Il dottor Cannabis
Enrico Fletzer riflette sul testo di Fabrizio Cinquini
Ho rincontrato Fabrizio Cinquini alla Fiera della Canapa di Bologna. Erano passati quasi dieci anni dalla Cannabisditipoforte, la prima fiera italiana da lui lanciata prima a Pietrasanta a poi nel capoluogo emiliano. Avevo saputo delle sue traversie giudiziarie ma non ero più riuscito a entrare in contatto con lui. A dimostrazione di come il tema sia lasciato in mano a veri e propri tagliagole, a poche ore dal nostro incontro scopro che un importante convegno a Torino in cui erano convenuti scienziati da tutta Italia usciva letteralmente sconvolto da un delirante reportage del Tg3 piemontese che lanciava l’allarme per una nuova terribile droga: il THC. https://www.youtube.com/watch?feature=share&v=dr1TpNd_fSk&app=desktop
Se in effetti i meccanismi di controllo democratico della Rai in quota 5 Stelle non funzionano neppure per questa assurdità mondiale, non si riesce a comprendere come si possa intavolare una discussione aperta e onesta sulla proposta di legge in discussione in Parlamento per una forma di monopolio statuale attenuato che permette ai cittadini di autogestirsi e allo Stato di rinunciare a far organizzare questo mercato alla malavita più o meno organizzata.
Il titolo «THC, la nuova droga», oltre che far ridere e/o piangere, nasconde il proverbiale vaso di Pandora, perché sotto c’è la rabbia quando non lo sconforto per una realtà orwelliana.
Odio e rabbia, Perché no? Anche dopo il totale fallimento dell’Europa politica proprio a New York all’Ungass 2016 dove si rilanciava un ulteriore fallimentare progetto : la conferenza dei diritti umani svoltasi in questi giorni a Istanbul.
L’Onu definisce “sostanze controllate” piante come la coca, la canapa e il papavero il cui utilizzo terapeutico per quanto importante non viene implementato. Addirittura per la cannabis, presente nella farmacopea occidentale, vi sono stati decenni di ostacoli alle ricerche tanto che il succitato Thc e i recettori cerebrali sono scoperte successive al cosiddetto regime di controllo internazionali.
Anche per questa vera e propria congiura, il libro di Cinquini non riguarda tanto l’utilizzo terapeutico in senso stretto ma costituisce un atto di denuncia contro il dispositivo repressivo prima contro “la meglio gioventù” e poi contro un medico. Basti pensare a quel che ha detto John Ehrlichman, il braccio destro di Nixon che ha candidamente confessato che non potendo eliminare fisicamente il movimento contro la guerra e gli afro-americani sarebbe bastato con la guerra alle droghe farli associare alla marijuana e all’eroina. Ma sempre in assoluta continuità con la guerra contro di noi, la storia si dipana. E qui un’altra cosa che rompe la stereotipizzazione del drogato. Cinquini è un uomo dall’aspetto molto piacente, colto, intelligente, esperto di arti marziali e salutista. Forse più che perseguitarlo per la reiterazione di coltivazioni finalizzate a individuare piante portatrici di benefici terapeutici, le autorità avrebbero dovuto vietare il libro prodotto dalla Dissensi Edizioni.
Non è detto che non ci pensino e dunque correte a comprarlo. Qui è una ingiustizia che prorompe e che dovrebbe coinvolgere soprattutto i non consumatori, gli astinenti che spesso si sottraggono alla pugna e si perdono nelle tante bugie che girano sulle psicosi, sulla canapa Ogm e su ulteriori leggende terrificanti e perdendosi nelle seghe mentali preparate in grandi quantità dal think tank proibizionista sponsorizzato da Svezia e San Patrignano anziché concentrarsi sulla lotta al dispositivo e sulla specificità dello stesso: la guerra alle droghe è una guerra contro noi tutti.
«Dottor Cannabis» non è un manuale medico sull’uso della cannabis ma è una ricostruzione del percorso umano e civile di un grande rivoluzionario che fin dagli inizi del suo percorso scientifico ha adottato una linea di condotta che potrebbe ricordare la memorabile espressione di Timothy Leary: «Contesta l’autorità e pensa con la tua testa».
DISSENSI Edizioni presenta
DOTTOR CANNABIS
La storia di un medico antiproibizionista
di
FABRIZIO CINQUINI
(2016, pagine 198, 12 euro)
Introduzione di GIANLUCA FERRARA
Postfazione di Matteo Provvidenza
Non abbiamo scoperto tutto sul sistema cannabinoide, ma quel poco che sappiamo ci obbliga a restituire a questa sacra pianta il rispetto che pochi malfattori, per i loro biechi interessi, le hanno tolto, poiché libertà di terapia, di ricerca, di culto sembrano oggi in Italia parole prive di fondamento pragmatico. Fabrizio Cinquini
In un periodo in cui da più ed eterogenee parti (non solo politiche ma della società civile) si reclama un dibattito serio sulla regolamentazione della cannabis e delle droghe leggere per sottrarne il monopolio alla criminalità e al racket, diventa più che mai paradigmatica la storia del medico Fabrizio Cinquini, tra le personalità simbolo dell’antiproibizionismo italiano, coltivatore tenace di canapa a scopo medicale. Nel 1997 Cinquini contrae l’epatite C mentre opera in emergenza a bordo di un’ambulanza. Da allora comincia a curarsi con la canapa, incrociandola ad altre piante, sia per trattare l’epatite sia altre malattie, come quelle legate alla condotta alimentare. La sua storia racconta di un uomo che si espone in prima persona per quello in cui crede, perché non può fare altrimenti, fa parte di sé. È una storia che riconcilia con una categoria spesso percepita come inumana e sfuggevole o, comunque, lontana dal misurarsi con l’effettiva “presa in carico” del malato. Racconta di un ricercatore entusiasta, aperto alla condivisione e al confronto, capace di vivere situazioni di durezza e disagio – il carcere e l’“ebbrezza” dell’ospedale psichiatrico, i cui operatori non possono che confermarne la sanità mentale. Tutto questo perché convinto, oltre che testimone esso stesso, della bontà e positività sociali dell’autocoltivazione della canapa a fini terapeutici. Il contributo del dottor Cinquini si inserisce in una consolidata tradizione di medicina e di ricerca. Enorme, infatti, è la quantità delle evidenze prodotte e degli studi empirici in continuo divenire, che convalida ciò che è risaputo da millenni, ossia che la canapa è pianta dalle inesauribili potenzialità mediche, che si dimostra efficace anche per curare patologie come la sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica (SLA), cancro, leucemia, AIDS, fibromialgia,glaucoma, morbo di Chron, lesioni midollari, diabete, epilessia, depressione, osteoporosi, psoriasi, asma, ustioni, dolori cronici, insonnia. Una seria politica medica antiproibizionista, oltre ad alleggerire il costo del Servizio Sanitario Nazionale quindi, schiuderebbe davvero molte possibilità di cura e guarigione. “Dottor Cannabis” è un mémoire di sincerità mordace, divertente anche nella descrizione di vicende amare, che scoraggerebbero i più nel perseverare in una battaglia – quella antiproibizionista italiana, che resta prima di tutto battaglia per la libertà d’autodeterminazione –, gravata da rozzi pregiudizi e ostacolata da spaccature fino a ora rimaste insanate.
Fabrizio Cinquini (Viareggio 1963), medico-chirurgo, è noto a livello nazionale e internazionale nell’assistere i suoi pazienti attraverso cure alternative olistiche naturali. Ha partecipato a missioni in Rwanda, oltre che in zone dell’Europa, la Russia e gli Stati Uniti. Ha prestato servizio militare nel Corpo Sanitario Aeronautico ed è stato per anni medico di bordo in equipaggi internazionali. Segue pazienti affetti da patologie legate sia alla sua specializzazione – la chirurgia cerebro-vascolare – sia da patologie neurologiche degenerative sia malati oncologici. Per le sue convinzioni, ha pagato con la carcerazione, gli arresti domiciliari e il manicomio criminale. Ideatore e animatore di svariate manifestazioni eco-tecnologiche sulla canapa medicale e industriale, da anni porta avanti il progetto per una produzione di canapa terapeutica attraverso le istituzioni militari, progetto in parte accolto dalla regione Toscana. Vive a Pietrasanta ed esercita la professione tra Italia e Spagna. http://canapamedica.it/fabrizio-cinquini/
Dall’introduzione di Gianluca Ferrara:
Ricordo ancora con precisione la prima volta che lo incontrai. Con l’amico Matteo Provvidenza stavamo entrando nella dimora materna di Fabrizio a Forte dei Marmi, quando, percorrendo il vialetto d’ingresso pensai che Paese illiberale e ipocrita è il nostro. In quella casa, riflettevo mentre mi avvicinavo al cancello, è agli arresti domiciliari un medico di talento che è stato privato della propria libertà perché si è permesso di curare suoi pazienti con un prodotto che alla mafia dell’industria farmaceutica non conviene ancora che venga conosciuto per le sue proprietà. In quella casa, pensavo, è rinchiusa una persona perbene, mentre fuori, pascolano in libertà quei politici che, eseguendo le direttive delle lobby, hanno votato leggi liberticide. Leggi proibizioniste che in maniera di tossicodipendenza hanno garantito enormi introiti alle mafie e spezzato le vite di migliaia di ragazzi.
Hanno detto:
Fabrizio Cinquini è il simbolo della lotta per l’uso della canapa a scopi terapeutici in Italia.
Ilaria Lonigro – ilfattoquotidiano.it
Non è lo sballo che interessa al medico viareggino […], in lui il rigore scientifico del naturopata si affianca a una personalità anarchica, affamata di conoscenza e di esperienze. […] Le sue rocambolesche vicende umane e professionali, Cinquini le ha raccolte nel libro Dottor Cannabis, dove racconta con una prosa sempre sarcastica la sua “disubbidienza civile” […] tanta dedizione nel creare ibridi altamente curativi è stata periodicamente mortificata dallo sradicamento delle piante da parte delle forze dell’ordine. Ma Cinquini è ottimista e, da bravo giocatore di poker, ha sempre rilanciato.
Daniela Francesconi – Il Cittadino
Mi appello al buon senso: non gettiamo anni di ricerca del dottor Fabrizio Cinquini. […] quelle piante, se proprio non potrà coltivarle lui, portiamole allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Sarebbe un atto di civiltà.
Enzo Brogi – Consigliere Regionale Regione Toscana