letto da Francesco Masala: se vi è sfuggito cercatelo e “soffritene” tutte/i, non ve ne pentirete
Giovanni Maria Bellu racconta la vita di Angelo Di Carlo, attraverso un reportage-ricerca–ricordo-romanzo molto partecipato.
Il titolo rimanda a un momento storico, quando milioni di bambini, in tutto il mondo, furono testimoni dell’allunaggio, da noi con le parole di Tito Stagno e Ruggero Orlando (che nel libro riappare come direttore di un giornale locale).
Erano anni in cui tutto sembrava possibile, per esempio il vaccino contro la poliomielite si diffuse in tutto il mondo in quegli anni, fu scoperto da “Albert Sabin, che rifiutò di brevettare il vaccino, diceva: Non volevo che il mio contributo al benessere dell’umanità fosse pagato con della moneta, (da qui, erano proprio altri tempi).
Bellu cita Angela Zucconi (che aveva conosciuto Angelo) in un suo libro: Nelle ultime pagine, una riflessione amara e profetica, una sorta di premessa al manifesto del movimento ambientalista del Terzo Millennio: “Il progresso sociale non c’è. Solo il progresso tecnologico irreversibile e inarrestabile divora giorno per giorno i beni della terra, per il maggior benessere dei pochi che stanno bene…”(p.100)
Angelo Di Carlo è stato un militante ambientalista, sempre presente, senza stancarsi mai, pur avendo difficoltà nella vita lavorativa e familiare, anche per una maledetta divisione ereditaria (i parenti serpenti). Alla fine si è trovato sempre più solo, senza speranze.
Il 17 dicembre 2010 un fruttivendolo tunisino di 26 anni, Mohamed Bouazizi, si diede fuoco, da lì iniziò una rivolta che cacciò il dittatore del paese.
Chissà se l’11 agosto del 2012 Angelo ha pensato a Mohamed e a una rivoluzione italiana.
Se lo ha fatto è stato un illuso, del suo gesto solo quattro righe in cronaca, e niente più.
Il libro di Bellu ci invita a non dimenticare, ricostruisce la vita di Angelo, politica, familiare, personale.
Mentre si legge si capisce piano piano che la ricerca di Giovanni Maria Bellu, lo scavo in profondità, è lo stesso di Flaubert, “Angelo c’est moi”, e lo stesso vale per chi legge, ti prende un sentimento di compassione, di partecipazione, uno come Angelo lo abbiamo conosciuto anche noi, senza capire quanto si sentisse solo e stesse male.
QUI un’intervista sul libro con Giovanni Maria Bellu
ps1: Ad Angelo sarebbe piaciuta questa poesia di Julio Cortázar
«Nada está perdido si se tiene el valor de proclamar que todo está perdido y hay que empezar de nuevo.» Julio Cortázar
Che
Yo tuve un hermano
No nos vimos nunca
pero no importaba.
Yo tuve un hermano
que iba por los montes
mientras yo dormía.
Lo quise a mi modo,
le tomé su voz
libre como el agua,
caminé de a ratos
cerca de su sombra.
No nos vimos nunca
pero no importaba,
mi hermano despierto
mientras yo dormía,
mi hermano mostrándome
detrás de la noche
su estrella elegida.
Avevo un fratello.
Non ci siamo mai visti
ma non importava.
Avevo un fratello
che andava sui monti
mentre io dormivo.
Gli volevo bene, a modo mio,
gli ho preso la voce
libera come l’acqua.
A volte ho camminato
accanto alla sua ombra.
Non ci siamo mai visti
ma non importava,
mio fratello vigilava
mentre io dormivo,
mio fratello che mi indicava
al di là della notte
la sua stella prescelta.
ps2: grazie a Giovanni Maria Bellu, per non dimenticare Giannetto, ad Arasolè l’abbiamo conosciuto e lo ricordiamo ancora.
È l’11 agosto del 2012. Angelo Di Carlo, noto come Sgargy, cinquantatré anni, militante ambientalista da tutta la vita, si dà fuoco davanti a Montecitorio. La notizia dopo pochi giorni è già scomparsa dai media mainstream, ma ha raggiunto un reporter specializzato in suicidi della crisi nella casa della sua infanzia, dove si è rifugiato dopo la chiusura del giornale per cui lavorava. Sgargy è un suo coetaneo. Appartiene alla generazione di quelli che sono stati bambini al tempo dello sbarco sulla Luna. Il giornalista decide di ricostruirne la storia. E inevitabilmente, indagando sulla vita di Sgargy, si trova a ripercorrere la propria. Fino a elaborare, con quarant’anni di ritardo, il lutto che l’ha segnata.
I bambini della Luna è un reportage che ricostruisce la biografia di Angelo Di Carlo ed è insieme un romanzo generazionale che racconta il Grande Inganno: l’idea dell’inarrestabilità del progresso e il disastro prodotto dal silenzio dei vecchi che non trasferirono ai figli e ai nipoti – la generazione che oggi governa il mondo – la memoria della Resistenza e della guerra.
da qui
In un giorno di agosto del 2012, un cinquantatreenne vedovo e padre di un figlio, Angelo Di Carlo, detto Sgargy, militante ambientalista e attivista, a seguito del suo licenziamento compie un gesto eclatante: si dà fuoco davanti a Montecitorio, riportando gravi ustioni su gran parte del corpo. Muore in ospedale dopo otto giorni di terribile agonia. Questo terribile fatto di cronaca diventa il chiodo fisso di un reporter, specializzato in suicidi legati alla crisi, che ha la stessa età di Sgargy e si trova nella sua casa d’infanzia, nella quale ha trovato rifugio dopo che il giornale per cui lavorava ha chiuso i battenti. Il reporter intende ricostruire la storia di Di Carlo e, nel frattempo, riflettere sulla propria. Sì, perché i due uomini hanno molto in comune: appartengono alla generazione dei bambini della Luna. Sono cioè stati bambini nel luglio del 1969, data storica in cui l’uomo ha messo piede per la prima volta sulla luna; episodio di portata enorme, risultato di un periodo fecondo di profonda crescita e di intenso progresso scientifico e tecnologico; momento che ha concesso all’uomo di pensare che, da quel momento, tutto sarebbe stato possibile.
Il gesto estremo di Angelo Di Carlo rispecchia invece il fallimento di una intera generazione che, come l’autore Giovanni Maria Bellu spiega molto chiaramente “ha sfondato il debito pubblico, determinato l’inquinamento globale, sbranato tutto quello che si poteva sbranare. Forse la prima generazione che ha la responsabilità di aver distrutto il pianeta e nonostante tutto è incapace di fare i conti con le proprie responsabilità e non vuole farsi da parte.”
Quel che ne risulta è un mix tra reportage e romanzo, una biografia personale che diventa anche biografia generazionale e si sviluppa su piani narrativi diversi, che comprendono, oltre alla storia personale di Angelo e del reporter, anche l’istantanea di una generazione apparentemente libera, ma privata della memoria…
da qui
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.