Genova 2001-2021
Un nuovo dossier con articoli di Franco Astengo, Antonino Drago, Mao Valpiana e Gian Luigi Deiana, molti link e la poesia “visiva” di Nunzio Di Sarno. A seguire una nota della “bottega”
GENOVA E LA POLITICA
di Franco Astengo
E’ difficile parlar male di Garibaldi, ma nella congerie di rievocazioni al riguardo di Genova 2001, non si ravvede un qualche accenno autocritico da parte degli esponenti di quella che fu la sinistra italiana, oggi ridotta al lumicino.
Premesso che a distanza di 20 anni è il caso di esprimere tutto lo sdegno possibile e il massimo di deprecazione per l’orrido comportamento dello Stato e dei suoi organi : un comportamento in linea con i massacri degli operai e dei contadini negli anni’50 (che nessuno ricorda salvo qualche occasione rituale) e con i depistaggi e le complicità nelle fasi del terrorismo al punto da far apparire illusoria un’idea di democratizzazione degli apparati.
Nel frangente di Genova 2001 declinò il ruolo dell’organizzazione politica con la rinuncia a due punti fondamentali di identità: l’esercizio di una funzione di pedagogia di massa e la capacità di costruzione/riferimento di un blocco sociale.
In sostanza i soggetti politici intendevano stare “alla testa” ma non “alla guida”.
Inoltre risultava del tutto insufficiente l’analisi del passaggio da “identità nazionale” a “soggettività globale”.
Da quel punto di smarrimento derivò anche la successiva scelta , di pura matrice politicista, compiuta da alcune formazioni della sinistra di aderire alla logica di governo.
Qualcuno oggi scrive che “le idee del 2001 valgono anche oggi nel 2021”: egualmente però, nei vent’anni, è rimasta sullo sfondo il tema della soggettività politica, della sintesi, della proposta politica di egemonia e si è rimasti nel vuoto della sovrastruttura della tattica, ormai ridotta tra l’altro all’esclusiva ricerca della governabilità.
Tema, quello della soggettività politica, che nessuno o quasi pare abbia intenzione di affrontare.
Due riflessioni del 2001 (*) di Antonino Drago e Mao Valpiana riproposte in questi giorni dagli autori.
NONVIOLENZA E SACRIFICIO
In questo momento tragico sia per la morte di un giovane che per la politica italiana, oltre che per i poveri del mondo che non si vedono affatto riconosciuti dai paesi ricchi con le loro idee autogiustificatorie, si può accusare il gruppo dei black block che hanno perseguito cinicamente la loro politica di distruzione, indifferenti ad ogni altro obiettivo degli altri (amici o nemici che fossero), si può accusare le frange di estremisti che sono intervenuti a Genova con l’idea che se comunque ci scappava la possibilità non avrebbero mancato di sfogare la loro volontà antagonista contro la polizia; si può accusare la polizia di aver lasciato scorrazzare i balck block per due giorni in un luogo che stava sotto gli occhi del mondo, si può accusare la sinistra di non saper più né accettare né reggere le situazioni di piazza, si può accusare Berlusconi di aver fatto il difensore a tutti i costi di una politica sbagliata, si può accusare…, si può accusare…, si può accusare…, si può accusare….
Ma si può anche compiere un’altra azione: porsi in digiuno e in grande attenzione verso se stessi per esaminarsi se per caso la pagliuzza di cui accusiamo un altro non ci faccia vedere la trave che abbiamo sulla nostra coscienza. Gandhi, quando la grande manifestazione che aveva organizzato, degenerò rispetto al programma stabilito, perché una parte dei manifestanti si scontrò con la polizia, lasciò decadere la grande autorità politica che aveva guadagnato fino a quel momento presso gli inglesi (sembrava avesse vinto) e rinunciò alla prosecuzione dell’ azione che lui proseguì autonomamente nel vissuto personale; preferì interrompere la dialettica politica, ritirarsi in digiuno e preghiera per poter esaminare in che cosa egli avesse sbagliato.
Qui non si tratta di esaminare se ci abbiamo messo buona volontà o no; se avremmo potuto fare un sacrificio in più o un gesto creativo in più; si tratta invece di capire che siamo tutti corresponsabili di una enorme manifestazione andata a male, perché degenerata nella violenza più bieca; come dice don Milani è tanto ladro chi ruba che chi tiene il sacco; dobbiamo chiederci in che senso la nostra strategia (se c’era) ha retto alla situazione imprevista e in che senso la nostra strategia era deviante o direzionata in maniera insufficiente sugli obiettivi?
E’ il sacrificio costruttivo personale che distingue dalla politica di qualsiasi tipo la nonviolenza gandhiana, che non è occasionale, oppure nonviolenza di tecniche, oppure nonviolenza di calcolo astuto, oppure nonviolenza di opinione, oppure di romantica evasione dalla realtà cattiva.
Ed è su questo punto, a mio parere, che anche il movimento più ampio (quello per la pace, contro la globalizzazione, contro il debito, per un nuovo impegno sociale delle religioni, per una nuova politica di giustizia) è oggi stagnante; il punto di aver accettato a metà una nuova politica, quella di Gandhi, e non saperla maneggiare (come lui diceva degli occidentali). Sono tanti i motivi che vengono dati per modificarla e adattarla alla bell’e meglio con quello che si è abituati a fare di solito nella politica giustificandosi con: Gandhi ha vissuto cento anni prima di noi, lui non era un occidentale, lui non viveva nel mondo della tecnica esasperata e della politica dell’occidente….
Sono nati da noi una quantità di gruppi che si collocano attorno alla parola nonviolenza. I vari Pannella, Bonino, Bossi, gli anarchici, i dediti alle droghe e alla musica di evasione, sono tutti esempi di adattamenti occidentali di una politica ancora ben lontana dall’essere capita e perciò impossibilitata a sviluppare il suo potenziale.
E’ vero che oggi è urgente saper reagire ai maggiori fatti della vita politica italiana, ma tra noi che mettiamo la fede personale a fondamento della nonviolenza è urgente chiarirci le idee per ritrovare un linguaggio comune che superi quello di una sola parola, ormai abusata da tutte le parti, per non fare più massa di manovra di altri che per convenienza si danno etichetta di nonviolenti; e infine ritrovare una strategia che, di fronte a quelle differenze radicali che la nonviolenza avrà sempre con altre politiche, nei loro confronti non potrà praticare il buonismo, ma dovrà sviluppare la capacità di superarle.
Antonino Drago
LA CURA DELLA NONVIOLENZA
Non voglio dire nulla dei G8, che hanno concluso il vertice con un niente di fatto. Non voglio dire nulla del “blocco nero”, composto da professionisti della guerriglia urbana.
Non voglio dire nulla della polizia, delle sue provocazioni, della sua violenza. Mi interessa, invece, parlare di noi e delle prospettive del movimento di critica alla globalizzazione. trappola.
Dopo Seattle, dopo Goteborg, dopo Genova, se il movimento vuole avere un futuro, deve affrontare con chiarezza la questione della nonviolenza. Non solo come parola magica da inserire nelle dichiarazioni di principio, ma come fine e mezzo del proprio agire. Qual era il fine? Impedire ai G8 di riunirsi, o trovare soluzioni per un’economia di giustizia? Le tecniche della nonviolenza non possono essere ridotte a training per parare i colpi della polizia, né basta alzare le mani bianche in alto per fare un’azione nonviolenta. Oggi bisogna ripensare completamente i metodi ormai inadeguati come i mega cortei indistinti che sono stati utilizzati dai teppisti quali paravento per le loro scorribande. Dopo Goteborg era evidente (l’abbiamo detto e scritto) che la manifestazione di massa a Genova non andava fatta, che sarebbe stata una trappola. Abbiamo suggerito (ed organizzato) centinaia di iniziative locali, in tutta Italia, cortei silenziosi in fila indiana (per rappresentare chi non ha voce e per essere visibili con la propria identità): un modo per evitare laglobalizzazione del movimento antiglobalizzazione. Ma non siamo stati ascoltati. All’interno del Genoa Social Forum (GSF) è prevalsa la logica “di massa”: tutti uniti sotto la bandiera del no-global (anarchici, comunisti, cattolici, scout, pacifisti, ambientalisti, cobas, tute bianche, missionari, antimperialisti, socialisti rivoluzionari, partiti e sindacati), pronti ad offrire una prova di forza. Invece a Genova è stato un massacro, in senso fisico e politico. Tutto prevedibile e previsto. Troppo facile ora dire che mille delinquenti organizzati hanno impedito a centomila persone pacifiche di manifestare e che la polizia ha fatto il resto. Non basta dissociarsi dalla guerriglia del Black Block; non basta denunciare le violenze delle forze dell`ordine. Quel che è accaduto a Genova ha radici profonde e mette in evidenza limiti, approssimazioni, ambiguità di un movimento troppo variegato, che ha allargato indistintamente i propri confini. Per mesi il GSF ha tollerato ed accettato l’obiettivo delle tute bianche: ”invadere la zona rossa”. Il subcomandante dei centri sociali, promosso sul campo a vice portavoce del GSF, ha farneticato per settimane di “guerra ai G8”, ha dichiarato che “l’illegalità diffusa è alla base del cambiamento”, ha definito i poliziotti “soldati dell`impero”. Il GSF anziché sconfessare le tute bianche ed escluderle dal movimento ha concesso loro il riconoscimento politico e le ha accettate come parte integrante e prioritaria. Il portavoce dei centri sociali ha conquistato la scena, si è messo sotto i riflettori e davanti alle telecamere: obiettivo raggiunto. Da quel giorno il capo delle tute bianche ha indossato la maschera da buono, dichiarando che loro sarebbero andati ad invadere la zona rossa “solo con i corpi, con gli scudi ma senza bastoni” e avrebbero deposto anche le divise. Un consumato politico. Ma chi semina vento raccoglie tempesta. Carlo Giuliani, il 23enne morto, ha preso sul serio le parole di sfida e di odio, ha creduto alla guerra contro i G8 e con un estintore voleva colpire un soldato dell`impero. Le parole sono pietre! Tollerare politicamente chi ha enfatizzato gli animi con proclami e addestramenti al corpo a corpo, è stato un errore clamoroso da parte del GSF. La nonviolenza è una cosa seria, che non si improvvisa.
Genova lascia una ferita aperta, che non si può richiudere addossando tutta la colpa alla polizia, né si può esorcizzarla dichiarando “vittoria” perché il G8 è stato ridimensionato, come ha fatto avventatamente il portavoce del GSF. I problemi del movimento sono ben più profondi e tali resteranno finchè non si affronterà seriamente il nodo della nonviolenza. A partire dai contenuti, ancora troppo vaghi e generici per un movimento che si prefigge addirittura lo stravolgimento dei rapporti economici mondiali.
Ci vuole ora una pausa di riflessione, una purificazione.
Occorre un grande lavoro per creare omogeneità di intenti, di strategia e di tattica.
Un movimento non può prendere scorciatoie.
Deve crescere nella chiarezza.
Mao Valpiana
(*) L’inventario della Fierucola della Terra Italiana, n. 18/19, agosto 2001
GENOVA, QUEL 20 LUGLIO
di Gian Luigi Deiana
“un giorno come tanti, un mare senza vento, non vedo un cambiamento”
i sardi vedono Genova entrando dal mare, col groviglio dei palazzi oltre il groviglio del porto e il groviglio delle colline sopra quello dei palazzi; visti dalla nave che si avvicina all’approdo, i primi piani scivolano su quelli più lontani, e le grandi gru sugli alveari di case, come nel campo visivo di una grande macchina da presa;
non sono in grado di contare tutte le volte che siamo passati di qui, da bambini, io e i miei fratelli presi rigidamente per mano, nelle avventure migranti dei miei genitori, come migliaia di altri; era dura, ai tempi, ma non si è mai creata in noi un’immagine di genova come città ostile; col tempo abbiamo anche imparato ad associarla alle canzoni dei suoi poeti, alla sua fedeltà partigiana, e al coraggio esemplare dei suoi preti per strada;
poi venne il tempo dell’alternanza, quella di sbarchi gravidi ora di riso ora di pianto;
l’otto giugno del 1976 fu ucciso a colpi di pistola il fratello di mio padre, poco dopo mezzogiorno, a cento metri dalla stazione dei treni per il nord; aveva accompagnato il giudice Coco a casa e lo aspettava di nuovo in macchina; i proiettili bucarono il giornale che stava sfogliando al volante;
vennero altre volte, e ora ero io a prendere i bambini per mano, quando andavamo in vacanza qua e là; poi verso la metà di luglio del 2001 venimmo invece in una moltitudine variopinta, dalle varie isole e metropoli di questa europa rivestita con abiti nuovi per la festa senza fine del libero mercato: erano venuti i giorni del g8, quelli della celebrazione del mondo nuovo;
sono state scritte tante cose su quei giorni, e tutto quello che ancora oggi si legge e si scrive è ormai completamente futile: tutto, eccetto la radiografia crudele del mondo che ci è stato consegnato in quella celebrazione di allora; solo ieri 19 luglio 2021 le statistiche sanitarie hanno registrato una paurosa impennata di contagi, proprio ora che al 20 luglio doveva essere tutto finito, e contemporaneamente i grafici della finanza hanno registrato un pauroso tracollo delle piazze borsistiche mondiali; le polizie fanno ridere di fronte a questo spettacolo;
buon giorno Carlo, oggi siamo qui ancora per noi e ancora per te; da quel giorno io sono tornato altre volte, e una volta importante per iscrivere mio figlio a questa università; ogni volta i passi mi hanno portato da quell’ombra di via balbi, dove proiettili uccisero un uomo che mi era caro mentre leggeva il giornale, a quell’ombra di piazza Alimonda, dove proiettili uccisero un ragazzo che come tutti noi altri cercava il suo spazio per parlare; risolvere le cose a proiettili: quale demoniaca stupidità;
quel giorno fummo bloccati sotto il sole accecante, in decine di migliaia, con le sirene incessanti delle ambulanze e le parolacce e il sangue, fino a quell’esito fatale;
non serve descriverlo ancora;
oggi però ne parliamo appena di nuovo; fra qualche ora torneremo in piazza alimonda; intanto stamattina si tiene l’ultima assemblea di questi giorni di ricordo, qui a genova, la riunione internazionale dei forum che ha per titolo “voi la malattia, noi la cura”;
qui è la piazza del palazzo ducale; è bella, qui di fianco ci sono due mostre, una riguarda le contestazioni del g8, e si intitola “cassandra”, e una dedicata ai fotografi della Magnum e soprattutto all’italia fotografata da Robert Capa; il tempo ritorna, il problema è capirne la strada;
“voi la malattia, noi la cura”?; ho sempre un granitico moto di dubbio su queste divisioni così certe; se “voi” è il potere politico-economico vigente e “noi” è questa convergenza di buone volontà di ciò che resta di allora, più umilmente direi che voi siete la malattia, e che noi non siamo la cura; vorremmo esserlo, ma è ora che il testimone passi anche di mano;
ragazzi miei, figli di questo mondo, non lasciatevi sbranare da quello che si vuol fare arrivare: ancora più liberismo, ancora più integralismi religiosi e razziali, ancora più menzogne, ancora più polizie, ancora più demoni; comprendere e perdonare, comprendere e combattere: noi ci saremo;
buon giorno Genova, buon giorno Carlo
LINK PER APPROFONDIRE
https://comune-info.net/genova-per-noi/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=I+favoreggiatori (di Todo Cambia)
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/07/20/il-g8-di-genova-fu-unoccasione-che-si-e-scientemente-fatta-implodere/6265242/ (di Mario Agostinelli)
Queste le segnalazioni di “Storia in movimento” che ricorda Zona rossa, il numero 54 della rivista «Zapruder»
In questi giorni, sono usciti molti articoli sulle giornate del luglio 2001, qui vogliamo raccoglierne alcuni che ci sono sembrati interessanti:
Genova per noi, vent’anni dopo pubblicato su Dinamopress
Genova tra femminismo, tecnologie e desideri di libertà – Intervista con Hanay pubblicato su Milanoinmovimento
“La più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale”. Perché è importante parlare ancora del G8 di Genova venti anni dopo pubblicato su Valigiablu
Le canzoni sul G8 di Genova, ancora con il groppo in gola, uscito su Radio Città Fujiko a cura della redazione di Vanloon.
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Un ingranaggio collettivo. La costruzione della memoria dal basso del G8 di Genova, Ilaria Bracaglia, Eddy Olmo Denegri, Unicopoli 2020
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È così che ci appartiene il mondo. Genova 2001, caserma di Bolzaneto, Valerio Callieri, Feltrinelli 2021
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Ciò che è Stato è Stato, «Antifa!nzine» n. 6, free ink comix, luglio 2021
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Genova 2021. Un seme sotto la neve, con una testimonianza di Maurizio Braucci, Alessandro Leogrande, edizioni dell’asino 2021
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Messaggi di sangue. La violenza nella storia d’Italia, David Forgacs, Laterza 2021, (segnaliamo per chiarezza e brevità il capitolo su Genova, Cariche di polizia (2001), pp. 285-301)
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Millennium bug. Una storia corale di Indymedia Italia, a cura di Emanuela Del Frate, Sara Menafra, Peppe Noschese, Francesca Urijoe e Franco Vite, Alegre, 2021
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I fatti di Genova. Una storia orale del G8, Gabriele Proglio con introduzione di Alessandro Portelli, Donzelli, 2021
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Nessun rimorso. Genova 2001-2021, Supporto Legale, Coconino-Fandango, 2021
NOTA DELLA “BOTTEGA”
Con G8 2001: Genova si tinse di sangue e con Genova per me avevamo concluso, pochi giorni fa, una prima riflessione – iniziata con Il movimento altermondialista e Genova G8 – su Genova 2001. Avevamo ricevuto molti contributi (impossibile trovare posto per tutti) e link: anche con “sguardi” divergenti fra loro. La nostra riflessione partiva ovviamente da lontano e non si è mai interrotta. Qui alcuni articoli vecchi e più recenti: Genova 2001, nomi e cognomi (luglio 2012), Genova 2001: una testimonianza (gennaio 2014), Diaz: alcuni di noi, ognuno di noi (ottobre 2014), G8 Genova 2015: fra ignoranza e falsificazioni e G8 Genova: la verità dei media indipendenti e… (aprile 2015), Solidarietà a Francesco Puglisi, detenuto per il G8 di Genova (febbraio 2016), Morimmo nei caruggi: faceva caldo a Genova quel 2001 (luglio 2017), G8 2001, lo Stato paga il conto ai poliziotti reduci della guerra ai movimenti (gennaio 2018), Zucca e i torturatori: l’orrore di Genova (aprile 2018), 2001: l’oscena bellezza della verità (aprile 2019), I perché di Genova 2001 (luglio 2019), Genova G8: Carlo, la memoria, le ferite e la Resistenza e 20 anni dopo: cosa imparare dalla sconfitta al G8 di Genova (luglio 2020), Borsa di studio “Per non dimentiCarlo” (novembre 2020), Genova 2001: «Supporto legale» e la memoria collettiva e Vincenzo Vecchi: da manifestante a Genova a cavia giudiziaria (febbraio 2021), 20ANNI per non dimenticare il G8 di Genova (aprile 2021), ZONA ROSSA: la memoria è un ingranaggio collettivo (maggio 2021), fino a Genova qui e ora e Venti anni fa a Genova (giugno 2021). Così quando, pochi giorni fa, avevamo scritto che la riflessione «si interrompe» … in realtà sapevamo che è necessario continuare a ragionare e a raccontare: qui sopra con un “mix” di articoli e link, in futuro chissà. La lotta per la giustizia sociale del 99 per cento contro l’1 per cento non finisce: Genova 2001 è una tappa importante in un lungo cammino. Noi non dimentichiamo che per sognare – e costruire – il futuro bisogna ricordare il passato.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
Sono figlio di un poliziotto e sono cresciuto a “legge e ordine” nel rispetto però della giustizia e della democrazia. Non per esperienza di famiglia ma per aver acuito alcune sensibilità sull’uso “fascista” della polizia stessa (Milano durante una gita aziendale con reparti celeri imbottiti di alcool parcheggiati prima delle cariche dietro la Galleria Vittorio Emanuele) ho captato un particolare, successo durante il G8 di Genova. L’ho visto alla TV senza nessun commento nè del reporter nè degli analisti successivi. Si vede un distaccamento numeroso di Carabinieri allineati davanti al Carcere di Marassi. Perchè Carabinieri e non Polizia? Con quello che è successo dopo, potrebbe esserci un motivo: Carabinieri, organo militare e Polizia non più e come sggravante con folta presenza di Poliziotti Democratici . Questo reparto di Carabinieri è fronteggiato da un gruppo numeroso di “Black Block” o presunti tali. Chi discrimina questa distinzione? La storia dell’uso delle Forze dell’Ordine in Italia in disegni provocatori ed eversivi è numerosissima. Succede improvvisamente che il reparto di Carabinieri si allontana in ordine, lasciando il campo libero ai Black Block che immediatamente incendiano il portone del Carcere stesso! Tutto progettato a tavolino? Con quello che è successo poi , molotov fasulle etc. etc. si direbbe di si!