GIANLUCA CICINELLI: MINO ASSANGE
Allora le cose stanno così: non ci sono più le mezze stagioni, la Merkel è tedesca e una volta qua era tutta campagna. Affermazione, quest’ultima, che ha destato scalpore e scandalo in Arabia Saudita. Le rivelazioni di Wikileaks continuano a provocare reazioni nel mondo, la principale delle quali è quella di dire che le rivelazioni di Wikileaks provocano reazioni nel mondo.
Quando un fenomeno mediatico si abbatte con la forza dell’uragano Katrina, ma aspettatevi sorprese anche dal Tevere in questi giorni, sull’opinione pubblica, l’unico modo per non perdere la bussola è di seguire il filo che conduce a chi ricaverà un beneficio dall’overflow d’informazioni.
La constatazione più razionale è che tutti gli elementi da commentare ruotano intorno alla mole di documenti immessi sul mercato. Il flusso fa la notizia, le singole notizie non aggiungono in realtà niente di sostanziale al corso del passato prossimo e delle interpretazioni che possiamo darne da vivi. Sfido a trovare un solo elemento che non fosse già noto ai servizi d’intelligence dei paesi coinvolti dalle note acide degli ambasciatori statunitensi nel mondo, ma anche un’interpretazione che fosse sfuggita al senso comune di chi legge un paio di giornali al giorno.
Eppure tutti i governi si dicono preoccupati, tranne il nostro che per fortuna se la ride perchè gente allegra il ciel l’aiuta, si telefonano tra premier chiarendosi che, sì, ti ho dato dello stronzo, ma era per mettere a tacere quel ministro che pensa che sei invece una grandissima testa di cazzo, capito caro?, ti stavo difendendo!
Tutti i governi concordano su una reazione: bisogna fermare, arrestare addirittura Julian Paul Assange, il sedicente “editor in chief” di Wikileaks. Assange è divenuto il protagonista della guerriglia mediatica di questi giorni, fermare lui dopo aver dimostrato che l’eccesso di libertà provoca panico nelle buone relazioni tra i governi e, soprattutto, tra le banche, significa far passare il concetto che va limitata la libertà per il bene di tutti.
Assange non è l’avversario dei governi mondiali, è il loro alleato principale, il promotore della repessione prossima ventura contro la libertà d’informazione della rete, comparsa assoldata per impersonare il pericolo pubblico numero uno, il cui impallinamento reale o virtuale ci libererà in un colpo solo dal male e dalla libertà. Si crea il consenso pubblico intorno alla pericolosità di un simulacro e colpendo chi lo impersona ci si libera del contenuto che simula.
Raffinata epoca di virtualità terroristica informatica questa che viviamo, mai scordare che la notizia, l’informazione, stesso suffisso d’informatica, è merce: chiunque evita di verificare le fonti, ma siamo davvero sicuri che la “drop box” di Wikileaks è inviolabile?, va guardato con sospetto e ostilità perchè ci esclude dalla possibilità di verificare. Tra le fonti che andrebbero davvero tutelate, ad esempio, i dissidenti politici dei regimi o i loro simpatizzanti sono quasi inesistenti, non è stato certo per la loro protezione che si è voluto coprire qualsiasi traccia che stabilisca legami con Wikileaks.
Sono proprio gli enti statali invece a poter riversare sul sito tonnellate di x-files scadenti, intendendo per enti una serie di agenzie d’informazioni del governo americano, istituite da George W Bush, che costituisce un numero così elevato di corti circuiti della comunicazione da far comprendere che alcuni enti nemmeno sanno dell’esistenza degli altri.
Assange è un testimone scomodo e verrà suicidato tra qualche tempo, proprio quando sarà più convinto di essere lui a tenere in mano le redini della “disinformatia” internazionale, subendo la stessa sorte di quel ricattatore nazionale nostrano che fu Mino Pecorelli, fiancheggiatore di potenti e detentore di segreti soltanto “evocati” e mai davvero svelati dal suo giornale, proprio come sta facendo Assange.
QUesto articolo colpisce per la sua lucidità.
Aaaah, ottimo post! Finalmente qualcuno che non crede alla bufala Wikileaks e alle sue risibili “rivelazioni”. E’ esattamente una struttura di potere serva delle solite strutture di potere. Sottoscrivo tutto.
Baci entusiasti
Inuietante: senza fare riferimenti al “divo” e al “suo” Mino avevo espresso, oggi a pranzo (ebbene sì, si dialoga ancora a pranzo), la stessa conclusione.
E sentire che la signora segretario di Stato dice che il cavbanana é stato prezioso amico di 3 presidenti USA mi ha confermato non solo la faccia di tolla, indispensabile a quel livello, ma anche l’assoluto cinismo del potere.
Se avete pazienza, leggetevi “Il crucifige e la democrazia” di G.Zagrebelski (o almeno la sua “terza di copertina”)
bellissimo. grazie
Un cavallo di Troia.
Intervento molto interessante. Grazie.
clelia