I poli – Sud e Nord – delle libertà
Jade, ancora “zia” Ursula, la fantascienza a scuola (con una subdola noticina) e un panino
La sera del 10 gennaio Jade Hameister, sedicenne di Melbourne, è arrivata – da sola – alla “Base Amundsen Scott” cioè al cuore del Polo Sud. Era partita il 6 dicembre 2017 dalla Barriera di Ross, lungo la Costa di Amundsen, ha attraversato 600 chilometri di ghiacci sugli sci. Lo ripeto? Da sola. E non è tutto: la fantastica Jade ha completato il trittico polare (cioè Polo Nord, Groenlandia e Polo Sud) stabilendo diversi primati.
PRIMA DI ANDARE AVANTI MI ASSALE UN DUBBIO
Non mi è parso di vedere questa notizia sui media italiani. Eppures embra una di quelle storie “eccezionali” che tanto piacciono a chi fa giornalismo sensazionale. Ero distratto?
IL DUBBIO SI DISSOLVE SUBITO
Beh, ho fatto un veloce controllo in rete: in italiano c’è quasi nulla sull’impresa di Jade Hameister… Tranne una bella intervista sul National Geographic. (*)
Bell’impresa ma sarà abbacchiata (o invece no?) Jad e Hameister scoprendo che uno dei record – la prima ragazza – non è suo. Lo dico a voi così… glielo fate sapere.
Venitemi dietro in questo racconto (del 1982) di Ursula K Le Guin intitolato «Sur» ovvero «Relazione sommaria della spedizione Yelco all’Antartico, 1909-1910». La narrazione parte così: «Sebbene non abbia intenzione di pubblicare questa relazione, penso che sarebbe bello se una mia nipote, o la nipote di qualcun altro, la ritrovasse un giorno; quindi la terrò nel baule di cuoio in soffitta con l’abitino del battesimo di Rosita, il sonaglio d’argento di Juanito, le mie scarpette del matrimonio e gli scarponi da neve». L’autrice della relazione ci parla di soldi: «la prima cosa necessaria per organizzare una spedizione, il denaro, è di solito la più difficile da trovare». Ma per fortuna c’è un benefattore, «che ahimè non posso nominare».
Alla fine della prima pagina capiamo che la spedizione mira a ripercorrere, in modo vincente, i tentativi di raggiungere il Polo Sud. La donna, senza nome, che scrive questa relazione trova 8 compagne di viaggio. Così il 17 agosto 1909 le donne che vogliono sfidare l’Antartide si incontrano a Punta Arenas (in Cile): «Juana e io (le due peruviane); Zoe, Beta e Teresa, venute dall’Argentina; e le nostre cilene Carlota, Eva, Pepita e Dolores».
Si parte.
Non vi racconterò altro di «Sur» perché vorrei che foste voi a snidare questo splendido, semplicissimo, geniale (anche nell’ironia) racconto e gustarvelo. Dirò solo che, come si intuisce quasi subito, è il “diario” di un’allegra vittoria non di una sconfitta.
E’ anche molto altro. Per esempio mostra un’«altra faccia dell’eroismo» come l’autrice della relazione sottolinea. Non fatevi sfuggire questa frasetta, buttata lì: «Del resto l’altra faccia dell’eroismo è spesso molto triste: le donne e i servitori lo sanno».
Il 22 dicembre 1909 le nove coraggiose (incoscienti?) ma anche organizzatissime latinoamericane raggiungono il Polo Sud; il 19 febbraio, dopo molte disavventure (persino un parto imprevisto) sono in salvo.
«Nel 1912 tutto il mondo apprese che il coraggioso Amundsen aveva raggiunto il Polo Sud». Perché le 9 donne scelsero il silenzio? Perché affidare la vittoria a una relazione chiusa in un baule? Non lo svelerò ma a me pare che questa “fanta-storia” di Ursula Le Guin sia geniale come le motivazioni del silenzio. I bauli sono pieni di storie (vere, false, verosimili) meravigliose e dimenticate. Perciò apriteli il più spesso possibile.
PER TROVARE “SUR” … PIU’ UNA SUBDOLA NOTICINA O FORSE DUE
Questo racconto è stato tradotto in due belle antologie, purtroppo non semplici da trovare. La prima è «La rosa dei venti» (Editrice Nord). La seconda antologia, curata da Oriana Palusci, raccoglie 21 ottimi racconti di 18 autrici: si intitola «Aliene, amazzoni, astronaute» e fu pubblicata (nel 1990) dagli Oscar Mondadori. Curiosa e significativa la nota finale, una specie di post scriptum, della bella prefazione di Oriana Palusci. Si legge infatti: «Questa antologia vuole testimoniare alcuni dei modi in cui le scrittrici di lingua inglese hanno trasformato la fantascienza in uno strumento narrativo adatto a esprimere la visione femminile del mondo moderno e di quello futuro. Una visione che, per paradosso, contrasta con quella dell’immaginario maschile rappresentato dalla copertina di questo stesso libro». Infatti la tristemente banale, vagamente porno-soft e “spaventosa-spaventata” copertina con il libro non c’entra. Immagino sia stata imposta dall’editore e che la curatrice, un bel po’ arrabbiata, abbia preteso almeno quelle righe per dissociarsi. Una micro-storia interessante per valutare il livello di maschilismo e stupidità che regnavano negli anni ’90 (ora è anche peggio). Ma su questo… vedete QUI SOTTO l’ultimo paragrafo.
Ed ecco la subdola noticina del db. Rilancio il mio urlo di dolore “scolastico” ovvero quanto farebbe bene leggere un po’ di buona fantascienza nella cosidetta scuola italiana – senza futuro – del cosiddetto mondo reale.
Fra gli anni ’80 e ’90 con Riccardo Mancini pubblicammo due libri ora fuori cata logo – “Immaginare futuri” per la media superiore e “Imparare dal futuro” per la inferiore – con La Nuova Italia. Mi chiedevo e continuo a domandarmi: se oggi un collettivo (di appassionate/i, docenti, piccole case editrici e kenesò) ritentasse? Secondo voi, in quel che resta della scuola italiana, c’è vita?
L’ULTIMO PARAGRAFO
Mi piace credere che “zia Ursula” in «Sur» abbia raccontato una storia vera ma se pure così non fosse… tante altre storie simili sono dimenticate nei bauli o vengono distrutte da un malinteso “orgoglio” – paura in realtà – maschile. E dunque l’ultima parola a Jade. Così si spiega il senso… non della neve ma del panino: riguardate la foto. Come scrive (***) Maria G. Di Rienzo – in «Lunanuvola», il suo bellissimo blog – «Jade ha numerosi seguaci e ammiratrici/ammiratori, però ovviamente vive proprio nel mondo che ha descritto: per cui una massa di idioti continua a scriverle sui social media “vai a farmi un sandwich” (l’equivalente inglese dell’italiano “torna in cucina”). E come vedete nella foto, lei lo ha fatto, postandola con questa didascalia: “Ti ho fatto il sandwich (prosciutto e formaggio), adesso scia per 37 giorni e 600 chilometri sino al Polo Sud e potrai mangiarlo”.».
Viva Ursula, viva le 9 latinoamericane di «Sur» e soprattutto viva Jade Hameister.
(*) vedi qui: Jade Hameister: “Il mio record al Polo Sud” – National Geographic
(**) cfr Ben pensato, zia Ursula (1)
(***) https://lunanuvola.wordpress.com/2018/02/16/il-sandwich-e-pronto/