Giuliano Bugani: io e Marx
Alla forza lavoroIo, non sono ebreo. Karlo Marx, era ebreo. Io sono nato, che non ero ebreo. Karlo Marx, era nato subito ebreo. Io, nella mia testa ho delle idee. Nella mia testa, ci sono sempre state. Le idee. Nella testa di Karlo Marx c’ era una, di idea. Io, sono nato in campagna. Karlo Marx no. In campagna, da un mio amico. C’era una fabbrica. Carlo Marx, diceva, forza lavoro. Io, ero un bambino. In campagna, in estate, raccoglievamo patate. Dalla fabbrica, la sera, uscivano gli operai. Passavano, davanti la casa del mio amico. Io li guardavo. Uscivano in fila. Le mettevo in fila. Le mie idee. Nella mia testa. Ne avevo tante. Più delle patate. Il pomeriggio. In estate. I compiti. Io ne avevo tanti. Di compiti. Karlo Marx, ne aveva uno, di compiti. Era un filosofo. Io no. Poi, dal mio amico. A lavorare. Nel campo. Il fieno da rastrellare. Il fieno sul carro. E dentro la fabbrica, il rumore. Delle macchine. Io e il mio amico, e il rumore. Il suono. Della terra. Io amo, la terra. Io amo, la mia terra. Forse ho delle radici. Tutti, amano, la propria terra. Tutti, hanno forse della radici. Karlo Marx, forse aveva delle radici. Adesso gli ebrei, hanno una terra. Israele. Karlo Marx non ammazzerebbe, un palestinese. Karlo Marx, aveva delle radici. Io e il mio amico, portammo una cassa, di patate. Sulla strada. Davanti alla fabbrica. Eravamo bambini. Nessuno, comprava le nostre patate. Io, dissi al mio amico. Io vorrei un mondo, senza dovere vendere. E comprare. Un mondo, dove tutto è di tutti. Dove tutti si vogliono bene. Lui mi disse, che ero un comunista. Io non avevo mai letto, Karlo Marx. Forse, Israele, non ha mai letto, Karlo Marx. Forse, non sono più ebrei. Forse, non amano la propria terra. Forse, non hanno radici. Poi, sono diventato, come le patate. Sono in vendita. Sono la forza lavoro. Non compro patate. Lascio bambini. Con casse piene. Guardo Israele. Guardo palestinesi. Passo, sulla strada. Cerco radici. Cerco ragioni. Io non sono filosofo. Io non ho conosciuto, Karlo Marx. Mi restano le idee. Nella mia testa. Mi resta il nome. Karlo Marx. Ma dove andrò. Non lo so. Devo fare in fretta . Prima che la mia testa. Sia una cassa.
UNA PICCOLA NOTA
Con grande piacere ri-ospito Giuliano: operaio. giornalista, poeta (come si firma) ma anche autore di teatro, documentarista eccellente, genio ribelle, orecchie da rockettaro (aggiungo io).
Un bel pezzo nel classico stile di Giuliano che volutamente risputa le virgole nei punti sbagliati per dare un altro ritmo al leggere e al capire.
Sa dove andrebbero le virgole Giuliano ma vuole metterle altrove. Come io ben so (perbacco-baccone, l’ho deciso io) che il martedì è il giorno della fantascienza su codesto blog. Magari qualcuno di voi – tu, lì in terza fila, ti ho vista – dirà “ma oggi Marx è fantascienza, parole come forza-lavoro o sfruttamento si aggirano fra il turpiloquio e l’utopia”.
Macchè, non è per questo che oggi c’è Giuliano… Se vi va fate voi ipotesi. Sono persino disposto a schivare i laser allo zurlonio che i peggiori monomaniaci della fantascienza mi scaricheranno addosso.
Difendo la mia trasgressione: di solito il martedì lo chef offre fantascienza e dintorni (come i racconti al sabato e Monica “la stregassa” la domenica) ma… ci sono eccezioni. Del resto scriveva Theodore Sturgeon – da lui ho succhiato più vitamine che da tutti i biberon della mia vita – che in fondo anche “energia uguale massa per velocità al quadrato” potrebbe essere un fenomeno locale. Se viviamo è per buttar giù i re e per sfidare a scacchi la fisica… quasi certi di perdere nel secondo caso.
Aggiungo che, fra un treno e l’altro, sto iniziando a leggere “Pro e contro Marx” (pubblicato da Erickson con il bel sotto-titolo “Ritrovarlo sotto le macerie dei marxismi”) di Edgar Morin. Siore e siori la mia recensione e il mio s/ragionare – contro e soprattutto pro Marx – sarà presto sui vostri schermi. Se qualcuna/o lo legge (Morin o Marx) in contemporanea … cavolo possiamo fare un bel duetto.
Già me lo sento qualcuna/o commentare che Karl (o Carlo, o Karlo, o “il nonno”) rivivrà fra le patate, fra i torni, fra le panchine rimesse nei parchi da dove ultimamente sono state sradicate, fra i mouse, fra gli spinelli, fra il rock pazzo di Giuliano Virgola Bugani e magari fra Rosa Luxemburg e Philip Dick che si incontrano e si innamorano oppure quel Karlo rimarrà sotto le macerie, al più nei musei … o muffei perché c’è la muffa.
Che barba quella barba. Quale barba? Sarebbero ragnatele non fili di barba, non idee e prassi che colano nella società, altre vitamine. A noi serve il Marx sbarbatello, saggio e folle come un bambino. E ve lo dice un vecchio che non ha perduto i sogni. Se di Marte si parte, di Marx e da Marx bisogna ripartire. (db)
Non si può capire niente, proprio niente, di questo mondo senza le categorie di Marx e la forza travolgente del suo pensiero. L’idea che i nostri pensieri sono condizionati dal modo in cui lavoriamo e cosnumiamo; l’idea che il lavoro alienato non e’ un destino ma una dannazione; l’idea che la materialita’ delle cose che ci circondano e’ tutta intrisa di storia come una spugna intrisa dell’acqua del mare; l’idea che la scienza e la tecnica non sono neutre; l’idea che occorre cambiare il mondo e non solo interpretarlo: sono stato svezzato con queste idee e non le rinnego, per il semplice fatto che sono giuste. Non so se sono marxista perche’ non so che cosa vuol dire essere marxista; so che senza Marx la mia mente penserebbe in modo diverso (e peggiore); e so che a un incontro in Russia chiesero ironicamente a Marx se secondo lui il marxismo poteva anche prevedere il tragitto delle comete e lui rispose “Non lo so. Io non sono marxista”
Sottoscrivo il commento di Raffaele…