Giancarlo De Cataldo, Cristina Cassar Scalia con…

…Tommaso Munari, Aldo Dalla Vecchia, Alessandro Robecchi – recensioni di Valerio Calzolaio

Il bacio del calabrone. Un caso per Manrico Spinori – Giancarlo De Cataldo

Einaudi Torino 2024

Pag. 239 euro 18

Roma. Aprile 2019. La serata del melomane romano sostituto procuratore della Repubblica Manrico Leopoldo Costante Severo Fruttuoso Rick Contino Spinori della Rocca dei conti di Albis e Santa Gioconda non sta andando bene: su invito del sovrintendente Luci ha appena assistito alla prima di una nuova (brutta) edizione della Traviata di Verdi al Teatro Costanzi e sta partecipando (suo malgrado) alla cena di gala nell’immenso salone del Laboratorio del Teatro dell’opera. Incrocia una donna affascinante e il suo umore cambia: Vera Grant, alta, capelli corti color mogano, collo stratosferico, occhi scuri e profondi di taglio orientaleggiante, voce armoniosa e modulata, orecchie delicate, abito verde, sciarpa bianca e nera, etero e single. Lei conosce tutti lì, dirige a Milano il canale telematico e la relativa rivista “Absolute Fashion” e quello è un evento offerto dall’attempato Tito Cannelli, titolare della maison omonima (una grande casa di moda) e sposato con la giovane ucraina Irina Zed, ex modella e nuova direttrice creativa. Il magistrato chiacchiera con Vera, poi si salutano molto cordialmente. Uscendo Manrico si accorge di una certa agitazione, rientra nel palazzo e gli dicono che Cannelli si è sentito male, è morto, uno shock anafilattico forse per colpa di un insetto che lo ha punto, ne era notoriamente allergico. Una mattina dopo ne parla con Gaspare Volpe Argentata Melchiorre, il procuratore capo: sembra una morte accidentale ma l’interesse dei media scandalistici li induce presto ad aprire un fascicolo con l’idea di chiuderlo prima possibile. Non sarà così. Vien fuori qualcosa di sempre più losco: video di minacce durante la cena, conflitti e gelosie fra i vertici, competizione aspra per vendite e acquisti (che coinvolgono arabi e francesi), avvocati ammanicati con la criminalità organizzata, antiche vendette e altri omicidi. Con Vera nasce una relazione (le cose non andavano più molto bene con l’informatica Maria Giulia) e lei è molto utile all’indagine, forse troppo per frequentarsi leali a lungo.

Il bravo ex magistrato e grande scrittore Giancarlo De Cataldo (Taranto, 1956) non è un melomane di gioventù, da oltre un decennio ha riscoperto l’impatto emozionante dell’opera lirica, il che ha dato nuove priorità alla vita sociale e anche, per l’ennesima volta con successo, all’identità letteraria. Siamo già alla quinta avventura della nuova gustosa serie di gialli, tutti casi romani clamorosi in solo sei mesi per Manrico (autunno 2018 – primavera 2019), il sesto arriverà presto. Il bel signorile melomane è un gran personaggio, perfetto per mescolare l’esperienza professionale e la passione musicale di De Cataldo con due differenti generi narrativi: giallo all’inglese e irrituale ironia da sacrestia. Il credo è rigoroso: “non esiste esperienza umana – delitto incluso – che non sia già stata raccontata da un’opera lirica. Bisogna individuarla. E rimettere al centro della scena il melodramma della realtà”. Si comincia con il morto, come da copione, qui una vicenda complessa da collocare artisticamente. Seguono tutti i riti dell’investigazione, sia letterari che istituzionali. L’asiatico calabrone (del titolo) che uccide la prima vittima è una Vespa mandarinia e viene dal Giappone; del resto “le specie migrano… è solo la nostra stupidità che pretende di fermarle” (l’ottimo etologo Enrico Alleva fra i ringraziati in fondo). La narrazione è in terza fissa al passato, sempre su Manrico e, più raramente, sulla più autonoma e sciantosa delle sue collaboratrici, la poliziotta coatta “destrorsa” romanaccia Deborah Cianchetti, un metro e ottanta di tatuaggi e muscolatura da karateka, ormai certa di non essere incinta. Nelle copertine il cinquantenne Manrico è quasi sempre canuto e di spalle, il suo aspetto piace molto se a qualcuna di voi capiterà di incontrarlo. Manrico va alle prime, cita opere, ascolta musica antica, raccoglie informazioni sugli specifici riferimenti culturali del caso, è caparbio e fedele al lavoro (anche a costo di mettere a repentaglio un nuovo affetto, per quanto si annoi sempre abbastanza presto), ha un figlio musicista ben fidanzato. In questa vicenda conosce meglio da vicino il dorato sognabile mondo della moda, cosi compie errori e leggerezze, usa trucchi e furberie. Come le altre volte, a lungo non riesce ad associare alcuna narrazione lirica all’intreccio criminale, più sostanza che parodia. Qualche spunto lentamente lo trova, grazie anche al lavoro delle investigatrici, la gentile meticolosa coordinatrice 40enne Sandra Vitale (in via di riappacificazione col marito), l’efficiente sospirosa segretaria Brunella e, qui soprattutto, la bassa giovane sarda Gavina Orru, imbattibile al computer su internet. Il fido maggiordomo Camillo (badante pure dell’anziana madre, furba spendacciona ludopatica) garantisce accudimento domestico e così ogni tanto Manrico si rifugia a Sabaudia, solo o bene accompagnato. Segnalo l’utile ”ufficio dei Corpi di reato”, a pagina 214-5. Tante opere liriche e musiche classiche. Ai liquori qualche volta è preferibile un buon rosso.

 

 

Il castagno dei cento cavalli – Cristina Cassar Scalia

Einaudi Torino 2024

Pag. 314 euro 18,50

 

Catania (con indispensabili puntate nell’area metropolitana del capoluogo regionale). Giugno 2017. Quella festa repubblicana del 2 giugno è giorno lavorativo per l’agente del Corpo forestale Sandra Bellini e l’ispettore naturalista Luigi Spechis, da ore fanno su e giù per il versante orientale dell’Etna appresso a varie emergenze, ora un incendio (ben affrontato dalla specifica squadra) che lambisce il territorio di Sant’Alfio, proprio vicino al maestoso castagno dei cento cavalli, verso il quale scendono per una ricognizione, casualmente trovando un macabro cadavere. Si tratta di una donna nuda e attempata, le mani amputate appoggiate sul ventre, a sua volta squarciato in basso da un lungo taglio trasversale che corre da fianco a fianco; i piedi, anche quelli recisi, conficcati sul terreno; il resto del corpo ricoperto di tagli, più o meno grandi, più o meno profondi. Ricostruiscono che prima è stata strangolata, probabilmente altrove; poi portata lì e ridotta così. Faticosamente scoprono che si tratta della 65enne Anna Collesano residente ora a Piedimonte Etneo, nata però a Castelbuono, non lontano da Palermo, vissuta là come infermiera moglie del chirurgo e poi trasferitasi cambiando vita, nuovo nome e nuova vita, un labirinto di domande in sospeso. Aveva un vicino saltuario compagno ma stenta a emergere un qualche movente dell’omicidio e della scena successiva al crimine. La 40enne palermitana Giovanna Vanina Guarrasi, poliziotta vicequestore aggiunto, quel giorno stava riaccompagnando a Palermo la sorella 23enne Costanza Cocò Calderaro (differente padre e stessa madre, lei risposatasi dopo essere restata tragicamente vedova), Castelbuono era del resto il paese dei propri nonni paterni. Deve prendere di petto il nuovo efferato delitto, casi lasciati in sospeso negli anni Settanta e Novanta, violenze e vendette, scavando nel passato con tutta l’affiatata squadra.

 

La brava medica oftalmologa Cristina Cassar Scalia (Noto, 1977) continua a scrivere bei gialli, la notevole serie di Vanina va a gonfie vele. Nel 2023 sono usciti due romanzi, un prequel (ambientato nel 2015) e l’ottavo (aprile), questo è il nono di inizio estate, sequel delle precedenti avventure, che si svolgono tutte a pochi mesi di distanza l’una dall’altra, fra il 2016 e il 2017 (molto prima della pandemia). Il luogo cruciale scelto questa volta è un sito Unesco dal 2008, con tre tronchi e l’immenso cappello fitto di rami (verdi a giugno) e affascinanti leggende connesse, “monumento messaggero di pace nel mondo”. L’intreccio è originale e avvincente, tornano ovviamente i consueti personaggi coprotagonisti, dall’83enne commissario in pensione Biagio Patanè (alle prese con recenti malesseri della moglie) all’esperto bell’ispettore Carmelo Spanò (stufo di essere da qualche mese l’amante della ex moglie), da Cocò che è appena fuggita inspiegabilmente dall’imminente matrimonio, all’avvocata Maria Giulia Giuli De Rosa, forse innamorata del giornalista compagno del caro dolce sensibile medico legale, tutti grandi amici. La narrazione come di consueto è in terza al passato, fissa (quasi) su Vanina (e incursioni su Patanè). Dopo aver lasciato Palermo cinque anni prima (con indagini che pure continuano su bande mafiose) e trascorso tre anni a Milano con una promozione sul campo, da oltre un paio d’anni la tenace, attraente e decisa protagonista è tornata sull’isola, a Catania, dura temuta dirigente della sezione Reati contro la persona, e molti la vorrebbero alla sezione Criminalità organizzata. Lei è soddisfatta del lavoro e della squadra formale e informale che guida. Gira sempre con la pistola, preserva fondente nei cassetti, fuma Gauloises come una turca, ama vecchi film, ingozza dolci e altre specialità. Si va riconsolidando anche il rapporto con l’amato magistrato palermitano Paolo Malfitano, pur se si è ben sistemata in una casetta alle pendici dell’Etna, a Santo Stefano, un’oasi di pace all’interno di una proprietà più grande, circondata da giardino e agrumeto, con l’edificio principale abitato dalla padrona di casa, la materna amabilissima 76enne vedova Bettina, originaria di Ragusa e brava solidale cuoca. Quelli che amiamo, colleghi, parenti, magistrati e magistrate, amici e amiche, ci sono tutti: come ben sanno gli editori (almeno dai tempi di Holmes e Conan Doyle), ogni nuova avventura di personaggi seriali è per il lettore una sorta di ritorno in famiglia. Speciale il Nerello Mascalese di mineralità vulcanica.

 

 

 

L’Italia dei libri. L’editoria in dieci storie – Tommaso Munari

Einaudi Torino 2024

Pag. 272 euro 18,50

 

Italia. Dal 1860 in avanti. Uno dei romanzi polizieschi più popolari (e più trasposti sullo schermo cinematografico) del XX secolo uscì negli Stati Uniti nel 1939: The Big Sleep di Raymond Chandler (1888 – 1959). Nel nostro paese arrivò nell’immediato dopoguerra, in un testo abbastanza diverso dall’originale: cinismo attenuato e alcol sparito per il protagonista, poche droghe e vago sesso per le interlocutrici, lunghezza ridotta, attenuazione delle situazioni “scabrose” e altri accorgimenti moralistici. L’edulcorazione dei libri “gialli” risultava una prassi corrente nel mondo editoriale, ove ovviamente era preponderante l’impresa di Arnoldo Mondadori, che peraltro aveva inventato il suggestivo colore per quel genere di romanzi. Accadde nel 1929 e il regime fascista imperante rafforzò l’esigenza di tradurre i testi degli autori angloamericani con sfrondatine più o meno censorie e discutibili trasposizioni stilistiche o nomi e cognomi degli autori italiani attraverso pseudonimi angloamericani. Resta il fatto che la tiratura complessiva della collana già nel 1934 sfiorava i due milioni di copie e nel 1941 oltrepassava i cinque; seguì una sospensione per la guerra, al termine della quale ripartì alla grande, in edicola e per abbonamento, consolidando una precisa aspettativa di tanti lettori verso quel “genere” letterario. Solo nel 1952 Chandler conquistò diritto a traduzioni più fedeli, rispettose del genio e dei successi letterari. Per approfondire la storia dell’Italia dei libri un intero capitolo del recente volume è intitolato al “delitto per diletto” (riprendendo al singolare il titolo, esso stesso derivato, di un saggio storico-sociale sul romanzo poliziesco di Ernest Mandel, pubblicato da noi nel 1990,), suddiviso in quattro paragrafi: Lost in translation; Appuntamento in edicola; Un detective per amico; Il colore del crimine.

Tommaso Munari (1980) svolge da circa un ventennio attività di ricerca universitaria prima a Venezia poi a Torino e di lavoro archivistico e bibliografico in varie case editrici. Le altre nove storie dell’ottimo saggio riguardano: Emilio Treves (“al servizio della nazione”) dal 1878; Roberto ed Enrico Bemporad (“l’italiano in cucina”, tramite Artusi) dall’inizio del nuovo secolo; e poi Ulrico Hoepli (“una casa da manuale”), Vito Laterza (“questioni meridionali”), Mondadori (il quinto capitolo), Giulio Einaudi (“pensare per collane”), le case editrici per studenti o insegnanti e Nicola Zanichelli (“una nuova antologia per una nuova scuola”), Giangiacomo Feltrinelli (“cambiare il mondo con i libri”), Luciano Foà con Roberto Calasso, Paolo Boringhieri e vari altri (“tra opere complete e libri unici”), infine Elvira Sellerio (inventario siciliano”), giungendo così a vicende ed esempi di tutt’Italia nella seconda metà del Novecento. Ogni capitolo è strutturato in paragrafi con titoletti accattivanti, che prendono spunto dal contesto istituzionale, da vicende biografiche, da azzeccate contingenze editoriali, da capolavori letterari. Le centinaia di ricche precise note dei dieci capitoli sono tutte raccolte in fondo, in corpo molto più piccolo, oltre una trentina di pagine, quasi altrettante successivamente dedicate a un articolato utilissimo indice dei nomi e dei titoli, materiale per incroci e ricerche ulteriori. La storia dell’editoria è la storia dell’emancipazione di due mestieri (tipografo e libraio) prima in un altro (l’imprenditore che fa stampare per promuovere commercio) e via via in decine di altre professioni che connettono i libri alla società, l’industria editoriale alla storia nazionale.

 

 

 

Alpi – Autori vari (Marco Albino Ferrari, Antonio De Rossi, Anna Sustersic, Maurizio Dematteis, Margarete Moulin, Paolo Cognetti, Diletta Sereni, Anna Torretta, Virginia Troussier, Werner Bätzing, Pietro Lacasella)

Iperborea Milano – 2024 (tutti testi 2024, Moulin versione aggiornata di un testo 2023)

Pag. 192, euro 22

Alpi. Da centoventi (collisione placche africana ed europea) poi da trenta milioni di anni (innalzamento con l’Oligocene, fino al picco Monte Bianco 4810 metri), ma soprattutto oggi. Per ragioni che la scienza non capisce ancora del tutto, le Alpi si stanno riscaldando più velocemente di altre parti del mondo. Si tratta della principale catena montuosa d’Europa, lunga 1200 chilometri e larga tra 100 e 400 per una superficie di oltre 190 mila chilometri quadrati e oltre 14 milioni di abitanti all’interno dei confini della relativa “mitica” Convenzione internazionale fra 8 paesi firmatari (e 120 milioni di turisti l’anno). Le acque alpine arrivano al Mare del Nord, al Mediterraneo e al Mar Nero, una torre d’acqua dolce da cui dipendono dunque molti ecosistemi del continente (risultando comunque il secondo “hotspot” di biodiversità). Oltre alle immagini da depliant patinato, oltre alla montagna da cartolina, vi si apre una geografia intricata, impareggiabili concentrazione e combinazione di differenze culturali e ambientali, ora al centro di sfide aperte: dalla chiusura degli impianti sciistici alla gestione delle centrali idroelettriche vecchie e nuove, dal ritorno della grande fauna carnivora all’epidemia di bostrico che decima i pecci, dalle crescenti frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi alla sperimentazione di modelli valoriali alternativi. Soprattutto è il turismo che deve rinnovarsi, legato alla sempre più precaria neve, affinché la monocoltura dello sci non cannibalizzi le risorse (idriche, energetiche, paesaggistiche, economiche e fiscali) che potrebbero invece essere usate per creare e promuovere altri modelli di sviluppo. Ecco ancora un bel volume della collana The Passenger (per esploratori del mondo) che parte da temi d’attualità per farci meglio capire luoghi umani del pianeta (città, paesi ed ecosistemi)!

La seconda raccolta del 2024 è dedicata alle care Alpi (per tanta parte di noi il profilo sul fondo delle pianure del Nord), come al solito ricchissima di foto (belle e d’autore), frequenti precisi significativi dati, grafici, schede, ritratti e illustrazioni infografiche (originali e ben leggibili). Dopo il risvolto di copertina, con le informazioni di base, il sommario e due altre paginette di numeri (Austria prima per superficie, Italia prima per popolazione alpina; i boschi coprono circa 7,5 milioni di ettari e il 43% della superficie totale, per metà sono conifere; ecc.), nel primo servizio lo scrittore, sceneggiatore e giornalista Marco Albino Ferrari propone di aggiungere la dimensione della visione alle tre tradizionali, uno sguardo mutevole e contraddittorio da garantirsi possibilmente a piedi. Seguono fra gli altri: l’architetto e docente universitario a Torino Antonio De Rossi sulla “fabbricazione del tipico” e una “storia di rinascita impossibile” (ai piedi del Monviso, contro lo spopolamento); l’esperta comunicatrice ambientale Anna Sustersic sul viaggio di un lupo dai monti sopra il golfo di Trieste verso ovest; il giornalista e ricercatore Maurizio Dematteis sui cambiamenti climatici in corso che suggeriscono a qualcuno pericolosi megaimpianti sopra i 2000 e ad altri differenti richiami anche turistici; la giornalista tedesca Margareta Moulin (traduzione di Lucia Ferrantini) sulla preoccupante ipotesi di una grande centrale idroelettrica nella valle Platzertal in Tirolo; il grande scrittore Paolo Cognetti sul rifugio alpino inaugurato nel 1893 dalla regina Margherita di Savoia sul Monte Rosa; la scrittrice e giornalista freelance (e gastronomica) Diletta Sereni sulle nuove varietà d’uva nel Bellunese. Solita breve opportuna bibliografia finale.

 

 

 

L’occhio magico. Breve storia della televisione italiana – Aldo Dalla Vecchia

Prefazione di Massimo Scaglioni

Graphe Perugia 2023

 

Dal 3 gennaio 1954 in avanti, per oltre settanta anni. Il via ufficiale alle trasmissioni della televisione italiana avviene dagli studi di Milano per un unico canale, il Programma Nazionale, un palinsesto ridotto, poco più di una decina d’ore tra le 11 di mattina e la seconda serata. Da subito i programmi più significativi riguardarono canzoni, comicità e quiz: Il Musichiere; Un, due, tre con la conduzione di Ugo Tognazzi (Ottavio Tognazzi, 1922-1990) e Raimondo Vianello (1922-2010); Lascia o raddoppia? con Mike Bongiorno (Michael Nicholas Salvatore, 1924-2009), tutti e tre giovanotti intorno ai trenta anni, destinati a restare permanentemente sulle scene. Il nuovo mezzo di comunicazione è da subito un contenitore di generi differenti, con l’obiettivo di educare, informare, intrattenere; la sua storia può essere fatta soprattutto attraverso i programmi più noti di ogni periodo; probabilmente riesce a incuriosire pure chi è nato nel nuovo millennio. Del resto, il 3 gennaio 2024, la televisione è ancora al centro delle nostre vite, anzi sempre di più, fra lineare e digitale, generaliste e piattaforme, free e on demand. Fino agli anni Settanta del secolo scorso lo schermo in genere era piccolo, funzionale a una dimensione familiare (a seconda degli orari) e aveva due soli canali in bianco e nero; poi irruppero il colore e le emittenti private, che in un battibaleno svecchiarono e ravvivarono; seguirono tante altre svolte tecnologiche fino ai giorni nostri, schermi di tutte le dimensioni collocati in ogni contesto casalingo, più o meno individuale, pur se sono restati i nomi e i contenuti dei “programmi” a caratterizzare i generi, a creare filoni e tendenze, a costruire immaginari sociali e culturali, con una crescente specializzazione.

L’autore televisivo e giornalista Aldo Dalla Vecchia (Vicenza, 1968) ha curato programmi ben noti ai telespettatori, collaborato con quotidiani e riviste, scritto saggi su Mina e Franca Valeri, oltre che romanzi e racconti. Qui mette a disposizione di lettori telespettatori una sintetica compatta storia della televisione, con un itinerario cronologico scandito da un capitolo per decennio, dagli anni Cinquanta del Novecento ai nostri contemporanei anni Venti, via via: innocenza; consapevolezza, audacia (anni Settanta), duopolio, abbondanza, nuovo inizio, frammentazione, piattaforme (oggi). Ogni capitolo è poi organizzato in due parti, la prima di poche pagine come una carrellata d’insieme sui principali programmi della decade (con precise note biografiche su conduttrici e conduttori, registi e registe, autori vari citati), la seconda di massimo due pagine “grigie” come riassunto “in pillole” dei paralleli grandi eventi nazionali e internazionali di ogni decade, soprattutto per il loro riflesso sul mondo della comunicazione. Seguono quattro interessanti appendici: la tivù prima della sua nascita; qualche spunto sulla critica televisiva (fra gli altri Buzzolan, Saviane, Placido, Grasso); titoli di coda (i ringraziamenti); la bibliografia. Il volume consta di poco più di centoventi pagine, ha un prezzo molto accessibile, risulta uno strumento da tenere sotto mano quando vogliamo ricostruire un pezzo della nostra formazione di spettatori visivi, tutti in vario modo condizionati da quell’occhio magico (da cui il titolo).

 

 

 

Pesci piccoli – Alessandro Robecchi

Sellerio Palermo 2024

Pag. 440 euro 16

 

Milano. Maggio e giugno 2023. Un furto, un miracolo, una manciata di piccoli casi polizieschi, vite parallele con possibili incroci. La quasi 42enne donna delle pulizie Teresa Comelli, sciatti capelli castani e luminosi occhi marrone chiaro, mentre sta pulendo gli uffici della IGO al terzo piano, per le scale inciampa in un sacchetto e si porta a casa sessantacinquemila euro, una decina di fogli in inglese su una diga in Ghana e una chiavetta usb nera. Riceve una paga da fame e sempre in ritardo, l’ex marito non le paga mai l’assegno, dovrebbe cambiare la misera stanza, non sa che fare. Il bell’ex prete 40enne, cui ancora ci si riferisce come don Vincenzo (Delli Frati), e la ritoccata bell’assistente ex pornostar (anni Novanta) Anna Taranti accolgono sempre più visitatori e donazioni intorno al portico di una villetta a Zelo Surrigone, a causa della corona di spine di un loro crocefisso che talora s’illumina, senza apparenti spiegazione e motivo, e di alcuni malati che sembrano guarire quando vanno ad assistere o a trovarli. Il caro mitico ironico Carlo Monterossi ha sempre bisogno di veder vivere le vite degli altri ed è chiamato in causa sia dai soci Oscar e Agatina alla Sistemi Integrati (agenzia investigativa non ufficiale), incaricati dall’ingegner Benaldi per capire qualcosa del furto alla Italiana Grandi Opere fondata nel 1923 con sede principale nella capitale (e conoscerà Teresa, dandole pure sostegno e consigli), sia dalla amatissima furba conduttrice televisiva (del suo originario programma) Flora De Pisis, per un sopralluogo in vista di una puntata clamorosa, possibilmente con un miracolo in diretta. Il sovrintendente Ghezzi e l’ispettore Carella hanno ben altro a cui pensare, devono smaltire denunce arretrate minori, almeno dodici, correre dietro a dei poveracci che campano di espedienti e frequentemente compiono piccoli crimini o violano qualche legge (come anche l’ex marito di Teresa).

Il giornalista (spesso argutamente radicale e satirico), autore televisivo (con Crozza dal 2007) e affermato scrittore Alessandro Robecchi (Milano, 1960) continua l’ottima serie metropolitana d’alta qualità, inventando ogni volta notevoli romanzi con differenti impasti culturali storici sociali, ritmati con matura sapienza. Siamo alla decima godibile avventura della divertente raffinata epopea monterossiana (2014-2024), giunta tempo fa anche in televisione (protagonista il bravo attore Fabrizio Bentivoglio): ogni romanzo costituisce una storia a sé stante, con accenti specifici sui vari personaggi che poco evolvono in interessi e affetti, autonomi obiettivo letterario e ingegno artistico. La narrazione è in terza varia al presente, allegramente tragicamente “noir”. Il titolo, il capitolo 17 (dei 43 complessivi) sulla signora che denuncia la prostituta del condominio (soprattutto da quanto ci va il figlio) e la copertina (pesce grande mangia pesce piccolo) riassumono il filo conduttore tragicomico di tutte le vicende: stando dietro agli sfigati si perdono di vista i pesci grossi, i veri grandi ricchi potenti ammanicati criminali. Ghezzi e Carella marciano sempre insieme, concentrati sul lavoro seppur molto diversi. Le cascine di Zelo Surrigone forse valgono una visita, duemila abitanti in mezzo ai campi coltivati. Carlo è ovviamente consapevole che con Bianca non è proprio amore, lei comunque fa parte del mondo di Flora, dal quale lui continua a voler scappare. Questa volta Teresa lo fa confrontare con problemi che proprio non si vedono là nella Grande Fabbrica della Merda della tv commerciale, le sue strategie servono finalmente anche ad altro. Bianca glielo rinfaccia, davanti alla bottiglia di Ribolla Gialla. Lui insiste, è invaghito, e resiste con il solito costosissimo whisky e con le vecchie canzoni del grande Bob Dylan, che gli danno come sempre spunti in tutte le circostanze in cui si sente incapace o impotente.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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