Il contributo dei soldati alla Rivoluzione

Da: Arthur Schlesinger – Il Partito Comunista nell’URSS (Feltrinelli, pag. 71/72)

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Uno dei fattori più importanti della situazione stava nell’atteggiamento delle forze armate. Sarebbe errato credere che esse fossero nella maggioranza devote allo zar; lo smentiscono una serie di insurrezioni isolate, e perciò fallite, e un numero di gran lunga maggiore di movimenti meno spettacolari, cui le storie del movimento raramente accennano, ma che sono stati in parte rispolverati in occasione del primo cinquantenario della rivoluzione. Durante le insurrezioni siberiane Kuropatkin considerò il suo esercito — la cui fedeltà era già di per sé dubbia — come tagliato fuori dalla Russia; il destino dell’insurrezione moscovita si decise quando il governo zarista riuscì finalmente a portare in città un solo reggimento fidato. È difficile dire che cosa sarebbe accaduto se in un momento critico un’organizzazione qualsiasi fosse riuscita a sbarcare a Pietroburgo qualche formazione di marinai del Baltico, che per tutta la durata dell’insurrezione simpatizzarono con i rivoluzionari e subirono perdite sanguinose in ammutinamenti falliti. Ma il punto cruciale era l’assenza di un’organizzazione rivoluzionaria capace di svolgere altre attività oltre a quelle propagandistiche; e in simili circostanze (che nel febbraio del 1917 non erano fondamentalmente cambiate) una rivoluzione poteva riuscire solo se si fossero verificate nell’esercito insurrezioni su larga scala. Nel 1905-1906, diversamente da quello che sarebbe accaduto nel 1917, ci furono nell’esercito pochi disordini su larga scala: gli ammutinamenti furono numerosi, ma organizzati a un livello che raramente oltrepassava quello della singola nave o del singolo battaglione, e originati quasi sempre da motivi di scontento puramente locali. Il primo e più famoso di tali ammutinamenti ne illustra assai bene la comune debolezza.
SchlesingerPartComUrsrISV1Da parecchio tempo un comitato speciale composto di membri dei diversi gruppi socialdemocratici aveva intrapreso con notevole successo un’opera di propaganda rivoluzionaria fra i marinai della flotta del Mar Nero. Ma molto prima della data prevista dagli organizzatori il comportamento provocatorio degli ufficiali determinò un ammutinamento sulla corazzata Potjomkin: proprio l’unità che i rivoluzionari consideravano la meno preparata. La nave degli insorti raggiunse il porto di Odessa dove gli operai erano in sciopero e si andava svolgendo anche qualche combattimento per le strade; i bolscevichi di Odessa suggerirono uno sbarco, ma la proposta fu respinta perché il comitato dei marinai temeva che ne sarebbe derivato un indebolimento degli elementi rivoluzionari a bordo, con possibili effetti disastrosi sull’esito dell’incontro fra la Potjomkin e il grosso della flotta; quando poi l’incontro avvenne, gli altri marinai si limitarono a dimostrare la loro simpatia rivoluzionaria lasciando passare indenne la corazzata, che si rifugiò in Romania. Persino nell’ottobre-novembre, dopo cioè che il paese era passato attraverso un riuscito sciopero generale, gli ammutinamenti di marinai a Kronstadt e Sebastopoli furono la conseguenza di uno scontento locale, e le organizzazioni socialdemocratiche (di entrambe le frazioni) furono costrette, per non tradire i marinai, a dare il loro appoggio a movimenti che consideravano prematuri. Ma i civili che simpatizzavano con i marinai insorti non intrapresero azioni armate; a Sebastopoli le truppe di terra rimasero fedeli al governo, e la mancanza di iniziativa da parte dei marinai ammutinati fece il resto. Abbiamo già visto come l’ammutinamento dei soldati a Mosca (anche questo ispirato non da motivi politici ma dallo scontento per le condizioni di servizio) incoraggiò l’insurrezione civile, la quale però si sviluppò troppo lentamente per profittare delle simpatie dei soldati. È impossibile dire se preoccupandosi prima degli aspetti pratici e non esclusivamente di quelli propagandistici dell’insurrezione o con una disciplina organizzativa sufficiente a rimandare la prova di forza fino a primavera — quando i contadini avrebbero potuto partecipare al movimento — i bolscevichi sarebbero riusciti a cambiare il corso degli eventi (naturalmente solo nel senso di portare a buon fine una rivoluzione democratico-borghese). Certo é che concludendo la pace col Giappone il governo dello zar riuscì a neutralizzare il fattore più pericoloso della situazione. Vedremo come anche la rivoluzione del febbraio 1917 non fu “organizzata”: il suo esito più fortunato fu dovuto a circostanze più favorevoli, in cui giocò certo la sua parte anche l’esperienza acquistata durante la “prova generale.”

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