Genova per me
di Barbara Bonomi Romagnoli
Nel 2014, in un capitolo di Irriverenti e libere (**) scrivevo così: “Primo pomeriggio. Ci dividiamo in gruppi di lavoro e fra i pochi uomini presenti c’è Tano D’Amico che saltella qua e là fra le colonne di un cortile, fotocamera ben stretta in mano a scattare istantanee, mentre con Lidia e Nicoletta discutiamo dell’ordine sentimentale della globalizzazione, ossia di come gli intrecci economici, culturali, politici e tecnologici influenzano la vita quotidiana delle persone, le loro relazioni e le loro emozioni. Parliamo della paura, a partire dai nostri corpi e dal loro sentire, nonostante viviamo in un mondo apparentemente aperto e senza confini. Cosa c’entrano adesso i sentimenti con la globalizzazione? Qualcuna borbotta, poi il discorso si accende e i dubbi svaniscono. Siamo a Genova, a Palazzo San Giorgio, un mese prima che – nella stessa città e dopo tre giorni di forum, dibattiti, assemblee e manifestazioni pacifiche – si scatenasse l’orrore di una piazza repressa nel sangue. I sentimenti c’entravano, e sono stati travolti”.
Dopo questo incipit davo la parola a Laura Guidetti e Monica Lanfranco, alcune delle protagoniste di “Punto G: Genova genere e globalizzazione”, evento che si era svolto a Genova un mese prima esatto del G8, con oltre mille donne in rappresentanza di centoquaranta associazioni e movimenti femministi e femminili da tutto il mondo.
Oggi, nel 2021, i sentimenti che provo sono soprattutto di smarrimento e amarezza, con un groppo in gola che non va giù. A Genova nel 2001 ci sono stata due volte. A giugno a Punto G dove ho respirato un’aria di cambiamento, anche dentro le dinamiche delle relazioni fra donne, ci siamo riconosciute fra femminismi diversi ed eravamo forti di una visione sul futuro del mondo che arrivava da lontano.
Poi a luglio, come cronista in erba, i miei occhi hanno visto, fra l’altro, due scene agli antipodi: il calore e i colori della manifestazione dei migranti del giovedì e il sangue sotto ai termosifoni della Diaz e le prove, tutte, della mattanza avvenuta.
Il giorno prima, nel vedere la violenza cieca delle forze dell’ordine avevo cercato con lo sguardo un sampietrino, manco fossi a Roma, mi dicevo che forse avrei dovuto usarlo per difendermi, cosa mai fatta o pensata in vita mia, e continuavo a ripetermi che avevamo sbagliato a essere lì. Che eravamo cadute tutte e tutti nella trappola preparata con sapienza da tempo.
A Punto G avevamo visto giusto, avevamo ipotizzato di fare diversamente: spiazziamoli, avevamo detto, andiamo altrove con i nostri corpi, loro ci aspettano sotto la zona rossa? noi andiamo al mare e facciamo sentire al resto del mondo il nostro potente messaggio per una società non sessista, equa, sostenibile, solidale, pacifica e democratica.
Invece, chissà se nel 2021 si può finalmente dire, è prevalso il testosterone e la retorica maschilista, a vari livelli, di affrontare il conflitto, e anche il dissenso all’interno della società civile. Del resto a nessuno piaceva essere definito “no global” ma leader sì. E non ho ancora sentito i maschi leader di quei giorni dire: (forse) abbiamo sbagliato. E, attenzione, ammettere questo non toglie nulla alla violenta, inammissibile, atroce reazione dello Stato, ma significherebbe dare un senso ai sentimenti che hanno travolto la maggior parte delle persone, ma si sa che i sentimenti son roba da donne.
Ecco, oggi dopo 20 anni, l’amarezza torna su in ogni articolo che leggo, ogni podcast che sento, ogni video ricostruzione che vedo, dove c’è tutto di quelle tre giornate, la ricostruzione puntuale, come giusto che sia, di ogni minima violenza, ma nessuna/nessun collega, neanche le migliori, che abbiano immaginato, nelle loro ricostruzioni, di dover sentire anche il punto di vista delle donne, delle femministe. Ecco, di questo mi rammarico, perché significa che ancora si racconta la storia a metà, come se le donne non ci fossero, come se le loro pratiche politiche non contassero, come se le loro parole non valessero.
(*) questo testo esce in simultanea su www.diatomea.net
(**) cfr Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio, Le giovani talpe vedono benissimo… e Un libro preziosissimo compie un anno
Fra il 14 e il 18 luglio abbiamo pubblicato alcune riflessioni (arricchite di link e poi di commenti) sui 20 anni da Genova G8. Chi volesse leggerle le trova qui: Il movimento altermondialista e Genova G8 (di Giorgio Riolo), Genova 2001: c’ero anch’io (di Michele Zizzari), G8 Genova 2001: noi c’eravamo. Il dovere di non dimenticare (di Giacinto Botti), Genova 2001: il respiro della Resistenza globale (di Nicoletta Dentico) e G8 2001: Genova si tinse di sangue (di Gianluca Cicinelli). La discussione ovviamente resta aperta.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
da quando ero piccola ho sentito sempre molto poco l’esigenza di stendere i miei pensieri sulla mia differenza dagli uomini, ho anteposto, e sbagliando molto, il fare al pensare, senza chiedermi ma io donna…Fu così che andai a Genova nel 2001, chiedendo delle ferie in banca dove lavoravo, per accompagnare mia figlia di 16 anni e altri suoi 4 amiche-amici minorenni, perchè malgrado lavorassi come mio marito, lui non se la sentì. La mia vita cambiò, e non lo dico per dire. Quello che ho visto e provato in parte l’ho scritto, e in molta parte l’ho fatto. Tu cara Barbara, che ho scoperto essere una mia amica su FB, parli da giornalista, una giornalista di mestiere come l’apicultrice. In comune abbiamo l’essere donna, anche se all’epoca io avevo quasi 51 anni e la voglia di esprimerci, che tu ne hai fatto mestiere. Una cosa vorrei dire, di quelle terra terra e spicce. In quei giorni, proprio a partire dal 19 luglio, a me venne il mio ciclo mestruale perchè ancora non era tempo di pause e menopause. Non mi porsi molti problemi ma portai con me un assorbente. Non esisteva a Genova nelle giornate dal 19 al 21 luglio, nel raggio di chilometri un bar un esercizio commerciale che avesse il bagno “pubblico” e aperto.Per tante e tante ore,non ci pensai neanche a farla, pensavo a scappare a salvare la “nostra pelle” a conoscere e capire tutta quella gente venuta come me e noi a Genova. Poi a fine giornata, dopo chilometri a piedi, fatti di corsa, urlando cantando tremando, dissi ai giovanissimi compagni di viaggio che io “dovevo farla”. C’era una siepe rinsecchita dal sole di quei giorni che non copriva niente ma io non ce la facevo più. E mi liberai…
Tu dirai cosa c’entra? Io credo che quando si ha una necessità così naturale, essere uomo lo sappiamo è un vantaggio e la fanno a un angolo, dando la schiena ai passanti, con davanti un muro…noi donne no. Ecco io ho imparato da Genova che quando non ce la fai più, fai, anche scrivere. Dobbiamo far-ce-la. Ti abbraccio
Doriana Goracci
grazie Doriana, sì assolutamente, possiamo farlo!
Io penso e provo le stesse cose di Barbara, ma credo che il suo punto di vista sia ancora parziale. Barbara scrive “ma nessuna/nessun collega, neanche le migliori, che abbiano immaginato, nelle loro ricostruzioni, di dover sentire anche il punto di vista delle donne, delle femministe”. Un punto di vista oggi non del tutto assente ma fortemente trascurato è invece anche quello della straripante maggioranza di coloro che erano a Genova solo con le armi della critica, a mani nude, femmine e maschi, e che sono stati espropriati da una trappola ordita da pochi maschi armati contro altri pochi maschi armati, questi ultimi necessariamente destinati alla sconfitta militare. Senza il successo di quella trappola attuata nelle strade non ci sarebbe stata neanche la mattanza notturna della Diaz. Quella straripante maggioranza ha avuto alla fine il suo sogno e le sue prospettive spezzate da uno scontro militare che non aveva voluto, che non la riguardava e che era stato anzi ordito contro di lei. Anche questo mi pare un rimosso, e un rimosso non meno grave perché riguarda tutta la prospettiva politica, tutta la possibilità – allora come oggi – di far davvero avanzare un altro mondo, diverso da questo.
Caro Luigi grazie per la tua riflessione, è vero, la mia è ancora una visione parziale e certamente di parte, e forse avrei dovuto proseguire nel ragionamento, perché concordo con quello che giustamente sottolinei tu, ossia che essere caduti in quella trappola ha fatto sì che nella memoria successiva venisse trascurato anche il pensiero della maggioranza di persone a mani nude. I pensieri che ho condiviso erano centrati più sull’aver constatato in queste settimante un clima celebrativo anche da parte di quei media che 20 anni fa alimentarono il clima dello scontro e l’aver sentito/letto di nuovo tante voci maschili. Ma il rimosso come dici tu è molto molto ampio, e spero che prima o poi si riprendano in mano i fili interrotti.
il rimosso è molto ampio…una citazione credo sempre attuale: “Viviamo voltando le spalle alla memoria del mondo, come se temessimo di essere ritenuti antiquati perché ricordiamo qualcosa del passato”. Enrique Vila-Matas
grazie Luigi
Tra le tante rimozioni, io a Genova c’ero già il 19 a tutta una serie di dibattiti, c’è quella della manifestazione del giorno 20, chè la morte di Carlo Giuliani non può occultare l’irresponsabilità delle cosiddette tute bianche e l’attacco alla zona rossa. Dopo Genova fui invitato ad un dibattito a Grimaldi in provincia di Cosenza dal mio amico Pierluigi Pedretti. La serata era calda ma affollata, sicchè ebbi l’occasione per esprimere la mia più totale non condivisione delle pensate di Casarini e c, decisamente dannose per tutto il movimento anti-liberista. Luigi ha perfettamente ragione nelle sue pertinenti considerazioni.