Continua la guerra tra l’invasore russo e gli esportatori della democrazia
articoli, immagini, video e musica di Gianni Lixi, Manlio Dinucci, Angelo D’Orsi, Enrico Euli, Francesco Masala, Marco Travaglio, Roberto Massari, associazione Laudato si’, Bruna Bianchi, Giorgio Gaber, Sara Reginella, Andrea Pubusa, Antonio Mazzeo, Vauro, Carlo Bellisai, Maramotti, Claudia Vago, Pepe Escobar, Miguel Martinez
Ognuno ha la Resistenza che si merita – Francesco Masala
Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale ma la Quarta Guerra Mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni – Albert Einstein
La Resistenza italiana fu un movimento contro il fascismo (e il nazismo) per ottenere un sistema politico-economico libero e democratico, per quella libertà che mai prima era esistita.
La Resistenza ucraina vuole tornare a un sistema precedente all’invasione russa, e la Nato e la civile Europa lo vogliono a tutti i costi, whatever il takes, per tornare a una guerra (in)civile in una parte del paese, con milizie paramilitari di chiara impronta nazifascista, con una polizia segreta che punisce il dissenso, anche con l’omicidio politico (leggi qui), con laboratori per la guerra biologica, poco raccomandabili (tranne che per la famiglia Biden), disseminati in tutta l’Ucraina.
A proposito di quei laboratori, la Comunità Europea non ha neanche fatto finta di indignarsi, quello che fa il padrone è sempre ben fatto, lui sa il perché (leggi qui), e baciamo le mani.
Uno può scegliere contro chi resistere e sopratutto verso quali obiettivi e quali ideali, anche la repubblica di Salò era una forma di resistenza contro i partigiani e gli eserciti alleati, anche in Val di Susa c’è una resistenza popolare contro l’occupazione e la distruzione del territorio, tutte le resistenze sono uguali e tutto fa brodo?
Sapevate che la coalizione dei buoni, alla quale appartiene l’Italia manda le mine antiuomo, gli Usa le mandano in allegria, e quelle mine ammazzeranno anche i bambini nei prossimi anni? L’Italia farà la sua parte, manderà gambe di legno e sminatori.
Vi siete accorti che di quel razzo cattivo che ha ammazzato 50 persone alla stazione di Kramatorsk (con quella scritta in russo che ha fatto tanto scandalo e ribrezzo fra tutte le persone del mondo) non se ne è più parlato, dopo che si è saputo che è stato lanciato dall’esercito ucraino?
Scrivono i compagni dei Cobas:
“Manifestiamo la nostra solidarietà al popolo ucraino aggredito e siamo al fianco di quella parte del popolo russo che, nonostante migliaia di arresti, si oppone all’invasione dell’Ucraina.” (da qui).
si sono dimenticati di essere al fianco anche degli ucraini messi in galera o ammazzati dalla polizia segreta ucraina perché non raccontano le verità non negoziabili di Zelensky e dell’occidente, o non gli interessano gli ucraini sbagliati (vedi qui)?
Un pacifista deve essere contento quando saltano in aria le armi che arrivano dall’Europa e dagli Usa prima di essere usate, o deve essere dispiaciuto che quelle armi esplose prima di essere usate non ammazzeranno i cattivi russi e i bambini ucraini?
L’Impero dispone, l’ordine è colpire il nemico in una guerra infinita, la Russia deve essere distrutta, gli stati satelliti sull’attenti obbediscono.
Dopo la bruciante umiliazione della disfatta in Afghanistan questa volta non si può perdere, dicono a Washington, dove non hanno digerito che i russi vogliano essere pagati in rubli, dove andremo a finire.
Qualche mese fa abbiamo visto, al cinema o in casa, un film, Don’t look up, nel quale i padroni del mondo, sempre siano maledetti, fuggono dai disastri epocali che hanno contribuito fortemente a creare, ma poi a loro non va troppo bene.
La gentaglia che (s)governa il mondo vivrà qualche anno in un rifugio atomico, magari a più piani, ma poi tutti creperanno, noi per primi, che grande passo per l’umanità.
E se un missile italiano gentilmente offerto da Draghi e Guerini, magari di produzione leonardesca autarchica, colpisse, naturalmente per sbaglio, una stazione ferroviaria in Russia ammazzando 50 persone e in Italia arrivasse una bombetta atomica di riscaldamento, naturalmente per sbaglio, magari a Venezia? sfiga o causa-effetto?
Ma l’hanno spiegato che il prezzo di tutte queste armi di pace mandate in Ucraina sarà pagato nei prossimi anni da milioni di italiani che non potendo permettersi di pagare cure e operazioni mediche creperanno non potendo aspettare le liste d’attesa di 750 giorni, sfiga o causa-effetto?
Il resistente ed il terrorista – Gianni Lixi
Lo so devo stare attento, soprattutto in Italia non si può parlare male dei santi e degli eroi ma io sono avvantaggiato dal fatto che non credo ne agli uni ne agli altri.
La tattica del presidente ucraino è quella di alzare continuamente l’asticella. Zelenky non sembra proprio uno che vuole andare al negoziato per trattare veramente. La sua politica sembra riassunta in quella famosa frase tanto cara a chi da sempre si oppone ai negoziati per sposare la guerra: “Non puoi trattare con la tigre quando le tua testa è dentro la sua bocca”. Frase molto ad effetto per giustificare un giorno di guerra in più. Quello che paga però è il popolo Ucraino e tutti i morti che questa guerra fa da una parte e dall’altra. Sicuramente inizialmente, in maniera improvvida e con un fiuto politico pari a zero (dettato dall’inesperienza) si aspettava che dopo tutte le gufate di Biden per agevolare la guerra per procura sul territorio Ucraino, la Nato avrebbe risposto con uno schieramento ufficiale ed aspettando questo ha detto no a tutte le proposte che un paese più grande e con un esercito più forte fa ad un paese più piccolo e con un esercito più debole. Ha imbarcato la sua nazione nella continuazione di un conflitto per sposare l’unione alla Nato, all’Europa ai suoi valori “fondanti” come oggi si usa dire. Ma i valori “fondanti” sono una cosa, i valori dell’Europa di oggi sono un’altra. Sono quelli di un segretario di partito del governo italiano che spalleggia le forze dell’ordine che massacrano di botte un ragazzo sino alla sua morte. Sono i valori di un vice presidente del consiglio che il giorno prima del global forum fa una riunione con le forze dell’ordine a Genova per far capire a tutti che la loro controparte non sono i Black Block ma i movimenti pacifisti con il risultato che abbiamo visto a Bolzaneto ed alla Diaz. Bene Zelensky sei il presidente dell’Ucraina e quindi decidi tu, ma per andare in questa Europa fai sacrificare migliaia e migliaia di vite umane e ne fai soffrire svariati milioni. Rinunci alla famosa neutralità sul modello finlandese (che la Nato sta per oscurare) e lanci campagne mediatiche che fomentano l’odio per il mostro, perché solo così una guerra può andare avanti. All’indomani del racconto minuzioso di stupri, violenze inenarrabili ed uccisioni di massa, i giornali Ucraini subito titolavano: ecco quello che avviene perché l’Europa non ci aiuta. No, non è vero che queste cose avvengono perché l’Europa non aiuta l’Ucraina, queste cose avvengono perché la guerra è orrore , abominio , nelle guerra tutti sono capaci di tutto. D’altra parte tutti i media si sono affannati a fare vedere le mostruosità russe ma non hanno fatto vedere quello che accade a parti invertite. Io ho visto dei filmati da parte Ucraina da stare male solo a ripensarle e che non racconto primo perché in guerra ognuno ti fa vedere quello che vuole da una parte e dall’altra e non voglio cadere in nessun tipo di propaganda, poi perché non voglio controbilanciare mostruosità a mostruosità perché la guerra non è una questione di pesi e bilance delle mostruosità che l’uomo è capace di fare, la guerra è orrore e basta.
Dopo l’incontro che il ministro della difesa americano ed il segretario di stato hanno avuto con Zelensky, quello che prima si taceva per pudore ora lo si dice apertamente: gli Stati Uniti stanno facendo la guerra per procura e riforniranno l’Ucraina di armi e tecnologia militare non per liberarla ma per indebolire la Russia. Una vera e propria dichiarazione di guerra!
Ah…! si ..scusate sto scrivendo da un po’ e non ho ancora fatto il solito pistolotto sul fatto che sono contro Putin ecc…Bene sappiate che non lo farò. Non lo farò semplicemente per il fatto che tutti i più grandi filo Putin di ieri (non uso quella stupida parola che gli stessi soggetti hanno recentemente coniato) oggi sono schierati a cercare di farci fare la terza guerra mondiale. Tutti i politici italiani trasversali a tutti gli schieramenti hanno flirtato con Putin quando io dicevo che il governo oligarchico capitalista di Putin era un governo che, come tutti i governi capitalistici favoriscono l’oppressione dell’uomo sull’uomo, che ammazzava i giornalisti e non c’era la possibilità di esprimersi liberamente, e questo era lo stesso governo con cui i signori su menzionati facevano le nozze e gli affari (“volano per l’economia italiana”). Non vengano a chiedere a me prese di distanza!
Se c’è una cosa che questa guerra ha fatto prepotentemente vedere è l’ipocrisia del così detto occidente nei confronti di popolazioni considerate non strategiche ai loro interessi. Dice Mattarella “Oggi, in questa imprevedibile e drammatica stagione che stiamo attraversando in Europa, il valore della Resistenza all’aggressione, all’odio, alle stragi, alla barbarie contro i civili supera i suoi stessi limiti temporali e geografici.” Ma scusi presidente Mattarella come faccio a crederle? Cosa è la barbarie che subisce il popolo palestinese da 74 anni? 2500 morti ammazzati di cui 500 bambini in un mese, 4 ospedali bombardati in un mese in un’area tra le più densamente popolate del pianeta, ingresso sacrilego all’interno della moschea di Al Aqsa durante la preghiera, dell‘esercito terrorista israeliano che spara, lega ad ammassa a terra i fedeli in preghiera. Espropriazione di case, rase al suolo, lasciando famiglie intere donne e bambini all’addiaccio.
Bambini arrestati e torturati, oggi l’ultimo Ethal Al-Azza 14 anni (le fotografie si riferiscono alle manifestazioni per questo arresto)…
La protesta femminista in Russia contro la guerra – Bruna Bianchi
Foto di Valery Tenevoy, tratta da unsplash.com
Come rivelano ogni giorno le notizie pubblicate da OVD-info – progetto mediatico russo indipendente sui diritti umani – la protesta femminista in Russia resta la più radicale, la più organizzata e la più creativa. Lo conferma anche il periodico indipendente The Moscow Time in un articolo del 29 marzo dal titolo: The Feminist Face of Russian Protests. L’articolo si basa su interviste ad alcune attiviste del FAR (Feminist Anti-War Resistance) e in particolare alle sue due fondatrici: Ella Rossmann, storica residente a Londra, e Daria Serenko, già imprigionata per aver diffuso simboli associati alla protesta di Naval’nyj1.
Il FAR è stata la prima organizzazione sorta in Russia contro la guerra in Ucraina. Già nei primi giorni del conflitto diffuse un manifesto in cui rivolgeva un appello a tutte le femministe di Russia e a quelle di tutto il mondo a partecipare alle campagne contro la guerra. Ad oggi il manifesto è stato tradotto in trenta lingue e FAR ha costantemente ampliato la sua influenza, organizzato proteste in oltre cento città e può contare su 26.000 follower.
Per aggirare i divieti e sottrarsi alla repressione, ogni giorno le attiviste inventano nuovi modi di protesta: deporre fiori in luoghi simbolici, creare oggetti d’arte e installarli nei parchi, scrivere slogan su banconote e monete, indossare abiti azzurri e gialli e molte altre azioni che sono comunque sempre rischiose. Ha detto Daria Serenko: “La situazione cambia ogni giorno. Ciò che era accettabile ieri non funziona oggi. Una settimana fa si poteva vestirsi di nero e tenere una rosa bianca in mano. Ora per questo c’è la detenzione”.
Le attiviste di FAR danno istruzioni dettagliate per la sicurezza della comunicazione e per evitare di incappare nella polizia per le strade; tengono i contatti con le arrestate, procurano avvocati e forniscono sostegno psicologico a chi ha subito violenze o ha perso il lavoro a causa del proprio attivismo. Anche alcuni uomini e membri della comunità LGBT sostengono la loro protesta.
Come spiegare la capacità di mobilitazione di FAR? “Secondo me – ha detto Daria Serenko – che ho monitorato il movimento femminista russo per tre anni, come aderente e come ricercatrice – ora ci sono più di 45 gruppi femministi di base in Russia. Essi collaborano l’uno con l’altro. Ecco perché le femministe riescono a mobilitarsi rapidamente” e ad affrontare i rischi con coraggio. Ha dichiarato un’attivista: “Personalmente non ho paura […] Le proteste stanno diventando sempre più creative”. “La coscienza è più forte della paura” ha scritto il 7 aprile un’attivista sul cartello che teneva tra le mani a Timašëvsk, città della Russia meridionale (foto).
Sulla creatività della protesta è intervenuta recentemente Maria Silina, storica dell’arte e docente presso l’Università del Québec a Montréal. In un articolo pubblicato su The Conversation il 7 aprile 2022: Russia’s Feminists Are Protesting the War and Its Propaganda with Stickers, Posters, Performance and Graffiti, ha analizzato i caratteri della protesta femminista in Russia basandosi prevalentemente su interviste.
Molte artiste2, in seguito alle leggi repressive e alla censura, si sono rivolte a forme di “artattivismo” sotterranee. Molte di loro, incluse le persone queer e trans, hanno creato una vasta rete decentralizzata per coordinare le azioni dirette di protesta e di sabotaggio a livello di vicinato. “La resistenza femminista contro la guerra, scrive Silina, è una comunità di lingua russa autorganizzata e decentralizzata che gestisce la resistenza contro la guerra e comunica con gli-le aderenti e con i sostenitori e le sostenitrici attraverso Telegram”. Le aderenti al gruppo hanno filmato e diffuso le azioni brutali della polizia, hanno usato la tecnica del détournement3 per ridicolizzare i messaggi della propaganda e rovesciarne il senso…
L’ENIGMA DELLA MOSKVA – Pepe Escobar
Né la NATO né la Russia ci dicono cosa è successo veramente alla Moskva, la leggendaria nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero.
La NATO perché, in teoria, lo sa. Mosca, da parte sua, ha chiarito che non dirà nulla finché non sarà sicura di quello che è successo.
Una cosa è certa. Se il Ministero della Difesa russo scoprirà che è stata la NATO, sguinzaglierà sulla NATO tutti i cani dell’inferno, come in “asimmetrico, letale e veloce.”
Parliamo della posizione della Moskva: era dislocata vicino ad uno dei 3 impianti di perforazione ed era utilizzata per il monitoraggio di un intero settore del Mar Nero con idrofoni e un radar NEVA-BS, il più a ovest, BK-2 Odessa, a circa 66 km a nord-est dell’Isola dei Serpenti. Il tutto era integrato nei sistemi di monitoraggio regionali. Come dire che tutto, letteralmente, era monitorato: navi, bersagli a bassa quota, echi più piccoli, persino la testa ballonzolante sulle onde di un ignaro nuotatore.
Quindi c’era una possibilità molto bassa che qualcosa – per non parlare dei missili subsonici Neptune e dei droni Bayraktar – potesse sfuggire a questa rete di rilevamento.
Allora, cosa potrebbe essere successo?..
affidàti a putin ? – Enrico Euli
Chi volesse pretendere di presentarsi come un intellettuale o un politico intellettualmente e politicamente onesto dovrebbe ora ammettere che la situazione si è fatta più chiara.
Se prima poteva ancora nascondersi dietro il dito del diritto a resistere, della guerra umanitaria, del sostegno legittimo al debole aggredito, dovrebbe almeno riconoscere che da ieri la situazione è cambiata.
Da ieri l’obiettivo dichiarato (e non più coperto) diviene quello di ‘sconfiggere e disarmare la Russia’: obiettivo ancor più complesso e pericoloso di quel ‘cambio di regime’ peraltro retoricamente condannato soltanto un mese fa, quando un Biden in preda ad un ‘lapsus veritatis’ se lo fece fuggire dal seno…
Non sono più io e (pochi) altri a dirlo: lo ammettono coloro che, da entrambe le parti, vogliono vincere questa guerra: vogliono proseguirla, e quindi non vogliono che finisca.
Perchè, chi vuole vincere questa guerra, come è sempre più evidente, non può volere che finisca.
Può solo espanderla, nel tempo e nello spazio.
Non vuole negoziare, sino a quando non vince o almeno lo crede possibile.
Ma, a quel punto non si tratterà più di negoziare il conflitto, ma -come alla fine di ogni guerra- solo di trattare sulle condizioni che il vincitore detterà allo sconfitto: il vincitore le chiamerà ‘pace’ e andrà così invece a costituire le basi delle guerre che verranno (come già accaduto a Versailles e Yalta).
Allora, possiamo ora tornare agli intellettuali ed ai politici: chiunque di loro, almeno da ora in poi, sostenga le ragioni di una guerra offensiva dell’Occidente contro la Russia e la giustifichi utilizzando strumentalmente le ragioni dell’Ucraina, si rivela per quel che è: un militarista.
E va da subito ritenuto responsabile dell’escalation in atto e riconosciuto come colui che ci sta portando dritti dritti dentro la Terza guerra mondiale (nucleare)…
Biden ha praticamente annunciato l’ingresso della Nato in guerra con la Russia – Giuseppe Masala
Biden chiederà al Congresso l’autorizzazione a stanziare 33 miliardi di dollari all’Ucraina, dei quali 20 miliardi saranno in armi.
JUST IN: Pres. Biden sends Congress budget request for $33 billion in supplemental aid for Ukraine, saying U.S. has “almost exhausted” previous funds authorized last month.
“Basically, we’re out of money.” https://t.co/L70dB8PGgc pic.twitter.com/p9I3mhhVda
— ABC News Politics (@ABCPolitics) April 28, 2022
Già detta così è guerra perchè quella cifra la spendi per una guerra in prima persona.
Poi se aggiungi che con 20 miliardi si comprano armi di altissimo livello (ovvero quelle necessarie a combattere con i russi) che l’esercito ucraino non è in grado di usare appare abbastanza evidente che in Ucraina entreranno truppe Nato.
Sono fuori di cotenna. Non è che ho altro da dire.
E se fossimo stati neutrali anche per il Vietnam? – Roberto Massari
Dedicato ai miei compagni di Kiev e Odessa che lottano contro l’invasione russa e per la libertà dell’Ucraina (r.m.).
«Come l’invasione americana dell’Iraq e l’invasione della Polonia da parte di Hitler e Stalin, l’invasione russa dell’Ucraina è un esempio da manuale di ciò che il tribunale di Norimberga ha definito il “crimine internazionale supremo, che differisce dagli altri crimini di guerra in quanto contiene in sé la somma di tutti i mali”».
Noam Chomsky, 20 aprile 2022
1.Gli hitlero-comunisti
Questa mia riflessione non intende polemizzare con i «filoputiniani», vale a dire con coloro che si dichiarano apertamente favorevoli all’aggressione contro l’Ucraina. Fuori dai Paesi della Federazione Russa costoro sono pochi e sono per lo più confinati in ristretti circoli di provenienza hitlero-comunista. Sono infatti gli eredi spirituali dell’invasione della Polonia nel 1939 ad opera del nazismo e dello stalinismo alleati per quasi un biennio, ed eredi delle guerre di conquista sovietiche previste dal Patto con Hitler (Lettonia, Estonia, Lituania, Bessarabia, Bucovina settentrionale), oltre che dell’aggressione fallita alla Finlandia: quelle guerre di conquista fruttarono al nazismo un ampliamento territoriale di circa 800.000 km quadrati, all’Urss di Stalin circa 422.000 kmq.
Ma gli odierni hitlero-comunisti sono anche sostenitori di tutte le successive aggressioni sovietiche contro Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan, Cecenia, Georgia, Ucraina del 2014 e l’attuale. Sono tristi residui dello stalinismo, persone o gruppi reazionari nel vero senso della parola(giacché condividono il sogno putiniano di ricostruire l’Impero zarista in pieno secolo XXI!), nemici giurati dell’autodeterminazione dei popoli, ammiratori del regime semidittatoriale russo, indifferenti ai danni ecologici provocati anche da queste guerre di conquista, irresponsabili sottovalutatori delle minacce di guerra atomica profferite da Putin, insensibili ai crimini contro l’umanità che il governo russo sta commettendo in Ucraina. Insomma, sono un’autentica schifezza umana e intellettuale, e la definizione di «hitlero-comunisti» si attaglia perfettamente alla loro ostentata disumanità.
I nemici però non sono mai degli interlocutori; con loro non è possibile polemizzare, e con i «putiniani» in modo particolare: perché se io stessi in Ucraina sparerebbero addosso a me e alla mia famiglia, e poi getterebbero i nostri corpi in una fossa comune. Ma il dramma è che anch’io sarei costretto a reagire e quindi a cercare di ucciderli, in difesa della mia persona, della mia famiglia, della mia cultura, del mio popolo.
Del resto considero da tempo gli hitlero-comunisti nei Paesi esterni alla Federazione Russa come persone affette da seri disagi mentali, da disturbi della personalità e da turbe di natura psicopatologica: lo dimostra anche l‘entusiasmo sadicocon cui salutano ogni possibile versamento di sangue «altrui» o l’eliminazione fisica degli oppositori interni al regime putiniano o a qualsiasi altro regime legato a tradizioni staliniste, come ancora oggigiorno avviene in paesi che sono in cima alla graduatoria mondiale per esecuzioni di condanne a morte, come la Cina o la Corea.
2.Il falso pacifismo
La polemica qui è invece rivolta al variegato mondo del falso pacifismo, composto per lo più da persone o gruppi con i quali vale ancora la pena di polemizzare. Ciò nella speranza di convincere qualcuno o qualcuna che la posizione neutralistica «né con la Russia, né con la Nato» – formula da cui è clamorosamente escluso proprio il diretto interessato, cioè il martirio del popolo ucraino – altro non è che una maniera indiretta di appoggiare l’aggressione russa.
Questo atteggiamento di neutralità è infatti ciò che richiede Putin, come hanno sempre richiesto tutti gli invasori prima di lui: che si rimanga neutrali e non s’interferisca con la guerra di conquista scatenata contro un popolo sovrano. Il governo russo sapeva benissimo che il mondo occidentale non avrebbe approvato ufficialmente l’aggressione all’Ucraina, ma proprio per questo faceva affidamento su un atteggiamento di neutralità come era già accaduto con le aggressioni alla Georgia nel 2008 e all’Ucraina nel 2014.
È la stessa neutralità che, per esempio, avrebbe fatto tanto comodo agli Usa al tempo dell’aggressione al Vietnam. Ma a quell’epoca, chi si sarebbe sognato di dire «né con gli Usa, né con l’Urss» (e in sottordine «né con la Cina»)?
Eppure sapevamo che il Vietnam resisteva solo grazie alle armi che gli fornivano due paesi che svolgevano da tempo ruoli assolutamente reazionari, in maniera diversa dagli Stati Uniti, ma non per questo in forma più accettabile: la dittatura russa di Breznev, con alle spalle l’invasione dell’Ungheria e in procinto d’invadere la Cecoslovacchia, mentre proseguiva l’oppressione delle minoranze interne e veniva soffocata qualsiasi voce di dissenso; e la Cina di Mao, appena reduce dallo sterminio di decine di milioni di contadini con la politica folle del «Grande balzo» e già colpevole di stragi di operai in occasione degli scioperi di Canton e di Shanghai.
Del resto, lo stesso regime nordvietnamita non brillava certo per democrazia e rispetto delle dissidenze: il gruppo dirigente di Ho Chi Minh si era formato alla scuola dello stalinismo, aveva imposto una dittatura sterminando ogni opposizione interna (tra cui la splendida figura dell’oppositore comunista Ta Thu Thau) e si vedrà poi che, appena libero dall’aggressione statunitense, il Vietnam riunificato procederà all’invasione della Cambogia (durata dal 1978 al 1990).
Ebbene, quel pacifismo non neutralistico degli anni ‘60 diede vita al più grande movimento internazionale di protesta contro l’aggressione a un popolo sovrano che si sia mai visto fino ad oggi.
Ed esso fu unitario benché al suo interno ci fossero orientamenti ideologici, politici, religiosi, sindacali tra i più diversi: c’erano liberals, socialisti, comunisti e anticomunisti ecc.; cattolici, protestanti, buddisti ecc.; ammiratori del regime vietnamita e suoi critici (come il sottoscritto); c’era chi chiedeva semplicemente il ritiro delle truppe Usa, chi lottava per un «Vietnam libero» e chi per un «Vietnam rosso» (come il sottoscritto, ma anche tanti altri al mondo). Diversi obiettivi e diverse provenienze ideali non impedivano di schierarsi unitariamente dalla parte del popolo aggredito e contro l’aggressore.
Il Tribunale Russell dei popoli sintetizzò magnificamente questa pluralità di motivazioni e obiettivi. Nessuno fu neutrale all’interno del movimento di solidarietà mondiale: tutti volevano il ritiro delle truppe Usa (che equivaleva a una vittoria del popolo vietnamita), qualsiasi cosa intendesse ognuno con tale obiettivo e col regime a seguire.
Era autentico pacifismo non-neutralistico: si stava dalla parte del popolo aggredito indipendentemente dal giudizio che si dava del suo regime e anche degli Stati che lo stavano aiutando a resistere. Si sapeva che questi lo facevano, ovviamente, solo per proprie finalità politiche, ma la realtà era che lo facevano e questo era ciò che importava finché l’aggressione non fosse terminata…
risponde Miguel Martinez:
Caro Roberto,
quanto dipende dalle nostre esperienze personali!
Innanzitutto apprezzo la tua intelligenza e coerenza, e condivido la poca simpatia per chi si schiera “a favore della Russia”.
Dentro il tuo sistema di riferimento, il tuo discorso non fa una grinza.
Ma nell’essenziale, cerco di capire perché i miei sentimenti sono così diversi.
Sento in quello che scrivi tutto lo spirito bellico del movimento comunista, che cerca sempre la soluzione finale: in fondo, la lotta di classe è l’estremo esempio di The War to End All Wars. Ammazzeremo e ci faremo ammazzare finché non finiscono tutte le guerre!
Esiste la classe, la causa, la nazione A.
Oppressa, attaccata da B, tocca quindi contrattaccare, giù in fondo! Da eroi, anzi noi comunisti siamo supereroi perché siamo così umili nel sacrificio che non chiediamo nemmeno un monumento!
Perché comunque c’è da vincerla, questa guerra (ma Marx non aveva detto qualcosa sulla dialettica, che mi sembra un pensiero più ricco?).
Io invece mi sento in modo completamente diverso, e so che tu, pur non condividendo, hai la rara serenità d’animo per ascoltare (e giustamente, non essere d’accordo).
Mi trovo a essere piccolo quanto può essere un traduttore di manuali tecnici, in un piccolo rione di un piccolo paese, su di un pianeta che dopo una surreale, logaritmica esplosione energetica, sta collassando per crisi ambientale, picco delle risorse, immensi sistemi tecnologici che si illudono di dominare la situazione militarmente e intanto ci divorano.
Proprio per questo la terra si spacca inevitabilmente lungo antiche faglie storiche – in quella striscia che unisce Danzica, Sarajevo e Kiev, si spacca per la terza volta in un secolo il mondo.
Poi la faglia prosegue tremenda giù per il Caucaso tra armeni massacrati e massacratori e curdi massacrati e massacratori, per la Mesopotamia con le acque che diventano deserto, insomma la ferrovia Berlino-Baghdad.
Questa faglia ha avuto tanti Cattivi che possiamo accusare, da Gavrilo Princip a Putin, da Ocalan a Khomeini, da Saddam Hussein a al-Baghdadi, da Assad allo Scià.
Ma è la faglia che fa la guerra, loro sono solo gli attori.
Siamo alle soglie dell’apocalisse, una piccola pandemia e una guerra locale sono il meno dei nostri problemi.
“Seghe mentali! Tu da che parte stai?!”
La storia ci insegna che chi nel 1914 ha tifato Austria Ungheria ha perso un impero; ma chi ha tifato Serbia ha perso metà dei suoi uomini; chi ha tifato lo Zar se l’è trovato fucilato in uno scantinato; chi ha tifato Italia siètrovato il fascismo; chi ha tifato Kaiser se l’è trovato in esilio, e il tifoso ha avuto i figli morti in trincea e poi ha perso la casa, e tutti i tifosi di ogni parte si sono trovati una seconda guerra mondiale poco dopo.
Scritta vista a Sant’Apollonia: LA STORIA INSEGNA, MA NON HA SCOLARI.
Ha senso mettermi a fare la mosca cocchiera che dice ai Giganti del Mondo cosa devono fare?
E anche se vincessero quelli per cui io tifo da lontano… Frances Fitzgerald mi ha fatto appassionare alla resistenza vietnamita, ma cos’è il Vietnam di oggi nell’economia mondiale delle cose? Per chi sono morti quei milioni di vietnamiti?
Credo che il mio unico dovere morale sia aiutare a evitare che il rione del Drago Verde del Quartiere di Santo Spirito si faccia contagiare dal massacro.
Parli di resa.
Bene, e se i russi o gli israeliani o gli americani o i cinesi entrano qui con i loro carri armati, sarò il primo a chiedere la resa, per salvare il tabernacolo del Giottino, il tasso sacro nel giardino, Dimitri l’artigiano https://kelebeklerblog.com/2021/05/08/dalla-parte-dei-capillari/ le cui borse valgono più di tutte le bandiere tricolore.
La resistenza vera inizia un minuto dopo la resa.
Càlati juncu ca passa a china.
I meccanismi della violenza nella guerra in Ucraina – Carlo Bellisai
Tento qui di fare, per altro in modo artigianale e senza alcuna pretesa scientifica, una succinta applicazione dei meccanismi della violenza secondo il metodo di Pat Patfoort (“Difendersi senza aggredire”- Pisa University Press) alla guerra in Ucraina. Per inciso i meccanismi della violenza sono tre: l’escalation, la catena della violenza, l’interiorizzazione della violenza. Secondo il modello dell’antropologa e mediatrice internazionale, la violenza si basa sul sistema Maggiore-minore: chi è in posizione Maggiore tiene sotto scacco chi è in posizione minore. Ma queste posizioni non sono fisse, bensì dinamiche.
- L’ESCALATION
Cominciamo da Putin.
Putin è abituato ad essere in posizione Maggiore (M) in Russia, dove governa da oltre un ventennio, avendo modificato perfino la Costituzione allo scopo di poter essere rieletto. E’ abituato ad essere in M anche coi paesi ex sovietici nella sua orbita (Bielorussia, Georgia, Ossezia, senza scordare la Cecenia).
Putin si sente messo in posizione di minore (m) dall’allargamento della NATO agli ex-paesi satellite dell’est Europa, reagisce rialzandosi alla posizione M con l’annessione della Crimea nel 2014 e l’appoggio alla guerriglia separatista nel Dombass.
Putin si sente rimesso ancora in posizione m, perché gli Stati Uniti armano i battaglioni ucraini contro i separatisti filo-russi e si prospetta un allargamento della NATO all’Ucraina. Reagisce ancora rialzando la posta ed invadendo l’Ucraina, per tornare in posizione M.
Ora proviamo con Biden, tenendo conto che è al potere da poco tempo rispetto a Putin, ma che incarna la politica estera nordamericana che, qualunque sia il Presidente, ha l’obiettivo della supremazia mondiale.
Biden rappresenta da poco la M Maggiore degli USA, votati al dominio planetario dopo il crollo dell’URSS del 1991. In una repubblica presidenziale il presidente deve mantenere una posizione M.
Biden si sente messo in posizione m minore dall’appoggio della Russia ai separatisti del Dombass, perché lo percepisce come una potenziale aggressione alla NATO. Reagisce fornendo armi all’esercito ucraino, per ritornare in M.
Biden si sente di nuovo messo in m, quando l’esercito russo a fine febbraio 2022 invade l’Ucraina. Reagisce rimettendosi in M, con le sanzioni economiche alla Russia e l’invio di armi pesanti e droni al governo ucraino.
Il fenomeno che abbiamo descritto si chiama ESCALATION. Ciascuno dei contendenti non vuole essere messo in m e reagisce contro l’altro, per rimettersi in M. Il pericolo dell’escalation è che tende a perpetuarsi da sola, per inerzia, se nessuno dei contendenti ne esce, con l’impiego di armi sempre più distruttive…
Guerre e bugie – Yurii Sheliazhenko
In un video in cui commenta un’intervista rilasciata dal premier del Regno Unito a Sky News, Yurii Sheliazhenko, segretario del Movimento Pacifista Ucraino, smonta una a una le falsità sostenute dal Primo Ministro britannico
Tradotto da Sara Menegatti per PeaceLink
Un saluto ai bambini, ma anche ai grandi, dall’Ucraina. Esordisce con queste parole Yurii Sheliazhenko, esponente di primo piano del Movimento Pacifista Ucraino, in un video in cui mostra come il Primo Ministro britannico Boris Johnson abbia mentito ai bambini del Regno Unito sulla guerra in corso. E per farlo analizza e denuncia una a una tutte le menzogne da lui raccontate nella video intervista “FYI – Kids Grill Boris Johnson” trasmessa da Sky News. Iniziando dalla prima.
In risposta alle paure dei ragazzi sulla possibilità che scoppi una Terza Guerra Mondiale e sull’uso di armi nucleari, Johnson afferma lapidario come sia importante comprendere ciò che sta accadendo. Si tratta di una guerra convenzionale iniziata dal presidente russo Vladimir Putin allo scopo di conquistare, soggiogare, distruggere l’Ucraina: una nazione totalmente innocente, così come innocente è il suo popolo, che nulla ha fatto di sbagliato. E’ sua opinione che non sia stata mai così chiara la distinzione tra bene e male.
Davanti a queste affermazioni, Sheliazhenko non può non chiarire come stiano le cose in realtà. Non tutti in Ucraina sono innocenti, così come non tutti i russi. Sono in molti, da entrambe le parti, ad odiarsi e ad uccidersi reciprocamente. Lo sforzo bellico di Putin è indubbiamente il male, ma quasi ogni giorno, nei sette anni che hanno preceduto l’invasione russa in Ucraina, da ambo le parti vi è stata una sistematica violazione degli accordi di cessate il fuoco in Donbass e migliaia di persone sono state uccise. Non esiste un solo motivo valido che giustifichi odio e uccisioni. Nessuno può dirsi innocente. Nemmeno chi, come sta facendo il presidente ucraino Zelenskyj, vuole trasformare il proprio popolo in un esercito.
Proseguendo con le sue bugie, il premier del Regno Unito sostiene che si debba fare di più per supportare la nazione invasa e sottolinea la necessità di non permettere che Putin inquadri i fatti secondo la sua visione per la quale si tratterebbe di un conflitto tra lui e l’Occidente. Ribadisce come sia il presidente russo a cercare di distruggere l’Ucraina.
Con in mente queste parole, risulta sorprendente ciò che lo stesso Johnson dichiarava in un suo precedente discorso, nel quale ammetteva chiaramente l’esatto opposto, elogiando ed incoraggiando una sempre maggiore unità tra gli stati alleati dell’Occidente per assicurare lo scacco del leader russo.
La verità è che Usa, Regno Unito e altre nazioni occidentali hanno costituito un’alleanza militare, la NATO, allo scopo di affermare la propria supremazia su Cina, Russia e altre nazioni dell’Est. Alleanza che si è progressivamente allargata ad oriente. Entrambe le parti non si sentono al sicuro, ma invece di dialogare si lanciano reciprocamente accuse e minacce, con il rischio di dare vita ad un’escalation che potrebbe portare ad una guerra nucleare e alla distruzione della vita su questo pianeta. Russia da un lato ed Occidente dall’altro hanno cercato di imporre all’Ucraina di scegliere con chi schierarsi, nonostante quest’ultima cercasse piuttosto di mantenere rapporti distesi con entrambi. Hanno incoraggiato i loro amici in Ucraina a combattere e ad uccidersi gli uni gli altri, fornendo loro grandi quantità di armi e facendone un ostaggio dell’ostilità che domina i rapporti tra Est ed Ovest.
Non pago, Johnson mente ancora e lo fa chiamando in causa la Corte Internazionale di Giustizia. Secondo quanto afferma, la Corte avrebbe stabilito che quello che si sta compiendo sia un genocidio, che Putin sia responsabile di crimini di guerra e che non gli resti che ritirarsi e porre immediatamente fine al conflitto.
La verità è che la Corte non si è espressa in questo senso. Allo stato attuale Putin non è sotto processo per crimini di guerra. I fatti dicono chiaramente che è l’Ucraina a chiedere alla Corte Internazionale di pronunciarsi sulla correttezza degli atti che la Russia sta commettendo. Nulla è stato deciso, ma potrebbe arrivare l’emanazione di inibizione futura a compiere atti che trasgrediscano il diritto internazionale, applicando misure di tipo preventivo: una richiesta formale alla Russia di interrompere l’intervento militare in Ucraina e che entrambi gli stati non cerchino reciprocamente uno sterminio di massa dei civili, atto che configurerebbe a tutti gli effetti un genocidio.
Per quale motivo è così importante denunciare il fatto che il primo ministro britannico stia mentendo ai giovani sulla guerra in corso? A questo interrogativo Sheliazhenko risponde con amarezza sottolineando come mentire, riducendo quello che sta accadendo ad uno scontro tra buoni e cattivi, sia un pessimo esempio per le nuove generazioni, ma anche per gli adulti di oggi.
Al contrario agire secondo le regole, comportarsi in modo corretto, evitare di distorcere i fatti dovrebbero essere capisaldi per evitare di gettare benzina sul fuoco della guerra in atto.
Yurii Sheliazhenko vive a Kiev, capitale ucraina scossa dagli attacchi missilistici russi. Nonostante la situazione di estremo pericolo in cui si trova, continua a rimanere perché il presidente Zelenskyj sta cercando di coscrivere tutti gli uomini per farne soldati e ordinare loro di uccidere i russi. Gli è vietato lasciare l’Ucraina e se tentasse di partire potrebbe essere arruolato nell’esercito contro la sua volontà. Come pacifista, non imbraccerà mai un fucile né ucciderà mai nessuno. Non si può andare contro la propria coscienza, anche se questo potrebbe significare cinque anni di carcere. La guerra è sbagliata, perché è sbagliato uccidere.
Lo Statuto delle Nazioni Unite riporta i principi fondanti per una convivenza pacifica tra i popoli e gli Stati e ad essa si dovrebbe guardare come ad un punto di partenza per iniziare dei veri colloqui di pace, invitando a sedere allo stesso tavolo Putin, Zelenskyj e Biden. Trovare un accordo su come vivere insieme in pace sul nostro suolo comune è più che mai urgente. Aiuti militari, minacce e sanzioni non concorreranno certamente a porre fine agli spargimenti di sangue né potranno porre le basi di una distensione. Tuttavia, se ciascuno di noi rifiuterà di credere alla bugia secondo cui i buoni devono uccidere i cattivi, nessun leader politico oserà più mentire né finanziare nuove guerre. Se tutti rifiutassero di uccidere, non ci sarebbero più conflitti.
Costruire un mondo migliore è possibile: un mondo senza eserciti né confini; un pianeta libero e felice; una casa comune per tutti i popoli; verità e amore che abbraccino insieme Oriente ed Occidente.
Un mondo in cui tutti i bambini possano giocare.
Tradotto da Sara Menegatti per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l’autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: “Don’t lie like Boris Johnson”
disarmare pace e libertà – Enrico Euli
…Non esiste diritto alla resistenza armata, non può esistere una guerra giusta.
Dobbiamo liberarci di questi vasi, se vogliamo smettere di essere mostri e divenire umani.
Se qualcuno ci invade, lasciamogli occupare i nostri territori, ma non le nostre menti.
Non facciamoci militarizzare, non opponiamoci con i suoi stessi mezzi.
I costi di un’occupazione che si scontra contro una resistenza armata -lo vediamo- sono altissimi ed irrecuperabili: perdite umane e materiali, brutalizzazione crescente, allontanamento di ogni prospettiva negoziale, irrefrenabili escalation.
Se non è stata già predisposta una difesa popolare nonviolenta (come da decenni propongono i movimenti e gli studiosi antimilitaristi), non abbiamo alternative: accettare l’occupazione e organizzare la lotta soltanto in seguito (così come, peraltro, è accaduto nella stessa resistenza partigiana non solo in Italia, ma anche in Francia, Danimarca e Norvegia: tutte lotte, infatti, sopraggiunte solo ad occupazione avvenuta).
La maggioranza degli ucraini ha voluto resistere da subito con le (nostre) armi ?
Ma sbagliavano, e sbagliano.
Sta a noi correggerli e smettere di assecondarli.
Se facciamo il contrario, non ci interessa la loro ‘libertà’, ma la loro distruzione per il nostro dominio.
Insisto.
Pace è ormai soltanto una parola consumata, ambigua, pervertita.
Il pacifismo è morto e va superato.
Dobbiamo liberarcene.
L’alternativa alla guerra non sono il dialogo e la diplomazia, non è la politica.
L’alternativa alla guerra può essere soltanto la nonviolenza integrale, cioè il disarmo (degli stati, dei popoli, delle relazioni, delle coscienze).
Se la Chiesa vuole la pace, la smetta di ordinare i cappellani militari e di benedire le armi e gli eserciti.
Se i sindacati vogliono la pace, la smettano di far produrre armi ai loro iscritti.
Se i politici vogliono la pace, non votino e non finanzino il riarmo.
Sino a quando non faranno questo, dovrebbero essere esclusi dalle marce per la pace.
Ed invece (ieri, 24 aprile, a due mesi dall’inizio della guerra), non solo vi partecipano, ma le organizzano.
Così come oggi organizzano i cortei per la liberazione, per proseguire a mantenerci schiavi.
GLI AEREI USA DI SIGONELLA E I MISTERI DELL’AFFONDAMENTO DELL’INCROCIATORE RUSSO NEL MAR NERO – Antonio Mazzeo
L’affondamento dell’incrociatore russo “Moskva” a largo di Odessa dopo essere stato colpito da uno o più missili, mercoledì 13 aprile. Certamente l’evento più traumatico per le forze armate e l’opinione pubblica della Federazione Russa in questi due primi mesi di guerra all’Ucraina.
Sono ancora fittissimi i misteri sulle dinamiche e sulle unità ucraine protagoniste dell’attacco, top secret il numero delle vittime. Un elemento a dir poco imbarazzante è però stato accertato: l’intera operazione militare contro la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero è stata “monitorata” e registrata a poche miglia di distanza da un pattugliatore marittimo Boeing P-8A “Poseidon” della Marina militare USA, decollato qualche ora prima dalla stazione aeronavale di Sigonella.
Sulla centralità della grande base militare USA e NATO “ospitata” in Sicilia per le operazioni di intelligence nel sanguinoso conflitto Russia-Ucraina si è soffermato un articolo comparso il 20 aprile sull’autorevole quotidiano londinese The Times, prontamente ripreso dal francese Le Figaro e – solo parzialmente – da alcuni organi di stampa italiani. Oggetto dell’inchiesta le evoluzioni aeree in Mar Nero del pattugliatore “Poseidon” prima e durante l’attacco contro l’incrociatore lanciamissili russo. Una missione, quella dell’aereo USA partito da Sigonella, che potrebbe aver contribuito in maniera determinante al “successo” dell’operazione delle forze armate di Kiev.
“Un Boeing P8 Poseidon era a meno di 100 miglia dal Moskva il giorno che l’incrociatore russo ha subito un danneggiamento catastrofico”, esordisce The Times. “Si crede che centinaia di marinai siano morti quando l’unità ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero è stata colpita da almeno un missile ucraino anti-nave Neptune. Il suo affondamento ha drammaticamente ridotto la probabilità di un assalto anfibio su Odessa e ha inferto un colpo all’operatività della Russia nel Mar Nero”…
L’Italia non può aderire al patto di Ramstein: non possiamo inviare armi offensive, l’articolo 11 non lo consente – Andrea Pubusa
A Ramstein, non a caso una base Nato, gli USA hanno riunito non solo i membri della Nato, ma anche “i volenterosi” contro la Russia. Son venuti da ogni parte del mondo ed hanno assunto una decisione storica: sconfiggere la Russia e ridurla alla merce’ delle potenze occidentali. Questa e’ la mission emersa da Ramstein, se non una dichiarazione di guerra vera e propria, certo un monito preliminare o un preavviso.
Ora, fra i presenti in quel consesso di guerra c’era anche Guerrini, il nostro ministro della difesa. Ma l’Italia può aderire al deliberato offensivo di Ramstein? O incontra degli ostacoli prima che politici, costituzionali? Secondo noi l’art. 11 non consente alcun invio di armi, ma a quei pacifisti che lo hanno ammesso per la difesa dell’Ucraina, chiediamo ora se lo spirito indiscutibilmente difensivo degli articoli 11 e 52 Cost. ch’essi hanno invocato a sostegno della loro tesi, consente di andare oltre e di inviare armi offensive? Consente di aderire all’auspicio di Boris Johnson, e cioè di attaccare la Russia?
La risposta auspichiamo sia negativa in modo da riunificare tutto mondo pacifista su una linea che chiede al nostro Parlamento e al Governo di attenersi al rigoroso rispetto della Costituzione, e cioè ad un sostegno strettamente difensivo dell’Ucraina, come ha già detto Conte. Questo è anche l’unico modo per sottrarci agli automatismi della cobelligeranza, mantenendo altresì una posizione che possa vederci protagonisti delle iniziative di pace che gli italiani vogliono e la Costituzione impone. L’alternativa è un ulteriore avvicinamento alla guerra, sempre da scongiurare in qualsivoglia forma.
La “follia della guerra” e il nostro impegno per la pace
Documento dell’associazione Laudato si’
Con il trascorrere dei giorni, non solo la guerra in Ucraina si mostra per quello che sono tutte le guerre – semina di odio e violenza, distruzione di vite, famiglie, umanità, cultura e natura – ma spalanca davanti ai nostri occhi il baratro nucleare, senza che si manifesti la gravitas necessaria a fermare un’escalation fino a due mesi fa impensata e poi del tutto prevedibile, man mano che diventava palese la sua natura di scontro tra superpotenze. L’incontro del segretario Onu con Putin e la riunione dei Paesi NATO nella base di Ramstein non hanno certo impresso una direzione di marcia opposta alla progressione dello scontro. Vediamo invece il proliferare di enormi interessi attorno agli apparati militari e alla produzione bellica, alla contesa di materie prime strategiche e di mercati, assieme a un’eccitazione superomistica che gioca con la pretesa di dominare la potenza tecnica di armi sempre più distruttive
Dalla guerra si esce investendo sulla pace, non finanziando la guerra. Per questo dobbiamo individuare proposte che sperimentino vie nuove, non rassegnate: stare in campo, manifestare, educare alla pace, affermare parole e simboli radicalmente altri da quelli che stanno prendendo corpo nelle menti di chi, per retoriche che guardano al passato, rischia di non vedere la semina di sofferenza, né la concretezza di uno scenario che può mettere fine alla vita civile e democratica in Europa come l’abbiamo conosciuta dai tempi della guerra fredda.
Tenendoci fuori dalle appartenenze ideologiche e sempre dalla parte delle vittime, dobbiamo chiederci non “chi può vincere” la guerra, ma come disattivarla; dobbiamo chiederci “chi possiamo salvare?”. Possiamo, dobbiamo salvare le donne, gli uomini, i bambini sottoposti a una brutale aggressione, i profughi, e anche chi, essendo russo, non è per questo responsabile; dobbiamo salvare i territori lacerati e avvelenati, le aree attorno alle centrali nucleari civili di cui Chernobyl rappresenta il monito più terribile; dobbiamo salvare le nostre stesse esistenze, messe a rischio da quella che papa Francesco ha chiamato “la follia della guerra”, anche nucleare. Ma per farlo è necessario essere pronti a testimoniare per la pace – come hanno fatto migliaia di persone nella marcia Perugia-Assisi dello scorso 24 aprile – e anche a pagare un prezzo, cominciando ad adottare stili di vita e consumi energetici fondati non su energie fossili o nucleari, ma su rinnovabili a dimensione territoriale basate sulla sufficienza.
Occorre superare l’univocità della cornice geopolitica cui i governi fanno riferimento, per affermare a chiare lettere, senza ambiguità, che l’ecologia integrale è il solo orizzonte in cui i conflitti possono trovare una reale ricomposizione. Senza la percezione e la cura delle interconnessioni tra la società umana, l’insieme dei viventi, il mondo della natura e l’universo intero, ogni nuova guerra rischia di farsi globale, fino a scatenare, per una logica intrinseca, la potenza incontrollabile e incommensurabile dell’energia nucleare, rendendo irreversibile la distruzione della vita sulla Terra.
Agli schieramenti precostituiti, anteponiamo un dialogo aperto: la lotta per la supremazia tra superpotenze fa arretrare drammaticamente impegni e risorse che finalmente cominciavano a essere orientati verso politiche di giustizia sociale, partecipazione democratica, conservazione dei beni comuni, contrasto alla catastrofe climatica, fine della guerra – anch’essa tragicamente reale – che da più di un secolo stiamo muovendo contro la natura.
Mai come oggi è evidente l’urgenza di un ripensamento globale, che ci consenta di fermarci prima della catastrofe: basti pensare che il settore militare, oltre a essere per sua natura una macchina di morte, è in assoluto il maggior produttore di gas climalteranti, e che ogni anno stiamo consumando l’equivalente delle risorse di due pianeti e mezzo.
Scrive papa Francesco: “Quando cancelliamo il volto dell’altro, allora possiamo far crepitare il rumore delle armi. Quando l’altro, il suo volto come il suo dolore, ce lo teniamo davanti agli occhi, allora non ci è permesso sfregiarne la dignità con la violenza.”
Nel tempo che ci rimane prima di una crisi irreparabile, dobbiamo riaffermare la centralità dei territori, l’inviolabilità delle vite che li abitano, e rigettare i concetti strategici offensivi che anche il nostro Paese ha adottato nel quadro della NATO, costringendoci – senza mai dichiararlo – a convivere con ordigni atomici nelle basi di Ghedi Torre e Aviano. La presenza di questi armamenti, in contrasto con il Trattato di pace del 1947 e con il Trattato di non proliferazione del 1968, non solo è illegale ma sta mettendo l’Italia a serio rischio di diventare un bersaglio prioritario nell’escalation della minaccia atomica, che sempre più si configura come un confronto per procura tra le due maggiori superpotenze nucleari.
E’ allora necessario chiedere, pretendere, che le nazioni non formalmente in guerra, come l’Italia e tutti gli Stati membri dell’Unione europea, operino da subito per far cessare il fuoco anziché alimentarlo, e per mettere all’ordine del giorno la denuclearizzazione del mondo. Questa impostazione è evidentemente alternativa all’invio di armi ai belligeranti e all’aumento della spesa militare, così come ai continui attacchi alla nostra “casa comune”, di cui viene erosa la bellezza e la generosità – come è stato, da ultimo, nella stupefacente decisione del governo di destinare a base militare il Parco naturale di San Rossore, un’area protetta da più di quarant’anni.
Quando tutto sembra spingere verso la “follia della guerra”, diventa ancor più necessaria la radicalità di un impegno per il buon senso, per la pace, per la capacità di mitezza, anche nel linguaggio. Il disarmo mondiale, la fine delle guerre, l’uguaglianza sociale, la cura, il lavoro dignitoso e l’istruzione per tutti, la libertà di migrare, la fraternità universale, la tutela della biodiversità, la difesa del clima non sono sogni per idealisti, sono obiettivi politici tanto possibili e praticabili quanto ineludibili.
I consigli al governo di Leonardo – Claudia Vago
Un’iniziativa inedita, un progetto pilota che vede coinvolti il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e la Fondazione Med-Or, promossa da Leonardo. Mercoledì 20 aprile Pasquale Terracciano e Marco Minniti hanno firmato «un accordo di collaborazione per la predisposizione di analisi e studi sperimentali di previsione strategica». Ciò «in ambiti di rilievo geopolitico e di interesse per la diplomazia pubblica e culturale».
Un accordo a titolo gratuito
«Vogliamo creare alla Farnesina sempre maggiori sinergie con think tank, fondazioni e centri di ricerca che si occupano di politica estera. Con l’obiettivo di dare vita a una vera e propria foreign policy community», ha spiegato Terracciano, capo della nuova direzione generale al ministero degli Esteri che si occupa di diplomazia pubblica e culturale al quotidiano online Formiche.net.
Secondo lo stesso quotidiano, «la fondazione presieduta da Marco Minniti fornirà al ministero studi e approfondimenti su temi concordati e di interesse comune. Soprattutto in materia di difesa e sicurezza in aree critiche. Documenti a uso interno per i quali non è previsto un corrispettivo economico. Sono strumenti che si aggiungono ai bandi che prevedono la collaborazione di università, enti e istituti specializzati».
Cos’è la Fondazione Med-Or, la “portabandiera” promossa da Leonardo
La Fondazione Med-Or nasce a febbraio 2021 per promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica. Con l’obiettivo di rafforzare scambi e rapporti tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo. Allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso e del Medio ed Estremo Oriente.
Promotore dell’iniziativa è appunto la Leonardo Spa (ex Finmeccanica), la più importante società italiana del settore difesa. Che la sostiene con un Fondo di dotazione pari a 120mila euro. E con un contributo «per finanziare le iniziative attualmente in corso (borse di studio, alta formazione, stage ecc.)» di circa 500mila euro, secondo quanto riferito dalla Fondazione stessa e IrpiMedia. «Med-Or non è un’agenzia pubblica», nota IrpiMedia, «però le assomiglia. È la portabandiera della diplomazia fuori dalla cancelleria: quella delle amicizie, dei rapporti industriali, dei progetti di scambio culturale».
L’influenza dell’industria della difesa sull’agenda politica italiana
La firma dell’accordo preoccupa le organizzazioni della società civile. «Ancora una volta l’industria militare utilizza forme di collaborazione per ricerche ed analisi per indirizzare le scelte politiche», sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo e co-fondatore dell’Osservatorio Mil€x. Preoccupato anche per la natura gratuita dell’accordo. «Stranamente questi accordi non si fanno con le organizzazioni della società civile impegnate nei vari contesti internazionali. Che potrebbero suggerire altre forme di intervento di politica estera e di diplomazia, legate a principi di peace building, di attivazione nonviolenta di dinamiche di gestione dei conflitti, di allargamento di diritti».
È di aprile 2021 un rapporto redatto da Transparency International – Difesa e Sicurezza con il supporto della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili (CILD) e dell’Osservatorio Mil€x che analizza i modi in cui l’industria italiana delle armi esercita un’influenza indebita sull’agenda politica nazionale in materia di difesa e sicurezza. Attraverso donazioni, finanziamenti di think tank, il passaggio da ruoli nel settore pubblico a ruoli nel settore privato e viceversa (il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli”), le aziende del settore della difesa hanno un maggiore accesso a risorse, informazioni e contatti. Che possono tradursi in un’influenza eccessiva sulle politiche legate alla sicurezza nazionale.
Fonte: Valori, notizie di finanza etica ed economia sostenibile
Mentre trovo lineare e condivisibile la presa di posizione dell’Associazione Laudato Sì, faccio molta fatica a sintonizzarmi con la riflessione di Roberto Massari, che enfatizza il termine di Resistenza a proposito di quanto sta avvenendo in Ucraina, dimenticando quanto è avvenuto tra il 2014 e il 20022, ovvero una vera e propria guerra civile combattuta tra le milizie private costituite a questo scopo dagli oligarchi in lotta tra di loro per evidenti interessi economici. Una presunta resistenza sostenuta guarda caso da milizie private statunitensi, forze speciali inglesi, ecc., grazie, non da oggi,all’ invio di armi di ogni tipo sul piano quantitativo e qualitativo. Quindi una guerra per procura, finalizzata a far proseguire all’infinito il conflitto, in netta contrapposizione con chi pervicacemente si batte per la sua cessazione mediante la via diplomatica. Le dichiarazioni incendiarie di Johnson e Biden vanno inquadrate nella guerra informativa in corso, che stranamente Massari elude, precludendogli una visione più complessiva sulle dinamiche geopolitiche.
Dal numero 1 della rivista di geopolitica ” Dominio ” ( euri 10 ), da poco in edicola, leggo questa mattina un saggio dedicato alla storica pulsione antirussa da parte del Leone inglese a firma dello storico Elia Morelli.Due dati sono interessanti : sulla base di un accordo con l’Ucraina del 2020 la Gran Bretagna si è impegnata a investire 1,25 miliardi di sterline nel potenziamento della marina di Kiev. Con lo scoppio della guerra la G.B ha rifornito l’esercito ucraino fino ai denti, attraverso sistemi militari difensivi anticarro a corto raggio, missili antiaerei e antinave.Scopo dichiarato è quello di ” impantanare nelle estese pianure sarmatiche l’armata rossa, fino a dissanguarla ” Anche se la narrativa inglese non ci sorprende, dato il rapporto stretto con gli USA, vi confermo che avete letto bene quali sono i propositi dell’Anglosfera.