Ikigai
di Nasreen Amina, Argentina, per http://worldpulse.com (traduzione di Maria G. Di Rienzo)
Ogni linguaggio descrive un mondo, ecco perché è così importante tentare di impararne più di uno. Per esempio, in lingua Quechua si usa la stessa parola per indicare «passato» e «futuro»: per i nativi delle Ande in Perù il tempo trascorre in cicli, e cose, sentimenti, l’intera vita, semplicemente vanno avanti e indietro.
Quando vivevo in Perù diventai amica di Gigi, una donna dalle origini giapponesi. Aveva un ristorante chiamato Mayuyama a Cuzco. Nei giorni invernali, quando la temperatura può scendere sino a 12 gradi sottozero a 4.000 metri sopra il livello del mare, ero solita far visita alla mia amica all’ora di chiusura, per mangiare insieme zuppa di miso e parlare delle nostre vite.
Gigi aveva qualche difficoltà a fare affari cucinando ma era ancora là a tentare di rendere il cibo giapponese un successo in una città in cui le persone non sapevano poi molto di sushi o teriyaki. Durante una delle nostre serate le chiesi: «Perché? Potresti tentare qualcosa di diverso». Fu allora che mi insegnò la parola «Ikigai». Disse: «Cucinare, e avere il mio posto dove farlo, ciò che ho appreso dalla mia famiglia, ed essere soddisfatta del condividere i miei gusti con altri, e vivere di questo: tale è il mio Ikigai».
Questa parola giapponese significa all’incirca «la ragione per vivere». Gigi disse che ognuno aveva bisogno di un Ikigai, perché esso ci mantiene vivi e ci permette di vivere meglio e sempre meglio, di maneggiare con leggerezza i problemi e di evitare la depressione. Disse anche che i giapponesi erano generalmente longevi non perché in maggioranza fossero ricchi abbastanza da avere esistenze confortevoli, ma perché erano culturalmente persuasi di avere un Ikigai e si concentravano su di esso.
Qual è la vostra ragione per vivere? Qualcuno dirà i miei figli, la mia professione, il mio desiderio di conquiste o trionfi di ogni tipo. Molte cose possono essere rubricate come il nostro Ikigai. Non sempre, però, questo “scopo” si accorda con le cose che devi fare per pagare le tue bollette: il denaro è una risorsa, non può essere un fine in se stesso. Ricollegarci alla nostra ragione per esistere è necessario per noi stessi, e credo sia un dovere che abbiamo verso gli altri.
Ci sono persone che si muovono solo per soddisfare bisogni esteriori ma mancando loro un essenziale senso del destino trovano via via che tutto diventa oppressivo e debilitante. Una persona senza Ikigai cade facilmente in depressione. Victor Frankl, che fu imprigionato in un campo di concentramento, sopravvisse e scrisse poi un libro; disse che ciò che l’aveva aiutato a resistere era la convinzione di doverne uscire vivo per raccontare al mondo ciò che aveva vissuto là. Senza una ragione per vivere, la vita è solo tempo che passa, anni sul calendario. Questa ragione è per definizione qualcosa di molto personale. Ha a che fare con la vocazione, un sentimento molto intimo che nei bambini si esprime come sogno.
Quel che è importante sapere è che non è mai troppo tardi per riprendersi il proprio Ikigai e farlo accadere: il vostro sogno è la vostra missione. Ikigai è scoprire ciò che amiamo. Pensateci. Lavoro, studio, responsabilità: ogni giorno lottiamo in un mondo sempre più complesso e colmo di sfide. Come riusciamo a farlo? Collegandoci alla nostra ragione per essere qui, e per restare qui, fiduciose, coraggiose e resistenti. Imparando a vivere del nostro scopo, con le nostre intenzioni. Riconoscere il nostro Ikigai fa una gran differenza.
Come ho imparato da Gigi, Ikigai è la nostra personale e intima felicità di essere vivi allo scopo di realizzare un sogno.