Hub Mattei, a Bologna
Di seguito un report cronologico – firmato “Le lavoratrici e i lavoratori dell’accoglienza di Bologna” – chiarisce quanto accaduto nelle ore a cavallo tra venerdì 7 e martedì 11 giugno 2019, a seguito della comunicazione da parte della Prefettura di Bologna della chiusura dell’Hub regionale (Centro Mattei) a Bologna.
In data venerdì 07/06 la Prefettura di Bologna ha inviato comunicazione al Consorzio l’Arcolaio, gestore dell’Hub regionale, dell’imminente chiusura del Centro prevista in data 14/06 per necessità di apportare dei lavori di ristrutturazione all’immobile. Con solo una settimana di preavviso, il prefetto Patrizia Impresa ha dunque annunciato la disposizione del trasferimento coatto a Caltanissetta dei 183 migranti presenti nel Centro, eccezion fatta per donne e nuclei familiari che sarebbero stati accolti in strutture del territorio regionale. La notizia ha colto tutti di sorpresa, in quanto non solo non sono stati esplicitati gli interventi necessari né le tempistiche previste, ma ciò ha improvvisamente polverizzato la gara d’appalto -ancora aperta- volta alla trasformazione del Centro da Hub regionale a centro d’accoglienza straordinaria (CAS) per un massimo di 200 posti, come da capitolato entrato in vigore con il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, la cui assegnazione era prevista per i primi di luglio.
Nonostante la trasformazione dell’HUB (struttura adibita al transito temporaneo dei richiedenti asilo prima di essere ricollocati in Regione) in un CAS di lunga permanenza non fosse auspicabile e per nulla all’altezza del modello di accoglienza bolognese, i nuovi bandi CAS tendono a premiare i grandi centri: prevedendo una quota pro-capite/pro-die che rende possibile mantenere un minimo di servizi, disincentivano di fatto le piccole strutture-appartamento i cui costi difficilmente risultano sostenibili se non al prezzo di tagli sulla qualità del servizio e sui salari dei dipendenti. In conseguenza di questo meccanismo, il bando per i piccoli CAS di accoglienza diffusa indetto sempre dalla Prefettura di Bologna era andato deserto, ad eccezione di 40 posti aggiudicati da una cooperativa veneta.
Alla notizia della chiusura, lavoratori dell’accoglienza, sindacati di base e società civile hanno risposto mobilitandosi a partire da sabato mattina per prendere posizione e denunciare una decisione che da un giorno all’altro avrebbe significato, oltre alla perdita di circa 50 posti di lavoro collegati all’HUB, una brusca interruzione dei percorsi legali, formativi, lavorativi e di salute di molti ospiti che da più di un anno si trovavano sul territorio. Gli operatori sociali dell’accoglienza si sono mobilitati nel tentativo di rendere più umane tali circostanze brutali e per portare all’attenzione dell’opinione pubblica quanto questa dissennata decisione non tenesse in considerazione, non soltanto le situazioni personali dei migranti ma tendesse a mettere in ombra il lavoro svolto fino a quel momento. Ciò sarebbe equivalso a distruggere di fatto quanto faticosamente costruito in questi anni nel territorio bolognese, ossia una rete tra professionisti del terzo settore, operatori sociali qualificati e adeguatamente formati per lavorare con utenza specifica, istituzioni, cittadinanza e realtà associative.
Con lo slogan “No deportazioni e no licenziamenti” i lavoratori dell’accoglienza si sono uniti in risposta a quanto appreso, intervenendo durante il fine settimana in occasione del dibattito di Repubblica delle Idee in Piazza Maggiore, alla presenza di Don Ciotti, Luigi Manconi e Aboubakar Soumahoro e Michela Murgia e domenica 9 giugno in apertura all’intervento di Mimmo Lucano, sindaco di Riace e al Biografilm Festival.
L’ente gestore Consorzio l’Arcolaio, in vista di un annunciato incontro in Prefettura previsto per lunedì 10 giugno, ha stilato una proposta di ristrutturazione compatibile con la permanenza degli ospiti nel Centro. A seguito della disdetta dell’appuntamento da parte della Prefettura, un presidio di lavoratori, sigle sindacali e cittadini sensibili ha ottenuto un incontro tra una propria delegazione e il vice prefetto, che ha confermato la direttiva ministeriale di chiusura del centro e il conseguente trasferimento delle persone, sostenendo inoltre di averlo comunicato al Comune. A seguito di un momento assembleare nella corte di Palazzo d’Accursio, i manifestanti hanno presenziato al Consiglio Comunale del giorno stesso, dove è stato approvato un Ordine del Giorno portato da Coalizione Civica, con la richiesta di un tavolo di contrattazione con la Prefettura, il Comune di Bologna, i sindacati, gli enti gestori e la gestione concordata dei lavori di ristrutturazione del centro. Il pomeriggio stesso la Prefettura decide di anticipare la chiusura del centro al giorno seguente, martedì 11 giugno.
Immediatamente, gli operatori dell’accoglienza mettono in atto un servizio di informativa che ha permesso alle persone di sapere cosa stesse accadendo, avvertendoli del fatto che restando nel centro sarebbero stati portati nel CARA di Caltanissetta. La notte stessa alcuni ospiti abbandonano il centro.
Il mattino dopo, mentre l’esodo prosegue, un presidio composto da lavoratori dell’accoglienza, sindacati e cittadini si è radunato fuori dall’HUB per fornire supporto e indicazioni utili, attivando una rete di solidarietà inedita tra associazioni, centri sociali e realtà bolognesi sia laiche che religiose per la ricerca di soluzioni abitative di emergenza. Gli unici rappresentanti istituzionali presenti -nonostante l’accorato appello dei presidianti all’amministrazione- sono stati i consiglieri comunali Emily Clancy e Francesco Errani e i sindaci di Casalecchio e Sasso Marconi.
l supporto di avvocati, medici, operatori, mediatori e volontari sia dentro che fuori dal Centro è stato fondamentale per tutelare le persone dal punto di vista legale, sanitario e logistico. La richiesta al Comune di Bologna di trovare soluzioni alternative è stata vana, in quanto il sindaco Virginio Merola ha rimbalzato la responsabilità alla Prefettura. In conclusione delle informative individuali, solo 39 persone hanno accettato di partire per Caltanisetta, mentre circa una sessantina si sono unite al presidio. La sera, in Piazza Nettuno, l’assessore al Welfare Barigazzi, Matteo Lepore e l’assessore al Lavoro Lombardo hanno accolto una delegazione composta da rappresentanti dei lavoratori, rappresentanti sindacali e rappresentanti dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione). Nonostante una prima risposta non risolutiva e grazie ai vincoli imposti sui trasferimenti dall’HUB in altre Regioni dall’Intesa siglata il 10 luglio 2014 (Rep. Atti n. 77/CU) in sede di Conferenza Unificata Governo, Regioni ed Enti locali, che stabilisce il diritto di ogni singolo/a richiedente asilo a trovare una collocazione in ambito regionale, si è concluso che fosse responsabilità della Prefettura ricollocare in regione gli ospiti dell’HUB. La grande mobilitazione messa in campo è riuscita ad ottenere che la Prefettura facesse un passo indietro, tirando fuori dal cappello i posti necessari (improvvisamente disponibili) sul territorio. Dopo una giornata estenuante, tanti attivisti sono rimasti per riaccompagnare gli ospiti all’Hub e assicurare che i trasferimenti si svolgessero nella massima tutela delle condizioni sanitarie, legali e possibilmente lavorative di ciascuno. Alle 4:30 del mattino l’ultimo ospite, che da lì a poche ore avrebbe avuto l’audizione in Commissione Territoriale, è stato ricollocato su Bologna.
Il risultato è stato raggiunto grazie all’impegno e alla determinazione di tutti gli operatori sociali dell’accoglienza di Bologna e distretti, con il supporto dei legali, dei sindacati e di tutti coloro che hanno preso parte a questa incredibile mobilitazione nata dalla capacità di auto-organizzazione e dalla solidarietà tra lavoratori, persone accolte e cittadini.
Resta l’interrogativo di quanto la scelta delle 39 persone che sono partite per Caltanissetta sia stata libera, considerato che la decisione di rimanere non dava nessun tipo di garanzia di essere prese in carico dalle Istituzioni, ma avrebbero potuto contare solo sulla solidarietà che tante associazioni e privati cittadini hanno mostrato, rischiando di rimanere per strada.
Nonostante la soddisfazione di essere riusciti ad arginare una situazione così disumana -evitando il peggio- quanto accaduto rimane di una gravità e di una violenza estrema, e possiamo solo immaginare le conseguenze sociali (in termini di aumento delle condizioni di marginalità e precarietà) di uno stravolgimento tanto devastante sulla vita di centinaia di individui.
Resta inoltre aperta la partita dei posti di lavoro che si discute nei prossimi giorni nel tavolo intersindacale indetto dal Comune con Prefettura ed enti gestori. Sarà un’occasione per porre un problema che, con l’entrata in vigore dei nuovi bandi, non interesserà solo i 50 lavoratori dell’HUB, ma, secondo alcune stime, almeno 20.000 operatori in tutta Italia.