I «cancellati» sloveni: la fine di…
… una storia drammatica che non cancella molti interrogativi etici
di Bozidar Stanisic
La sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo
ha messo fine alla vicenda dei cancellati: il governo sloveno è condannato
per la violazione dei diritti dei cittadini della ex Jugoslavia che, nel 1991,
nella Slovenia indipendente, erano stati cancellati dai registri dei residenti
e avevano perso qualsiasi status giuridico. Riesaminando la sentenza resa in primo
grado da una Camera della Corte il 13 luglio 2010, la Grande Camera ha
confermato: il governo sloveno è colpevole per gli effetti della cancellazione;
i cancellati sono stati costretti a vivere per una ventina di anni in condizioni di
insicurezza giuridica e di abbandono materiale e morale. Oltre a respingere
tutte le difese del governo sloveno, la Corte europea ha confermato una violazione
dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela il
diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell’articolo 13 che tutela il
diritto a un effettivo ricorso delle vittime, per il persistente rifiuto delle autorità slovene di regolarizzare la posizione giuridica dei ricorrenti in conformità alle statuizioni della Corte costituzionale (che si era più volte pronunciata a favore dei cancellati) e per l’inadeguatezza della nuova legge adottata nel 2010 al fine di rimediare alla situazione.
La Corte europea ha condannato la Slovenia pure per violazione del divieto di
discriminazione sancito dall’articolo 14 della Convenzione europea: i cittadini della
ex Jugoslavia hanno ricevuto un trattamento più sfavorevole rispetto agli stranieri,
i quali – a seguito dell’indipendenza – avevano mantenuto lo status giuridico
all’interno dell’ordinamento sloveno.
Così i ricorrenti avranno diritto a una riparazione pecuniaria per i danni sofferti
a causa delle violazioni: a loro favore sarà pagato un risarcimento di 20.000 euro
per il danno morale (a circa 25.000 persone: bosniaci, macedoni, kosovari, serbi
e altri); in seguito verrà la quantificazione del danno patrimoniale.
La Corte europea ha condannato il governo sloveno a istituire entro un anno
un sistema di compensazione dei danni subìti da tutti i cancellati. E gli effetti della sentenza sono estesi anche a coloro che non avevano fatto ricorso.
«Giustizia è fatta» dichiarano gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci
che hanno rappresentato i ricorrenti: «Finalmente, dopo molti anni di battaglie
giudiziarie, i cancellati si vedranno restituire, sia pure in modo parziale e tardivo, la dignità perduta nel lontano 1992 e la Slovenia dovrà risarcire i danni subìti dalle migliaia di persone vittime della cancellazione».
Potremmo dire: finalmente. E aggiungere che la dichiarazione degli avvocati italiani suona davvero nobile.
Certo, l’esito giuridico è positivo e ha posto fine al dramma umano di migliaia di persone, vittime di un progetto mostruoso, di una pulizia etnica più subdola ma a chi scrive queste righe (per anni mi sono interessato alla vicenda dei «cancellati») resta una marea di interrogativi.
Ci volevano 20 anni – lunghi, anzi lunghissimi – per porre fine a una delle
ingiustizie più evidenti nel dopo Muro? Perché restavano zitti quasi tutti gli europarlamentari di 27 Paesi europei e pure quelli del Consiglio d’Europa? Perché non si sentiva nessun monito politicamente forte nei riguardi della governance slovena, nessun tentativo per fare chiarezza e giustizia, nessuna condanna quando il
governo sloveno esponeva dichiarazioni false, il presidente Jansa (il più grande trafficante di armi negli anni novanta) in primis?
E, in seguito, viene spontanea la domanda: chi è un europarlamentare? Una persona che pensa, almeno a volte, eticamente oppure è una poltrona che vota chissà che cosa?
L’altro problema è il cittadino comune europeo, incluso quello sloveno. In Italia e in alcuni altri Paesi hanno reagito numerosi attivisti e io sono testimone della incredulità del cittadino comune italiano. Pochi credevano che esistesse davvero il problema dei cancellati, e ciò succedeva anche nella Regione Friuli-Venezia Giulia…
Credo che sugli umori nei riguardi dei cancellati in Slovenia le persone che da anni lottavano attivamente contro questa ingiustizia potrebbero scrivere un romanzo o realizzare un documentario.
Se con questa condanna della Corte europea non sarà riaperto il dibattito sulle ingiustizie politiche, sociali ed economiche nell’Europa post Muro, credo che si sarà persa una nuova possibilità per combattere l’indifferenza e i campanilismi più ottusi.