Gridate «Havoc»: niente prigionieri
A teatro con Stephan Wolfert per combattere contro i fantasmi (e le ipocrisie) della guerra
di Andrea Mameli
Se sono qui, due ore dopo la fine, a tentare di riannodare il filo delle sensazioni, significa che «Cry Havoc» ha centrato il bersaglio. Forse perché la storia (vera) portata sul palcoscenico del Teatro ExMà di Cagliari contiene l’archetipo degli archetipi: quello dell’eroe. Sicuramente perché la storia è raccontata – anzi, fatta vivere – da un ottimo attore (Stephan Wolfert), la stessa persona che ha vissuto quella storia: un reduce di guerra che scopre, casualmente, la forza della narrazione bellica del Riccardo III di Shakespeare. Questa scoperta ha avuto almeno due conseguenze importanti: lo spettacolo (500 repliche, in 32 stati Usa e in giro per il mondo) e un programma di recupero per veterani di guerra basato sul teatro – De-cruit – di cui Stephan Wolfert è ideatore.
«Cry Havoc» emoziona e trasmette conoscenza: lo fa con onestà e senso di responsabilità, scusate se è poco. Una grande denuncia dell’assurdità della guerra, della disumanizzazione di chi vi partecipa, delle costruzioni sociali che non aiutano a superarla e delle ipocrisie che ci ruotano intorno.
Stephan Wolfert incolla gli spettatori dalla prima scena (quando ci porta con lui sul tetto di un treno) all’ultima (quando riassume tutto il percorso con l’aiuto della musica e della danza) e si commuove ricordando le ingiustizie subìte dal soldato afroamericano Henry Lincoln Johnson, cui la Francia ha tributato la Croix de Guerre per eroisimo – era sul fronte della prima guerra mondiale con il 369esimo reggimento di fanteria “Harlem Hellfighters” – mentre gli Usa l’hanno ringraziato solo nel 2015.
Grazie dunque al Teatro dall’armadio e al Consorzio Camù per aver portato Stephan Wolfert a Cagliari.
PS: «Havoc» era l’ordine dato alle truppe inglesi di non fare prigionieri. La frase è tratta dal Riccardo III: «ordinerà “niente prigionieri!” e scatenerà i mastini della guerra».