“Gli increati” di Antonio Moresco
Ho iniziato questa giornata di invasione dicendo “la creatività è collettiva”.
Finisco questa giornata di invasione dicendo “il genio è individuale”.
Ebbene sì, dopo anni di attesa e sofferenza, dopo pagine di annaspo rilette e rilette, dalle fiabe d’amore ai “Canti del Caos”, Antonio Moresco è tornato con “Gli increati”. È tornato, in veste Mondadori, quel colosso che stupisce per lungimiranza, quando pubblica un libro scritto per pochissimi e letto da quasi nessuno (figuriamoci compreso).
Il genio è individualità, perché Gilles Deleuze diceva che: “L’artista è colui che ritorna dal mondo dei morti” e se conoscete Antonio Moresco è chiaro che lui sia uno di quelli che, per un fugace e terribile momento, è passato “di là”, vedendo cose che noi umani…
Lawrence scrisse così: “Gli uomini fabbricano un ombrello che li ripari e sulla sua parte interna disegnano un firmamento e scrivono le loro convenzioni, le loro opinioni. Ma il poeta pratica un taglio nell’ombrello, lacera anche il firmamento per far passare un po’ di caos libero e ventoso.”
Antonio Moresco ha strappato e lacerato il mio ombrello, prima con “I Canti del Caos”, poi con “Gli esordi” (eh sì, li ho letti “a ritroso”), ora si appresta a farlo con la terza parte di questa titanica trilogia, l’unica opera italiana dei nostri giorni che sarà studiata a scuola tra trecento anni (e qui gioco facile perché potrebbe non esserci più nessuno a smentirmi). Ma se volete toccare per un secondo il genio, sentire il “suo” modo di sentire, che è futuro, che è profetico, che guarda al di là delle opinioni, delle convinzioni, delle visioni contemporanee, allora Antonio Moresco avrà la giusta delicatezza per farvi a pezzi, tagliuzzarvi in minuscole fette di carne e pensiero, per rigettarvi nel calderone della vita. Forse più arrabbiati, forse quasi disgustati, ma di certo più consapevoli di cosa sarà di noi. O di cosa non sarà.
Il genio appare una volta ogni trecento anni. Per me, l’ultimo genio è stato Jonathan Swift con i suoi “Viaggi di Gulliver”, libro gioioso e disperato, cinico al punto giusto da vedere come saremmo stati oggi (l’opera è del 1726). Il genio viene esiliato, emarginato, picchiato, rifiutato (proprio come Dante, proprio come Antonio Moresco, se avete letto “Lettere a nessuno” sapete quello di cui sto parlando). Il genio è insopportabilmente avanti rispetto alle nostre piccole quotidianità e io oggi pomeriggio vado a comprare “Gli increati” per farmi fare un po’ a pezzi da Antonio, per farmi sventrare come un ombrello, per attingere un po’ alla visione che lui ha avuto e che, così generosamente, vuole concederci, a costo della sua lucidità, della sua mente, della sua vita.
Questa non è una recensione, è un’ode all’unico grande genio che potremo mai avere la possibilità (e il coraggio) di affrontare. Non conoscere, dico “affrontare”.
Perché conoscere un genio significa inevitabilmente dichiarargli guerra.
E io, già lo so, con “Gli increati” l’ho persa in partenza.
Grazie Riccardo, la tua non recensione mi invoglia alla lettura. Non ho mai letto Moresco (colpevolmente, potrei aggiungere). Ma il tuo riferimento a Jonathan Swift, che condivido in toto, mi spinge a colmare questa lacuna, che in passato mi sono già ripromesso, finora inutilmente, di colmare. E già che ci sono, complimenti per i racconti che hai pubblicato sulla Bottega del nostro Barbieri