La guerra continua

articoli, video, musica e disegni di Massimo Troisi, Gian Luigi Deiana, Franco Fracassi, Ennio Caruccio, Frank Zappa, Julian Assange, Yvan Colonna, Madeleine Albright, Tonio Dell’Olio, Moni Ovadia, Fabio Armao, Rocco Artifoni, Danilo Tosarelli, Massimo Mazzucco, Joe Lauria, Paolo Nori, Dario Fabbri, Francesco Masala, Enrico Euli, Vincenzo Costa, Fausto Amodei, Brombin, Benigno Moi, John Mearshmeier, Alessandro Visalli, Pepe Escobar, Marco Travaglio, Giulietto Chiesa, Andrea Zhok, Paolo Maddalena, Paolo Desogus, Giuseppe Masala, Thomas Fazi, Daniele Lanza, Yo Yo Mundi, Wu Ming, Fabio Vighi, Maurizio Vezzosi, Carl Von Clausewitz

 

Quello che è successo, secondo me (2) – Francesco Masala

Continuiamo con l’analogia con il pugilato, la noble art.

Se questa guerra fosse un incontro di pugilato secondo le regole, dall’angolo, l’allenatore ucraino avrebbe gettato la spugna, e comunque l’arbitro avrebbe dichiarato la fine dell’incontro dopo il primo round, per manifesta inferiorità del combattente ucraino.

Che bello se fosse un incontro di pugilato pulito!

Nella guerra guerreggiata non ci si arrende mai, tanto chi decide di non arrendersi non muore mai perchè tocca al soldati e alla povera gente crepare. Magari potrebbe succedere fra qualche settimana che ci lasci la pelle chi è in alto: alla fine della guerra – è solo un’ipotesi remota, naturalmente – un sicario di qualche servizio segreto occidentale, travestito da russo, potrebbe ammazzare qualcuno per chiudergli la bocca, se per caso gli venisse in mente di raccontare l’indicibile.

Analizziamo adesso cosa accade in quel capannone abbandonato dove si svolge l’incontro/scontro fra i due pugili, organizzato dal boss dei boss.

Sono stati invitati ad assistere di persona all’evento solo gli amici/alleati del boss, tutti gli altri potranno comunque seguire l’evento da remoto, informati dai giornalisti embedded, gente di fiducia.

Si aprono le scommesse fra i presenti, il boss che organizza avvisa che non tollererà scommesse a favore del pugile russo, si scommette quindi solo a favore del combattente ucraino.

Gli scommettitori (per coincidenza aderenti a un club esclusivo chiamato Nato, sapendo di essere, utili o inutili, idioti) si guardano in faccia un minuto, stupiti: ma come, scommettere sul più debole, siamo pazzi?, ma basta meno di un minuto e lo sguardo del boss per iniziare a scommettere sul combattente ucraino…

intanto, nella povera Italia, dopo il successo della infiltazione del PD nel gioco d’azzardo,  qui e qui, e nelle multinazionali di armi, qui (o sono quelle imprese a essersi infiltati nel PD e quindi nel governo e adesso sono loro il governo, dicono i “complottisti”) qualcuno comincia a pensare alle spese militari del 2% da mettere in Costituzione?

“La politica é il ramo dell’industria dedicato all’intrattenimento” diceva Frank Zappa; da  Reagan a Zelensky solo conferme.

scrive Carl Von Clausewitz: “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”, sempre attuale

Intanto è morta anche Madeleine Albright, che riposi in guerra, qualcuno pensa che tutte le donne siano per la pace, forse non conoscono Victoria Nuland e Hillary Clinton .

 

 

 

(a futura memoria!!!)

Quelli che non condannano il nazismo – Giulietto Chiesa

24 novembre 2014

All’ONU la Russia propone una condanna del nazismo. Ucraina, USA e Canada votano contro. L’Italia si astiene, assieme all’Europa. Capire dove si sta andando
Una commissione delle Nazioni Unite ha esaminato recentemente un documento di condanna della glorificazione del nazismo.

Il voto finale ha prodotto questo risultato: 115 voti a favore, 55 astenuti, 3 voti contrari. I tre voti contrari sono stati quelli di Ucraina, Stati Uniti e Canada. L’Italia – nella sua qualità di presidente di turno dell’Unione Europea –  ha dichiarato la propria astensione, trascinandosi dietro tutti i paesi europei.
La dichiarazione di voto italiana merita di essere qui riportata in base al resoconto sintetico che ne ha fatto lo stesso uffico stampa dell’ONU:

“Spiegando il voto, ad avvenuta votazione, il rappresentante dell’Italia, che parlava a nome dell’Unione Europea, ha detto che l’Unione è impegnata a combattere il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le correlate intolleranze, mediante sforzi generali a livelli nazionali, regionali e internazionali. I singoli stati sono stati liberi di decidere il contenuto del testo della risoluzione, tuttavia l’Unione ha avuto dubbi circa la sincerità del testo, visto che il sostenitore principale della risoluzione ha violato i diritti umani”.

Si noti che il rappresentante italiano ha evitato accuratamente di nominare il nazismo. E si capisce bene perché, avendo l’Unione Europea stretti rapporti con un governo  – quello ucraino – che include forze apertamente inneggianti al nazismo.  L’argomentazione usata è, del resto, non solo puerile, ma completamente ridicola perfino sul piano diplomatico. Se il voto di una qualsivoglia risoluzione fosse subordinato all’accertamento della buona fede del proponente, con ogni evidenza, non vi sarebbe nessun voto possibile in nessun consesso internazionale. In questo caso il proponente era, evidentemente, la Russia, non la potenza che tiene aperto il campo di prigionia di Guantánamo.
Impressionante lo schieramento dei tre voti contrari, con Stati Uniti e Canada principali e unici sponsor dell’Ucraina.
E particolarmente pregnante la dichiarazione di voto del rappresentante ucraino. Il quale ha dichiarato il voto contrario in questo modo:

“Lo stalinismo (sic) ha ucciso molte persone nei Gulag, e ha condannato Stalin e Hitler come criminali internazionali. Ha invitato la Federazione Russa a smetterla di glorificare e di incrementare lo stalinismo. Per queste ragioni ha detto di non poter appoggiare il documento. Ogni intolleranza va affrontata in modo  equilibrato e appropriato. E’ errato manipolare la storia in favore della propria agenda politica. La Federazione Russa sta sostenendo gruppi neo-nazisti e nazionalisti in Crimea. Annuncia il voto contrario dicendo che la risoluzione contiene un messaggio errato.”

Chiunque può trarre le sue conclusioni da queste dichiarazioni che coprono di vergogna, almeno storicamente parlando, l’Occidente.
Ma, per  provare vergogna, occorre conoscere i fatti. E i fatti resteranno sconosciuti ai più. Infatti questa notizia, insieme ai particolari che qui abbiamo fornito, è stata ignorata da tutti i quotidiani italiani e da tutte le televisioni italiane.

da qui

 

 

 

Make Nazism Great Again – Pepe Escobar

 

[da Strategic Culture, tradotto dall’inglese da Nora Hoppe]

 

L’obiettivo supremo è regime change in Russia, l’Ucraina è solo una pedina nel gioco – o peggio, mera carne da cannone.

Tutti gli occhi sono puntati su Mariupol. A partire da mercoledì sera, oltre il 70% delle aree residenziali erano sotto il controllo di Donetsk e delle forze russe, mentre i marines russi, il 107° battaglione di Donetsk e gli Specnaz ceceni, guidati dal carismatico Adam Delimkhanov, erano entrati nello stabilimento Azov-Stal – il quartier generale del reggimento neonazista Battaglione “Azov”.

Ad “Azov” è stato inviato un ultimo ultimatum: arrendersi fino a mezzanotte – o altrimenti: trovarsi sul “Highway to Hell” [“l’Autostrada verso l’Inferno”] alla “non fare prigionieri”.

Questo implica un importante cambio di gioco nel campo di battaglia ucraino; Mariupol sta finalmente per essere completamente denazificata – dato che il contingente di Azov, a lungo trincerato nella città e usando i civili come scudi umani, era la sua forza di combattimento più temprata.

Nel frattempo, gli echi dell’Impero di Menzogne hanno quasi regalato l’intera partita. Non c’è alcuna intenzione a Washington di facilitare un piano di pace in Ucraina – e questo spiega le tattiche di stallo non-stop del Comico Zelensky. L’obiettivo supremo è il  regime change in Russia, e per questo il Totalen Krieg contro la Russia e tutto ciò che è russo sono giustificati. L’Ucraina è solo una pedina nel gioco – o peggio, mera carne da cannone.

Questo significa anche che i 14.000 morti nel Donbass negli ultimi 8 anni dovrebbero essere attribuiti direttamente agli Eccezionalisti. Per quanto riguarda i neonazisti ucraini di ogni tipo, sono sacrificabili come i “ribelli moderati” in Siria, siano essi legati ad al-Qaeda o a Daesh. Quelli che potrebbero sopravvivere possono sempre unirsi alla nascente Neo-Nazi Inc. sponsorizzata dalla CIA – il pacchiano remix della Jihad Inc. degli anni ’80 in Afghanistan. Saranno adeguatamente “Kalibrati”.

 

I neonazisti – un riassunto al volo

Ormai solo i cervelli morti in tutto il NATOstan – e ce ne sono orde – non sono a conoscenza di Maidan nel 2014. Eppure pochi sanno che fu l’allora ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov, ex governatore di Kharkov, a dare il via libera al materializzarsi di un reparto paramilitare di 12.000 persone, nato dagli hooligans del calcio della setta 82 che sostenevano la “Dynamo Kiev”. Così è nato il Battaglione Azov, nel maggio 2014, guidato da Andriy Biletsky, alias il Führer Bianco, ed ex leader della banda neonazista “Patriota dell’Ucraina”.

Insieme all’agente dell’organizzazione paramilitare della NATO “stay-behind” Dmitro Yarosh, Biletsky ha fondato Pravy Sektor, finanziato dal padrino della mafia ucraina e miliardario ebreo Ihor Kolomoysky (poi il benefattore della meta-conversione di Zelensky da mediocre comico a mediocre presidente).

Si dà il caso che Pravy Sektor fosse rabbiosamente anti-UE – ditelo a Ursula von den Lügen – e politicamente ossessionato dal collegare l’Europa centrale e i paesi baltici in un nuovo, pacchiano Intermarium. È essenziale notare che Pravy Sektor e altre bande naziste furono debitamente addestrate da istruttori della NATO.

Biletsky e Yarosh sono naturalmente discepoli del famigerato collaboratore nazista della seconda guerra mondiale Stepan Bandera, per il quale gli ucraini puri sono proto-germanici o scandinavi, e gli slavi sono Untermenschen.

“Azov” ha finito per assorbire quasi tutti i gruppi neonazisti in Ucraina e sono stati inviati a combattere contro il Donbass – con i loro accoliti che guadagnano più soldi dei soldati regolari. Biletsky e un altro leader neonazista, Oleh Petrenko, furono eletti alla Rada. Il Führer Bianco stava per conto suo. Petrenko decise di sostenere l’allora presidente Poroshenko. Presto il Battaglione Azov fu incorporato come “Reggimento Azov” alla Guardia Nazionale Ucraina.

Hanno iniziato a reclutare mercenari stranieri – con persone provenienti dall’Europa occidentale, dalla Scandinavia e anche dal Sud America.

Questo era severamente vietato dagli Accordi di Minsk garantiti da Francia e Germania (e ora de facto defunti). “Azov” ha creato campi di addestramento per adolescenti e presto ha raggiunto 10.000 membri. Erik “Blackwater” Prince, nel 2020, ha stretto un accordo con l’esercito ucraino che avrebbe permesso al suo gruppo ribattezzato “Academi” di supervisionare Azov.

Fu nientemeno che il sinistro distributore di biscotti di Maidan, Vicky “Fanculo l’UE” Nuland, a suggerire a Zelensky – entrambi, a proposito, ebrei ucraini – di nominare il nazista dichiarato Yarosh come consigliere del comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valerii Zaluzhnyi. L’obiettivo: organizzare una guerra lampo sul Donbass e la Crimea – la stessa guerra lampo che l’SVR, l’intelligence estera russa, aveva concluso che sarebbe stata lanciata il 22 febbraio, spingendo così il lancio dell'”Operazione Z”.

Tutto quanto sopra, in realtà solo un riassunto al volo, dimostra che in Ucraina non c’è alcuna differenza tra i neonazisti bianchi e quelli di colore marrone di al-Qaeda/ISIS/Daesh, tanto i neonazisti sono altrettanto “cristiani” quanto i takfiri salafiti-jihadisti sono “musulmani”.

Quando Putin ha denunciato un “branco di neonazisti” al potere a Kiev, il Comico ha risposto che era impossibile perché era ebreo. Balle. Zelensky e il suo patrono Kolomoysky, a tutti gli effetti, sono Zio-Nazis.

Anche mentre i rami del governo degli Stati Uniti ammettevano i neonazisti trincerati nell’apparato di Kiev, la macchina Eccezionalista faceva semplicemente sparire il bombardamento quotidiano del Donbass per 8 anni. Queste migliaia di vittime civili non sono mai esistite.

I media mainstream statunitensi hanno persino azzardato un pezzo o un rapporto sui neonazisti di Azov e Aidar. Ma poi una narrativa neo-orwelliana è stata scolpita sulla pietra: non ci sono nazisti in Ucraina. Il NED, emanazione della CIA, ha persino iniziato a cancellare i documenti sull’addestramento dei membri di Aidar. Recentemente una rete di notizie di merda ha debitamente promosso un video di un comandante di Azov addestrato e armato dalla NATO – completo di iconografia nazista.

 

Perché la “denazificazione” ha senso

L’ideologia di Banderastan risale a quando questa parte dell’Ucraina era di fatto controllata dall’impero austro-ungarico, dall’impero russo e dalla Polonia. Stepan Bandera è nato in Austro-Ungheria nel 1909, vicino a Ivano-Frankovsk, nel – allora autonomo – Regno di Galizia.

La prima guerra mondiale smembrò gli imperi europei in piccole entità spesso non vitali. Nell’Ucraina occidentale – un incrocio imperiale – ciò portò inevitabilmente alla proliferazione di ideologie estremamente intolleranti.

Gli ideologi di Banderastan approfittarono dell’arrivo dei nazisti nel 1941 per cercare di proclamare un territorio indipendente. Ma Berlino non solo li bloccò, ma li mandò nei campi di concentramento. Nel 1944 però i nazisti cambiarono tattica: liberarono i banderastriani e li manipolarono nell’odio anti-russo, creando così una forza di destabilizzazione nell’URSS ucraina.

Quindi il nazismo non è esattamente la stessa cosa per i fanatici di Banderastan: sono infatti ideologie concorrenti. Quello che è successo dopo Maidan è che la CIA ha mantenuto un focus laser sull’incitamento dell’odio russo da parte di qualsiasi frangia che poteva strumentalizzare. Quindi l’Ucraina non è un caso di “nazionalismo bianco” – per usare un eufemismo – ma di nazionalismo ucraino anti-russo, per tutti gli scopi pratici manifestato attraverso saluti e simboli in stile nazista.

Così, quando Putin e la leadership russa si riferiscono al nazismo ucraino, questo può non essere corretto al 100%, concettualmente, ma colpisce una corda con ogni russo.

I russi rifiutano visceralmente il nazismo – considerando che praticamente ogni famiglia russa ha almeno un antenato ucciso durante la Grande Guerra Patriottica. Dal punto di vista della psicologia di guerra, ha totalmente senso parlare di “ucro-nazismo” o, dritto al punto, di una campagna di “denazificazione”.

 

Quanto gli anglo amavano i nazisti

continua qui

 

 

Appello alle e ai parlamentari italiani sulla guerra in Ucraina

Il seguente appello – che Pressenza appoggia, innanzi tutto come membro di ICAN – ha raggiunto in poche ore oltre 700 firme ed è stato inviato lunedì in giornata a tutti i parlamentari.

APPELLO ALLE E AI PARLAMENTARI ITALIANI

Il presente Appello per richiamarVi con urgenza alle Vostre responsabilità nel rappresentare la volontà di una grossa fetta della Società civile italiana nel merito delle decisioni circa il ruolo dell’Italia nella guerra in Ucraina a seguito dell’invasione della Federazione Russa.

Il nostro Paese è impegnato in ogni sua articolazione, a cominciare dai cittadini e dalle cittadine, nel compito umano di soccorrere le vittime della guerra con un’accoglienza a 360 gradi dei profughi: un’apertura e un senso del sacrificio mai registrati in altre occasioni.

Oltre al soccorso riteniamo sia indispensabile un impegno dei Governi di tutti i Paesi coinvolti a recarsi nel teatro di guerra vicino alle vittime per intavolare un serio NEGOZIATO di pace dove entrambe le parti siano ascoltate.

Vogliamo farvi sapere quindi che nel prefigurarci un auspicabile rapido arresto di questa guerra siamo in tante e tanti a indirizzare le proprie speranze e il proprio contributo, oltre che prioritariamente al SOCCORSO delle vittime della guerra, anche alla richiesta di un immediato cessate il fuoco, incompatibile con l’invio di armi e altre strategie e dichiarazioni che accendono il fuoco di guerra invece di sedarlo.

Vi chiediamo di darci segnali concreti di un Vostro impegno per un progressivo DISARMO a cominciare dal far sì che l’Italia rispetti la Legge n.185 – troppo spesso disattesa ora più che mai – che da 32 anni regola il commercio di armi vietandone tra l’altro l’esportazione a Paesi in guerra.

Crediamo che il nostro Parlamento possa e debba offrire con competenza e senso di responsabilità alternative diverse dal riarmo.

Tra coloro i quali vi hanno consegnato con il proprio voto anche la propria fiducia, c’è chi non accetta che si mandino strumenti di morte quali le armi in suo nome ed è invece disposto ad appoggiare con forza e determinazione chi, come i 25 Parlamentari che hanno espresso voto contrario al Decreto Ucraina, ci lascia intravvedere un presente e un futuro più civili in cui lavorare insieme per il disarmo offrendo alla storia nuove possibilità per affrontare senza stragi le controversie che verranno.

Stiamo subendo invece una vera e propria propaganda di guerra che lascia aperta la sola strada del riarmo. Come potete convincerci dell’utilità per la nostra sicurezza della deterrenza nucleare in un mondo multipolare instabile in cui la minaccia di una guerra nucleare è paurosamente aumentata e questi giorni di angoscia lo dimostrano?

Ai tempi della sua visita in Giappone il Papa definì “immorale” la deterrenza, quello stesso Papa Francesco che ha usato parole forti – purtroppo non diffuse come si sarebbe dovuto da molta stampa – contro la scandalosa scelta anche da parte della Camera dei Deputati di aumentare le spese militari portandole al 2% del PIL, una “pazzia” nei confronti della quale ha dichiarato di provare vergogna.

A nostra insaputa, coperte dal segreto militare, vengono autorizzate azioni di guerra che oltre a non garantirci sicurezza mettendoci in pericolo come bersaglio militare, ci indignano profondamente, come quando i lavoratori aeroportuali hanno denunciato la presenza di armi di morte al posto degli aiuti umanitari che avrebbero dovuto caricare negli aerei in scalo presso l’aeroporto civile “Galileo Galilei” di Pisa e non solo.

Secondo un sondaggio del 2021, l’87% della popolazione italiana era favorevole a che l’Italia firmasse il TPNW, ovvero il Trattato Internazionale per la Proibizione delle armi nucleari approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017- senza la firma dell’Italia – ed entrato in vigore il 22 Gennaio 2022 a seguito del quale miliardi di dollari già sono stati sottratti al business delle armi nucleari delle quali viene vietata la produzione, lo stoccaggio, l’uso e la minaccia d’uso.

È questo il risultato dello sforzo congiunto della società civile che continua a promuoverlo affinché sempre più Stati lo ratifichino.

Grazie all’iniziale impegno di qualificati scienziati a livello internazionale, tanta strada infatti è stata percorsa a livello di società civile, di personalità autorevoli, di molti Stati e dell’ONU da quando nel 2006 l’International Phisicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), vincitore del Premio Nobel per la pace nel 1985, adottò ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) anch’essa vincitrice del Nobel per la pace nel 2017.

È accettabile che il Parlamento dell’Italia, uno Stato membro della NATO, non abbia la libertà di fare la propria scelta, nonostante la popolazione si sia mobilitata in questa direzione con la Campagna “Italia, ripensaci” ?

Con la sottoscrizione all’ICAN Cities Appeal e all’ICAN Parliamentary Pledge, ben 240 Parlamentari italiani richiesero nel 2017 al Governo di farsi parte attiva del dibattito internazionale sul disarmo nucleare partecipando alla prima Conferenza degli Stati parte del TPNW che si terrà a Vienna proprio in questo marzo 2022, alla quale l’Italia può appunto prendere parte anche come “osservatore”.

Vi chiediamo, proprio nell’urgenza e nell’emergenza che questa guerra porta con sé, di decidere passi concreti verso la costruzione di un mondo libero da armi nucleari perchè sono inutili dal punto di vista strategico, essendo in grado di distruggere tutte le parti in guerra e l’intera Comunità terrestre dei viventi. Perchè sono immorali e ora anche illegali a seguito di questo Trattato.

Chiediamo inoltre che il Governo e il Parlamento Italiano firmino il Trattato TPNW, dimostrando di essere un Paese libero in grado di prevenire le guerre, di educare ed addestrare alla gestione dei conflitti anche a livello micro e macro-sociale, alla negoziazione di pace, a una difesa non armata e nonviolenta che è prevista dal nostro ordinamento legislativo proprio ai fini di permettere a tutti i cittadini e le cittadine di contribuire a difendere il proprio Paese anche senza l’uso delle armi.

Vi invitiamo con fermezza a non farci complici di questa strategia che per noi non protegge ma porta morte.

Dimostrate di tenere in conto le vite umane come esse si meritano, di sapere agire politicamente con il cervello e con il cuore: non sono credibili i capi di Governo che non mettono al primo posto la vita di uomini, donne, vecchi, bambini, esseri viventi tutti, e questo vale per entrambe le parti in guerra.

E quando il Senato dovrà votare il Decreto Ucraina, pensate a come spieghereste alle bambine e ai bambini che la pace si fa impegnandosi a produrre e ad usare sempre più armi a scapito delle scuole per imparare e per crescere insieme e dei medici per curare.

CHIEDIAMO che questo Parlamento con voto avente forza legislativa e conseguente vincolo per il Bilancio dello Stato, NON RATIFICHI provvedimenti che implichino un ulteriore aumento della spesa militare sino ad almeno il 2% del PIL come da indicazioni NATO (Accordo informale del 2006) destinando inoltre una quota di almeno il 20% di tale spesa per investimenti in nuovi sistemi d’arma, configurando il futuro dei prossimi anni come un pericolosa corsa agli armamenti che certo non può aiutare la pace e che ci inchioda in un’economia armata non favorevole al bene comune dell’Italia.

Facciamo affidamento su di voi per raccogliere quanto vi stiamo raccomandando con forza, cercando di superare il senso di impotenza che tutti ci affligge in situazioni come quella che stiamo vivendo.

Ci rivolgiamo a Voi perché non vogliamo pensarvi lontani in un irraggiungibile aula dove si giocano le vite, il presente e il futuro di tante e di tanti, e non solo in Italia.

Vogliamo potervi riconoscere pienamente come espressione della nostra Democrazia nelle scelte politiche che sarete in grado di fare come singoli esseri umani, ognuna e ognuno con la propria coscienza.

Grazie per l’ascolto.

Le vostre risposte verranno comunicate a ogni sottoscrittrice e sottoscrittore del presente Appello.

da qui

un’opera di Piero Brombin intitolata “Ritratto di Putin”

 

scrive Gian Luigi Deiana:

PUZZLE

tasselli di una comprensione provvisoria

non possiamo rinunciare a comprenderla questa situazione, perchè avvolge e sconvolge; ma siamo certo impediti, anzichè aiutati, da chi ne sa più di noi: chi ne sa più di noi, infatti, o è rabbiosamente zittito oppure si è piegato a ingannare, avendo di già conquistato la promozione e il ruolo con l’ inganno di se stesso; quindi dobbiamo provare da soli, un tassello per volta;

i tasselli ineludibili sono quelli più equivoci e sono sostanzialmente tre, come in ogni costruzione teatrale: il protagonista, l’antagonista e la regia; cioè putin, zelenski, e il posizionamento dell’ucraina nel risiko globale, cioè chi lo guida;

anche un bambino capirebbe che per prima cosa andrebbe spiegato il risiko, ma è proprio questo che “non” viene spiegato, nonostante l’opera di decine di leader politici, centinaia di esperti, migliaia di giornalisti, milioni di profughi e miliardi di ostaggi, cioè noi; quindi, per oscurare la comprensione del risiko (cioè dell’oggettività storica, strategica, economica e sociale dell’ucraina) si deve soggettivizzare l’esposizione del problema, polarizzandola sul soggetto protagonista e sul soggetto antagonista; il problema diventa così, magicamente, una narrazione, e il risultato di questa magia è che sfuma l’identità di chi guida il gioco e scompare ogni razionale ipotesi di soluzione; infatti questa, se c’è, è sempre più affidata al caso, cioè al caos…

da qui

 

 

UN MATRIMONIO E DUE FUNERALI:

julian assange, yvan colonna, madeleine albright

le vie del signore incrociano oggi i destini di julian assange, yvan colonna e madeleine albright; un giorno di gioia = un giorno di dolore = un giorno di ribrezzo:

questi tre destini ci si presentano in simultanea come incarnazioni individuali di ragioni di stato planetarie, cioè un prisma attraverso cui intravvedere la pagina di storia di cui siamo parte;

giorno di gioia: assange potrebbe essere estradato a breve negli stati uniti ove lo attende una condanna a 175 anni di carcere: e tutto per aver pubblicato notizie vere sulla politica estera degli stati uniti: notizie vere, nell’eterna cortina di fumo che maschera la fluttuazione della superpotenza come madre, o come madrina, o come matrigna, di tutte le guerre del nostro tempo; julian ha sposato in carcere stella moris, la madre dei loro due figli; auguri dal mondo di buona volontà;

yvan colonna sarà sepolto domani a cargese, un paese a nord di ajaccio, dove faceva il capraio fino al giorno del suo arresto; il processo a suo carico resta un buco oscuro nella storia giudiziaria francese, ma la ragion di stato esigeva un colpevole eccellente, “un pastore di capre” che aveva la colpa di essere indipendentista, di essere colto e di godere di rispetto in tutta la corsica; detenuto ad arles, cioè lontano dall’isola in ottemperanza allo stile francese della consumazione penale di vita e di affetti, è stato ucciso qualche giorno fa da un detenuto jahidista particolarmente pericoloso ma curiosamente fuori controllo per ore; è esplosa la protesta in tutta la corsica: “tutta” la Corsica; il lato nuovo della vicenda è che sulla scena dolorosa e diffusa del funerale il governo francese si dispone ufficialmente ad aprire negoziati per l’autonomia corsa; cordoglio ed auguri, dal mondo di buona volontà;

madeleine albright fu segretaria di stato di bill clinton dal 1997 al 2001; ereditò la gestione dell’agonia irakena provocata dalla prima guerra del golfo e lasciò a sua volta in eredità questa funzione a colin powell, quello delle armi di distruzione di massa di saddam hussein racchiuse in boccette; madelein fu la mamma delle sanzioni all’iraq, dell’opposizione all’invio di caschi blu in ruanda e della generalizzazione della guerra in jugoslavia; in una celebre intervista alla cbs le fu presentato il costo umano conseguito con la politica delle sanzioni all’iraq, cioè la morte, accertata sull’inesorabile certificazione statistica, per fame e per assenza di medicine, per alcuni milioni di persone e mezzo milione di bambini; la domanda dell’intervistatrice chiedeva una considerazione su un tale prezzo di vittime civili, e cinquecentomila bambini: rispose che no, non era un prezzo alto, era piuttosto un “impegno morale”; questo genere di dottrina, si badi bene, è l’essenza di ciò che ormai usiamo considerare come la differenza tra le guerre immorali del novecento (oggi residuate alla russia) e le guerre morali del secolo attuale (oggi vantate dagli usa e dai comprimari); nel 2016 questa donna annunciò il destino dell’inferno per tutte le donne che alle elezioni presidenziali non avessero votato per hillary clinton; è difficile chiedersi oggi quale paradiso sarebbe adatto a lei; dies irae, signora albright

da qui

 

 

VALOR MILITARE

giornalismo embed-dead

confesso che la formulazione del sottotitolo qui sopra riporta una parola che non esiste, infatti in gergo militare si dice “embedded” che vorrebbe dire “incorporato” e si riferisce in particolare all’incorporazione di giornalisti al seguito delle truppe o più genericamente al confezionamento cocertato di veline nato sullo sviluppo delle operazioni di guerra; si può fare con l’elmetto come la vanesia monica maggioni in iraq, o alla scrivania come il vanesio maurizio molinari in bretelle; il prezzo che si paga, in genere, nella stupida glorificazione di questo modello di giornalisti è quello di uccidere il giornalismo: embed dead, morto che viene arruolato;

tra gli innumerevoli casi di questi giorni, in genere oscuri o persino inventati e comunque sbranati a morsi dalle opposte propagande e dalle corrispondenti tifoserie (per esempio il teatro di marjupol o i corridoi umanitari o i monumenti di odessa) ne riporto qui due soli che ritengo incontrovertibili documenti di falsità:

primo caso, le riserve di vettovagliamento, carburante e armamento delle truppe russe impiegate nell’invasione dell’ucraina: una settimana fa “tutti” i giornali embedded riportavano come cosa certa il fatto che le truppe russe disponevano di riserve al massimo per tre giorni; bello, almeno qualcuno si sarebbe deciso a trattare; e invece no, era una confezione giornalistica falsa; ha avuto la funzione di fare da grancassa alle cosiddette standing ovation che hanno applaudito i collegamenti del presidente ucraino zelenski in tutti i parlamenti europei in successione quotidiana, col risultato di trasformare le stesse apparizioni istituzionali di zelenski in una surreale e tragica barzelletta invocante aerei, missili e carri armati; ma a quanto pare i soldatini russi, che pure possono morire di proiettili in corpo, per poco che sia non stanno morendo di denutruzione: e allora, perchè si danno in pasto alla gente informazioni false come questa arrogandosi il diritto di non renderne conto? (ottavo comandamento: non dare falsa testimonianza);

secondo caso, il black out informativo sulla morte della ex segretaria di stato americana madeleine albright, sempre una settimana fa; costei fu la rappresentante degli u.s.a. alle nazioni unite durante la prima guerra del golfo, e fu poi la segretaria di stato della presidenza clinton agendo da regista sia della politica di sanzioni contro l’iraq sia del reiterato sabotaggio di tutti i piani di pace nella guerra jugoslava; si oppose strenuamente in sede onu all’invio di caschi blu in ruanda, un milione di morti; a tutti gli effetti, benchè sui generis, si tratta della figura di una grande criminale di guerra; in una celebre e spaventosa intervista alla cnn, alla domanda sul numero di vittime infantili delle sanzioni in irak (cinquecentomila bambini, cinquecentomila!), non perse tempo a contestare la cifra, anzi di fatto la rivendicò a proprio merito e a vanto del suo governo: asserì candidamente che non era un prezzo troppo elevato, ma che si trattava piuttosto di un impegno morale; – ebbene, perchè nessuna telegiornale di grande ascolto si è premurato di citare la notizia della morte di un personaggio così storicamente esemplare? è semplice: per evitare che possa sopravvenire qua e là l’ombra di una connessione tra quella fase storica (irak, jugoslavia, sanzioni) e la fase storica odierna (disimpegno dal fronte isis, disimpegno dal fronte afghanistan, regia biden del disastro ucraino); ((dio chiese a caino: dove è tuo fratello?));

come che sia, la frontiera di fumo dell’informazione non è solo un problema di malcostume o dell’effetto sconcertante dell’aggressione militare russa: è invece oculatamente orientato a favorire la politica di riarmo: far durare la guerra in ucraina per legittimare la produzione di armi, favorire il comparto industriale degli armamenti in ambito chimico-biologico-nucleare, ampliare il raggio di investimento, commercio e businness di tutta la funzione militare: cioè l’esatto contrario di quanto ha detto il papa in pubblico e in piazza: ovvero che se da questa guerra si esce solo con una semplice pur indispensabile pace, e non con la direzione storica di “abolizione della guerra”, allora sarà la guerra ad abolire l’umanità: dead !

questo, dalla rai, a repubblica, alla stampa, è oggi il giornalismo embed-dead al valor militare

da qui

 

 

 

 

Circa l’intervista a John Mearshmeier sulla guerra ucraina – Alessandro Visalli

In guerra la prima vittima è la verità. Ma la seconda è la ragione. Troppo carica di emozioni, la guerra, per lasciare in campo la fredda ragione. Emergono in essa i più radicati spiriti di identificazione di gruppo, belluini, ed emerge l’identificazione dell’altro come inumano. Ne stiamo vedendo gli effetti in una nazione, come l’Italia, che si pensava pacifica e si scopre, in tutti i suoi organi di stampa, essere animata dal più aspro militarismo e da spiriti di guerra. Tutti sembrano volere la guerra, se del caso anche nucleare. Non si può tradurre in alcun altro modo, sotto il profilo decisivo dei fatti e delle conseguenze, la richiesta rilanciata a reti unificate della “no fly zone” sull’Ucraina. Ovvero dello scontro diretto, immediato, tra la potente forza aerea e missilistica russa e la potentissima forza aerea Nato.

Emerge nell’occidente liberale qualcosa di davvero profondo; un cuore di tenebra [1]. Quando Cristoforo Colombo scopre l’America, ci racconta Todorov [2], oscilla tra l’orientamento a pensarli come esseri umani con i medesimi diritti, identici a sé stesso, o differenti e per questo inferiori. In entrambi i casi, scrive l’autore, “si nega l’esistenza di una sostanza umana realmente altra, che possa non consistere semplicemente in un grado inferiore, e imperfetto, di ciò che noi siamo”. Se si guardano con attenzione le due possibili figure dell’alterità del canone occidentale sono entrambe fondate sull’egocentrismo, ovvero sull’identificazione senza nemmeno avvedersene dei propri valori e delle proprie cognizioni e categorie con i Valori e la Ragione in generale. Quindi del proprio io con l’universo. Quel che emerge è, in altre parole, il sentimento di espulsione dal novero stesso dell’umano dell’altro, che, poiché ci si oppone e non ci riconosce il diritto di possedere il mondo, è quindi un pazzo (abbandonato dalla Ragione), e/o un mostro (privo dei Valori), e va fermato con ogni mezzo. Chi, invece, è con noi, ovvero vuole essere noi, è ovviamente inferiore ma può raggiungerci. Farà il suo purgatorio e poi lo accoglieremo, un giorno, nelle nostre braccia (la Ue e la Nato). Vuole essere l’occidente, avere i nostri giocattoli, conformarsi alla nostra cultura e per questo benignamente lo accogliamo (non prima di aver completato gli esami). Un esame potrebbe anche essere, perversamente ma non senza logica, anche questo bagno di sangue. Non è il sangue il lavacro della Storia? L’espiazione che può comprare la salvezza?

John Mearsheimer è rinfrescante, da questo punto di vista. Non si sente in lui l’odore di incenso e di zolfo che promana da questi nebbiosi, antichi, climi. L’autore di numerosissimi importanti testi[3], di scuola realista, da tantissimo tempo [4] chiarisce che l’atteggiamento di Putin verso l’Ucraina è provocato dall’occidente. Secondo la scuola realista, semplicemente, le potenze possono essere grandi o meno, ma quando sono in grado di farlo proteggono se stesse dalle altre. Questa intenzionale e consapevole semplificazione delle ramificazioni di cause intrecciate che determinano le azioni [5] fa perno su un semplicissimo fatto: le grandi potenze si temono. E dunque si contendono il potere per garantirsi la sicurezza. Ne deriva una politica internazionale che è sempre stata “una faccenda spietata e pericolosa” [6]. Deriva da questo sottofondo di paura che lo scopo primario di ogni Stato è massimizzare la propria quota di potere nel mondo e dunque sottrarne agli altri. Il mondo è quindi ‘condannato alla perpetua competizione tra grandi potenze’. E questo comportamento aggressivo è necessariamente praticato anche da Stati che mirano alla propria sicurezza e solo a questa. Le ragioni principali sono tre: manca un’autorità centrale che possa proteggere gli uni e gli altri (e gli uni dagli altri); il mondo è pieno di armi; nessuno può conoscere le reali intenzioni di tutti (oggi e nel futuro).

Deriva da questo guardare al mondo come è, e non come ci piacerebbe (esercitando la colpa del wishful thinking [7]), che i fattori ideologici (se un paese è, ad esempio, democratico o autocratico) rivestono scarsa importanza. Secondo il punto di vista descritto non è la buona volontà di questo o quello a determinare i comportamenti aggregati degli Stati nel contesto internazionale, ma la necessità della sopravvivenza e sicurezza. È realistico per ogni potenza essere offensiva (preventivamente offensiva), ogni qual volta può. In effetti gli Stati Uniti sono stati in guerra (preventiva) sei volte in venticinque anni (Iraq, Serbia verso Bosnia e Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libia) due anni su tre…

continua qui

 

 

 

 

 

 

scrive Vincenzo Costa

Ecco. Essere socialisti, pacifisti e internazionalisti (non globalisti) significa pensare che quello che dice Luttwak è la pattumiera della storia, che ciò a cui l’umanità è chiamata è di lasciarsi alle spalle questa mole immensa di arcaismi, di modi di pensare l’uomo, la donna, e il senso della storia.
Essere europei significa decostruire queste idee.
E io penso che gli americani non siano europei, che non sia vero che condividiamo la stessa radice culturale

 

 

 

 

 

 

L’obbedienza non è più una virtù – Tonio Dell’Olio

Da un articoletto piccolo piccolo scopro che in Myanmar sono circa 3000 i militari che finora, rifiutandosi di obbedire agli ordini dei loro superiori che chiedevano di reprimere nel sangue le proteste, hanno dismesso la divisa e si sono uniti ai ribelli o hanno cercato asilo all’estero. L’Australia ha già aperto le porte a quelli che il giornale definisce “disertori” e che per molti sono “obiettori di coscienza”. Mi chiedo cosa impedisca allora anche al nostro governo di spalancare le braccia agli obiettori di coscienza di questa guerra sulla soglia di casa? Secondo diversi osservatori ci sono molti casi di soldati russi che abbandonano tank e armi e trovano rifugio nelle case dei contadini ucraini che li nascondono perché non siano considerati prigionieri. Forse dovremmo fare di più e piuttosto diffondere la pratica dell’obiezione di coscienza. Se non riusciamo a farlo è perché questo mette in gioco il mito indiscutibile dell’obbedienza militare in ragione della quale sono state sganciate le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sono state eseguite pulizie etniche, stupri, massacri e ogni sorta di abominio e obbrobrio in ogni parte del mondo, da ogni esercito e in ogni epoca. Forse è giunta l’ora di unirci all’appello di don Lorenzo Milani: “L’obbedienza non è più una virtù”.

da qui

 

 

…Non sappiamo, al momento, se vi siano legami fra Hunter Biden e i laboratori ucraini e se le prove fornite da National Pulse siano sufficienti. Ciò che è sicuramente vero è che, per mesi, la stampa liberal ha bollato come “disinformazione russa” una notizia che si è poi dimostrata autentica. Dopo mesi di smentite, infatti, è stato il New York Times a confermare l’esistenza del famigerato laptop di Hunter Biden. Come ricorda il Premio Putlizer Glenn Greenwald, infatti, il 14 ottobre 2020, meno di tre settimane prima che gli americani votassero, il quotidiano più antico della nazione, il New York Post , ha iniziato a pubblicare una serie di rapporti sui rapporti d’affari del leader democratico Joe Biden e su suo figlio, Hunter, in paesi in cui Biden, in qualità di vicepresidente, esercitava una notevole influenza, tra cui Ucraina e Cina. Risultato? Chiunque abbia diffuso notizie su questa storia, è stato brutalmente censurato dai social media della Silicon Valley.

A un anno di distanza, nel silenzio generale, è stato il giornalista di Politico Ben Schreckinger, a scoprire che gli scoop del New York Post erano veri: prove che ha pubblicato in un libro intitolato The Bidens: Inside the First Family’s Fifty-Year Rise to Power. Schreckinger ha trascorso mesi a indagare sui documenti chiave pubblicati dal New York Post e ha trovato la prova definitiva che queste e-mail e i relativi documenti sono indiscutibilmente autentici. Schreckinger ha parlato con più persone vicine ad Hunter Biden, confermando l’autenticità delle mail pubblicate dal New York Post e buona parte del materiale contenuto nel laptop e divulgato. “Una persona che aveva accesso indipendente alle e-mail di Hunter mi ha confermato che le e-mail pubblicate dal New York Post relative a Burisma e all’impresa CEFC corrispondevano alla sostanza delle e-mail che Hunter aveva effettivamente ricevuto” sottolinea il giornalista in uno dei passaggi chiave del suo lavoro, menzionato anche da Politico nella sua newsletter. A un anno di distanza, un netto cambio di narrativa. Conferma ulteriore, come accennato poc’anzi, è arrivata dalla notizia pubblicata dal New York Times nei giorni scorsi circa l’ampia indagine penale in corso dell’Fbi sulle attività internazionali di Hunter Biden…

da qui

 

 

 

 

Orizzonti senza guerra – Moni Ovadia

La guerra portata dal presidente russo Vladimir Putin contro l’Ucraina del presidente Volodymyr Zelensky dovrebbe sollecitare a noi cittadini dell’Occidente, non colpiti direttamente dal conflitto ma coinvolti economicamente dalle scelte dei nostri governanti, una domanda: vogliamo accettare le retoriche e le propagande che ci vengono proposte dall’inevitabile profluvio di informazioni, di chiacchiere pletoriche dei politologi e degli strateghi da talk show o vogliamo finalmente riattivare la nostra capacità critica per allargare lo sguardo oltre la cronaca e cercare di capire in che mondo vogliamo vivere?
E ancora: vogliamo finalmente bandire le guerre dalle relazioni fra genti e fra individui come afferma solennemente la nostra Costituzione? Allora in primo luogo dobbiamo uscire dalla logica delle fazioni e degli schieramenti confortati da stereotipi consolidati come per esempio: il buon Occidente democratico versus il sinistro Oriente slavo autocratico russo.La russofobia, a mio parere, è una pericolosa patologia. Il buon Occidente democratico ha scatenato negli ultimi 25 anni cinque guerre criminali contro ogni regola del diritto internazionale: 70 giorni di bombardamento della capitale della Serbia, guerra contro l’Iraq con centinaia di migliaia di morti civili, bombardamenti in Somalia, catastrofe bellica della Libia e invasione dell’Afghanistan con una terrificante messe di vittime innocenti, per non cambiare nulla in vent’anni e con un dispendio iperbolico che ha arricchito solo l’industria delle armi. Quel colossale budget investito nell’economia civile avrebbe potuto produrre trasformazioni virtuose strabilianti. Poi, alla fine della devastazione e con l’abbandono del Paese, il popolo, in particolare le donne, è stato lasciato in balia dell’oscurantismo.
Con quale autorevolezza gli occidentali chiedono a Putin di rispettare la sovranità dell’Ucraina quando, solo per citare un caso, i governi israeliani da oltre cinquant’anni occupano terre palestinesi in violazione di ogni idea di diritto internazionale senza che i Paesi della Nato alzino un’unghia per impedirlo? Inoltre, un membro potente della Nato, la Turchia, da decenni massacra senza pietà il popolo curdo e nulla viene fatto per far cessare l’orrore.
A parte questi fatti che vengono a mostrare come l’alleanza atlantica faccia la parte del bue che dice “cornuto” all’asino, vengono anche diffuse stupidaggini come quella che il presidente della Federazione russa sarebbe il nuovo Hitler. Negli ultimi lustri abbiamo assistito al proliferare di nuovi Hitler, estratti come i conigli dal cilindro dei maghi dai fanfaroni del cosiddetto mondo “libero”. Ora, Vladimir Putin può essere criticato, denunciato, contrastato per le sue azioni ma senza sparare balle sesquipedali. E per essere chiari, lo scrivente, se fosse un cittadino russo, per la sua insopprimibile difesa dei diritti umani, verosimilmente si troverebbe ristretto in un carcere. Ma se si vuole tentare di capire e conoscere l’uomo e il politico che siede al Cremlino sarebbe almeno opportuno guardare la lunga intervista che il grande regista statunitense Oliver Stone gli ha fatto con profondità e perizia.

Noi occidentali, inoltre, se vogliamo avere credibilità nei confronti della Russia, seguendo la via maestra dell’onestà intellettuale, dobbiamo farci le pulci e ricordare. Quando i sovietici vollero inviare missili a Cuba, su richiesta di un Paese sovrano, cosa fece l’amatissimo e democratico presidente John Fitzgerald Kennedy? Ordinò un blocco navale rischiando di innescare la terza guerra mondiale. Allora perché mai stupirsi che Putin non voglia missili americani a 500 km da Mosca? Cosa succederebbe se la Russia inviasse missili in Venezuela e a Cuba o in Messico?

Le amministrazioni statunitensi hanno ripetutamente promesso a Putin “il terribile” che la Nato non si sarebbe allargata di un pollice oltre i confini dell’ex Ddr, ma le loro promesse si sono rivelate menzogne e l’alleanza si è allargata proprio ai Paesi dell’Europa orientale e ai Paesi ex sovietici. Da ultimo volevano provarci anche con l’Ucraina. Volevano proprio portare le armi ai confini della Russia. E hanno anche la faccia di stupirsi delle reazioni del leader russo. Vorrei anche ricordare che Putin ha ricevuto attestati di ammirazione e persino di riverenza da parte di molti politici occidentali. Mi torna in mente che solo pochi anni fa un nostro ex primo ministro, del quale ora non rammemoro il nome, sembrava il “compagno di merende” di quel tiranno che oggi viene spregiativamente chiamato lo zar.

Tutti desideriamo ardentemente che questo conflitto cessi subito e molti avranno qualche opinione al riguardo, la mia è che l’Europa dovrebbe dimostrare di esistere bussando alla porta dello zio Sam per suggerirgli affettuosamente di star fuori da questa questione, che riguarda il vecchio continente. Gli Usa dispongono già di un numero considerevole di istallazioni militari in ogni angolo del pianeta, vogliono metterne qualcuna anche a Pietroburgo e a Canton? La Russia, è bene non dimenticarlo, fino agli Urali è Europa e, senza la cultura, l’arte, la musica, la scienza, l’anima di quelle genti, non si può neppure parlare seriamente di Europa, né di europei.

da qui

 

 

 

Aprile, dolce dormire... – Enrico Euli

ZZZZZZZ…!

La mitopoietica Zeta dell’esercito russo, propagatrice di morte, ora per gli ucraini si ammanta di Zoè, vita.

Offre cibo e sussidi ai nemici, che escono dalle loro trappole come topi affamati e disperati.

Putin si prepara a gestire il suo nuovo protettorato, ad assistere una popolazione abbandonata e relitta, costretta alla distruzione di sé dal proprio governo e da manipoli di fanatici assoldati ed armati da potenze straniere.

‘A chi mi dona pani, nau babbu’ (A chi mi dà pane, lo chiamo babbo), dicono i sardi.

Ecco la vera conclusione di ogni guerra, dopo tanti mitomanici proclami ed eroiche esibizioni muscolari: ‘i potenti decidono, i poveri muoiono’, come ricorda Francesco ancora una volta.

La diagonale biopolitica che si muove sull’asse ‘aggressività-empatia’ mostra ancora una volta tutta la sua potenza persuasiva.

Putin fa così il nostro stesso gioco: guerra ed aiuti, distruzione e solidarietà, odio e compassione camminano insieme, alleandosi e coprendosi a vicenda.

Gandhi l’aveva già scoperto da giovane nella guerra anglo-boera: al di là delle apparenze, lavorare per la Croce Rossa era solo un modo per partecipare alla guerra stessa ed esserne complici.

L’umiliazione totale diviene così l’unica possibilità per chi sta sotto, da loro ma anche da noi.

Sì, perché quali poteri abbiano anche noi qui, rispetto a chi ci domina?

Possiamo ancora scrivere, manifestare, protestare, esprimere opinioni, ma poi?

E per quanto tempo ancora?

Non c’è da stupirsi se, in assenza di una democrazia reale in cui sia ancora possibile generare cambiamenti ed orientare le decisioni con la forza delle idee, in una realtà che ama chiamarsi TINA, restino soltanto la passività impotente, da un lato, e l’aggressione terrorista dall’altro.

Vedo i nostri governanti e presunti rappresentanti riuniti a Bruxelles a partorire il solito mostro del riarmo (niente di nuovo sul fronte occidentale) e sento una grande rabbia.

So che anche loro sono soltanto dei poveri uomini come me e non riesco ad odiarli.

So che non sarebbe una soluzione, ma un problema, se venissero eliminati come esseri umani.

Ma capisco che possa venir voglia di ucciderli.

Gli Stati, di fronte alla globalizzazione economico-finanziaria, hanno da tempo intrapreso la strada dell’autodifesa nazionalista e sovranista.

Quel che cambia sono gli accenti, i gradi, le misure, ma così è e vale per tutti, ovunque.

Strategia che si rivelerà perdente rispetto a quel che sta accadendo (crisi della globalizzazione e costituzione violenta di imperi neo-feudali che ingloberanno gli stati stessi), ma vincente – a breve termine- per favorire le elites oligarchiche, devastare definitivamente le libertà politiche interne ed annullare qualunque possibilità di una vita diversa per noi, comuni cittadini del mondo.

In questa prospettiva, e già da ora, le persone non contano nulla: né in Russia, né in Ucraina, né in Europa.

La gestione della pandemia e quella, conseguente e coerente, dei nuovi equilibri/squilibri tra blocchi politico-militari rappresentano il punto di svolta e di accelerazione – definitiva ed irreversibile – di questo processo, già in corso da almeno due decenni (l’altro punto di svolta è stato per me il 2001, tra Genova e Twin Towers).

Nel cadere in questo baratro, gli Stati Uniti hanno ancora una volta deciso di forzare e guidarne la caduta, sperando di trovare in essa le ragioni, paradossali ed impossibili, di una loro ascesa (o, almeno, di una loro tenuta).

Per provare ad ottenere questi risultati stanno, con una mossa sola (cioè, proprio questa guerra):

  • riportando a vincoli più stretti -economici, energetici e militari- il continente europeo, dopo aver già ripreso in mano la Gran Bretagna con la Brexit; il gas americano va a creare nuove dipendenze, insieme alla Nato ed ai suoi costi crescenti. La transizione ecologica e l’autonomia politica ed economica dell’Europa possono ora attendere sine die.
  • accerchiando e dissanguando la Russia con guerre di logoramento e corse agli armamenti senza fine, come già avvenuto nella prima guerra fredda; le parole di Biden in Polonia non erano quelle di uno squilibrato, ma esprimevano quel che gli Usa vogliono fare ma che non si può dire (da qui, e non dalla sostanza, lo scandalo (ipocrita) e le rettifiche (vane);
  • rendendo più difficile l’espansione della Cina, che ha bisogno di un mondo pacificato per poter proseguire a colonizzarlo attraverso i commerci ed il denaro; il vero avversario degli Stati Uniti, infatti, sono e restano i cinesi.

Ma questa guerra, alla fine, li favorirà: ora restano a guardare fuori dal gioco della guerra e così si ergeranno ancor più a padroni dei traffici e mediatori dei conflitti per il mondo (quello che non guarda ad occidente, per ora, ma -in tempi non brevissimi- per tutti o quasi).

E, mentre tutto questo accade, ci si continua a rifugiare -anche in ambiti che si dichiarano d’opposizione o alternativi- in trite e ritrite ipotesi dormitive, quelle che servono cioè -secondo Bateson- per far finta di essere svegli e presenti, ma che in fondo ci servono solo per proseguire (o riuscire ancora) a dormire…

Ora capisco. Ecco forse cosa significa per noi questo ZZZZZZ….:

Ammazzatevi pure tra voi, ma -per favore- lasciateci in pace…!

Siamo noi che emettiamo quel suono, mentre -molto pacificamente- cerchiamo -nonostante tutto- di proseguire a ronfare tranquilli.

da qui

 

 

 

 

Da Sarajevo a Mariupol: la guerra e la morte della polis – Fabio Armao

…Il dramma quotidiano delle vittime civili dei bombardamenti solleva i politici anche degli altri paesi dall’onere di dover parlare di ingiustizie sociali e cambiamento climatico, l’industria dall’incombenza di dover pensare alla transizione verde (aprendo, invece, ai profittatori di guerra insperate opportunità di speculare sull’aumento dei prezzi delle risorse energetiche e dei beni di prima necessità), l’intera opinione pubblica dal dover ancora preoccuparsi dei rischi della pandemia e del contagio. Le macerie ridonano nuova vitalità ai cantori del realismo, nostalgici dell’ordine bipolare del secolo scorso, che possono tornare a rivendicare la centralità della guerra – addirittura considerata la più grande opportunità strategica per l’Europa, perché consente di aumentare gli investimenti per la difesa: “La svolta in Germania è un passo incoraggiante. Se l’Europa diventasse global player, sarebbe il più grande cambiamento geopolitico emerso dalla crisi ucraina” (Fareed Zakaria, “Corriere della Sera”, 19 marzo 2022). Come se non bastasse, restituisce prestigio e un posto in prima fila a leader europei che negli ultimi anni hanno fatto scempio dei diritti civili all’interno delle proprie stesse “democrazie illiberali”. E, intanto, le crisi inarrestabili delle troppe periferie del sistema internazionale e i conflitti dilanianti che vi si combattono vengono di nuovo relegati nell’ombra.

Ma non dobbiamo preoccuparci: il futuro della politica è dinanzi a noi. Ce l’ha mostrato lo stesso Putin, in parka blu e dolcevita bianco, in uno stadio colmo di comparse festanti, buttando in farsa la tragedia novecentesca delle manifestazioni oceaniche cui ci aveva abituato il vecchio totalitarismo.

da qui

 

 

Pensieri e domande dentro e oltre la guerra – Rocco Artifoni

Mi domando se noi italiani abbiamo mai chiesto scusa ai russi per l’invasione dell’Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale. Ho letto che Ugo Balzari, un alpino inviato a combattere sul Don, l’ha fatto. Ma l’Italia?

La Russia oggi sta invadendo l’Ucraina: un crimine di guerra. Giustamente da condannare e contro il quale è doveroso mobilitarsi. Ma perché non è accaduto quasi nulla quando al posto dell’Ucraina si trattava della Georgia, della Libia, della Siria, dell’Afghanistan, ecc.?

Giustamente facciamo le manifestazioni per la pace e i presidi contro la guerra, ma contemporaneamente diamo i soldi alle banche che finanziano i produttori di armi utilizzate nelle guerre, eleggiamo i parlamentari che votano per l’aumento delle spese militari, ecc. La mancanza di coerenza porta a scarsa efficacia e a pochi risultati utili.

Siamo davvero convinti che inviare armi all’Ucraina porterà alla pace? D’altra parte possiamo restare a guardare mentre un popolo viene massacrato e noi ci limitiamo ad accogliere alcuni profughi? E perché i profughi ucraini vengono accolti mentre quelli siriani o etiopi sono stati respinti?

Forse il metodo più efficace per fermare una guerra è il congelamento dell’economia dell’invasore. Bisognerebbe bloccare ogni scambio commerciale con la Russia. Quindi noi dovremmo chiudere i rubinetti del gas in arrivo dalla Russia, anziché temere che la Russia li chiuda. Non bisogna continuare a collaborare con l’invasore, finanziando la sua guerra. Tutto ciò comporta per noi dei sacrifici e delle perdite economiche? Va bene: questo è il vero prezzo da pagare per contenere la guerra.

Ho visto cittadini ucraini affrontare i carri armati a mani nude. La resistenza nonviolenta sarebbe probabilmente l’arma più efficace. Ma nessuno viene formato per questo. Quando in Italia negli anni ’80 le Edizioni Gruppo Abele pubblicarono alcuni libri fondamentali sulla Difesa Popolare Nonviolenta e sulla Politica dell’Azione Nonviolenta, furono vendute soltanto poche centinaia di copie. Quanti anche tra pacifisti li avranno letti? Non possiamo stupirci se per la scelta della nonviolenza non siamo preparati: ci vuole molto più studio, addestramento, convinzione, ecc.

Alex Langer aveva proposto l’istituzione di un Corpo Civile di Pace a livello europeo per poter intervenire prima, durante e dopo i conflitti. Il Parlamento Europeo ha approvato una Raccomandazione nel 1999, ma poi poco si è fatto in concreto. Dopo venti anni siamo ancora in una fase di sperimentazione con qualche migliaia di giovani.

Dov’è l’ONU? A che serve l’ONU se non nei casi di conflitti, soprusi, invasioni, guerre? Dove sono i caschi blu? Dove sono le forze di polizia internazionale? Dove sono i contingenti di intermediazione sul campo? A cosa servono le risoluzioni di condanna se poi ci sono cinque nazioni che possono porre il veto? D’altra parte la democrazia nel mondo resta un regime di alcune minoranze e di conseguenza anche l’ONU non può essere un organismo democratico.

Ma perché prevale ancora il concetto della difesa del (proprio?) territorio? Quante guerre sono dovute alla contesa relativa ai confini delle nazioni? Quando riusciremo a relativizzare le linee (artificiali!) di divisione della Terra? Il russo Jurij Gagarin nel 1961 dallo spazio pare abbia detto: «Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini». Da quaggiù finora l’abbiamo scordato.

da qui

 

 

Il punto sul primo mese di operazione in Ucraina del Ministero della Difesa russo – Daniele Lanza

 

MINISTERO DELLA DIFESA RUSSO : punto della situazione al 1° mese di operazioni in Ucraina 

[ *Versione ufficiale ministeriale per la diffusione, ma in molte parti sembra assai verosimile : ognuno giudichi da sè poi]

 

 

” – L’operazione militare procede rigorosamente secondo i piani, la priorità incondizionata è l’esclusione di vittime inutili tra la popolazione civile

 

– gli obiettivi principali della prima fase dell’operazione russa in Ucraina sono stati completati, il potenziale di combattimento delle truppe ucraine è stato notevolmente ridotto

 

– Le forze armate russe hanno messo fuori combattimento 30 impianti chiave dell’industria della difesa ucraina, utilizzando armi ad alta precisione, distruggendo il 70% di armi e attrezzature

 

– L’aviazione ucraina e il sistema di difesa aerea sono stati quasi completamente distrutti, la marina del paese ha cessato di esistere

 

– Le forze armate della Federazione Russa hanno reso inutilizzabili i 16 principali aeroporti militari da cui l’aviazione ucraina effettuava sortite di combattimento

 

– Dei 2.416 carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento che erano in servizio con l’esercito ucraino al 24 febbraio, 1.587 sono stati distrutti. Dei 152 aerei militari, 112 sono fuori combattimento. Dei 149 elicotteri ne rimangono 75, dei 36 droni Bayraktar TB2, 35 sono stati distrutti.

 

– Tutte le armi e le attrezzature militari ucraine catturate vengono trasferite alle forze armate delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk: 113 carri armati e 138 sistemi anticarro Javelin sono già stati trasferiti

 

– il Paese era diventato un rifugio per 6.595 mercenari e terroristi stranieri provenienti da 62 stati. Il numero di mercenari stranieri in Ucraina è ora in calo, non ci risulta ne sia arrivato arrivato neanche uno questa settimana.

 

– Al 25 marzo 2022, 1.351 militari russi sono stati uccisi, 3.825 sono rimasti feriti

 

– In questo mese le perdite delle truppe ucraine sono state di circa trentamila persone

 

– Il vero obiettivo delle forniture di armi dall’Occidente a Kiev è trascinarla in un lungo conflitto “fino all’ultimo ucraino”

 

– l’esercito russo risponderà immediatamente in modo appropriato ai tentativi di chiudere lo spazio aereo sopra l’Ucraina

 

————-

 

Fine report.

 

Aggiungiamo alcune note : rammentiamo che le forze armate ucraine non erano così inefficienti, dopo 8 anni di supporto governativo al settore della difesa con ingenti aiuti Nato ovvero il tempo sufficiente a costruire una forza militare moderna, numerosa e bene equipaggiata, nonchè ideologizzata in senso nazionalista per accentuarne la volontà di combattere. Le forze russe si confrontano con un esercito europeo di medio livello in pratica e con la condizionale di non poter esprimere il massimo volume di fuoco disponibile (…).

 

Premesso questo, risulta come in 1 MESE di ostilità le perdite russe tra morti e feriti siano attorno 7’000 effettivi (un po più di quanto ammesso dal ministero qui, ma la metà di quanto si afferma in occidente), contro circa 30’000 uomini tra le forze ucraine : un rapporto di 1 a 4.

 

In merito all’aviazione ucraina, aerei ed elicotteri da combattimento hanno perso tra il 70-75% della propria forza, oltre che i principali aeroporti a disposizione, e praticamente tutti i droni.

 

Per le divisioni corazzate, quasi i 2/3 dei carri armati ucraini sono andati distrutti, assieme ad un’analoga proporzione di armamenti (tutto questo difficilmente sostituibile senza aiuto esterno visto che anche gran parte dell’industria produttiva chiave è stata colpita pesantemente).

 

La marina militare, come detto, non esiste più.

 

L’estrema sintesi riguardo gli obiettivi Nato per l’Ucraina (farla combattere all’ultimo uomo) è drammaticamente realistica e mostra un’altra faccia della verità per chi voglia coglierla : a Washington e Bruxelles sta benissimo che il territorio ucraino venga raso al suolo per poter far passare il Cremlino per criminale di guerra. Degli ucraini….non gli importa nulla : sono un mezzo per portare alla distruzione l’avversario (Mosca) che è il vero obiettivo. Cancellare la parola umanitario dal dizionario occidentale.

da qui

 

 

 

scrive Maurizio Vezzosi il 19-3

 

Pesantissima la situazione a Mariupol, dove prosegue l’evacuazione dei civili, già fuggiti a migliaia: in macchina, in bus, in bicicletta, a piedi. Impossibile dare conto di quanti siano scappati e di quanti siano rimasti.
Altrettanto impossibile dare conto, del numero dei civili e dei militari morti nella battaglia per la conquista della città. Molti i morti a cui non è stata ancora data sepoltura.
Mariupol è completamente circondata ed alcuni settori della città sono già sotto controllo russo.
Non c’è acqua, né telefono, né corrente elettrica.
Moltissimi i complessi residenziali distrutti: sparando missili anticarro dai piani alti di questi edifici la compagine ucraina ha tentato di rendere il più complicato possibile l’accesso alla città da parte delle forze russe. Intensi i combattimenti nella zona dell’acciaieria, ancora controllata dal battaglione Azov.

Migliaia di persone vivono da settimane negli scantinati: a centinaia si aggirano per le strade per trovare da mangiare. I negozi ed i magazzini sono stati presi d’assalto. Enormi le difficoltà, nonostante le ingenti consegne di viveri da parte delle forze russe.

A migliaia di civili è stato a lungo impedito di allontanarsi da Mariupol da parte del battaglione Azov: ho avuto personalmente conferma di questo da parte di numerosi civili in fuga verso Donetsk. Non posso escludere che ad una parte dei civili rimasti in città venga ancora negata dalla medesima compagine la possibilità di allontanarsi. Molte le testimonianze che riferiscono di civili feriti ed uccisi dal battaglione Azov tentando la fuga prima che la periferia nord della città venisse conquistata dalle forze russe. Inaccessibile, almeno per oggi, la zona del teatro.

Tutti i civili che si allontano dalla città vengono identificati dalle forze russe.
A tutti gli uomini viene chiesto di mostrare petto, schiena, gambe e braccia per appurare la presenza di eventuali tatuaggi che possano ricondurre la loro identità a membri del battaglione Azov.

La conquista della città da parte delle forze russe appare una questione di giorni.

da qui

 

 

 

Nazisti brava gente” e lo schifo che verrà – Andrea Zhok

 

Insomma state mandando paccate di armi alla feccia dell’umanità – che si compiace di mandare in giro video delle proprie torture, e che bombarda sistematicamente aree esclusivamente civili – mentre i Gramellini di turno ci spiegano che i nazisti in fondo sono brava gente e mentre facciamo campagne di odio etnico contro i russi in quanto russi, lavorando alacremente al progetto di distruggere le condizioni di vita europee e ucraine, il tutto nella speranza che scoppi una guerra mondiale che ci annichili in modo terminale.

Fossimo governati direttamente da Sauron andrebbe assai meglio.

Comunque questo schifo, per piacere, almeno non dite di farlo a nome del popolo che vi ha eletti, dite quello che volete, ma non questo.

Lo fate a nome vostro, perché ricattati, o perché venduti, o perché vigliacchi, o semplicemente perché umanamente inqualificabili, ma non a nome mio, grazie.

da qui

 

“Non c’è nessun dopoguerra ” (Prologo di 54, 2004 Einaudi) Non c’è nessun dopoguerra Gli stolti chiamavano “pace” il semplice allontanarsi del fronte Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato del denaro Oltre la prima duna gli scontri proseguivano Zanne di animali chimerici affondate nelle carni il Cielo pieno d’acciaio e fumi intere culture estirpate dalla Terra Non c’è nessun dopoguerra Non c’è nessun dopoguerra Gli stolti combattevano i nemici di oggi foraggiando quelli di domani Gli stolti gonfiavano il petto parlavano di “libertà”, “democrazia”, “qui da noi”, mangiando i frutti di razzie e saccheggi Difendevano la civiltà da ombre cinesi di dinosauri Difendevano il pianeta da simulacri di asteroidi Difendevano l’ombra cinese di una civiltà Difendevano un simulacro di pianeta Non c’è nessun dopoguerra Non c’è nessun dopoguerra

 

 

Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l’occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia – Thomas Fazi

 

Allora, mettiamo le cose in chiaro: in politica, e soprattutto nelle relazioni internazionali, esistono rapporti di causa-effetto nella maggior parte dei casi facilmente prevedibili, visto che le logiche in base alle quali operano gli Stati nazionali (e soprattutto le grandi potenze regionali) sono più o meno le stesse da qualche secolo a questa parte.

 

Ergo, se per anni (anzi, decenni) alcune delle menti più brillanti delle classi dirigenti euroatlantiche – nessuna delle quali può essere neanche lontanamente tacciata di filoputinismo – non fanno che ripetere «se l’Occidente fa A, guardate che la Russia farà B» – laddove A sta per “espansione della NATO ad Est” e in particolare “arruolamento dell’Ucraina, paese di fondamentale importanza geostrategica per la Russia, nella sfera d’influenza occidentale”, e B sta per “sbroccare”, e non perché sia giusto o sbagliato ma semplicemente perché è così che va il mondo – e l’Occidente continua bellamente a fare A, ha poco da sorprendersi che oggi, dopo vent’anni di provocazioni, la Russia reagisca facendo B, come era chiarissimo sarebbe accaduto a chiunque viva nel mondo reale e non nel film hollywoodiano di serie B raccontato dai media occidentali. Anzi, era la cosa era tanto chiara che sorge spontaneo il sospetto che provocare la reazione B fosse esattamente ciò che voleva l’Occidente.

Quali sono alcune delle menti brillanti in questione? Personaggetti da due soldi come:

 

– George Kennan – il leggendario diplomatico statunitense che era presente al momento della nascita della NATO e che ispirò la dottrina Truman e la strategia di “contenimento” dell’Unione Sovietica durante la guerra fredda (non proprio uno di primo pelo, insomma, e di certo non un russofilo), che nel 1998, in seguito all’approvazione da parte del Senato americano dell’ingresso dei primi tre nuovi membri nella NATO – Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca -, dichiarò al “New York Times”:

 

«Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. Questa espansione farebbe rivoltare nelle loro tombe i Padri Fondatori di questo paese. […] Quello che mi infastidisce è quanto sia stato superficiale e mal informato l’intero dibattito al Senato. Sono stato particolarmente infastidito dai riferimenti alla Russia come un paese che muore dalla voglia di attaccare l’Europa occidentale. Ma non capite che le nostre differenze durante la guerra fredda erano con il regime comunista sovietico, con “la Russia”? E ora stiamo voltando le spalle alle stesse persone che hanno organizzato la più grande rivoluzione incruenta della storia per rimuovere quel regime? Senza considerare che la democrazia russa è avanzata quanto se non più di quella dei paesi che abbiamo appena fatto entrare nella NATO. Si tratta di una decisione che mostra una mancanza totale di comprensione della storia russa e della storia sovietica. Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia, e a quel punto [gli espansionisti della NATO] diranno “Vedete, ve l’abbiamo sempre detto che i russi sono cattivi” – ma questo è semplicemente sbagliato».

 

– Henry Kissinger (che non richiede presentazioni; se non sapete chi è allora forse dovreste tornare a guardare “L’isola dei famosi” invece di parlare del conflitto ucraino), che nel 2014, in seguito al colpo di Stato antirusso orchestrato dai servizi americani in Ucraina, dichiaro al “Washington Post”:

 

«Nell’attuale congiuntura, sono comunque gli ucraini a restare l’elemento decisivo. Essi appartengono a una terra dalla storia complessa, teatro di barriere di conflitti dovuti all’esistenza di barriere linguistiche e religiose. Qualsiasi tentativo dell’Ucraina cattolica e di lingua ucraina di dominare l’altra Ucraina ortodossa e russofona condurrà necessariamente alla guerra civile e alla fine dell’unità nazionale. Considerare l’Ucraina come parte del confronto Est-Ovest, spingerla a far parte della NATO, equivarrebbe ad affossare per decenni ogni prospettiva di integrare la Russia e l’Occidente – e in particolare la Russia e l’Europa – in un sistema di cooperazione internazionale. Una saggia politica statunitense verso l’Ucraina avrebbe dovuto cercare il modo di favorire l’intesa tra le due parti del Paese. L’America avrebbe dovuto favorire la riconciliazione e non, come ha fatto, il dominio e la sopraffazione di una fazione sull’altra».

 

– Sergio Romano, ambasciatore italiano presso la NATO e poi a Mosca tra il 1985 e il 1989:

 

«In Occidente si è tatto finta di non sapere quali fossero gli obiettivi di Putin, che erano anche, in un’ottica russa, abbastanza comprensibili. […] lo credo che se avessimo in qualche modo aiutare Putin [a restituire autorevolezza alla Russia], per esempio senza insistere per l’allargamento della NATO fino ai confini della Russia e lasciare che l’Ucraina chiedesse di far parte della NATO, mettendola, per così dire, in una lunga sala d’aspetto piuttosto che lasciarla sperare, beh tutto sarebbe stato probabilmente diverso e meno imbrogliato. Le ripeto oggi quanto ho avuto modo di affermare in tempi non sospetti: che la collocazione che intravedevo come desiderabile per l’Ucraina era quella della neutralità, il paese doveva diventare neutrale. È stato completamente irragionevole prospettare la possibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Perché la NATO è un’organizzazione politico-militare congegnata per fare la guerra. Farla quando in gioco sono gli interessi del dominus dell’Alleanza atlantica: gli Stati Uniti. Ora, se Washington punta all’ingresso dell’Ucraina nella NATO vuol dire che la guerra può essere portata alle frontiere della Russia. Questa è comunque la la percezione di Mosca di cui noi si può non tener conto. Ritengono che si tratti di una preoccupazione in qualche modo fondata e non l'”ossessione” di Putin».

 

– Romano Prodi (che vabbè non è una mente brillante ma un po’ di esperienza ce l’ha), che nel 2015 affermò:

 

«Isolare la Russia è un danno. Il problema è avere chiara l’idea di dove devi arrivare. Se vuoi che l’Ucraina non sia membro della NATO e dell’UE, ma sia un paese amico dell’Europa e un ponte con la Russia, devi avere una politica coerente con questo obiettivo. Se l’obiettivo è portare l’Ucraina nella NATO, allora crei tensioni irreversibili».

 

Di esempi così potremmo farne all’infinito ma insomma il senso dovrebbe esservi chiaro, mi auguro: chi semina vento raccoglie tempesta. Se quello che sta accadendo vi preoccupa, avete solo da prendervela con i vostri leader. Anzi, con voi stessi, che in questi anni vi siete bevuti così tante stronzate che oggi siete talmente ubriachi di propaganda da invocare la terza guerra mondiale.

da qui

 

 

 

Rubli, gas e la pochezza intellettuale dei Bocconi Boys – Giuseppe Masala

 

Mai come in questa fase storica drammatica è emersa la pochezza intellettuale della nostra intelligencija sia in materia di discipline internazionali, che di scienza militari che di economia. Pochezza intellettuale che si caratterizza in un metodo scientifico imbarazzante che può essere riassunto in un semplice pregiudizio: “tutto quello che fa l’occidente e gli Stati Uniti è razionale e scientificamente corretto e tutto ciò che fanno gli altri è comunque sbagliato” e, infine – aggiungo io – se sbagliato non è lo si impone comunque a forza, a suon di bombe e di esportazione della democrazia. Questo metodo può anche essere vero, o meglio, può anche essere stato vero in passato: basti pensare a Gheddafi che voleva costituire una moneta panafricana agganciata all’oro e scalzare così il Franco CFA gestito dal Ministero del Tesoro francese e che gli si è fatto cambiare idea semplicemente radendo al suolo la Libia, scalzandolo dal potere e infine assassinandolo.

Ecco, questa modalità operativa dell’Occidente che ha funzionato nell’epoca “unipolare” nella quale gli USA erano i gendarmi del mondo e imponevano la propria visione con le buone o con le cattive ha abbagliato la nostra intelligencija che non si accorge dei cambiamenti in corso…

continua qui

 

 

 

Ma il comico era Draghi o Zelensky? – Paolo Desogus

 

Non avevo aspettative verso Draghi. Il colpo di mano che ha consentito la sua ascesa politica in Italia dava una chiara segnale sul suo programma politico e sulla sua indole da autocrate. Non pensavo però che sarebbe caduto così in basso come in questi giorni. Oggi a Montecitorio non era più chiaro chi fosse il comico tra lui e Zelenski.

 

Dire l’“Italia vuole l’Ucraina nell’Ue” è infatti solo la battuta di un vecchio attore sul viale del tramonto. L’impatto sulla realtà di questa presa di posizione è pari a zero. Solo Parenzo e Severgnini possono crederci. Il giornalismo d’accatto nostrano si nutre infatti di simili idiozie, che del resto fanno il paio con la regressione della discussione politica allo schema amico/nemico .

 

Nessuno si illuda che tutto questo sia a costo zero. Non crediate che non ci saranno conseguenze. Il mondo è molto più grande di chi crede che ci sia solo l’Occidente. E il marchio di paese credulone in mano a una cricca di comici vigliacchi e nani politici resterà attaccato all’immagine dell’Italia chissà per quanto tempo.

da qui

 

 

 

Il neo-liberismo rende invalide le sanzioni contro la Russia – Paolo Maddalena

 

Il dato più importante che emerge dalla stampa odierna è il rafforzamento del Rublo, il quale dopo essere sceso del 42% nelle prime settimane del conflitto è poi risalito quasi ai livelli precedenti l’inizio della guerra.

Il che dimostra che le sanzioni economiche adottate come misura contro l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, non hanno avuto gli effetti sperati.

Ciò perché i pagamenti degli approvvigionamenti energetici, chiesti individualmente dai singoli Stati europei, che pagano somme molto ingenti, sono convertiti in rubli e provocano il rialzo delle sue quotazioni.

A ben vedere questo è il risultato dell’improvvida scelta dell’occidente di mettere sul mercato tutti i beni del Popolo, facendo in modo che il mercato dettasse, non solo la determinazione dei prezzi delle merci, ma anche i tassi di cambio delle monete.

Fatto che già Roosvelt paventò in un suo discorso al congresso nel 1938, sottolineando che una democrazia non è salda se consente a uno dei suoi componenti di essere più ricco dello stesso Stato democratico.

Ora, come più volte ho avvertito, il mercato generale, costituito prevalentemente da speculatori, ha una ricchezza 20 volte maggiore del Pil di tutti gli Stati del mondo.

Di conseguenza è diventato l’arbitro assoluto nella determinazione del valore delle monete che agiscono sul mercato.

Gli Stati occidentali, l’Europa e in particolare l’Italia, con il suo capo Mario Draghi, hanno ritenuto di dissipare i capitali appartenenti ai popoli, e cioè i demani costituzionali, in una miriade infinita di privatizzazioni, donando ai singoli quello che era di tutti, sicché gli Stati e in particolare il nostro non possono esercitare nessuna influenza contro le speculazioni di mercato e noi siamo sudditi degli arbitri individualistici di quest’ultimo.

Mario Draghi dovrebbe fare il mea culpa, perché in Italia fu il primo a richiedere, sul panfilo Britannia ancorato a Civitavecchia, il 2 giugno del 1992, un forte aiuto politico per privatizzare l’economia italiana.

Ora la privatizzazione è stata compiuta. E i danni sono immensi, fino al punto di impedire il valore delle sanzioni economiche contro chi ha promosso una ignominiosa, lacerante e sanguinosissima guerra in Ucraina.

L’effetto peggiore comunque di questo sistema economico fondato su radici puramente egoistiche è il dissiparsi della possibilità di una unione di intenti sia in Italia, sia in Europa, dove di fronte al problema energetico ognuno agisce secondo i propri interessi e non secondo gli interessi dei popoli.

L’ultima tappa di questa dissoluzione economica potrebbe essere quella che anziché aiutare gli ucraini l’Europa finisca per aiutare il dittatore Putin.

Non c’è altra soluzione se non quella di far valere gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

da qui

 

 

 

Come i media lavorano a farvi “rassegnare” al conflitto – Andrea Zhok

 

C’è qualcosa di quasi rasserenante nel rivedere sempre le stesse dinamiche, per quanto repellenti.

Così per mesi abbiamo ricevuto dall’apparato mediatico come unica verità asseribile una camionata di menzogne, omissioni, e distorsioni lunari sulla strategia pandemica, il tutto accompagnato da censure violente e stigmatizzazioni delle voci dissonanti.

Ora è cambiato il tema, ma le modalità sono rimaste esattamente identiche, con la differenza – non piccola per chi si trova dal lato del dissenso – che in questo caso un numero maggiore di cittadini hanno esperienza pregressa sufficiente a insospettirsi, o addirittura a rilevare distintamente l’inaffidabilità della propaganda mediatica. (Sul tema pandemico il pubblico era “epistemologicamente vergine”, e quindi l’appello a fidarsi degli “esperti bollinati” di regime funzionava praticamente senza resistenza, qui invece una parte significativa del pubblico ha quel tanto di memoria storica per non bersi tutto senza percepire almeno delle dissonanze.)

Ma nonostante questa sorta di quasi-serenità che possiamo avvertire nel reidentificare un medesimo pattern, lo stupore – e il disagio – di fronte alla potenza di costruzione mediatica della realtà rimane grande.

Così, riuscire a far passare appelli in prima pagina all’assassinio politico di leader di potenze straniere per “libertà di stampa di cui siamo orgogliosi alfieri”, mentre vengono sospesi (su richiesta politica) contratti di informazione TV a voci dissenzienti (Orsini) è al tempo stesso meraviglioso e angosciante.

O similmente, sbattere fuori con ignominia ogni cenno alla Russia e alla cultura russa da ogni contesto possibile, letterario, musicale, sportivo, accademico e poi rivendicare di parlare a nome dei valori di tolleranza dell’Occidente, anche questo è bellissimo.

Oppure, dopo aver costruito per mesi e anni la catena di equivalenze riduttive per cui chi rivendicava gli interessi della sovranità nazionale era “sovranista”, se eri “sovranista” eri “nazionalista”, e se eri “nazionalista” allora eri nazifascista, ora parte la riduzione inversa, per cui nazisti col bollino sono nazionalisti, che a loro volta in fondo sono solo buoni patrioti scesi in campo a difesa della sovranità nazionale.

Oppure si spiega che la sovranità nazionale ucraina non ammetteva mitigazione alcuna e che non c’era assolutamente nessun pericolo rappresentato da Nato/USA, e poi si menziona come minuzie trascurabili che l’Ucraina era luogo di ripetute esercitazioni militari Nato, che l’esercito ucraino era già in precedenza addestrato e armato dagli USA, che l’Ucraina ospitava 16 biolaboratori sotto la sovraintendenza diretta degli USA, che il figlio del presidente in carica era (è) nel CdA della maggior azienda energetica ucraina e che il babbo fece licenziare il pubblico ministero (ucraino) che lo stava indagando, che il colpo di stato del 2014 era stato finanziato con soldi di provenienza estera, ecc. ecc. (tutto nel nome dell’autonomia sovrana dell’Ucraina, va da sé.)

Oppure si applaude in Parlamento, nel nome della democrazia, un presidente che ha appena soppresso ed eliminato tutti i partiti di opposizione nel proprio Parlamento…

continua qui

 

 

 

scrive Danilo Tosarelli

In questo periodo la televisione non la si può proprio guardare.

Da quando è iniziata la guerra, TG e trasmissioni di approfondimento sono a senso unico.

Probabilmente non dovrei stupirmi.

Lascio parlare la classifica stilata da RSF (Reporter senza frontiere) sulla libertà di stampa.

Dati 2021, questo organismo indipendente è impietoso nelle sue valutazioni.

Nei primi posti troviamo Norvegia, Finlandia e Svezia.

Non cito chi ci precede, perchè tutto ciò non ci fa onore, ma l’Italia è al 41* posto.

Giova precisare che gli USA sono al 44* posto e la Russia al 150*.

Conosco bene alcune delle motivazioni che adduce la FNSI, ma in questo caso…

C’è in ballo una guerra e credo che qui le minacce di mafia, camorra e novax contino nulla.

Qui entra in campo la politica delle alleanze ed i forti interessi economici ad essa correlati.

Qui comanda la NATO e l’Unione Europea ancora una volta sceglie il ruolo di ancella.

Posso pretendere, di avere sulla guerra informazioni sufficientemente oneste e credibili?

Voglio essere io poi, a decidere quale opinione farmi e da che parte stare.

E invece, mi tocca persino subire la censura di Papa Francesco.

Incredibile e mai visto, che tutte le reti RAI abbiano scelto di oscurare il Papa.

E La7 di Mentana è corsa ai ripari il giorno successivo, dopo che è esploso il caso.

” Mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere

il 2% del PIL per comprare armi: una pazzia.”

Ecco la dichiarazione di Papa Francesco che non andava diffusa tra la gente.

Ma davvero gli italiani meritano di essere trattati come caproni?

E’ accettabile, che gran parte della stampa italiana neghi agli italiani la verità?

In Russia, non lo devo dire io, Putin è un dittatore che non ammette dissensi.

Sono ormai troppi gli oppositori che hanno perso la vita in circostanze sospette.

Putin insiste nel definire operazioni militari speciali, quella che è una vera e propria guerra.

Un paradosso che la stampa russa deve sostenere, per ingannare i tanti russi che non sanno.

L’informazione in Russia non arriva bene a tutti, vista la particolare estensione del territorio.

Questo facilita le mistificazioni di Putin che usa anche la repressione per contenere il dissenso.

Chi può giustificare queste logiche oppressive, mistificanti, colpevoli?

Vengono denunciate ogni giorno nei nostri TG e sui nostri giornali.

Dopodiché, c’è altro che non viene raccontato e che io vorrei sapere?

Si parla dell’Ucraina come di un Paese martire e comprendo le sofferenze di quel popolo.

Nessun popolo può meritarsi una guerra.

Ma come si comporta nel merito il governo ucraino?

L’agenzia di stampa internazionale “Pressenza”, denuncia un clima di caccia alle streghe.

La situazione drammatica del Paese viene usata per ripulirlo dagli oppositori.

Militanti comunisti e dei partiti di sinistra, come anche esponenti della chiesa ortodossa ucraina.

Sembra che ormai il governo ucraino veda spie e sabotatori filo russi ovunque.

Giova precisare che il Partito Comunista in Ucraina è stato bandito nel 2015.

Il 20 marzo il presidente ucraino Zelensky ha bandito tutti i partiti di sinistra e di opposizione.

Inoltre ha unificato in un unico canale le emittenti radio e tv di Stato.

Quale il motivo ufficiale di questa proibizione?

“Contatti con la Federazione Russa”.

Qualcuno di voi ha sentito parlare di tutto ciò?

Vi ricordate di quella giornalista russa che ha esposto in diretta tv un cartello contro la guerra?

Non so che fine abbia fatto, perché ho già detto come Putin reprime chi dissente da lui.

Ma pensate che il presidente Zelensky avrebbe deciso diversamente?

Voglio solo ricordare che fine ha fatto Denis Kireyev, uno dei primi negoziatori ucraini.

Ucciso dai servizi segreti ucraini (Sbu), perché considerato un traditore. Una spia di Mosca.

Lo dichiararono i media ucraini e nessuno osò dire fosse una fake news.

Ricordo quel giorno con quale imbarazzo Mentana diede questa notizia, che svanì da subito.

Continuo a sostenere che questa guerra vada fermata, prima che sia troppo tardi.

E si può fermare, solo trovando una soluzione che non faccia perdere la faccia a nessuno.

Questo elemento è imprescindibile, ma i fatti ci dicono che non la si vuol comprendere.

Quando Biden dichiara che Putin è un macellaio e non può restare al potere, cosa provoca?

Una reazione comprensibilmente stizzosa e maggiori difficoltà nell’intavolare una trattativa.

Può un presidente degli USA fare dichiarazioni così compromettenti e pericolose?

Simili dichiarazioni allontanano la via della pace ed acutizzano lo scontro.

Gli USA hanno deciso di volerci portare alla terza guerra mondiale?

Con il nemico si deve parlare se si vuole la pace.

Continuo a pensare che solo delle diplomazie oneste e capaci possono evitare l’apocalisse.

Dico oneste, perché a volte mi viene il dubbio che qualcuno faccia solo finta di voler trattare.

Si finge di cercare un’intesa, ma in realtà si lavora per preparare un conflitto più allargato.

Le industrie belliche spingono, ma tale ottusità non deve trovare spazio nei vari governi.

Purtroppo, anche i partiti che sostengono il governo Draghi stanno perdendo la bussola.

La scelta di inviare armi in Ucraina è scellerata e ci allontana dalla possibilità di una tregua.

Si ambisce ad un accordo di pace, ma si seminano i frutti della guerra.

Tutto ciò mi appare drammatico e francamente suicida.

A volte vien da chiedersi, quali speranze ci siano rimaste di vedere un mondo migliore.

Non per accontentarsi, ma innanzitutto un mondo senza guerre.

La logica del profitto ad ogni costo è cinica e non ammette deroghe.

Sta a noi fermare questo scempio, urlando ancora e sempre NO ALLA GUERRA.

 

 

Dalla pandemia alla guerra: la crisi raccontata dal professor Fabio Vighi (Cardiff University)

Dalla “guerra al Virus” alla “guerra di Putin”. Dal rischio di vivere in uno stato d’emergenza permanente alla “demolizione controllata” dell’economia reale, attraverso strumenti di controllo biopolitico, quali il Green Pass. Partendo dal periodo pre-pandemico il professor Fabio Vighi ripercorre la crisi strutturale in cui siamo piombati e dalla quale sembra quasi impossibile uscire. Codirettore, unitamente ad Heiko Feldner, dell’Ideology Critique and Žižek Studies (centro che promuove la ricerca nell’ambito della teoria critica e politica), Fabio Vighi è professore di cinema e teoria critica alla Cardiff University. Vive e lavora nella capitale del Galles dal 2000, dove studia l’ideologia del “capitalismo di emergenza”. Ha pubblicato numerosi volumi in lingua inglese, tra cui Critical Theory and the Crisis of Contemporary Capitalism (2015) e Unworkable: Delusions of an Imploding Civilization (2022). Gli scenari prospettati dal docente non sono rassicuranti. Sui problemi dell’Italia e degli Italiani il professore si rifà a un’affermazione lucida e impietosa di Pier Paolo Pasolini: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.

Professore, con la guerra tra Russia e Ucraina sembra sia iniziato il secondo tempo dello stesso, macabro film. La sceneggiatura è simile a quella utilizzata per la pandemia, di cui ormai non parla più nessuno: fino a poco tempo fa i nemici erano i no-vax, ora sono i Russi e, in particolare, Putin. Dove si può collocare la verità?

“Credo che la verità si debba collocare a livello sistemico. Il capitalismo globalizzato a trazione finanziaria, per come ci si presenta dalla crisi del 2008, ha un disperato bisogno di continue emergenze per giustificare manovre monetarie espansive sempre più grottesche, che dividono il mondo tra una sparuta élite di ultra ricchi (il cosiddetto 0,01%) e masse sempre più impoverite e disorientate”.

Più precisamente…

“La necessità di creare emergenzialismo a getto continuo ha due motivazioni principali: 1) giustificare la creazione di montagne di debito a basso costo da parte delle banche centrali (Federal Reserve in primis) – debito che viene perlopiù investito in altro debito nei mercati finanziari; 2) permettere di scaricare la responsabilità della crisi economica reale sulla figura del Mostro, come si sta facendo ora, per esempio, con l’inflazione attribuita a Putin. Attraverso la produzione seriale di emergenze si cerca dunque di nascondere una crisi strutturale di valorizzazione. Ciò significa che il sistema capitalistico ha raggiunto il suo limite espansivo e non è più in grado di generare sufficiente ricchezza per la riproduzione sociale. Questa impotenza lo rende totalmente dipendente dall’ideologia dell’emergenzialismo. Da qui la transizione fluida da Virus a Putin, che assolvono praticamente lo stesso ruolo di “garanti” di un sistema ormai senescente trainato da denaro creato artificialmente con il click del mouse di un computer. Il gigantismo del capitalismo finanziario è la tragica conseguenza del sopravvenuto nanismo dell’economia capitalistica reale – una situazione ormai irreversibile”…

continua qui

 

 

 

Biden conferma che gli Usa avevano bisogno di questa guerra – Joe Lauria

In un momento di sincerità, Joe Biden ha spiegato perché gli Usa volevano l’invasione della Russia in Ucraina e perché bisogna che continui.

Gli Usa sono riusciti a ottenere la guerra in Ucraina, senza la quale sarebbe stato impossibile provare a distruggere l’economia della Russia, orchestrare una condanna mondiale e portare a una rivolta in Russia per buttare giù il governo

Joe Biden adesso ha confermato che è così, che il suo obiettivo finale è rovesciare Putin…

continua qui

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *