Ferrovie del Messico – Gian Marco Griffi
letto da Francesco Masala
Recensione telegrafica:
Il gioco è bello quando dura poco. Romanzo sopravvalutato. Stop.
“Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi è un capolavoro per 700 pagine ma scade a precipizio sul finale. Per gran parte del libro si parla di poesia e di Amore, del Sud del Mondo, di personaggi incredibili e fatti mirabolanti, e lo si fa con un taglio anche ironico, a tratti irriverente ma mai stupido; ci sono eco di autori sudamericani come Bolano e di altra letteratura immaginifica. Poi arriva l’inaspettato: Griffi fa un’operazione che a me non è piaciuta. Per evitare il “buonismo”, per mostrarci il bianco e nero dell’essere umano (discorso che poi è trito e ritrito) rompe l’atmosfera poetica e fiabesca e alla fine, il nazista cattivo non aveva ammazzato la sedicenne sfortunata prostituta, ma era stato un manipolo di partigiani; il prete erudito e colto che nasconde gli ebrei nella soffitta e odia i nazisti, non solo detesta anche i “rozzi campagnoli” della provincia di Asti (lui che viene da Milano), ma è anche un prete pedofilo, trasferito in quella periferia proprio per espiare quella colpa…colpa su cui ironizza dicendo che in fondo anche il Cristo umano aveva delle esigenze e delle pulsioni. Mi ha lasciato perplesso: non sto a fare moralismo; esistono quei problemi tra i preti; i partigiani non erano tutti santi; sono cose assodate. Ma dopo 700 pagine di diverso tenore, non mi aspettavo questo trend…una spacconeria che per me fa scadere un libro che aveva le stimmate del capolavoro.
Pagine scritte benissimo ma che non portano da nessuna parte, come binari morti. Trama confusionaria e su diversi piani temporali, non si capisce dove l’autore ci vuole portare, arrivato a metà libro penso che abbandonerò, comunque buono per addormentarsi.
Dopo un buon incipit, questa ferrovia messicana si aggroviglia in un minestrone fra postmoderno, surrealismo, atmosfere oniriche, digressioni, divagazioni, flussi di coscienza vari. Decisamente troppa roba tutta insieme. C’è qualche bella pagina (derisione dell’ottusità ridicola e criminogena del nazifascismo e delle sue maschere pazzoidi), ma solo qualche, dispersa nel guazzabuglio. Gli sperimentalismi di 800 pagine mi vanno a noia. Approdato, molto faticosamente, a p. 308, decido di avvalermi del diritto del libero lettore di alzare bandiera bianca. E di passare ad altro.
Libro che non mi ha catturata e nonostante tutto l’ho terminato ugualmente. Forse non è il mio genere, eppure leggo di tutto. Cesco Magetti vive avventure surreali spesso al limite del ridicolo. Non ho capito se l’intento dell’autore era quello di proporre un romanzo satirico sul fascismo, sulla resistenza??? boh! Alla fine di tutte le storie contenute in questo romanzo mi è rimasto poco o niente, sebben l’autore sappia scrivere bene, faccia riferimenti dotti e si destreggi tra le pagine con agilità, ma non mi basta! Gli esercizi di stile non mi convincono. Sono una voce fuori dal coro: lo so… tutti gridano al capolavoro, non per me!
Convinto dalle molte, moltissime segnalazioni e recensioni positive , anche illustri o ritenute tali, affronto la spesa e l’onere della lettura. Brutta, bruttissima edizione, libro che si legge con maneggevole difficoltà con le sue ottocento pagine, circa, in un formato infelice. Ma questo è il minimo, obliabile. Il fatto è, a pare mio, che il libro è di una tragica noia e ripetitività. Ha pretese elevate:, e come spesso accade, volendo dite troppo finisce per confondere il lettore e non dire nulla. Pretende, forse, di disarticolare un mondo e non fa che confondere, gratuitamente senza scopo alcuno, il lettore che, nel mio caso a p.133, si sente preso un po’, un po’ tanto, preso per il naso e decide che il gioco, le rimanenti settecento, non valgano la candela e spegne direttamente il lume. Personaggi che si vorrebbe creare come perlustratori in situazioni psichiche estreme o quasi ma che si trasformano in burattini senza fili., in una successione di eventi risibili, senza alcuna volontaria ironia. “La vita è troppo breve e questo libro è troppo lungo” ebbe a scrivere un francese su di ben altra opera (che io adoro). Ma il commento, in questo caso, si fa rassegnata condivisione di propositi e di giudizio. Da semplice lettore, sia chiaro, Altri, auspico per l’autore, molti, vi vedranno il capolavoro. Li invidio.
Insomma un palo in fronte.
Difficilmente compro dei libri dopo averli letti prendendoli in prestito alla biblioteca, questo è uno di quelli: poetico , assurdo, vero…di quelli che non vorresti avessero una fine.
800 pagine? Ogni pagina una sorpresa!
Assolutamente unico, bellissimo.
Non capisco la delusione per il finale di talune, non tutte x fortuna ,storie inserite nel romanzo che non avrei comunque disvelato ai lettori, che è un po’ come far conoscere il finale di un film prima di essere visto .
Se non avessi già letto il libro e mi fossi basato solo con questa recensione avrei sicuramente perso un’occasione unica .
Leggetelo! Non ne rimarrete delusi.
dice il saggio Clint Eastwood:
Le opinioni sono come le palle. Ognuno ha le sue.
Si capisco, la mia nota, seguente, non ha connessione specifica e diretta con ” Le ferrovie del Messico”….e dintorni
Forse attiene alle” ferrovie italiane”…..per nessi e connessi, con Chi, in questa fase di calendario, dirige il ” traffico ” nel nostro Paese.. Patria… Nazione ?
Non so. E chiedo venia per l’ arroganza di dire su una questione che teoricamente non ha attitenza filologica.
Però, come si disse in altri tempi: tutto il mondo e’ paese, e ciascuno tiene famiglia.
Pero’, URCA, che bella giornata e’ oggi! Proprio quando non te lo aspetti, vince, all’ improvviso, per etica di rappresentazione – anche se negli ultimissimi giorni c’ erano sonore avvisaglie -, di gran lunga, il fronte ANTIFASCISTA!
Non solo per il Sandro Pertini, Presidente emerito degli italiani, ripudiato, ma sempre, rilanciato dai ” ghibellini” , saldamente in sella, ma per il ” rumor di sciabole” che , in maniera squillante, foriera di successive puntate, sconquassa i gestori del Potere .