Il circo della farfalla e la prof bocciata
di Dolores Masia Sesta e settima ora, dalle 12 alle 14, prima superiore, 28 studenti di cui uno con il sostegno. Sono arrivata e ne ho trovati solo 7: pochi ma buoni, fra i quali anche Nicola che ha la sindrome di Down. Ho colto la palla al balzo e ho chiesto al tecnico di poter avere il pc in aula. Questa cosa mi manda in visibilio, non posso ancora capacitarmi di avere, anche se solo nella sede staccata, la tecnologia a disposizione. Ho proiettato un corto, «Il circo della farfalla». Mi sono seduta vicina a Nicola, diversamente intollerante, e ho osservato le sue reazioni. Questo fanciullo con vocazione da “balente”, guardava assorto e a voce alta chiedeva: «È storpio vero? Mischino».
Spento il video si è fatto silenzio e ho chiesto loro di esprimersi, riferendo le impressioni. Ho dovuto constatare così che questa attività, che avevo programmato solo per un piccolo gruppo, aveva consentito al mondo dei miei ragazzi di debordare come un fiume in piena. Nella prima mezz’ora successiva alla visione, hanno provato a far capire a Nicola che usare il termine «storpio» può creare sofferenza e hanno spiegato le loro ragioni “ex cathedra” in modo inappuntabile. Mentre cercavano di motivare il perché delle posizioni espresse qualcuna delle ragazze è scoppiata a piangere. Così ho scoperto, solo fra questi 6, che una aveva subìto percosse da un padre violento, un’altra combatteva da un paio d’ anni con un tumore al ginocchio per il quale è stata irrisa dai suoi compagni perché «non valeva la pena averla in squadra». Un’ altra era stata oggetto di continui soprusi da parte dalla maestra e, sin dalla seconda elementare, spesso picchiata e chiusa in uno sgabuzzino buio. E i segni che portava psicologicamente erano inequivocabili. Giorgia poi era stata sbeffeggiata perché imbranata. Anna non parlava ma poi ha avuto il coraggio di spiegare il perché: «grassa e brutta», quindi tonta e così ha scelto di diventare invisibile; mentre le altre parlavano le scendevano le lacrime.
Mi sono spaventata.
«Ho scoperchiato forse il vaso di Pandora? – mi sono chiesta – sarò in grado di gestirlo?». Poi mi sono ricordata chi ero, quali banchi avevo avuto di fronte e quali avevo consumato. Quali fossero i miei figli e i miei fratelli. Chi fossero i miei genitori. E ho lasciato che la marea esaurisse la sua forza per divenire lenitiva nenia. Queste donne e questi uomini in divenire, ragazzi e ragazze che pensano di essere gnomi invisibili, hanno saputo darmi una bella lezione, oggi. Si sono incontrati fra i banchi di scuola e hanno scoperto di non essere soli. Hanno sentito le parole di Mendez «più è grande la sfida più sarà grande il trionfo» e se non le hanno capite del tutto hanno almeno intuito che la sfida si può accettare. Quando è suonata la campana li ho ringraziati, uno a una, e sono tornata a casa. Ci sono storie e bisogni che non è possibile trascurare, che richiedono una programmazione che sia in grado di mettere al primo posto l’individuo, il ragionamento, l’ascolto e l’esercizio della parola. E riflettevo se e come l’Invalsi, le sue crocette e i suoi quiz avrebbero mai potuto valutare una simile attività e quale ne sarebbe stato il responso. Bocciata prof, mi son detta, molto probabilmente bocciata: ma non importa.
I ragazzi hanno proprio bisogno di Prof così, altro che quiz. La scuola a misura umana per accompagnare i ragazzi nella crescita e nell’acquisizione dell’autostima…ma i più degli insegnanti si affidano al nozionismo…
semplicemente fantastica. grazie di esistere
Non ho avuto il tempo di leggerlo quando è uscito il tuo articolo sul blog di Daniele Barbieri. L’ho letto solo oggi, ma ne è valsa l’attesa.
Ho solo sentito la mancanza della spiegazione di cosa fosse “il circo della farfalla.Così avrei capito meglio la reazione dei ragazzi.
Sono solidale con il tuo lavoro!