Honduras: l’alleanza stato-transnazionali viola i diritti umani
di David Lifodi
La missione internazionale “Justicia para Berta Cáceres”, composta da attivisti sociali, ambientalisti ed esponenti di organizzazioni popolari e di partiti di sinistra latinoamericani ed europei che si sono recati di recente in Honduras, hanno tracciato un quadro preoccupante della situazione dello stato centroamericano. Tuttavia, la missione non si è limitata a denunciare, ma ha formulato delle richieste precise, tra cui la sospensione del finanziamento necessario per condurre in porto il progetto idroelettrico di Agua Zarca e l’invito agli Stati Uniti affinché cessi il sostegno finanziario a Tegucigalpa per quanto riguarda il Plan Para la Prosperidad. E ancor più direttamente, gli attivisti che hanno partecipato alla missione, si sono rivolti direttamente alla Casa Bianca per chiedere a Washington di adottare immediatamente delle sanzioni nei confronti del governo di Juan Orlando Hernández.
Del resto, gli Stati Uniti sono i primi responsabili della situazione venutasi a creare: Hilary Clinton fu infatti tra i principali artefici del colpo di stato che, a fine giugno 2009, destituì il presidente Manuel Zelaya, regolarmente eletto. E fu sempre da Washington che giunse aiuto tecnico e finanziario (leggi armamenti) all’esercito honduregno per reprimere le proteste seguite al colpo di stato. Gli incontri che la missione internazionale ha avuto con la società civile honduregna, dal Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas (Copinh, l’organizzazione di Berta Cáceres) alla Coalición Contra la Impunidad, ha inoltre evidenziato la necessità di tutelare Gustavo Castro Soto, l’esponente di Otros Mundos Chiapas rimasto ferito nell’attentato mortale contro Bertita ed unico testimone di quanto accaduto. Attualmente Castro Soto è ancora rifugiato presso l’Ambasciata messicana poiché la democratura di Juan Orlando Hernández gli vieta il permesso di tornare nel suo paese. I partecipanti alla missione, tra cui deputati dello spagnolo Podemos, Nora Cortiña (una delle fondatrici delle Madres de la Plaza de Mayo), esponenti del Grito de las y de los excluidos, Beverly Keene (coordinatrice argentina di Diálogo 2000 Jubileo Sur) e militanti della Campaña Global para desmantelar el poder de las transnacionales, hanno convenuto sul fatto che l’Honduras è uno dei paesi più pericolosi al mondo per quanto riguarda i difensori dei diritti umani e, in particolare, per coloro che si occupano di tutelare l’ambiente. La missione ha potuto constatare con i propri occhi una serie impressionante di violazioni compiute ai danni dei popoli indigeni lenca e garífunas a causa dello sviluppo di progetti idroelettrici, agroindustriali e minerari, la totale assenza di indipendenza da parte della magistratura e il mancato rispetto delle libertà fondamentali stabilite dalla Convenzione americana sui diritti umani, denominata Pacto de San José. L’approvazione, nell’aprile 2015, della Ley de Protección para las Defensoras y Defensores de Derechos Humanos, Periodistas, Comunicadores Sociales y Operadores de Justicia, è servita solo come specchietto delle allodole per far vedere che il Congresso nazionale honduregno si era preso a cuore la tutela dei diritti umani, ma in realtà non è stata mai applicata. Gli stessi progetti di estrazione mineraria e di costruzione di nuove dighe sonno avvenuti senza consultare le comunità indigene, con buona pace dell’autonomia comunitaria e dell’autogoverno lenca. In questo contesto, a proposito del progetto di Agua Zarca, il Banco Centroamericano de Integración Económica ha avuto buon gioco nel proseguire con i finanziamenti, al pari del governo che ha imposto una sempre maggiore militarizzazione dell’intera zona. Dal 2010 ad oggi nel paese sono stati registrati più di 100 omicidi compiuti ai danni di difensori dei diritti umani e ambientalisti, denuncia la missione internazionale, che assimila la perdita di Berta Cáceres per il movimento indigeno dell’Honduras a quella di Martin Luther King per il movimento dei diritti civili degli Stati Uniti. Alle stesse conclusioni arriva l’Observatorio Ecuménico Internacional de Derechos Humanos, che accusa il governo honduregno per il suo silenzio a proposito dell’omicidio di Berta Cáceres, mentre i sicari di Desa (Desarrollo Energéticos) e Sinohydro, le imprese impegnate a costruire la diga di Agua Zarca con il finanziamento della Banca Mondiale, continuano ad operare indisturbati. L’omicidio di Berta Cáceres, la cui unica colpa, al pari di tanti altri lottatori sociali honduregni, è stata quella di voler difendere i diritti delle comunità indigene, a partire da quello alla terra, è stato provocato, secondo la missione internazionale, dal rapporto indissolubile tra agrobusiness e stato, come testimoniato dalla Ley de Modernización y Desarrollo del Sector Agrícola, che rende legale il latifondo e protegge gli investimenti privati. Contemporaneamente, lo stesso stato criminalizza le organizzazioni sociali e, in pratica, autorizza il sicariato politico su commissione, sponsorizzato e utilizzato dall’oligarchia honduregna e dalle imprese a loro collegate.
Se non si mette fine all’alleanza tra lo stato e i centri del potere economico rappresentati dalle grandi imprese nazionali ed internazionali, concludono gli esponenti della missione internazionale, non ci sarà mai giustizia sociale in Honduras, né per Berta Cáceres né per le comunità indigene e per tutti i movimenti sociali che con Manuel Zelaya avevano intrapreso la strada del cambio prima del colpo di stato di fine giugno 2009.