«Hellnoir», sia lode a Pasquale Ruju

Un nuovo fumetto (mini-serie con 4 episodi) della Bonelli

Plin-plon, consigli per gli acquisti, numero xjz (non tengo il conto). Accurrite in edicola e con 3,50 eurini vi portate a casa il primo numero della mini-serie «Hellnoir», inventata da Pasquale Ruju: questo «Una città per cui morire» (le classiche 98 pagine) è disegnato da Giovanni Freghieri e così, se ho ben capito, i tre successivi; le copertine invece sono di Davide Furnò.

Attenziò battagliò: se leggendo una storia non volete sapere in anticipo nulla della trama (vi capisco, anche io sono così) fermatevi perché qui sotto l’immagine qualcosina – se pur poco – svelerò; se invece non avete di questi problemi andate avanti. Se però posso permettermi… fermatevi qui e magari tonate in “bottega” dopo aver letto «Hellnoir», così mi dite il vostro parere.

HellNoir

Chiarito che io non sono «quell’altro» Daniele Barbieri (*) con il quale ogni tanto vengo confuso – lui è una vera autorità nei fumetti, io no – dirò che a mio gusto sceneggiatura e disegni sono di grande qualità (cosa che non sempre accade in “casa Bonelli”). Ma per ora è soprattutto l’idea di fondo che mi ha “stregato” con una bella coppia padre-figlia.

In alcune parti dell’America Latina raramente si dice «il tizio è morto», di solito si usa l’espressione «è andato nel quartiere accanto». L’idea che morendo non finiamo in paradisi o inferni ma in luoghi molto simili a quello dove siamo vissuti è diffusa e così il corollario che qualche porta fra i “quartieri” ogni tanto si apra; che io sappia però non era mai stato utilizzata così bene come fa qui Ruju.

Infatti il protagonista di «Hellnoir», Melvin Soul, viene ucciso quasi subito… non sparisce però e noi lo incontriamo in una città “parallela”, un Inferno con regole assai differenti da quelle previste nelle religioni più in voga. Chi è appassionato di cinema ricorderà il mille volte copiato «Viale del tramonto» di Billy Wilder dove a sgrovigliare la vicenda è Joe Gillis, il cui cadavere galleggia nella piscina di una lussuosa villa sul Sunset Boulevard, a Los Angeles. Ruju invece… no basta: mica faccio la “spia” ed è giusto che il resto lo scopriate voi. E occhio alla palla.

(*) La vicenda è stata illustrata qui Omonimie: Daniele Barbieri (x e y) e c’è chi ancora ride.

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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