, per sapere che si può sfiorare la loro storia, rilevarne la storia. creazione di identità, gioco sociale, competizione d’élite, cambiamenti economici, esistenza quotidiana. Dov’è la differenza tra le famiglie reali sepolte a Ur, in Caldea, e quelle sepolte ad Alaça Höyük, in Anatolia, intorno al 2500 a.C.? Il primo sarebbe “storico”, il secondo “preistorico”? Vana demarcazione.
Instancabile ricerca di voler tornare, per quanto possibile, all’epoca della “genesi” e dei primi paleo-focolari. In questo senso, lo storico non può ignorare le più antiche civiltà sedentarie, perché è in questi tempi che si gioca tutto, che si fondano società gerarchiche ma anche la innovativa dimensione di poche abitati proto-urbani, spazi geoculturali, tradizioni religiose, insomma il passaggio graduale dalle popolazioni ai popoli.
Alcuni potrebbero essere sorpresi da questa nuova sfida di Braudel: conducendo (nel 1969) il suo lettore in tutto il Mediterraneo e questo nella sua piena profondità storica, dalla Preistoria al compimento della conquista romana, non ci soddisfa l’unico gusto del viaggio ma ci propone di condividere la sua certezza che “non esiste una storia veramente comprensibile che si sia estesa ampiamente lungo tutto il tempo degli uomini”.
«Tempo lungo» e geografia, perché quest’ultima è immediatamente presente nel contesto di ogni grande conquista culturale e politica, dai primi momenti di vita in Mesopotamia, in Egitto, fino alla civiltà etrusca, in questa Toscana che è senza dubbio la regione preferita di Fernand Braudel.
Scritto all’epoca in cui si stava sviluppando la ricerca sulla civiltà materiale, l’economia e il capitalismo, due anni dopo la pubblicazione (nel 1967) di «Civiltà materiale e capitalismo», questo «Mediterraneo preistorico e antico» testimonia fortemente un cambiamento di scala.
Fernand Braudel lasciava lo studio economico per considerare i mutamenti successivi e le articolazioni delle civiltà che confinavano e formavano il Mediterraneo: la sua esplorazione non conta da allora più nei secoli ma nei millenni, un traguardo ultimo della lunga durata che ritroviamo nel suo «L’identité de la France».
Possiamo considerare «Mediterraneo preistorico e antico» come un’eccellente contro-prova nella misura in cui lo storico degli ampi spazi e delle lunghe durate porta la sua visione e professione al protostorico, spesso bloccato nelle sue peculiarità, talvolta irrisolte. Il libro è, quindi, in grado di fornire le chiavi, aprire strade e suscitare risposte. Alcuni ne saranno allarmati: non rischiamo di proiettare il XVI secolo, commerciale e mercantile, su un mondo antico molto diverso? Se Braudel si avventura spesso in quest’ultima dimensione, confrontando il cosmopolitismo dei porti orientali nel secondo millennio (prima!), o l’apertura commerciale di una città greca arcaica all’effervescenza delle città del Rinascimento, confrontando le liti di Atene , da Sparta o Tebe con le dinamiche competive tra le città italiane “moderne”. Considerando l’epoca della “colonizzazione” olocenica del Mediterraneo occidentale come un “Far West” sognato dai migranti dell’Egeo, evoca Cartagine senza lasciarsi ingannare dal suo stesso gioco di trasposizioni crono-culturali: conosce troppo bene le isole, le pianure, le montagne, le persone e il tempo per avanzare solo ipotesi plausibili , evitando di presentare speculazioni meno certe come semplici domande.
Gli saremo quindi grati per aver tracciato parallelismi, per sottolineare analogie, per aver posto domande rilevanti, che lo specialista evita perché non ha i mezzi per rispondere e preferisce tacere. Le analisi dei grandi blocchi, quelle delle rotture profonde o anche quelle dei grandi spostamenti verso oriente, fino alle conquiste di Alessandro Magno e fino a quelle di Roma costituiscono altrettanti parametri di valutazione (benchmark).
Tra le articolazioni chiave della storia ce n’è una che Braudel ha saputo presentare in chiave particolarmente forte, “l’economia mondiale”: riuscì a convincerci della sua validità per il Cinquecento ma non la usò per certi momenti nell’antichità. Possiamo scommettere che Braudel sarebbe stato sorpreso dal “buon uso” di questo concetto come viene fatto da studiosi dell’età del Ferro valutandone la prospettiva nell’intera Europa.
Questo libro non è recente: é stato scritto nel 1969 e allora l’impatto delle datazioni al C14 (al radiocarbonio) non aveva ancora cambiato profondamente alcune cronologie: i dati sparsi sul Neolitico e sul Vicino Oriente calcolitico (o Età del Rame) non permettevano le generalizzazioni che oggi si possono elaborare. Ad esempio, il megalitismo dell’occidente europeo rimase, per molti, un processo diffuso nella stessa nicchia della prima metallurgia e le migrazioni, come quelle dei Popoli del Mare, degli Etruschi o anche quelle dei Cimbri e dei Teutoni, assunsero dimensioni narrative che, probabilmente, non ebbero mai.
Fernand Braudel colloca tra gli uomini del Vicino Oriente l’inizio di tutte le cose: presenta l’ultimo millennio attraversato da tre popoli, il fenicio, l’etrusco, il greco, escludendo altri partner della mediterraneità (Liguri, Celti e Iberici). A questo proposito, gli studenti della fine degli anni Sessanta ricordano forse gli insegnamenti ricevuti: niente sui Fenici (tranne la loro invenzione della scrittura e la pratica del tofet nella Cartagine punica), qualche lezione sugli Etruschi (e il “mistero” che costituiscono: un “mistero” che tormenta anche Braudel) e la Grecia con due aspetti privilegiati, i movimenti colonizzatori micenei (verso Est e, poi, verso Ovest) e l’Atene classica.
Incontreremo così un Braudel affascinato dalle conquiste dei contadini neolitici, dal fertile Oriente nel campo delle scienze e delle arti: dagli instancabili navigatori e mercanti fenici, alle conquiste costituite dalla scrittura, dalla filosofia ionica o dal diritto romano.
Lo storico moderno è alla ricerca di tutte le tappe che presenta come tante rivoluzioni, quella permanente del commercio, quella dell’alfabeto fenicio, legata al commercio e alla sua pratica che facilita. Un’altra mutazione qualificata come rivoluzionaria è il funzionamento di Atene, così come viene messa in atto alla fine dell’arcaismo, un’altra ancora, l’emergere della Repubblica Romana. Allo stesso tempo offre, dietro le quinte, un’altra lettura della storia, demistificando un po’ questi due giganti, la Grecia e Roma, visti come abili recuperatori delle lunghe gestazioni che li hanno preceduti. Un dubbio: non è stato concesso troppo alla Grecia, in particolare nella sfera delle arti o delle tecniche per le quali l’Oriente aveva già avviato le scoperte decisive?
Per quanto riguarda la sequenza degli eventi che hanno plasmato il “mediterraneo antropico” troviamo un Braudel che mette in discussione la loro portata, la realtà della loro influenza nell’evoluzione di grandi gruppi geopolitici, il significato da dare a certe sconfitte, talvolta sopravvalutate dagli storici: per la filosofia braudeliana della storia il peso delle masse concorda con la traiettoria del tempo, sin dalle origini preistoriche, definite come “un umano già mescolato”. La dimensione storicizzante di Braudel “castiga” sia Alessandro Magno troppo preoccupato solo per l’Oriente (colpa imperdonabile per un uomo cullato nel bacino occidentale) ma anche “rimprovera” a Roma di essersi allontanata dai confini del Mediterraneo.
In questo senso il libro di Braudel non è il frutto di un estraneo al mondo preistorico e antico ma di un vecchio amante del Mediterraneo, nutrito dalle sue conoscenze enciclopediche che, attraverso megaliti e piramidi (ma anche templi greci e basiliche romane) ci rimanda l’immagine di un passato eternamente presente.
Jean Guilaine – Professore al Collegio di Francia, neoliticista e studioso del megalitismo tardo-preistorico. Suggerisco i suoi:
- La mer partagée. La Méditerranée avant l’écriture : 7000-2000 avant J.-C., Hachette, Paris, 1994, 454 p. Édition poche, collection «Pluriel», Hachette, 2005, pagine 910.
- Jean Guilaine, 2010: “Le radici del Mediterraneo e dell’Europa”, Jaca Book.
LINKS
1) https://fr.wikipedia.org/wiki/Fernand_Braudel + https://www.franceculture.fr/personne-fernand-braudel.html + http://www.academie-francaise.fr/les-immortels/fernand-braudel
2) https://www.pestum.it/scavi-archeologici/tomba-tuffatore-paestum.htm > con breve video
4) https://frasiarzianti.wordpress.com/tag/citazioni-braudel/
5) https://books.openedition.org/pupvd/3851?lang=it >
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega