I surfisti d’Australia lottano contro il petrolio e per le balene
di Maria Rita D’Orsogna (*)
Siamo a Bondi Beach vicino a Sydney, Austalia dove un gruppo nutrito di surfisti ha deciso di ribellarsi contro le trivelle in mare.
Hanno organizzato un “paddle out”, cioe’ tanti assieme diretti verso il mare aperto per puntare l’attenzione sul Great Australian Bight, casa di balene, ricca di biodiversita’ e dal mare blu. Perche’ l’area e’ a rischio?
Il surf e’ uno degli sport più popolari del paese, e tutti vogliono tenere il mare e la costa il più possibile incontaminate.
La gente e’ arrabbiata e scioccata che si sia arrivati a voler trivellare fin qui.
In molti vogliono che ci sia maggiore attenzione a politiche green e non solo in nome, ma di fatto, e le trivelle nel santuario delle balene e’ forse uno dei contenziosi maggiori. Ci sono poi anche proteste sul fatto che il governo attuale non e’ stato sufficientemente propositivo e attuativo nel diminuire le emissioni di CO2, o che ancora adesso si parli di nuovi progetti per centrali a carbone.
Non e’ il primo paddle out della stagione, già ne sono stati organizzati altri a Bells Beach, per esempio, un altro paradiso dei surfisti a Melbourne, oppure sulla Gold Coast e in Tasmania. Ogni volta ci sono state sempre più persone, migliaia e migliaia fra cui per esempio, il campione mondiale di surf Layne Beachley.
Dicono che sara’ tutto safe. Che altro vogliono o possono dire?
Si teme che le condizioni possano portare a incidenti rilevanti, peggio che in Louisiana nel 2010.
E questo lo dice chiaramente Soliman Hunter, dell’Aberdeen University Center for Energy Law che dice chiaramente:
Intanto il Great Australian Bight è stato proposto come sito UNESCO, e le varie celebrita’ del surf dicono di no, fra cui Mick Fanning e Steph Gilmore.