Giuliano Bugani: e dopo l’ Omsa?
Il 27 luglio 2010, viene data comunicazione che Omsa – azienda di calze di Faenza – chiuderà lo stabilimento faentino e aprirà in Serbia. La Cgil di Faenza è stata abbandonata da Cisl e Uil nella lotta contro la chiusura.
Ma a Bologna altra aziende rischiano la stessa sorte e l’abbandono questa volta, riguarda anche la Cgil bolognese. I casi riguardano per ora la Breda Menarini Bus e La Perla. Per la Breda MB, alcuni dipendenti denunciano da molto tempo il rischio di una delocalizzazione in Serbia dell’azienda, in quanto, sempre secondo le denunce dei dipendenti, all’ interno della Breda Menarini Bus da mesi stanno seguendo un corso di formazione lavoratori serbi. Non è chiaro se uno stabilimento è già stato costruito nel Paese dell’ex Jugoslavia. Le denunce non sono state prese in considerazione dalla Fiom di Bologna e nemmeno dalle Rsu dell’azienda. Sul gruppo La Perla, esisterebbe già una lista di nomi delle dipendenti che verranno licenziate al termine della Cassa Integrazione Speciale, vale a dire alla fine del 2010. I sindacati confederali di categoria per ora tacciono ma tra le dipendenti, la sensazione di una chiusura, anche parziale, circola con insistenza, davanti anche al silenzio dei mass media.
Altri lavoratori di aziende come la Fini Compressori stanno attendendo iniziative legali dei sindacati di base, dopo che la Fiom ha firmato un accordo negativo, a parere dei lavoratori interessati. La Ducati di Borgo Panigale dovrebbe avere già uno stabilimento in Croazia, e i giochi di urbanizzazione dell’area dove sorge la storica azienda di moto non aiutano a stare tranquilli. La crisi Fiat-Serbia insegna. La deindustrializzazione italiana sta compiendo il suo progetto senza che giornali, radio, televisioni, e qualsiasi altro strumento di comunicazione metta in allarme contro questo progetto. Stupisce che la delocalizzazione industriale nazionale avvenga con al governo nazionale il più grande partito territorialista. Come in una grande Twin Peaks, tutti conoscono i segreti della morte dell’ industria italiana, ma nessuno parla. Per paura di non sapere quali soluzioni trovare.
Giuliano Bugani è operaio, giornalista (freelance), poeta, bravissimo documentarista, autore di testi teatrali. Dove troverà il tempo per fare tutto ciò rimane un mistero. Scrive sparandosi musica “durissima” con le cuffie e anche questo per me resta abbastanza misterioso. Sono fiero di aver fatto la prefazione al suo bel romanzo «La pianure» ; se volete sapere di cosa parla guardate la mia recensione su questo blog: s’intitola «Padre m/nostro». Giuliano è già stato ospite di questo blog e spero lo sarà ancora. (db)
a me lascia sempre perplesso il sindacato, arriva sempre per ultimo, è sempre diviso ed è totalmente inefficace.
almeni qui fanno qualcosa, in Telecom Italia lavorano per i padroni…
Credo di sapere dove Giuliano Bugani trovi il tempo, perché ho la presunzione di pensare che sia lo stesso dove lo trovo io, anche se poi non lo spendo bene come lui: nella testa, nelle proprie capacità cognitive e intellettuali, nella proprio amore per l’umanità, nel proprio altruismo… ma Daniele, dovresti saperlo bene anche tu… visto che sei dei nostri.
Un abbraccio.
Angela
P.S. La musica (meglio se sparata nelle orecchie) è un grosso antidoto alla solitudine e alla melanconia, almeno per me.
Sulle vicende industriali e le incalzanti delocalizzazioni mi chiedo dove abbiamo sbagliato e quali passi indietro (purtroppo) dobbiamo fare per invertire la tendenza e allettare gli industriali a reinvestire in Italia (ormai il tema della “qualità” non rende più e la si ottiene anche in Cina).
Sul caso Omsa hanno pesato le divisioni sindacali e, a mio avviso, una poco incisiva azione della giunta comunale uscente, ma soprattutto di quella insediata a marzo.
Alcuni sindacati ancora di fidano di certi padroni e, laicamente, non ne capisco le ragioni o le capisco fin troppo bene.
L’azienda chiuderà a settembre, non per crisi. Questo è giusto che si sappia e si sottolinei. L’Omsa di Faenza non è uno stabilimento in crisi.
Il padrone vuole soltanto aumentare i suoi già lauti profitti attraverso una delocalizzazione.
Il problema è che lo può fare, il suo è un comportamento moralmente, politicamente, socialmente deprecabile, ma legittimato da un punto di vista economico e legale.
Forse il problema sta proprio qui: negli anni passati, ai lavoratori è stata tolta la terra da sotto i piedi. Chi aveva il dovere e il potere di opporsi non l’ha fatto, per cui adesso la politica ed i sindacati hanno le armi (auto)spuntate.
Prossima vertenza nazionale: EMMELUNGA, industria del mobile che mi dicono stia per iniziare una crisi che coinvolge oltre 7000 dipendenti. Spero che la mia fonte si sbagli.