Il cielo brucia (Roter Himmel) – Christian Petzold
visto da Francesco Masala. A seguire una nota del “vicino di sedia” (db) sullo stesso film.
Felix e Leon si concedono una piccola vacanza in una tranquilla casa vicino al mare, l’ideale per finire i loro lavori, Felix deve preparare un portfolio per poter accedere a una scuola di fotografia, Leon deve finire di scrivere il suo secondo libro.
non tutto va bene, la macchina si ferma, la casa è occupata da Nadja, quell’estate gli incendi sono particolarmente molesti, dal soffitto c’è un’infiltrazione.
Felix è un ragazzo estroverso, Leon è abbastanza chiuso, la convivenza con Nadja (e a volte Devid) non è facile per tutti.
nell’ultima parte del film le tensioni crescono, e un dramma terribile segna le loro vite.
Leon, che per paradosso è uno scrittore e in quanto tale a contatto con le parole, non trova parole per dire quello che sente, in quei giorni; e neanche nel libro le parole riescono a dire qualcosa di bello: il giudizio di Nadja è senza appello, come quello del suo agente Helmut.
Poi accade la tragedia.
e tutto cambia, e anche il libro di Leon diventa un buon libro.
un film che non si dimentica tanto presto e Paula Beer è sempre più brava.
Vincitore dell’Orso d’argento al festival di Berlino del 2023, è addirittura in quattro sale in tutta Italia, così va il mondo.
buona (incendiaria) visione.
RECENSIONE TARDIVA DEL VICINO DI SEDIA (tal db)
Stesso cinema, sulla sedia accanto a Francesco Masala. Abbiamo visto il medesimo film ma si sa che fra gli occhi e le teste passano molte cose, spesso diverse per ognuna/o. Così dico la mia, pensosamente.
Negli ultimi anni sono andato poco al cinema. Se questo è un film tipico di Christian Petzold… EVVIVA: cercherò i precedenti. Per godere di altri bei film e per capire se c’è uno stile tipico o piuttosto il suo è quel raro mix di genio&mestiere.
Dissento dal mio vicino di sedia su un punto: Leon è molto peggio che chiuso, secondo me: talmente concentrato su di sé e sul brutto libro che sta scrivendo («fa schifo» gli dirà Nadja) da non capire cosa gli accade intorno. Non c’è soltanto il cielo a bruciare quell’estate ma gli incendi della vita (amori, malattie e le curiosità necessarie) da vicino circondano Leon che sembra destinato a un simbolico rogo perchè nulla lo induce a muoversi. Avendo appiccicato etichette e ruoli (Felix pazzoide; Nadja, gelataia focosa e Devid, bagnino seduttore un po’ scemo) si trova spiazzato a ogni minima rivelazione ma continua la sua lenta crociera senza guardare qualcosa fuori dal finestrino a meno che una persona (o un’emergenza) lo costringano a uscre un attimo dall’apatia egocentrata. Anzi è infastidito se un buco nel tetto o l’incendio – c’è persino cenere che cade sulla loro casa – che si avvicina distolgono attenzione da lui e dalla sua routine maniacale quanto arrogante.
Quando arriva Helmut – nel film si dice che è il suo editore ma in realtà ha il ruolo di agente o forse di un redattore – ancora una volta Leon si mostra cieco, così da sconvolgersi nello scoprire che si tratta di un essere umano (simpatico e debole… per non fare spoiler) anziché di un tassello sul puzzle “leon-centrico”.
Eppur si muore, eppur si muove. Il finale è copenicano/galileiano: il sistema solare non ruota più attorno a Leon ma adesso lui ha nuovi occhi per vedere altri mondi e magari forse costruirà qualche razzo per viaggiare. E’ finito un gran film? No, l’ultima scena, ironica e inattesa, dura pochi secondi. La storia potrebbe ricominciare.
Mi pare che le scelte filmiche del regista siano di non indugiare a spiegare; perchè vuole che i suoi comlpici e le sue complici in sala siano costretti a pensare “ma allora?…” e poi arrabbiarsi un filo perchè Petzold non è in sala a farsi “interrogare”. Tocca capire da soli, immaginare ancora. Che bello però.
Se il regista è bravissimo, Paula Beer è stupefacente quando passa velocemente dalle maschere che Leon le attribuisce al suo “vero” viso; dalla gelataia (presunta) un po’ frivola a l’essere l’unica testa pensante anche quando esplodono due drammi, in rapida successione.
E’ solo in quattro sale? Mi sia consentita una maledizione vudù.
PS PERSONALE: Grazie a Masala che mi ha trascinato al Greenwich d’Essai, un antro delle meraviglie… Dovrei dire una cosetta nell’orecchio a chi gestisce le due sale gemelle: “Scusatemi, se tengo in ordine le attrezzatture, potrei ogni tanto fermarmi a dormire qui? Così riaccendo la mia cinefilia”).
N.B per “chi gestisce le sale gemelle” Greenwich d’Essai: non sono del tutto convinto che tal DB (Daniele Barbieri) terrebbe bene in ordine le vostre attrezzature… ditegli di dormire a casa sua e venire solo a vedere i film, e magari a parlarne.