i nomi degli assassinati, Ilan Pappe, Demetrio Statos e molto altro
di Francesco Masala(*),
cercando in rete si trova tanto su quello che sta succedendo a Gaza nell’ultimo mese, e che nessuna tv vuole o può dire, tranne quella palestinese.
Alla famiglia della millesima vittima del massacro genocida israeliano a Gaza – Ilan Pappe
Non so ancora chi fosse il vostro caro. Avrebbe potuto essere un bimbo di pochi mesi, o un ragazzo giovane, un nonno o uno dei vostri figli o genitori. Ho sentito parlare della morte del vostro caro da Chico Menashe, un commentatore politico di Reshet Bet, la principale stazione radio di Israele.
Ha spiegato che l’uccisione del vostro amato, così come la trasformazione i quartieri di Gaza in macerie e l’allontanamento di 150.000 persone dalle loro case, è parte di una strategia israeliana ben calcolata: questa carneficina distruggerà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane.
Ho sentito questo mentre leggevo nell’edizione del 25 luglio del presunto rispettabile quotidiano Haaretz le parole del non così rispettabile storico Benny Morris sul fatto che questo non sia ancora abbastanza.
Egli chiama le politiche di genocidio attuate finora “refisut” – debolezza della mente e dello spirito. Egli esige molta più distruzione di massa in futuro con la consapevolezza che questo è il modo giusto di comportarsi se si vuole difendere la nostra “villa nella giungla”, come l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak ha descritto Israele.
Deserto inumano
Sì, ho paura a dire che i media israeliani e il mondo accademico sono completamente dietro la strage a parte poche voci difficilmente udibili in questo deserto disumano. Non scrivo questo per dirvi che mi vergogno – mi sono dissociato molto tempo fa da questa ideologia di stato e faccio tutto il possibile come un individuo per affrontarla e sconfiggerla. Probabilmente non è stato sufficiente; siamo tutti inibiti da momenti di vigliaccheria, egoismo e forse l’impulso naturale di prendersi cura della nostra famiglia e dei nostri cari.
Eppure sento il bisogno oggi di fare una promessa a te, una promessa che nessuno dei tedeschi che mio padre conosceva durante il periodo del regime nazista era disposto a fare per lui quando i teppisti hanno commesso il genocidio contro la sua famiglia. Questo non è niente di più di un piccolo impegno nel vostro momento di dolore, ma è il meglio che possa offrire e non dire niente non è un’opzione. E non fare nulla è anche meno di un’opzione.
Siamo nel 2014 e la distruzione di Gaza è ben documentata. Questo non è 1948, quando i palestinesi hanno dovuto faticare non poco per raccontare la loro storia di orrore; molti dei crimini commessi allora dai sionisti sono stati nascosti e non sono mai venuti alla luce, anche fino ad oggi. Così il mio primo e semplice impegno è quello di registrare, informare e insistere sulla verità.
La mia vecchia università, l’Università di Haifa, ha reclutato i suoi studenti per diffondere le menzogne di Israele in tutto il mondo utilizzando Internet. Ma questo è il 2014 e la propaganda di questo genere non regge.
Impegno per il boicottaggio
Ma sicuramente questo non è sufficiente. Mi impegno a continuare lo sforzo di boicottare uno Stato che commette tali crimini. Solo quando l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee espellerà Israele, quando la comunità accademica si rifiuterà di avere rapporti istituzionali con Israele, quando le compagnie aeree esiteranno a volare lì, e quando ogni gruppo che può perdere denaro a causa di un atteggiamento etico nel breve termine capirà che a lungo andare si guadagnerà sia moralmente che finanziariamente – solo allora inizieremo a onorare la vostra perdita.
Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) ha avuto molti successi e continua il suo instancabile lavoro. Gli ostacoli sono ancora la falsa accusa di antisemitismo e il cinismo dei politici. Ecco perché un’iniziativa onorevole di architetti britannici di forzare i loro colleghi in Israele a prendere una posizione morale piuttosto che essere complici nella colonizzazione criminale della terra è stata bloccata all’ultimo momento.
Iniziative simili sono state sabotate altrove da politici senza spina dorsale in Europa e negli Stati Uniti. Ma il mio impegno è quello di essere parte dello sforzo per superare questi ostacoli. La memoria del vostro caro sarà la forza trainante, insieme al vivo ricordo delle sofferenze dei palestinesi nel 1948 e da allora.
Macello
Lo faccio egoisticamente. Prego e spero che in questo momento, il peggiore della vostre vite in cui i palestinesi stanno a Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City a guardare il macello creato da aerei da guerra israeliani, carri armati e artiglieria, voi non perdiate la speranza nell’umanità.
Questa umanità comprende anche israeliani, quelli che non hanno il coraggio di parlare, ma che esprimono il loro orrore in privato come attestano le mie traboccanti caselle di posta e Facebook, così come la piccola manciata che manifesta pubblicamente contro il genocidio incrementale a Gaza.
Essa comprende anche quelli non ancora nati, che forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che insegna loro, dalla culla alla tomba, a disumanizzare i palestinesi a un livello tale che ardere vivo un ragazzo palestinese di sedici anni non riesce a commuoverli o a distruggere la loro fede nel loro governo, nell’esercito o nella religione.
Sconfitti
Per il loro, il mio e il vostro bene, mi auguro che potremo anche sognare il giorno seguente – quando il sionismo sarà sconfitto come l’ideologia che governa le nostre vite tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo e tutti noi avremo la vita normale che desideriamo e meritiamo.
Quindi mi impegno oggi a non essere distratto anche da amici e dirigenti palestinesi che ancora stupidamente ripongono le loro speranze nell’ormai datata “soluzione a due stati”. Se uno ha l’impulso di essere coinvolto nel portare un cambiamento di regime in Palestina, l’unica ragione per fare questo è lottare per la parità di diritti umani e civili e la piena restituzione per tutti coloro che sono e sono stati vittime del sionismo, dentro e fuori l’amata terra di Palestina.
Possa la vostra persona amata riposare in pace sapendo che la sua morte non è stata vana – e non perché sarà vendicato. Non abbiamo bisogno di ulteriori spargimenti di sangue. Credo ancora ci sia un modo per portare i sistemi malvagi verso loro fine con la potenza di umanità e moralità.
Giustizia significa anche portare gli assassini che hanno ucciso la vostra persona amata e tanti altri in tribunale, e dobbiamo perseguire i criminali di guerra di Israele nei tribunali internazionali.
E’ un modo molto più lungo e, a volte, anche io sento l’impulso di far parte di quelli che utilizzano la forza bruta per mettere fine alla disumanità. Ma mi impegno a lavorare per la giustizia, la piena giustizia, la giustizia riparatoria.
Questo è quello che posso promettere: lavorare per evitare la prossima fase della pulizia etnica della Palestina e il genocidio dei palestinesi a Gaza.
meglio non fare nomi, potrebbero disturbare la cena delle pie famiglie israeliane davanti alla tv
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=qcTbMOabFhg]
IBA, la TV e Radio pubblica israeliana, ha rifiutato di trasmettere un spot realizzato dall’organizzazione pacifista B’Tselem dove sono elencati i nomi dei bambini morti durante l’invasione di Gaza effettuata durante l’operazione “Protective Edge”. La radio pubblica ha motivato la sua decisione di non diffondere questo spot alla luce della sua “controversia politica”, rimarcando come un simile contenuto fosse di tipo informativo e non pubblicitario. B’Tselem ha realizzato questo video per incoraggiare un dibattito pubblico sul tema delle vittime dell’operazione “Protective Edge”, e sul suo sito l’organizzazione pacifista che documenta le violazioni dei diritti umani nei Territori occupati evidenzia come “il rifiuto non sia affatto neutrale. La decisione di non trasmettere lo spot è una significativa dichiarazione in favore del silenziamento del dibattito pubblico sul massiccio prezzo che i civili di Gaza stanno pagando per questa operazione”. B’Tselem ha reagito alla “censura” diffondendo il video sulla sua pagina Facebook e sugli altri canali social, così raggiungendo un numero significativo di visualizzazioni. I principali giornali israeliani stanno inoltre riferendo dello spot non trasmesso dalla Radio pubblica del paese, IBA.
Il direttore esecutivo di B’Tselem Hagai El-Ad ha evidenziato come i media israeliani non stiano diffondendo i nomi delle vittime palestinesi. «Per portare il pubblico a conoscenza di questi fatti abbiamo dovuto realizzare uno spot radiofonico noi stessi. La nostra richiesta però è stata bocciata in base all’ipotetica asserzione che gli organi di informazione debbano trasmettere i nomi. Il risultato di questo ragionamento circolare è che un tema così urgente ed importante sui diritti umani sia stato effettivamente silenziato e cancellato dai media, sia nelle trasmissioni di informazione e sia nella pubblicità radiofonica”.
la lista dei bambini palestinesi (fino a 15 anni) uccisi dall’inizio delle operazioni fino al 21 luglio 2014:
Umamah Ousamah Khalil al-Hayah, 8
Osamah Mahmoud al-Astal, 6
Ahmad Ayman Siyam, 15
Ahmad Nael Mahdi, 15
Ahmad Na’Im Muhammad Musalam, 11
Ahmad Sufian a-Jamal, 9
Ahmad Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 8
Ibrahim Jamal Kamal Naser, 13
Ibrahim Khalil ‘Abd ‘Amar, 12
Ibrahim Ramadan Abu Daqah, 10
Aya Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 12
Ayub Ahmad Abu Jame’, 10
Iman Khalil ‘Abd ‘Amar, 9
Islam al-Qasas, 15
Isma’il Muhammad Subhi Baker, 9
Israa al-Qasas, 7
Elyas Ibrahim Dib al-Kulani, 4
Amal Bahaa al-Batsh, 2
Amjad Salem Khamis Sha’t, 15
Amir Iyad Salem ‘Arif, 11
Anas ‘Alaa Subhi al-Batsh, 10
Asil al-Masri, 15
Asil Wisam Marzuq Sheheibar, 7
Arwa al-Qasas, 4
Basem Salem Kaware’, 10
Bader Siyam, 4
“Bisan Basem Ahmad Abu Jame’, 6 months”, 6 month
Bitul Basam Ahmad Abu Jame’, 4
Jawdat Ahmad Abu Jame’, 13
Jihad ‘Isam Marzuq Sheheibar, 10
Dima ‘Abdallah Salim, 3
Dina ‘Abdallah ‘Aziz, 5
“Dalal Siyam, 9 months”, 0
Hiba Akram Saleh a-Sha’er, 15
Hiba Hamed a-Sheikh Khalil, 14
Haifaa Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 9
Haniyah ‘Abd a-Rahman Abu Jarad, 3
Wisam ‘Isam Marzuq Sheheibar, 8
Walaa Na’im Muhammad Musalam, 14
Wasim Mustafa Salhiyah, 15
Zakariyah ‘Ahed Subhi Baker, 10
Khalil Ousamah Khalil al-Hayah, 5
Husam Ibrahim a-Najar, 14
Husam Husam Abu Qainas, 7
Hussein Yusef Kaware’, 13
Hamzah Ousamah Khalil ak-Hayah, 4
Yamen Riyad al-Hmeideh, 4
Yasin Ibrahim Dib al-Kilani, 9
Yasmin Muhammad al-Mutawaq, 4
Yasmin Mahmoud al-Astal, 4
Yaser Ibrahim Dib al-Kilani, 8
Kinan Hasan Akram al-Halaq, 6
Lamyaa Iyad al-Qasas, 11
Muhammad Iyad al-Qasas, 4
Muhammad Iyad Salem ‘Arif, 10
Muhmmad Ibrahim Antiz, 13
Muhammad Ibrahim Faek al-Masri, 14
Muhammad Ayman a-Sha’er, 5
Muhammad Ashraf Rafiq ‘Ayad, 3
Muhammad Hani Muhammad al-Halaq, 2
Muhammad Ziad Saleh a-Rahal, 5
Muhammad Khalaf Nawasrah, 2
Muhammad Mustafa Malakeh, 2
Muhammad Na’im Muhammad Musalam, 15
Muhammad Salem Antiz, 3
Muhammad ‘Ali Kaware’, 13
Muhammad Ramez ‘Izat Baker, 11
Muhammad Rami Fathi ‘Ayad, 3
Musa Muhammad Taher al-Astal, 15
“Musa ‘Abd a-Rahman Abu Jarad, 8 months”, 8 month
Mustafa Siyam, 9
Maisaa Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 7
Manar Majed al-Batsh, 13
Marwah Suliman Ahmad a-Sarsawi, 12
Marah Shaker a-Jamal, 10
Miriam ‘Atiyeh al-‘Arja, 10
“Nujud Taysir Ahmad Abu Jame’, 4 months”, 4 month
Nur Yaser Ahmad Abu Jame’, 2
Nidal Khalaf ‘Awad Nawasrah, 4
Nasmah Iyad al-Qasas, 10
Nagham Mahmoud ‘Abd al-Hamid a-Zweidi, 2
Sajidah Yaser Ahmad Abu Jame’, 7
Saji Hasan Akram al-Halaq, 4
Saher Abu Namus, 4
Sarah ‘Omar Sheikh al-‘Eid, 9
Suhelah Basam Ahmad Abu Jame’, 3
Sawsan Ibrahim Dib al-Kilani, 11
Suliman Ahmad Abu Jame’, 14
Siham Muhammad Ibrahim Zu’rub, 11
Siraj Iyad ‘Abd al-‘Al, 8
Siraj Yaser Ahmad Abu Jame’, 4
Samih Na’im Abu Jarad, 1
Samar al-Qasas, 3
Samar Musa Abu Jarad, 15
Safaa Malakeh, 6
Ahed ‘Attaf ‘Ahed Baker, 9
Asem Khalil ‘Abd ‘Amar, 4
Abd a-Rahman Akram a-Skafi, 12
Abd a-Rahman Basam Khatab, 5
Abdallah Yusef Daraji, 2
Abdallah Muhammad Kaware’, 12
Abdallah Ramadan Abu Ghazal, 5
Omar Jamil Subhi Hamudah, 10
Fadi Diab Hassan Islim, 10
Fatmeh Mahmoud al-Haj, 14
Fatmeh Taysir Ahmad Abu Jame’, 12
“Fares Jum’ah a-Tarabin? 3 months”, 3 month
Qasem Jaber ‘Adwan Kaware’, 12
Qusai ‘Isam al-Batsh, 12
Ghadah Subhi Sa’idi ‘Ayad, 13
Ghaidaa Siyam, 7
Raed Muhammad Thari, 4
Rahaf Isma’il Abu Jam’ah, 4
Rahaf Khalil Hamadah a-Jabur, 4
Ru’ya Mhamhmoud ‘Abd al-Hamid a-Zweidi, 5
Razan Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 14
Rizeq Ahmad al-Hayek, 2
Rayan Taysir Ahmad Abu Jame’, 5
Rim Ibrahim Dib al-Kilani, 12
Rinat Taysir Ahmad Abu Jame’, 2
Sha’ban Jamil Ziyadah, 12
Tala Akram al-‘Atawi, 10
Tawfiq Tawfiq Ahmad Abu Jame’, 4
dice Mandela
“Parlare di pace resta un miracolo, se Israele continua ad occupare i territori arabi”
Gaza: provate un secondo ad immaginare… – baruda
Immaginate di non poter più portare i vostri figli a scuola,
perché nelle aule ci dormite in centinaia, ammassati l’uno sull’altro.
Immaginate di non riconoscere più il pianto di vostro figlio, perchè nei rifugi (che parola errata!) si è accatastati e il terrore si stratifica e perde i lineamenti dei visi per diventare un unico grande pianto di terrore.
Immaginate di non dormire per giorni, di avere il vostro vicino morto.
Vostra sorella, qualche figlio, un nonno profugo, un altro concime per il giardino a bordo piscina di qualche insediamento.
Immaginate di trovarvi casa occupata da un pezzo di una brigata dell’esercito perchè avete una casa “strategica”.
Immaginate di dover “convivere” con loro in casa, con i loro fucili, con la loro lingua che non è la vostra, con gli insulti,
con i boati, con un cecchino appostato all’ultima finestra in alto, dove magari avevi messo un po’ di basilico.
Immaginate di sapere nome e cognome della testa che salterà, per un proiettile precisissimo partito proprio dalla vostra finestra occupata…
i nomi, le fotografie e un ricordo di ogni assassinato dall’esercito israeliano
Hashem, il difensore dei bimbi ammazzato da un cecchino israeliano
…Tra le persone che sono state uccise ieri c’era Hashem Abu Maria, di 47 anni, ‘freddato’ da un cecchino israeliano. Abu Maria lavorava per Defence for Children Palestine, ed era considerato il ‘difensore dei bambini’, oltre ad essere un uomo attivissimo nel volontariato e nella ricerca della pace tra Israele e Palestina. Lascia una moglie e tre figli, tutti minorenni.
Il ricordo di Carla Cocilova dirigente dell’Arci.
Hashem era una brava persona. Una di quelle che ti accoglieva come se fossi stata sua sorella. Ogni volta che lo incontravo ad Hebron mi chiedevo dove trovasse la forza per tutti quei sorrisi vivendo nella prigione che è diventata la sua città a causa dell’occupazione militare israeliana e della colonizzazione, che lì non lascia neppure spazio al cielo. Hashem non solo lavorava per DCI Palestina, la difesa dei diritti dei bambini e delle bambine palestinesi era la sua causa e a questa dedicava tutta la sua vita. Ecco, oggi questa vita l’ha persa, per mano di un militare israeliano, per mano di uno dei tanti cecchini che occupano illegalmente la sua città. E’ stato ucciso mentre manifestava per la fine dell’uccisione dei bambini a Gaza. Manifestava pacificamente per la libertà del suo popolo e della sua terra. Lascia ora la sua famiglia, a cui va il pensiero di tutti noi, e lascia i colleghi e gli amici, il cui pianto disperato ancora mi risuona nelle orecchie…Tuttavia in quel pianto, come nella disperazione e nella paura che leggo nelle parole che scrivono gli amici di Gaza “We still alive, don’t worry”, resta ancora viva tutta la forza e la dignità del popolo palestinese, nonostante tutto. Da questa forza e da questa dignità ripartiamo anche noi, a loro fianco sempre contro l’ingiustizia e l’indifferenza…
W il Brasile e W Stanislaw Jerzy Lec
…Il Brasile ha richiamato in patria il proprio ambasciatore in Israele. “Il governo brasiliano – recita una nota ripresa dai media israeliani – considera inaccettabile l’escalation di violenza. Condanniamo fermamente l’uso sproporzionato della forza da parte di Israele a Gaza”. Secca la risposta di Israele alla decisione: “Questo tipo di condotta mostra perché il Brasile, grande potenza culturale ed economica, resta tuttavia irrilevante nell’arena mondiale”, ha detto il ministero degli Esteri israeliano. “Un atto – ha aggiunto, citato dai media – che rivela il doppio standard del Brasile che lo fa parte del problema invece di contribuire a una soluzione”…
Anche quando viene chiusa la bocca, la domanda resta aperta – Stanislaw Jerzy Lec
il popolo ebraico ha sempre detto
di sé di essere il popolo del libro.
questa bambina invece…
da qui
L’indifferenza di Israele – Gideon Levy
…Sul sito internet “Walla!” si trovano una serie di commenti in risposta a un articolo sulla morte di quattro bambini sulla spiaggia di Gaza. Shani Moyal: “Non me ne frega niente della morte dei bambini arabi. Peccato che non siano stati di più. Ben fatto”. Stav Sabah: “Queste sono immagini bellissime. Mi rendono felice. Non smetterei mai di guardarle”. Sharon Avishi: “Solo quattro? Peccato. Speravamo fossero di più”. Daniela Turgeman: “Ottimo. Dobbiamo uccidere tutti i bambini”. Chaya Hatnovich: “Non esiste un’immagine più bella di quella che mostra i bambini arabi morti”. Orna Peretz: “Perché soltanto quattro?” Rachel Cohen: “Non chiedo la morte dei bambini di Gaza. Chiedo che bruciate vivi tutti gli arabi”. Tami Mashan: “Devono morire più bambini possibile”.
Dai nomi e dalle foto si capisce che tutti i commenti sono stati scritti da donne. Fanno la spesa nei negozi sotto casa vostra. Frequentano lo stesso cinema che frequentate voi, vanno in vacanza dove andate voi. Sono israeliane. Nessuno pensa di licenziarle, come invece fanno con gli arabi e i simpatizzanti di sinistra. Nessuno le condanna. Nessuno le attacca o le minaccia. Sono normali, almeno secondo la legge israeliana, la stessa che considera la compassione un tradimento e la bestialità un’espressione di patriottismo.
Ma perché incolpare le donne e i loro commenti? Ascoltate le parole dei generali, dei politici e degli analisti. Dicono le stesse cose, usano solo toni un po’ meno aggressivi.
Parole così perfide non si sentono in nessun altro paese del mondo, ma neanche le dichiarazioni più estreme rendono giustizia all’atmosfera che si respira in questo momento. Sono pochi gli israeliani che pensano ai 155 bambini morti e li considerano per quello che sono: bambini. Non vogliono immaginarli. Non vogliono pensare al loro destino, alla loro triste vita e alla loro morte.
I soldati israeliani combattono e muoiono a Gaza, e la gente ha paura per loro. È umano e naturale. I razzi, intanto, continuano a cadere. Ma accanto alla paura emerge una completa assenza di compassione per le vittime dell’altro schieramento. Anche per i bambini, che muoiono a decine e segneranno un nuovo record di vergogna persino in una storia vergognosa come quella israeliana.
Le immagini che arrivano da Gaza dovrebbero sconvolgere tutti gli israeliani. Forse anche gli abitanti di Gaza festeggerebbero la morte dei bambini israeliani, ma non possiamo saperlo perché per fortuna non è accaduto. Se assistessimo a una reazione di questo tipo saremmo giustamente disgustati. Ma intanto continuiamo a ignorare il massacro dei bambini palestinesi, giorno dopo giorno. O addirittura lo celebriamo. Dopo tutto, “anche Hitler è stato un bambino”.
Non lasciamo soli i Palestinesi – Alex Zanotelli
La solitudine del popolo palestinese è la vergogna del mondo. Una immensa sofferenza che dura da 70 anni , sfociata adesso in un urlo di disperazione per questa assurda e impari guerra tra Israele e Palestina .E come risposta c’è solo silenzio, indifferenza, sia da parte dell’Unione Europea, sempre più assente, sia da parte dell’Italia, sempre più legata ad Israele, sia da parte della chiesa italiana, sempre più silente…
A Gaza stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato – Amira Hass
Gaza, 24 luglio 2014, Nena News
Oramai mi sono arresa. Ho smesso di cercare nel dizionario la parola per descrivere la metà perduta della testa di un ragazzo mentre suo padre grida “Alzati, alzati, ti ho comprato un giocattolo!” Come se l’è cavata Angela Merkel, la cancelliera della Grande Germania? Israele ha il diritto di difendersi.
Sto ancora lottando con il bisogno di condividere dettagli dell’infinito numero di colloqui che ho avuto con amici di Gaza, per documentare che cosa vuol dire aspettare che arrivi il tuo turno al macello. Per esempio, il colloquio che ho avuto sabato mattina con J. del campo profughi di al Bureji, mentre se ne stava andando a Dir al-Balah con sua moglie. Hanno circa sessant’anni. Quel mattino la sua anziana madre ha ricevuto una chiamata telefonica, e ha sentito una voce registrata che avvertiva i residenti del loro campo profughi di andarsene a Dir al-Balah.
Un libro sulla psicologia militare israeliana dovrebbe aver un intero capitolo dedicato a questo sadismo, che ipocritamente si maschera di compassione: un messaggio registrato che chiede a centinaia di migliaia di persone di lasciare le loro case ormai diventate un bersaglio, per andare da un’altra parte, altrettanto pericolosa, a 10 km da lì. Che cosa state lasciando, ho chiesto a J.? “Cosa, perchè?” mi ha detto, “Abbiamo una capanna vicino alla spiaggia, con un po’ di terra e dei gatti. Stiamo andando a dar da mangiare ai gatti e torniamo. Andiamo tutti insieme. Se la macchina salta in aria, moriremo tutti insieme.”
Se mi mettessi nei panni di un analista, scriverei: in contraddizione con la diffusa hasbarà [realtà dei fatti] israeliana, Hamas non sta obbligando i Gazawi a rimanere nelle loro case, o a lasciarle. E’ una loro decisione. Dove dovrebbero andare? “Se stiamo per morire, è più dignitoso morire a casa nostra, piuttosto che mentre stiamo scappando via,” dice l’assolutamente laico J.
Sono ancora convinta che questa sola frase valga più di migliaia di analisi. Ma quando ciò succede ai palestinesi, la maggior parte dei commentatori preferisce scrivere in base agli stereotipi.
Ne ho abbastanza di mentire a me stessa – come se potessi anche lontanamente, per telefono, raccogliere le informazioni necessarie per raccontare quello che stanno raccontando i giornalisti che si trovano là. In fin dei conti, si tratta di informazioni che interessano a un piccolo gruppo di popolazione che parla ebreo. Lo stanno vedendo sui canali informativi stranieri o sui siti web. Non hanno bisogno di leggere quello che si scrive qui se vogliono sapere, per esempio, delle brevi esistenze di Jihad (11 anni) e Wasim (8) Shuhaibar, o del loro cugino Afnan (8) del quartiere Sabra a Gaza. Come me, possono leggere il reportage del giornalista canadese Jesse Rosenfeld su ” The Daily Beast”.
“Issam Shuhaibari, il padre di Jihad e Wasim, è steso su una tomba vicino a dove sono stati sepolti i suoi figli, con gli occhi vuoti, fissi sul nulla. Un braccio porta una fasciatura dell’ospedale, che gli è stata fatta dopo che ha donato il sangue per cercare di salvare la sua famiglia. Il sangue dei suoi figli macchia ancora la sua maglietta,” scrive Rosenfeld. “Stavano solo dando da mangiare alle galline quando la bomba li ha colpiti” dice .” Ho sentito un forte rumore sul tetto e sono andato a prenderli. Erano stati maciullati”, singhiozza, dopo essere scoppiato in lacrime” continua l’articolo di Rosenfeld. Li abbiamo ammazzati circa due ore e mezza dopo il cessate il fuoco umanitario scaduto lo scorso giovedì. Altri due fratelli, Oudeh (16) e Bassel (8), sono stati feriti, il secondo in modo grave.
Il padre ha raccontato a Rosenfeld che c’era un missile di avvertimento. Prima dell’attacco, avevano sentito il brusio del drone, del tipo che “bussa alla porta”. Così ho chiesto a Rosenfeld: “Se il missile era uno di quelli “compassionevoli”, quelli che arrivano come avvertimento, la casa in seguito è stata bombardata?” Per caso ho trovato la risposta in un reportage della CNN. La videocamera della televisione è stata manovrata per riprendere l’esplosione che è arrivata dopo un avvertimento da un colpo, il fuoco, il fumo e la polvere. Ma è stata bombardata un’altra casa, non quella degli Shuhaibar. Ho ricontrollato insieme a Rosenfeld e ad altri. Quello che ha ucciso i tre bambini non era un missile palestinese che ha sbagliato direzione. E’ stato un missile di avvertimento israeliano. E lo stesso Issam Shuhaibar è un poliziotto palestinese stipendiato dall’Autorità Nazionale Palestinese che si trova a Ramallah.
Ho anche rinunciato a tentare di avere una risposta diretta dall’esercito israeliano. Avete colpito per errore la casa sbagliata, uccidendo così altri tre bambini? (degli 84 che sono stati uccisi domenica mattina.)
Non ne posso più dei vani sforzi di competere con l’abbondanza di commenti orchestrati a proposito degli obiettivi e delle azioni di Hamas, da parte di persone che scrivono come se si fossero seduti attorno a un tavolo con Mohammed Deif e Ismail Haniyeh, e non invece soltanto con qualche fonte dell’esercito israeliano o con dello Shin Bet, il servizio di sicurezza. Quelli che hanno rifiutato la proposta di pace di Yasser Arafat e di Fatah per la costituzione dei due Stati ora si ritrovano con Haniyeh, Hamas e il BDS [movimento internazionale per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni]. Quelli che hanno trasformato Gaza in un campo di concentramento e di punizione per un milione ottocentomila esseri umani non dovrebbero essere sorpresi del fatto che loro abbiano scavato gallerie sotterranee. Quelli che hanno seminato strangolamento, assedio e isolamento raccolgono il lancio di razzi. Quelli che per 47 anni hanno indiscriminatamente attraversato la linea verde [tra Israele e Cisgiordania], espropriando la terra e infierendo costantemente contro i civili con raid, sparatorie e colonie – che diritto hanno di alzare gli occhi al cielo e parlare del terrorismo palestinese contro i civili?
Hamas sta distruggendo crudelmente e minacciosamente la tradizionale mentalità del doppio standard in cui Israele è maestro. Tutte le brillanti intelligenze e le menti dello Shin Bet non capiscono che noi stessi abbiamo creato la ricetta perfetta della nostra personale versione della Somalia? Volete evitare un’escalation? Questo è il momento: aprite la Striscia di Gaza, lasciate che la gente possa circolare liberamente nel mondo, in Cisgiordania, e [andare] dai propri familiari e le proprie famiglie in Israele. Lasciateli respirare, e capiranno che la vita è molto più bella della morte.
gli ebrei contro il genocidio (JAG) hanno tenuto una cerimonia commemorativa per i bambini palestinesi uccisi da Israele nel suo attacco in corso a Gaza
I JAG (qui) hanno dato alle fiamme un mucchio di bambole coperte di vernice rossa a Yad Vashem, il museo memoriale dell’Olocausto di Israele. Lo JAG è un movimento di ebrei provenienti da tutto il mondo, tra i quali sono presenti anche israeliani, che protestano contro l’intenzione di Israele di commettere un genocidiocontro il popolo indigeno non-ebreo di Palestina.
La guardia di sicurezza di Yad Vashem ha tentato di interrompere la commemorazione, ha confiscato un estintore dei JAG, ed ha chiamato la polizia israeliana per far arrestare i partecipanti.
Noi, ebrei contro il genocidio, siamo venuti a Yad Vashem, museo israeliano della memoria del genocidio commesso contro gli ebrei, per onorare i bambini palestinesi che muoiono in un genocidio commesso dagli ebrei.
Abbiamo portato delle bambole per simboleggiare i bambini di Gaza, ed abbiamo cercato di mostrare un assaggio di orrore che i gazawi affrontano a pochi passi dagli israeliani. Speriamo di dimostrare ad
Israele e al mondo, la realtà assurda di utilizzare la memoria di un genocidio per giustificarne un altro.
Invitiamo le persone compassionevoli di tutto il mondo ad unirsi alla protesta inscenando proteste simili davanti alle ambasciate ed ai consolati israeliani di tutto il mondo Martedì 15 e Mercoledì 16 luglio,2014.
Proprio come onoriamo le persone che sono state uccise sette decenni fa in Europa perché erano ebrei, siamo qui per onorare le persone che vengono uccise in questo momento, perché sono i popoli indigeni di questa terra e non sono ebrei.
La Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio definisce genocidio come “uno dei seguenti atti commessi nell’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:
(a) uccisione di membri del gruppo;
(b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
(c) sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; […] ”
I bambini di Gaza, che vengono sistematicamente uccisi mentre scriviamo questo articolo, costituiscono il 52% per cento della popolazione sotto assedio nella Striscia. La stragrande maggioranza di questi bambini sono discendenti di profughi della Palestina storica.
Nel ciclo di atrocità commesse dall’esercito di occupazione israeliano, finora decine di bambini sono stati uccisi nelle loro case e la leadership bellica israeliana giura “costi molto più elevati” da parte
palestinese continuando il bombardamento. I crimini di guerra ed i crimini contro l’umanità commessi oggi a Gaza sono l’ultima fase di una campagna in corso di pulizia etnica e genocidio contro gli indigeni di questa terra.
Lo Stato ebraico è stato fondato sul principio sionista di “il maggior numero di ebrei sulla maggioranza della terra, ed il minor numero di arabi sulla minoranza della terra”, che è stato trasformato in realtà attraverso 66 anni di continua aggressione contro i palestinesi, negando loro il diritto di vivere liberamente e pacificamente nella loro patria storica.
Il regime israeliano ha trasformato la bella Striscia di Gaza in un ghetto densamente popolato, con acqua non potabile, acque reflue non trattate, ed insufficienti risorse ed energia elettrica. Questo ghetto è diventato un campo di concentramento, attraverso massacri israeliani ripetuti in quello che il Rapporto Goldstone ha descritto come un tentativo di “umiliare e terrorizzare una popolazione civile, diminuire radicalmente la sua capacità economica locale”.
Esprimiamo il nostro sostegno e la nostra solidarietà alla chiamata della società civile palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele, fino a che lo stesso non rispetti le tre
richieste fondamentali di:
1. Terminare l’occupazione e la colonizzazione di tutte le terre arabe e smantellare il Muro
2. Riconoscere la piena uguaglianza di diritti fondamentali dei cittadini Arabo-Palestinesi di Israele; e
3. Rispettare, tutelare e promuovere i diritti dei profughi palestinesi di tornare alle loro case e proprietà come stabilito nella risoluzione 194 dell’ONU.
Trad. di F.T.
dice James Fellows:
…guarda questo grande tweet James Fallows, accompagnato da una famosa foto delle atrocità Usa in Vietnam:
“Quando il messaggio strategico diventa: ‘sono loro che ci costringono a uccidere i bambini’, la strategia ha seri problemi, come gli Usa hanno dimostrato”.
é solo una questione di tempo prima che un po’ di sionisti liberali (che sono solo le voci più responsabili nella comunità reazionaria americana) comincino ad abbandonare il carro sionista…
da un’intervista a Miko Peled
… Qual è il suo giudizio in merito alle azioni compiute da Hamas e dal suo braccio armato, le Brigate Al Qassam?
Israele spiega l’attuale operazione, come le precedenti, con la necessità di fermare il lancio di razzi da Gaza, da parte delle milizie armate palestinesi. La risposta di Hamas è un atto di resistenza armata. È volta a creare problemi ad Israele ed è frutto dell’oppressione e il blocco della Striscia. Non ci sarebbe lancio di razzi se la popolazione gazawi fosse libera: i missili sono il prodotto dell’occupazione. Possono essere giudicati negativamente, ma sono solo il frutto delle politiche israeliane…
…L’ultimo tentativo di negoziato tra Israele e Palestina è fallito sul nascere. Quali sono i fattori che potrebbero spingere verso la pace?
Quello in corso non è un negoziato tra due Stati, due popoli, due eserciti. C’è uno Stato solo, Israele, che controlla entrambi i popoli. Eppure sono certo che il giorno in cui la società israeliana sarà costretta ad accettare uno Stato binazionale, in cui vivano in uguaglianza e democrazia israeliani e palestinesi, si mangerà le mani per non averlo fatto prima. Israele ha solo da guadagnare dalla pace. Ma, come sempre accade, non sarà un popolo privilegiato a cedere volontariamente i propri privilegi. Per questo è fondamentale la pressione internazionale, come accadde per il Sud Africa dell’apartheid. E sarà più facile: i popoli israeliano e palestinese sono entrambi altamente educati, il 95 per cento dei bambini palestinesi va a scuola a differenza dei coetanei neri sudafricani negli anni Novanta; quella palestinese è una società laica e strutturata.
Lei è molto attivo nella campagna globale per il boicottaggio di Israele. Ritiene che tali strumenti siano quelli giusti per fare pressione sullo Stato ebraico?
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un incremento notevole della sensibilità delle società civili internazionali. Io vivo negli Stati Uniti e ho visto un salto di qualità inimmaginabile: sempre più Chiese, campus, gruppi di giovani, associazioni ebraiche aderiscono alla campagna di boicottaggio. Lo fanno perché consapevoli che la lotta palestinese è lotta di tutti, anche del popolo israeliano. È una lotta per la giustizia, contro l’apartheid che andrebbe considerata eroica. È una lotta che, quando sarà vinta, non libererà dall’oppressione solo i palestinesi, ma anche gli israeliani.
Intervista a Tamar Aviyah, israeliana, ebrea, antisionista, attivista politica di sinistra e “traditrice”
Partiamo dagli scontri che si sono verificati nei giorni scorsi a Tel Aviv, Haifa e Nazareth, tra manifestanti pacifisti in solidarietà con i palestinesi e gruppi da te definiti “fascisti”. Cosa è successo?
Prima di tutto credo sia importante illustrare il contesto nel quale emergono e si sviluppano questi gruppi nazi-sionisti. Avevano infatti già organizzato altre dimostrazioni, in seguito al rapimento dei giovani coloni, successivamente all’uccisione di Mohammad Abu Khdeir e prima che l’operazione militare contro la Striscia di Gaza iniziasse, principalmente a Gerusalemme, sempre inneggiando slogan come “morte per gli arabi”.
Stiamo parlando di almeno 7 gruppi, quali Kahana, Im Tirztu, Lehava, La Familia (i tifosi ultrà della squadra di calcio Beitar di Gerusalemme), gli ultras del Maccabi Tel Aviv, e altri due raggruppamenti che si raccolgono attorno al gruppo musicale hip-hop The Shadow e al movimento religioso Shuvu Banim.
Questi gruppi erano già attivi in Israele ma mai come in questo periodo hanno raccolto intorno a loro migliaia di persone in strada e decine di migliaia di sostenitori su Facebook e sui social network. Stanno ricevendo insomma un supporto incredibile, non solo da persone che hanno un background affine, ma soprattutto da cittadini ordinari provenienti da diversi strati della società.
Le loro azioni consistono in organizzarsi per scendere in strada e cercare palestinesi ed arabi per picchiarli o nel migliore dei casi per importunarli. Già erano tantissime le persone che sono state attaccate prima dell’operazione militare, dopo la quale ci sono state manifestazioni da parte di gruppi e attivisti afferenti a sinistra, anch’essi presi di mira da questi nazi-sionisti.
Che, ripeto, definisco in questo modo perché non saprei cosa dire di qualcuno che ha una matrice ultra-radicale di destra, che inneggia all’uccisione degli arabi e indossando tra l’altro segni distintivi di alcuni gruppi neo-fascisti europei (in questa foto alcuni dimostranti indossano una maglietta con la scritta “Buonanotte Sinistra”, ndr).
La situazione è molto preoccupante perché stanno ricevendo molto consenso, non è affatto un fenomeno marginale.
E’ possibile individuare eventuali relazioni tra questi gruppi e i partiti presenti nel Parlamento Israeliano?
E’ molto difficile affermarlo. Per quanto ne so c’è un partito politico, “Potere ad Israele”, non presente in Parlamento e che è in contatto con loro. Credo inoltre che siano finanziati e sostenuti da un coordinamento centrale, su cui però non sono in grado di dare informazioni, perché la loro organizzazione sembra molto buona.
Aggiungo inoltre che ciò che è successo dopo l’inizio dell’operazione su Gaza è stato uno spostamento dell’attenzione di questi gruppi verso i manifestanti di sinistra scesi in piazza per la cessazione delle ostilità, che sono stati picchiati e presi di mira ad Haifa, Nazareth, Tel Aviv e Gerusalemme.
Come hanno reagito le forze di polizia di fronte a questi episodi?
Contrariamente a quanto successo in precedenza, in condizioni “normali”, quando la polizia tendeva a separare fisicamente i due gruppi opposti, entrambi circondati da barriere, in modo che non ci fosse alcun contatto tra loro, nel corso delle prime dimostrazioni dopo l’inizio dell’offensiva su Gaza a Tel Aviv, Haifa e Nazareth questo non è avvenuto.
Le manifestazioni degli attivisti di sinistra sono state attaccate liberamente, con infiltrazioni nel corteo, attacchi e danni a biciclette, moto e alle stesse persone, sotto lo sguardo della polizia che non è intervenuta subito.
Soltanto quando gli scontri si sono intensificati i poliziotti sono intervenuti per separare i gruppi e cercare di riportare la calma, tuttavia usando sempre la mano leggera, facendo il minimo necessario nei confronti dei manifestanti neo-nazisti.
L’altro ieri invece a Jaffa (Tel Aviv) le cose sono andate diversamente, senza scontri. C’è stata una dimostrazione organizzata dal Movimento islamico nel quartiere abitato prevalentemente da palestinesi musulmani. Più a nord di Jaffa, non lontano, c’era una manifestazione parallela organizzata da questi gruppi di destra, che su Facebook invitavano i partecipanti a portare armi, bastoni e bottiglie di vetro. Di loro ce n’erano alla fine soltanto 200, molti meno di quanti avevano aderito sul social network, che una volta riunitisi sono stati circondati dalla polizia. Diverse strade a Jaffa sono state chiuse, in pratica la città sembrava sottoposta ad un coprifuoco…
pubblicità dell’ambasciata israeliana a Dublino
Stabat Mater – Gianni Mascia
Stava Maria, Mater addolorada, a Gaza.
Tristezza nelle viscere, pietre nel cuore,
nelle penombre di vespro che s’arrossano,
come carne insanguinata, appena martoriata,
nell’ora d’un segno di croce, a denti stretti,
senza preghiere e senza nemmeno un sospiro,
né una stilla d’acqua santa a benedire
l’ultimo momento, l’ultimo canto funebre.
Stava Maria, madre di dolore, a Gaza.
Ribolle la terra nel vuoto del nulla,
mentre lontano rimbomba feroce la voce
del fragore di mura in caduta, sbrecciate,
che suonano nei sogni di polvere malvagia,
di notti che repentine rotolano nelle rovine,
nel singhiozzare del pianto di un bimbo ferito
che beve le lacrime salate dell’amarezza,
che piovono come un fiume d’Inverno, tsunami,
dalla bocca spalancata del cielo gonfio, grigio,
color di Piombo Fuso, che vomita l’anima
nei suoni dell’abbandono e della disamistade
che sono la sinfonia dell’odio e della tirannia.
Stava Maria, Mater addolorada, a Gaza…
Era lì, a Gaza, stava a Kabul, in Sierra Leone,
in ogni dove e in ogni quando riluca il dolore,
in ogni dove e in ogni quando alberghi la follia
e l’uomo si strafoga di quel sangue innocente
consolato solo dal canto di labbra di luna.
Luglio, agosto, settembre (nero) – Area (canta Demetrio Stratos)
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=BGLtSnB-srU]
Mio amato
Con la pace ho depositato i fiori dell’amore
davanti a te
Con la pace
con la pace ho cancellato i mari di sangue
per te
Lascia la rabbia
Lascia il dolore
Lascia le armi
Lascia le armi e vieni
Vieni e viviamo o mio amato
e la nostra coperta sarà la pace
Voglio che canti o mio caro ” occhio mio ” [luce dei miei occhi]
E il tuo canto sarà per la pace
fai sentire al mondo,
o cuore mio e di’ (a questo mondo)
Lascia la rabbia
Lascia il dolore
Lascia le armi
Lascia le armi e vieni
a vivere con la pace.
Giocare col mondo facendolo a pezzi
bambini che il sole ha ridotto già vecchi
Non è colpa mia se la tua realtà
mi costringe a fare guerra all’omertà.
Forse un dì sapremo quello che vuol dire
affogare nel sangue con l’umanità.
Gente scolorata quasi tutta uguale
la mia rabbia legge sopra i quotidiani.
Legge nella storia tutto il mio dolore
canta la mia gente che non vuol morire.
Quando guardi il mondo senza aver problemi
cerca nelle cose l’essenzialità
Non è colpa mia se la tua realtà
mi costringe a fare guerra all’umanità.
tre disegni di Manu Chao, per Gaza
C’è del metodo in questa follia a Gaza – Amira Hass
…Le incessanti manifestazioni di protesta nei villaggi della Cisgiordania non hanno minimamente intaccato la fede israeliana nella normalità della sua dominazione esercitata su un altro popolo. Il boicottaggio e le sanzioni hanno un po’ confuso il nostro ego, ma non è bastato a farci recepire il messaggio. Il governo di riconciliazione palestinese sembrava averci spinto a fare un passo avanti e rifiutare finalmente l’ostentazione di normalità imposta da Israele. Ma non ce l’ha fatta, perché troppe forze all’interno di Al Fatah e Hamas non lo hanno sostenuto.
Allora è toccato ai razzi di Hamas disturbare il sonno degli occupanti. Dite quello che volete, ma sono riusciti dove le manifestazioni, i boicottaggi e la cancellazione dei concerti hanno fallito.
Nazione, esercito, governo e mezzi d’informazione: avete occhi e orecchie, eppure non vedete e non sentite. Continuate a sperare che il sangue palestinese già versato e quello che ancora deve scorrere basteranno a riportare la calma e la cara vecchia occupazione. Rifiutate di usare le vostre competenze per fermarvi in tempo, prima che si verifichi un disastro ancora più grave. Lo avete già fatto l’ultima volta, e la volta prima.
Certo che siete molto competenti, quando volete. Gli uomini di Hamas emersi dal tunnel del kibbutz Nir Am erano vestiti come soldati israeliani. Amos Harel, di Ha’aretz, scrive che all’inizio gli ufficiali al comando non erano sicuri che si trattasse di terroristi e non di soldati. “Alla fine, grazie a una fotografia aerea scattata da un drone, si è scoperto che erano uomini di Hamas”. “Avevano i Kalashnikov, che non sono in dotazione all’esercito israeliano”.
Dunque le foto scattate dai droni possono essere molto precise, quando l’operatore vuole. Possono stabilire se su una spiaggia o su un tetto ci sono dei bambini (che nemmeno gli acrobatici giuristi del ministero della giustizia e dell’esercito possono considerare un bersaglio giustificabile). Il drone può stabilire se una squadra di salvataggio è arrivata sul posto per portare via i feriti. Può fornire le prove che le famiglie stanno lasciando le loro case. Tutto questo può essere mostrato in una fotografia scattata da un drone a una risoluzione così alta che gli operatori responsabili dello sgancio delle bombe non avrebbero motivo di premere il pulsante “uccidi” sulle loro tastiere. Ma per qualche strano motivo l’occhio di un drone, capace di distinguere la marca di un fucile, non può dire se quella figura è un bambino, una donna o un’anziana. Si limita ad assegnare una sentenza di morte a tutti.
“L’israelianità” attuale somiglia a quel drone. Sceglie una vista offuscata. Si aggrappa con le unghie alla vita bella e confortevole di una nazione padrona, e non vuole che i sottoposti interferiscano…
Da un’intervista a Ronnie Barkan, attivista anarchico
…Ronnie non ci sta, e in modo chiaro, netto, ripete che non si può guardare alla situazione attuale senza considerare tutto il contesto, così come precisa che la sua “opinione è diversa non solo da quella dei media mainstream ma anche da quella proveniente da oppositori del governo e delle politiche di Occupazione, come l’organizzazione Breaking the Silence’ che io considero altrettanto complice”* .
“Il massacro della popolazione di Gaza, la crescita dei gruppi neo-fascisti non sono altro che un’espressione più fisica di quello che Israele è ed è sempre stato e che risale a oltre 70 anni fa. Alla creazione del nuovo ebreo, nell’impostazione sionista – un ebreo forte, coraggioso e lavoratore, in opposizione all’ebreo studioso e commerciante europeo – e che ha successivamente influenzato tutto il modo di pensare della società”.
Sono dunque, secondo Ronnie, solo due le novità a cui stiamo assistendo oggi: “I gruppi di estrema destra sono sempre esistiti, ma ora li vediamo in faccia, e si mostrano in tutta la loro brutalità. La seconda novità infatti è che in questi giorni chiunque venga considerato da loro ‘di sinistra’, o appunto ‘amante degli arabi’, ‘traditore’, viene individuato, disturbato e picchiato, mentre prima gli attacchi erano principalmente verbali”.
“Figuriamoci invece cosa può accadere ai palestinesi, verso i quali si manifestano tendenze genocide. Sempre sabato scorso, a Gerusalemme due ragazzi sono stati brutalmente attaccati da circa 12 persone. Questo esempio parla da solo”, aggiunge.
Secondo Ronnie “questi gruppi ‘sio-nazisti’- concetto coniato alla fine degli anni’80 dal filosofo israelianoYeshayahu Leibowitz per riferirsi al presidente della Corte Suprema che dichiarò possibile, e dunque legale, la tortura negli interrogatori dei palestinesi – stanno mettendo in atto solo una nuova versione dei pogromche venivano esercitati contro gli ebrei”.
“Andare in giro per le strade, con spranghe e bottiglie di vetro, e cercare di individuare chiunque non sia ebreo, per dargli fastidio o per malmenarlo: è di questo che stiamo parlando. Sabato scorso ho avuto io stesso uno scontro, non solo verbale, con alcuni di loro”…
…Di fronte a una violenza così descritta, non sarebbe dunque da considerare positiva una manifestazione di simili proporzioni come quella di Tel Aviv, dal punto di vista di chi si oppone all’Occupazione, alle politiche di discriminazione dei palestinesi e, in questo momento, all’ennesima offensiva su Gaza?
Non la pensa esattamente così Ronnie, che ribadisce la sua diffidenza e opposizione anche nei confronti dei vari “David Grossman, Peace Now, i politici e i sostenitori del Meretz*, che sono nemici ancor più pericolosi dei Lieberman e dei Netanyahu. Perché non usano come gli altri un linguaggio apertamente fascista, ma parlano di diritti umani, di pace. E usano questi argomenti per proteggere il sistema di apartheid, l’esercito, l’Occupazione. Secondo me non sono da considerare parte di una soluzione possibile, di cui si potrà parlare seriamente solo una volta posto fine all’apartheid”…
…Perché se non si affrontano i problemi alla radice, ovvero parlando di diritto al Ritorno, di fine dell’Occupazione e dell’assedio di Gaza, dell’abbattimento del Muro, non si andrà da nessuna parte.
“Non si può essere contemporaneamente morali e sionisti. Chi vuole farlo si trova di fronte a un dilemma più grande che mai. Umano, morale o sionista, cosa si vuole essere? Se questa situazione può dunque contribuire a far scegliere le persone allora potrà essere considerata positiva, altrimenti ci sarà ancora di più da lavorare”.
E, come affermato da un altro “storico” attivista israeliano, Michel Warschawski, forse è già troppo tardi.
i disegni di Carlos Latuff
(*) «Nella prefazione a “Le folgori d’agosto” (edizione Vallecchi 1973) alla domanda sul perché scrive Jorge Ibargüengoitia ha confessato che scrive un libro ogni qual volta desidera leggere un libro di Ibargüengoitia, che è il suo scrittore preferito. Quella lettura fu una folgorazione, da allora ogni volta che voglio leggere qualcosa di veramente bello e interessante che non riesco a leggere da nessuna parte, me la scrivo da me, anche perché non è mica facile per gli scrittori sapere quello che voglio leggere io». Francesco Masala si presenta così. Aggiungo solo che una delle sue frasi preferite è «La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta» di Theodor W. Adorno. (db)
« »