di Ismaele (*)
il film inizia con l’investimento e l’omicidio di un ciclista, come nel film “Muerte de un ciclista” (in italiano “Gli egoisti”), di Juan Antonio Bardem, del 1955, premio della critica a Cannes (
qui).
in entrambi i film l’omicidio del ciclista è il detonatore per mostrare un mondo di rapporti sociali e familiari basati sulla falsità e sulla sopraffazione.
chi pensa a una commedia simpatica e divertente di Virzì è meglio che stia a casa, questo è un film che fa male, in certi momenti un film che fa paura.
bella la struttura a incastri, solo alla fine lo spettatore sa tutto, e quello che saprà, e magari non si ricorda spesso, è che ci sono ancora le classi, e che per i soldi molti sono corruttibili, e disposti a tutto, dipende dal prezzo.
è un film cupo, con pochi sprazzi di luce e di sincerità, come nel sorriso fra Serena e Luca, nell’ultima scena.
non sarà un film perfetto, ma da vedere certamente.
(*) Trovate questo appuntamento in blog ogni lunedì e giovedì sera: di solito il lunedì film “in sala” e il giovedì quelli da recuperare. Ismaele si presenta così: «“Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica faranno la mia felicità fino alla mia morte” (François Truffaut). Siccome andare al cinema deve essere piacere vado a vedere solo quei film che penso mi interessino (ognuno ha i suoi pregiudizi). Ne scriverò e mi potrete dire se siete d’accordo o no con quello che scrivo; ognuno vede solo una parte, mai tutto, nessuno è perfetto. Ci saranno anche film inediti, ma bellissimi, film dimenticati, corti. Non parlerò mai di cose che non mi interessano o non mi sono piaciute, promesso; la vita è breve non perdiamo tempo con le cose che non ci dicono niente» (db)
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.
Forse non è un film perfetto, come dice Ismaele, ma poco ci manca: una bellissima e tremenda storia (non conosco il romanzo di Stephen Amidon che ne è alla base ma certo vien voglia di leggerlo subito), montata e diretta magnificamente, con attori e attrici al meglio.
Fa paura e fa male, sì. E infatti fra i leghisti e le destre (chiarisco che il mio concetto di destre si estende fino ai renziani e a re Napolitano) in molti stanno strepitando.
Domenica su «Il fatto quotidiano» l’editoriale di Marco Travaglio si intitolava «Il capitale subumano». Fra l’altro si leggeva: «E’ una storia universale – ben scritta da Francesco Bruni e Francesco Piccolo – di capitalismo finanziario selvaggio» che spegne, annienta «sentimenti, amicizie, affetti, famiglie, culture, vite umane». Con qualche scampo di umanità nelle due Valerie (Golino e Bruni Tedeschi) e nell’esordiente Matilde Gioli. Come ricorda Travaglio c’è una frase-chiave nel film: «Abbiamo scommesso sulla rovina del nostro Paese e abbiamo vinto».
Un film assolutamente da vedere. Ho detto assolutamente? Sì, e non ci ripenso.
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