Il Congo, le missioni di pace e i “bambini bianchi falliti”
redazione Diogene*
I bambini nati da padri componenti le forze di pace delle Nazioni Unite, i peacekeepers, nella Repubblica Democratica del Congo crescono in condizioni di povertà più profonda. Lo dimostra una ricerca condotta dall’Università di Birmingham.
I bambini generati e abbandonati dalle forze di pace delle Nazioni Unite sono una conseguenza non intenzionale delle operazioni di mantenimento della pace. La ricerca suggerisce che l’identità sociale dei bambini padri pacificatori sia complessa e contraddittoria.
Sebbene economicamente svantaggiato, il loro background birazziale conferisce elementi di privilegio razziale. Utilizzando la Repubblica Democratica del Congo come caso di studio, la ricerca valuta l’impatto delle differenze razziali sulla posizione sociale dei figli dei pacificatori basandosi su 35 interviste a loro e 60 interviste alle madri.
I dati dimostrano che essere di razza mista porta all’aspettativa di un tenore di vita più elevato. Poiché la maggior parte di loro vive invece in condizioni di estrema deprivazione economica, il loro privilegio previsto contrasta con la realtà.
Gli effetti stigmatizzanti della povertà sono stati amplificati dall’identificazione birazziale, portando a uno svantaggio aggiuntivo, riassunto nel termine “Muzungu aliye homba”, che significa “bambino bianco fallito”.
Per molti dei bambini intervistati un’altra fonte di frustrazione è la ricerca dei padri sconosciuti e il tentativo di capire i motivi dell’abbandono.
Fin dagli ’90 furono segnalati i casi di cattiva condotta sessuale durante il mantenimento della pace. Qualche provvedimento venne preso e il fenomeno è stato riconosciuto come un problema sistemico e ogni missione delle Nazioni Unite è stata associata ad accuse di sfruttamento e abuso sessuale.
*articolo in origine pubblicato su https://diogeneonline.info/il-congo-le-missioni-di-pace-e-i-bambini-bianchi-falliti/