I diktat della Fondazione sulla Buona Scuola di Stato
di Pietro Ratto
Dici che non ti interessano i “massimi sistemi”, i “complottismi”, le “dietrologie”. Dici che ti basta che le cose funzionino. Per esempio, che la scuola faccia quello che deve, e chissenefrega se i soldi li mette Coop o Fiat. Basta che ci siano le lavagne, i banchi, i laboratori.. Tanto le cose van così, si sa: la ricerca scientifica sottomessa alle multinazionali, la politica alle banche, la scuola a Confindustria. Quindi, nessuna novità. Nessuna paura che la preparazione dei nostri ragazzi venga condizionata dalle logiche imprenditoriali, che ai nostri figli non venga semplicemente insegnato quello che non devono sapere, che la cultura sia stata uccisa sull’altare degli interessi delle aziende? No. E cosa importa? Basta che tuo figlio, poi, trovi lavoro, no?
La Fondazione e il suo Santo protettore
Allora lasciamo perdere, non ti racconto più nulla. Sì, tempo fa avevo fatto un po’ di casino con la Treellle[1], ma alla fine cos’è cambiato? Chi se n’è preoccupato, davvero? Quindi a cosa serve dirti che questa associazione di banchieri, industriali e ferventi attivisti di CL[2], che detta le regole del gioco al Ministero dell’Istruzione, è affiancata e gestita da un’altra che si chiama Fondazione Rocca? Tanto non ti interessa, no? Che ti frega di sapere che ‘sta fondazione fa capo a Gianfelice Rocca, uno dei soci fondatori di Treellle, che è l’ottavo uomo più ricco del Paese, l’autentico re dell’acciaio italiano, per sua stessa ammissione membro del Bilderberg dal 2013, della Trilateral, dell’Aspen? Massì, tutte questioni di lana caprina, no? Cosa importa che proprio quel Rocca che dà le dritte della Buona Scuola sia stato vicepresidente di Confindustria, sia attualmente membro dell’Advisor Board di Allianz, ma soprattutto presidente di Techint Group (primo gruppo industriale italiano) e di Assolombarda?
La sua famiglia (che a sentire Forbes vanta un patrimonio di 6,1 miliardi di dollari), ha fatto fortuna durante il fascismo grazie al nonno Agostino, ispettore IRI nel 1933, vero e proprio artefice della politica economica adottata dal Duce per far fronte agli effetti del Crollo della Borsa americana del ’29. Grazie a ciò, Agostino Rocca è diventato amministratore delegato delle acciaierie Dalmine in cui era entrato come tirocinante nel 1923, e poi direttore generale della Finsider.
Sicuramente, da magnati di questo calibro, un governo ormai derubato della propria sovranità monetaria non può che prendere ordini. Ma.. cosa ci azzeccano davvero persone così, con la scuola statale?
La Techint di Rocca (fondata nel 1945), è un colosso incredibile. Comprende Tenaris, multinazionale di tubi in acciaio per condotte petrolifere, presieduta dal fratello Paolo, Tenova, leader nella siderurgia, Tecpetrol, Ternium (laminati in acciaio) e Humanitas, gigantesco gruppo ospedaliero con sedi sparse in tutt’Italia. Ma a te non interessa, no? Non t’importa nemmeno che questo signore controlli il suo impero tramite la potente – e ben poco trasparente – Borsa di San Faustin, una borsa valori riservata a pochi intimi (non più di trecento), aperta qualche giorno all’anno, a novembre. Un club blindato, fondato dal solito nonno Agostino in Uruguay nel 1949, che oggi ha sede a Lugano, vanta un fatturato di 25 miliardi di dollari e ammette pochi privati, come il principe siciliano Pietro Vanni Calvello di San Vincenzo e la baronessa Maria Zerilli-Marimò Soncini, nonché figure di spicco di multinazionali come Hsbc, Bsi, Ubs Fiduciaria, Eos Servizi Finanziari, Unione Fiduciaria, Finnat Fiduciaria, Melior Trust e, naturalmente, l’onnipresente Gruppo Rothschild. Proprio presso questa San Faustin, società offshore per più di sessant’anni, ha sede la Fondazione Fratelli Agostino Enrico Rocca, di cui la Fondazione Rocca che gestisce la nostra scuola pubblica è un’emanazione nata nel 2001 e da cui è finanziata.[3]
Soprassediamo pure sui due misteriosi aristocratici, vero? Su don Pietro Vanni Calvello di San Vincenzo, membro di un’antichissima famiglia, il cui nome comparve nell’inchiesta sul falso rapimento di Michele Sindona. Un fratello del principe, don Alessandro, fu accusato di aver avuto rapporti con alcuni mafiosi. Il pentito di mafia Leonardo Vitale fece il suo nome nel 1973. Fu condannato a venticinque anni di reclusione per un traffico di eroina in Inghilterra[4], don Alessandro, e nel 1986, dopo le rivelazioni di Totuccio Contorno, ad ulteriori otto anni per mafia.[5] L’altro fratello, il principe don Giuseppe, finì in carcere nel 1993 per falsa testimonianza nel processo contro Andreotti e i suoi “favori” alla mafia[6].
Quanto a Maria Zerilli-Marimò Soncini, non ti interesserà certo sapere che si tratta della vedova del barone Guido Zerilli Marimò, presidente di Italtannino, di Ledoga (poi fusa con Jemina nella Industria Chimica Legno) e di Lepetit (di cui, ancora da alto dirigente, il barone entrò improvvisamente in possesso dopo l’arresto del proprietario e fondatore Roberto Lepetit, grande chimico molto vicino alla resistenza partigiana, tradito da una misteriosa soffiata e arrestato dalla Gestapo il 29 settembre 1944, per poi finire a Mauthausen e morire nel lager di Ebensee il 4 maggio 1945[7]). La Lepetit è stata poi assorbita dalla Dow Chemical ed oggi è inglobata nel gruppo Sanofi Aventis. E lo sai? Quel barone il cui spirito aleggia sulla nostra Buona Scuola è stato tra i proprietari della molto discussa Alphom Finance insieme al banchiere svizzero Florent Rey Revello, personaggio un po’ losco, molto vicino a Roberto Calvi, a faccendieri legati al mondo della mafia come Domenico Balducci e Flavio Carboni, al famigerato monsignor Marcinkus, a Michele Sindona (ci risiamo!) e, naturalmente, a Giulio Andreotti.[8]
Ora dico, per farsi “consigliare” su come rinnovare la scuola pubblica, i nostri politici non hanno proprio nessun altro a cui rivolgersi? Perché sono loro, sono questi signori, a finanziare la Fondazione che dà le linee guida all’istruzione pubblica italiana.
I diktat
Okay. Preferisci concentrarti sulle cose concrete, lo so. Dici: dimostrami piuttosto come queste associazioni influenzino davvero i nostri Ministri e le leggi del Parlamento. Come si fa, insomma, a provare che la Buona Scuola sia davvero gestita da questa gente?
Ecco allora, guarda. Treellle e Fondazione Rocca hanno prodotto molti documenti sulla scuola. Hanno cominciato a pubblicarne quasi in contemporanea con la nascita della famosa Autonomia scolastica di Berlinguer. Che non fosse soltanto un’idea dell’allora ministro, questa Autonomia scolastica? Nel loro Quali insegnanti per la scuola dell’Autonomia, del giugno 2004, le due associazioni “no-profit” tuonavano già contro una scuola sguarnita di valutazione degli insegnanti; si lamentavano dell’eccessivo potere decisionale del Collegio docenti, dei soldi sprecati per gli inutili insegnanti di sostegno… Non ti dice nulla? Tutte questioni perfettamente recepite dal governo Renzi, no? Dicevano cose come: “Oggi il collegio dei docenti è il vero organismo di gestione didattica e “politica” delle scuole e il suo potere di veto sulle iniziative del preside è assoluto. È un fatto negativo che dell’uso e, soprattutto, dei risultati di questo potere, il collegio dei docenti non risponda a nessuno, nemmeno al consiglio di istituto che formalmente è l’organo di governo della scuola.” (pag. 20). Sul tema: “Insegnanti si nasce o si diventa?” non avevano già nessun dubbio, biasimando quella “egemonia della cultura idealistica, che ha diffuso e legittimato un’immagine di insegnante, intellettuale e uomo di cultura che non aveva bisogno di imparare il mestiere. È stata invece a lungo sottovalutata la dimensione “laica”, cioè professionale, dell’insegnamento, che fa perno non soltanto sulle buone intenzioni, ma soprattutto sulla reale capacità di risolvere i problemi dell’apprendimento” (pag. 22). Non basta “nascere” insegnanti, insomma. Non bastano le “buone intenzioni”: ci vuole il problem solving, caro mio! Vaglielo a dire, ad Augusto Monti!
Dai, su.. Non mi dire che non ti ricordi i tuoi Maestri, quelli veri, quelli che hanno lasciato un segno..Secondo te ce l’avevano nel sangue, quel mestiere, o lo avevano imparato seguendo corsi di brain storming?
Ma non è sufficiente: già a quell’epoca, i nostri magnati se la prendevano con il grave “problema della mobilità” dei docenti, che il loro Renzi, oggi ha prontamente “risolto”: “non esistono sanzioni o incentivi per frenare questo flusso che ogni anno interessa almeno il 20% della categoria”, denunciavano a pagina 25.
E i sindacati? Cosa pensavano questi potenti ricconi dei sindacati della scuola che ora nessuno si fila più? Eccoli disprezzare, a pagina 26, quel “variegato sistema di rappresentanza sindacale, che – pur nella frequente conflittualità fra le sigle – ha trovato una convergenza nella tutela degli interessi del personale scolastico, con trascuratezza eccessiva verso quelli degli utenti. L’istruzione è un bene collettivo, prima e più che un servizio: e se è giusto tener conto dei legittimi interessi degli operatori del settore, a questi non si possono subordinare gli interessi dell’utenza”. Tutta questa demagogia da quattro soldi non ti dice niente? In quel documento, inoltre, chiedevano tagli alle spese per la scuola primaria e secondaria, aumento del monte ore dei docenti, accorciamento di un anno dell’intero ciclo scolastico, “sterilizzazione” (mamma mia!) delle graduatorie dei precari, aumento del numero degli alunni per classe (che meraviglia, le classi pollaio), istituzione dei nuclei di valutazione nelle singole scuole.. Ma capisci? Noi ci siamo arrivati in tanti anni, arrabbiandoci, discutendo, credendo di poter contrastare, modificare, democraticamente partecipare ad un progetto che invece era già bell’e pronto fin da subito! Ti rendi conto? Davvero non ti interessa? Ma cosa vai a votare a fare, allora? Nove Ministri della Pubblica Istruzione, di destra e di sinistra, impegnati scrupolosamente a dar corso soltanto a queste idee..!
Cosa dobbiamo attenderci ancora?
Credi che adesso siano finalmente contenti, quei signori? Credi che finisca così?
Allora senti…
La loro Memoria per una Buona Scuola del 2014 avanza le seguenti altre richieste (e giuraci, otterranno tutto):
– scuola superiore a tempo pieno (ricordi? Il governo ci aveva già provato due anni fa);
– ulteriore penalizzazione sul piano retributivo dei giorni di malattia dei docenti (ancora troppo soft, evidentemente, le ingiustizie di Brunetta!);
– aumento del monte ore settimanale degli insegnanti di almeno tre ore (a parità di stipendio) per risparmiare sulle supplenze esterne – da azzerare in tempi brevi – e per tenere aperti gli istituti scolastici anche al pomeriggio;
– ulteriore rafforzamento del potere dei dirigenti scolastici;
– incentivazione dell’ingresso dei privati nella scuola statale (pensa: la loro successiva Memoria del 10 aprile 2015 esige che negli Istituti tecnici almeno un terzo del Consiglio d’Istituto sia costituito da rappresentanti dell’imprenditoria locale).
La Buona Scuola fa il possibile per accontentarli? E a loro non basta! Denunciando lo spread culturale tra Germania e Italia (Educare alla cittadinanza, 2015), nella suddetta Memoria chiedono che il potere del Preside non conosca limiti (tanto, dicono, basta controllarlo con una minacciosa valutazione del suo operato ogni tre anni); si raccomandano che egli non venga lasciato solo dal MIUR di fronte alle pressioni dei sindacati; esigono un potenziamento dell’INValSI; ingiungono al governo di non cedere alle prevedibili proteste dei docenti: “il Disegno di Legge poteva essere migliore, ma è già buono. A condizione che le molte pressioni che già si annunciano non lo svuotino ulteriormente e lo trasformino nell’ennesima occasione mancata per il rinnovamento della scuola”, dichiarano con la fermezza di un Giudice.
Allora adesso dimmi, e dimmelo sinceramente. Davvero non ti interessa che la scuola statale finisca in mano a gente che amministra giganteschi imperi finanziari? Non ti preoccupano gli interessi economici che, nel nostro Paese, sempre più peseranno sulle scelte educative e didattiche degli insegnanti dei nostri figli? Veramente non ti curi del fatto che da una Scuola sponsorizzata dalla Coop, da una formazione scolastica predisposta da Confindustria o da Barilla, da una libertà di insegnamento azzerata dalle pressioni di Finsider, di Allianz, di un’oscura borsa privata lussemburghese o addirittura di qualche associazione che prospera nell’illegalità, da tutto ciò e molto altro ancora, mai più – e sottolineo: mai più – si potrà tornare indietro?
E a dirla tutta, credi che per me sia facile raccontarti tutto ciò? Sono un insegnante anch’io, sai..? Riesci a immaginare quale sarà la loro valutazione nei miei confronti?
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[1] Cfr. P. Ratto, Questa Buona Scuola s’ha da fare, La Bottega del Barbieri
[2] Cfr. P. Ratto, Santa romana Scuola, BoscoCeduo.it
[3] Cfr. F. Massaro, Il club privato della San Faustin, così i Rocca scelgono i soci Tenaris, Corriere della Sera, 04.12.2013. Sul ruolo dei Rothschild nelle economie nazionali inclusa la nostra, cfr. P. Ratto, I Rothschild e gli Altri, Arianna editrice, 2015
[4] Cfr. l’articolo di G. Salvo su http://www.caiazzorinasce.net/2008/04/richiesta-choc-della-sorella-di.html
[5] Cfr. A. Bolzoni, Il Principe in cella per mafia, Repubblica, 17.04.1996
[6] Cfr. E. Mignosi, Il Principe in carcere per Andreotti, Corriere della Sera, 26.09.1993
[7] Cfr. G. Barbacetto, Il signore della Resistenza, Diario del mese, 21.01.2005, o anche L. Borgomaneri, Lo straniero indesiderato e il ragazzo del Giambellino. Storie di antifascismi, ISEC, 2015
[8] Cfr. C. Calvi, Radowall, IOR e l’acquisto di azioni dell’Ambrosiano (terza puntata), Fraud Auditing & Forensic Accounting, 18.07.2013
Pietro Ratto è su Facebook e su Twitter. Qui, tutti i suoi scritti “in Bottega” ed una sua biografia
Capisco (anche se non tutto) e condivido. Se lo ritieni sarebbe bene provare a condividere che cosa pensi che occorra fare e come e con chi. Sono disponibile a partecipare. Qualsiasi cosa sara’ mi piacerebbe che vosse basata su criteri democratici, non violenti.
Io credo che non ci resti che scappare..!
Condivido e diffondo.
Di certo una scuola finanziata da un denaro che promuove e ha finalità di un certo tipo…. , vuole raggiungere le finalità che lo stesso denaro profuso ha come obiettivi; intrinsecamente subdoli. Si devono recuperare tutti gli spazi possibili affinché non si possa scappare (tutti coloro che hanno difficoltà a sentire, a seguirti nella tua esposizione sono in certo modo già fuggiti, forse inconsapevolmente prostituiti, o forse evasi) sono propenso a dire che non vi sono spazi per scappare. La vita ci riproporrà di nuovo la prova che a volte affrontiamo a volte scartiamo.
Proviamo a costruire delle finalità chiare e retribuibili, finanziabili da un denaro complementare che quelle finalità incorpora. Studiamo, (tutto quanto citato risponde ad uno “loro” studio sicuramente lungo meticoloso e mirato) o almeno proviamo a farlo: un piano di difesa di ricostruzione dei principi e attività che sentiamo minate dalle finalità di quel denaro che continuamente tenta di raggiungere le finalità subdole che hai descritto.
Perfettamente d’accordo, Carlo. Io sto continuando a cercare di capire.. a studiare, come tu dici.
Il problema è che tutto questo orrore non fa più nemmeno notizia. Internet sta diventando un potentissimo acceleratore di assuefazione e anch’io, con tutte le mie inutili ricerche, comincio a temere di esserne diventato – paradossalmente – complice.
Perché più alla gente racconti come vanno le cose, più si abitua al marciume e risonde: “Ma cosa vuoi farci? Tanto è così!”.
Una scuola, un’informazione, una ricerca scientifica in mano a chi segue soltanto logiche di profitto.. Tutto ciò non può che portare al risultato che abbiamo di fronte: assenza totale di certezze, proprio in quella che roboantemente (e beffardamente) viene propagandata come la “Società della Conoscenza”. Qual è l’alimentazione davvero corretta? Quella prescritta dai ricercatori e dai medici al soldo delle multinazionali? Quella consigliata dalle medicine alternative super screditate da quella ufficiale? Qual è la verità? Quella dei Tg? Quella di Internet? Come sono andati i fatti? Chi ha vinto davvero una certa guerra? E che obiettivi ha effettivamente raggiunto quella certa “Missione di pace”? Dio è morto, è evidente. Sembra proprio, però, che nessuno abbia preso responsabilmente sul serio questo “decesso”, tranne i potenti becchini che si sono subito affrettati a speculare sul suo funerale.
E’ una specie di “AL LUPO AL LUPO!” al contrario. Il lupo c’è, si sta mangiando tutto e tutti. E quel che resta di noi, con quel martoriato, mezzo corpo che ancora spunta fuori dalle sue fauci, non ha null’altro da dire e pensare se non che “tanto le cose ormai vanno così”