I robottoni dei due Luca
di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia
L’era dei grandi robot giapponesi rivive – in veste adulta e rinnovata – in un fumetto tutto italiano
Quando parliamo di “robottoni”, subito la mente – almeno per i quarantenni – va su un percorso databile fino al 1978, quando per la prima volta su una rete Rai apparve un colosso di metallo che difendeva la Terra dai terribili attacchi alieni: Ufo Robot Goldrake. Una serie (ancora oggi tra le più amate ed apprezzate, tanto da costituire un simbolo per la “Goldrake Generation”) fatta di eroismo, fantascienza, pacifismo forte … nonostante la necessità di combattere per essere liberi.
Non fu il primo Go Nagai a creare un anime centrato sui robot giganti ma quello che ne determinò i canoni stilistici e contenutistici: basti pensare alle armi dei robot invocate a gran voce dai piloti e ai nemici provenienti dalle profondità del cosmo o dal passato oscuro dell’umanità. Go Nagai aveva già creato e fatto amare al grande pubblico Mazinga Z e il Grande Mazinga, facendoli agire nel medesimo contesto, anche se a volte con poco realismo, essendo comunque serie indirizzate a un pubblico di bambini/adolescenti; generando numerosi epigoni, sino alla fantascienza robotica adulta di Yoshiyuki Tomino con la serie “Mobile Suit Gundam” (trasmessa in Italia nel 1981), un anime robotico dai temi forti e adulti, come la lotta per l’indipendenza di una stazione orbitale autoproclamatasi Principato: i robot sono armi prodotte in serie come i carri armati e gli aerei da guerra per battaglie realistiche.
Di questa filosofia adulta è figlio diretto un bel fumetto italiano edito dalla Cosmo Editoriale, che da tempo ci delizia con prodotti di alta qualità e dei generi più svariati (a cominciare dalla migliore produzione francese): edito in due volumi – 224 pagine al costo cadauno di euri 6,90 – intitolati “BETA – L’ era dei robot giganti” e “Beta – Battaglia per il futuro”. Vi si narrano le vicende di Dennis Beta, pilota dell’imponente robot Spartacus e figlio del creatore dei robot da combattimento, tormentato da un passato oscuro e immerso in lotte all’ultimo sangue contro nemici dalla provenienza ignota ma all’apparenza inarrestabili.
Forte dell’adrenalinica sceneggiatura di Luca Vanzella e dei vorticosi disegni di Luca Genovese il doppio “Beta” è un’opera corale. Mai in serie robotiche simili si era vista così da vicino la crudezza degli scontri, la tragedia della popolazione che si vede le case e le vite distrutte, con i piloti morire dopo il primo scontro e gli scienziati ambigui invece che rassicuranti.
“Sono passati quasi venticinque anni dalla fine della guerra. Il mondo si è diviso in due blocchi contrapposti capeggiati rispettivamente dagli Stati Uniti d’America e dall’ Unione Sovietica. L’equilibrio tra le due potenze si regge sulla mutua minaccia dei robot, terribili armi capaci di distruggere una città in pochi minuti” recita la didascalia introduttiva del primo volume.
Un fumetto forte e adulto, che strizza l’occhio – con le numerose citazioni e omaggi anche visivi – a tutto il genere robotico per eccellenza tanto caro ai “due Luca” – gli autori – e a una generazione di appassionati. Con le pagine di “BETA” si farà un viaggio attraverso alabarde spaziali e raggi fotonici, senza dimenticare “un rumor a mille decibel”, per citare la canzone d’apertura di Mazinga Z. Quindi “Spartacus, build up!” – come urla Dennis Beta – per agganciare il suo modulo al robottone che combatte per l’umanità.