Forlì, anziani e Covid 19: parte una (prima) indagine
di Davide Fabbri
CORONAVIRUS. TRAGEDIE CASE DI RIPOSO. IL CASO “PIETRO ZANGHERI” DI FORLI’. AVVIATA INDAGINE DELLA PROCURA.
Notizia che non trovate sui mass media. Notizia che trovate solo qui in “bottega”: la Procura della Repubblica di Forlì, guidata dal procuratore capo Maria Teresa Cameli, ha formalmente aperto un fascicolo di indagine esplorativa sulle recenti vicende accadute alla Casa di Riposo «Pietro Zangheri» di Forlì.
A breve verrà interrogato – come persona informata sui fatti – il figlio di un ospite deceduto per coronavirus all’interno della struttura forlivese. Da diverso tempo – sugli organi d’informazione locali, regionali e nazionali – ha segnalato all’opinione pubblica il caso emblematico e inquietante della morte di suo padre, stigmatizzando le mancate informazioni e avvisi (da parte dei responsabili della “Zangheri”) sul fatto che il proprio padre avesse contratto il virus; il giorno prima sarebbe stato asintomatico, il giorno dopo è deceduto.
In tutta Italia i fascicoli di indagine nei confronti delle strutture assistenziali per anziani crescono di giorno in giorno. Sono doverose. Poiché i numeri dei decessi e dei contagi sono anomali. Ci sono stati probabilmente ritardi nell’applicazione delle regole sulla protezione e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono tante le segnalazioni sull’assenza (presunta… per ora) delle protezioni con DPI.
Occorrono indagini esplorative puntuali, rigorose, trasparenti sui decessi e sui contagiati degli ospiti e degli operatori nelle strutture per anziani, per accertare eventuali responsabilità di quanto è accaduto nelle case per anziani della Provincia di Forlì-Cesena.
Le indagini esplorative della Procura, oltre che sulla Pietro Zangheri di Forlì (5 decessi), devono essere avviate sulle seguenti strutture problematiche:
Maria Fantini di Cesena (10 decessi), Don Baronio di Cesena (2 decessi), Villa Lieto Soggiorno di Cesena, Arturo Fracassi di Gatteo, Davide Drudi di Meldola, Villa del Pensionato di Rocca San Casciano, Pellegrino Artusi di Forlimpopoli (10 decessi).
Abbiamo assistito nelle ultime settimane a vicende drammatiche, tragedie dense di sofferenza. E’ stato fatto tutto il possibile – nel contrasto all’epidemia da coronavirus – per prevenire il contagio, per evitare e limitare drammi e tragedie nei confronti della popolazione più indifesa e fragile? Io credo proprio di no.
Le vicende hanno messo in evidenza inadeguatezze e inefficienze, in alcuni casi anche plateali, e ancora sottodimensionamento degli organici, carenze di personale qualificato e scarsamente retribuito fra medici, infermieri, oss, ata e adb (carenze già presenti prima dello scoppio drammatico dell’emergenza sanitaria da Covid-19), attivazione non tempestiva delle misure sicurezza nei luoghi di lavoro, difficoltà a riconoscere e a isolare i malati, carenze di informazioni e di coinvolgimento dei familiari, inadeguatezze da parte della politica di governo dei Comuni sul sistema di vigilanza e controllo delle strutture private assistenziali per anziani, accreditate dagli enti pubblici (controllo in capo essenzialmente ai Comuni – Servizi Sociali – e all’Azienda USL).
Mancanze e carenze che si sono manifestate tragicamente con la diffusione del coronavirus, che hanno mostrato a tutti i limiti di tale sistema, che va rivisto al più presto:
– Limiti gestionali di diverse strutture.
– Carenze di personale qualificato già in tempi pre-coronavirus, carenze ingigantite dalle difficoltà a sostituire il personale risultato positivo, in quarantena; in taluni casi le sostituzioni stanno avvenendo anche con personale non qualificato.
– Limiti di vigilanza e controllo da parte dei Comuni e da parte dell’A.Usl per le strutture accreditate.
– Limiti sulle norme dell’accreditamento delle strutture private.
– Limiti sugli affidamenti a cooperative che di sociale hanno ben poco.
Le situazioni di estrema gravità della nostra Provincia riguardano la Casa di Riposo «Maria Fantini» di Cesena (su questa vicenda ho già scritto recentemente un’inchiesta) e la Casa di Riposo «Pietro Zangheri» di Forlì.
Oggi mi occupo nello specifico della «Pietro Zangheri», ubicata nel centro storico di Forlì, un unico complesso immobiliare attorniato da un parco di 17.000 mq.
La struttura è sorta nel lontano 1886, in un complesso costituito dall’antico monastero di San Salvatore, la cui origine risale al 1.400. E’ intitolata a Pietro Zangheri, grande scienziato naturalista forlivese che ne fu direttore per 35 anni.
E’ una IPAB (ente pubblico) che utilizza le norme dell’accreditamento con Comuni e A.Usl. E’ sia Casa Residenza Anziani (CRA) che Casa Albergo (Pensionato). Gestisce pertanto sia anziani non autosufficienti (CRA) che anziani autosufficienti (nel Pensionato).
La presidente del cda è la professoressa Wilma Vernocchi. I membri del cda sono cinque. L’attuale presidente è di nomina dell’Associazione Soci Azionisti della Residenza; poi ci sono due membri del cda di nomina del Comune di Forlì, e due membri di nomina della Fondazione Cassa Risparmio di Forlì. La direttrice è l’avvocata Annalisa Valgimigli.
Sono circa 150 i dipendenti della struttura. Alla luce di una emergenza sanitaria interna alla struttura, recentemente sono stati creati tre reparti sanitari appositamente dedicati al Covid-19, in collaborazione con l’Azienda USL. Sono 302 gli anziani al momento ospiti della struttura, di cui 140 posti accreditati in CRA da Comune e da A.Usl. I numeri aggiornati che fanno riferimento all’emergenza sanitaria da Covid-19 in struttura sono estremamente allarmanti, e sono i seguenti: 5 decessi; 80 le persone positive fra gli ospiti anziani; 20 operatori contagiati.
In una recente lettera firmata da alcuni parenti degli ospiti della struttura, si segnala che «a seguito dell’intervento, già molto tardivo, del distretto socio-sanitario di Forlì, gli ospiti della struttura sono stati “ammassati” in un reparto dell’edificio, senza alcuna misura atta ad impedire la diffusione del contagio, spostandoli da un reparto all’altro, senza alcuna tutela loro e degli ospiti che ancora non avevano contratto il virus. Solo dopo che la situazione era degenerata, sono stati fatti i tamponi, senza però informare dell’esito i familiari, cui è impedito verificare in quali condizioni versino i loro cari. Ciò che è stato realizzato è un vero e proprio “lazzaretto”, nel quale non è garantita cura, assistenza medica necessaria ad affrontare un’emergenza di questa portata. Con l’interdizione all’accesso per i familiari, non vi è più garanzia del rispetto dei loro diritti. Pretendiamo trasparenza e rispetto di regole umane per tutti. Per gli ospiti, per chi opera nell’assistenza».
Una delle proposte da fare immediatamente, senza perdere ulteriore tempo – proposta avanzata anche dal sindacato confederale – è l’emanazione di un’ordinanza da parte del sindaco Zattini di Forlì, in accordo con Prefetto e AUSL. Per motivi di igiene e sanità pubblica, inerente la diffusione del Covid-19, si devono trasferire all’Azienda USL della Romagna la gestione e il coordinamento dei servizi assistenziali e del personale sanitario e socio-sanitario – in maniera straordinaria e temporanea – della struttura della «Zangheri», fino al ripristino delle condizioni di sicurezza. Un’ordinanza da emanare sulla falsariga di quella del sindaco Lattuca di Cesena del 3 aprile scorso, in riferimento alla CRA «Maria Fantini» di Cesena.
Cesena, 15 aprile 2020
Davide Fabbri, blogger indipendente
Mi scrive una parente di un anziano ospite presso la Casa di Riposo “Zangheri” di Forlì: “Speriamo che qualcosa si faccia al più presto, li i nostri cari soffrono, e noi abbiamo messo nelle mani di incompetenti e irresponsabili i nostri affetti più cari”.
Mi scrive un operatore della struttura: “Le segnalazioni di operatori, di personale infermieristico qualificato, sono sempre state inascoltate, tutti se ne sono lavati le mani e quando dico tutti intendo veramente tutti. Finché non verrà demolita l’impalcatura di stampo diciamo così…”poco chiaro”, che erge questa struttura, la mala erba continuerà ad avanzare! È un tema che mi sta a cuore, penso ai colleghi di lavoro e mi sale l’animale, sono persone sfruttate e sottopagate, che lavorano in condizioni di difficoltà, con organico scarso, senza adeguati materiali di assistenza, spesso lasciati soli a dover affrontare situazioni di grave emergenza”.
La Procura della Repubblica di Forlì ha acquisito la testimonianza di Roberto Grassi, figlio di uno dei primi deceduti (il padre Andrea) della ‘Zangheri’, chiamato dai Carabinieri in forza alla Procura martedì 14 aprile scorso. Roberto Grassi – in quanto persona informata sui fatti – non punta il dito contro il personale o la qualità delle cure della struttura assistenziale per anziani, ma sulla gestione della fase più concitata dell’emergenza, con l’ingresso del virus all’interno della casa di riposo. Censurata anche la poca trasparenza e il mancato coinvolgimento delle famiglie degli ospiti colpiti più duramente dal virus, come lo era appunto suo padre Andrea, di 78 anni, completamente autonomo e autosufficente la settimana prima di ammalarsi. A ulteriore riprova spiega Roberto Grassi: “Mi è stato trasmesso dal medico della struttura il referto del tampone positivo, che è datato alle ore 3 di mattina di lunedì 6 aprile 2020. Io sono venuto a sapere di questa situazione martedì 7 aprile 2020 nel pomeriggio, e solo dopo mia insistenza e dopo aver chiamato io il medico casualmente, altrimenti non mi sarebbe neanche stata comunicata. Insomma, sono passate due mattine di giorni lavorativi senza che nessuno mi abbia avvisato della positività di mio padre. Devo capire il perché di questo ritardo”. L’indomani Grassi vide per l’ultima volta il padre in una videochiamata in cui il 78enne era già visibilmente agonizzante. Il decesso si verificò alcune ore dopo.