Gideon Levy – L’hybris di Israele: il punto di non ritorno è sempre più vicino
(ripreso da www.lantidiplomatico.it/)
(da Piccole Note)
Mentre l’Occidente protestava giustamente per la violazione del perimetro dell’Unifil al confine libanese, con Israele che vi è penetrato con i carri armati, i jet israeliani bombardavano il cortile dell’ospedale di Al-Aqsa a Deir al-Balah, nella zona centrale di Gaza, che ospitava tende di sfollati, date così alle fiamme. L’ennesima strage di innocenti, di cui tanti bambini, stavolta bruciati vivi, che seguiva da presso il bombardamento di una scuola di Nuseirat, anche questa piena di sfollati di cui tanti bambini.
E stragi diuturne si consumano nel Libano, martellato dalla macchina bellica israeliana supportata da Usa ed Europa.
Per quanto riguarda gli orrori libanesi, così titola un articolo Middle East Eye: “Sepolture di massa e corpi non identificabili: resoconti orribili degli attacchi israeliani nel Libano meridionale”. Si continua così: nessuna tregua, nessuna pietà.
“L’arroganza israeliana è tornata, alla grande”, scrive su Haaretz Gideon Levy, e a Tel Aviv si “sta già parlando di un cambio di regime [in Iran], dibattendo sull’assassinio dell’ayatollah Ali Khamenei e disquisendo di attacchi alle installazioni nucleari e alle strutture petrolifere”.
“Israele è tronfio di arroganza. Dalla caduta nel profondo e dallo spirito spezzato a in seguito alla rotta del 7 ottobre […] alle vette di un’arroganza arrivata a un punto tale da sognare regime-change [a catena] e sfollare interi popoli in tutto il Medio Oriente. E tutto ciò nel giro di un anno. Finirà in lacrime e sangue” [per Israele, intende Levy ndr]. È la natura della hybris che, per definizione, conduce al disastro. È insito in questa volatilità così estrema – dall’Olocausto fittizio alla vittoria fittizia – che porterà a una rovinosa caduta”.
Il Terrore di Israele che dilaga in Medioriente
“Nel frattempo, milioni di persone fuggono dall’esercito israeliano per salvarsi la vita, sfollati, rifugiati, indigenti, senza speranza, feriti, orfani e storpi, in infinite processioni di sofferenza, da Gaza al Libano. Presto ciò avverrà anche in Cisgiordania e forse anche in Iran. Mai così tante persone sono fuggite nel terrore di Israele, nemmeno nella Nakba del 1948. Non dimenticheranno mai ciò che Israele ha fatto loro. Mai. A Israele e agli israeliani, ciò produce non solo gioia, soddisfazione e orgoglio nazionale, ma anche una sensazione di potere come non l’hanno mai sperimentata, di certo non dal 1967″.
“I successi militari, per quanto impressionanti, stanno facendo impazzire Israele […] Ma i successi militari non sono la cosa più importante. Cosa succederà dopo? Israele ritiene che solo il cielo sia il limite per i suoi attacchi, le sue conquiste, le uccisioni e la distruzione che è capace di seminare. E non c’è modo di fermarlo”.
“Mai prima d’ora si è trovato così, davanti a una porta vuota, convinto di avere l’opportunità di calciare la palla della vita. Uno dopo l’altro, abbiamo visto i castelli di carte tanto temuti cadere davanti a noi: i razzi da Gaza, i missili dal Libano, i missili da crociera dallo Yemen e i missili balistici dall’Iran non impressionano più nessuno. L’impotenza della comunità internazionale, in particolare degli Stati Uniti, alimenta l’ebbrezza. Tutto è possibile“.
E nessuno può fermarlo…
“[…] Ma Israele potrebbe scoprire che le sue sorprendenti vittorie non sono altro che una fatale trappola al miele, come l’inebriante vittoria del 1967, i cui frutti marci stiamo mangiando ancora oggi. Quella che viene descritta come una capacità militare illimitata rischia di concludersi con una vittoria di Pirro. A Gaza, Israele continua a maltrattare milioni di persone prostrate dal dolore, anche dopo aver annunciato che Hamas è stato sconfitto militarmente. Perché continuare? Perché può farlo. Presto sarà così anche in Libano”.
“Della punizione inutile e pericolosa dell’Iran [per i raid su Israele ndr.] si è parlato pubblicamente per giorni, come se non esistesse nessun altro Paese eccetto Israele, nessun limite alle sue possibilità e nessuno che possa fermare la sua brama di potere. In assenza di un vero amico che lo farebbe, non si fermerà mai di sua spontanea volontà, finché non gli capiterà il disastro. Ed è probabile che accada. I successi militari tendono a essere ingannevoli e fugaci”.
“[…] La storia è piena di Paesi ubriachi di potere che non hanno saputo fermarsi in tempo. Israele si sta avvicinando a questo punto [di non ritorno]. Nel frattempo, il pensiero di milioni di persone che in Medio Oriente fuggono terrorizzate davanti a esso, che patiscono, schiacciati sotto i nostri stivali, dolori e umiliazioni indicibili, dovrebbe far sì che ogni israeliano ritragga per la vergogna e la paura. Invece, tutto ciò riempie il cuore degli israeliani di orgoglio e li incoraggia ad alzare la posta. E non c’è modo di fermarli”.
La tragedia mediorientale e il crollo del Muro
No, non c’è modo, l’unico accidente che può interrompere tale processo è che la corsa sfrenata, cioè senza freni, porti Israele a schiantarsi contro un muro. Cenno che, quando ne ho scritto, mi ha richiamato alla memoria altro, che ha a che fare con la fine dell’Urss.
Infatti, tra le altre cose, quanto sta accadendo in Medio oriente è un lascito del crollo del Muro di Berlino. Crollo che non rimpiangiamo di certo, restando però nella convinzione che quel Muro avrebbe dovuto essere rimosso tramite un processo di riforma, quella di Gorbacev – concordata con Reagan – o altra concordata con l’Occidente, che offrisse alla Russia e al mondo nuove opportunità, invece di farlo collassare come esito di una vittoria trionfale dell’Occidente che imponesse allo storico antagonista il “guai ai vinti”.
Se ho fatto tale digressione, apparentemente scollegata al tema della nota, è perché ricordo di aver letto un inedito di Augusto del Noce, forse poi svaporato ma impresso in maniera indelebile nella mia memoria, nel quale il grande filosofo scriveva: caduto il Muro, nessuno potrà più fermare Israele. Ne scriveva nel 1989, l’anno della sua morte.