Femminismo “ladino”: antipatriarcale ma anche…
… anticapitalista e antirazzista
un articolo di David Lifodi. A seguire Resistimos para vivir, marchamos para transformar di Maria Teresa Messidoro
Spesso minacciate, criminalizzate, rese invisibili, le donne latinoamericane rivendicano il loro diritto a esistere e resistere. Le esperienze in Argentina, Guatemala e Bolivia, Brasile, Cile, Chiapas e Pakistan
di David Lifodi
In Argentina le pratiche del femminismo hanno fatto il loro ingresso nelle istituzioni. Quale migliore occasione dell’8 marzo, dunque, per parlare della recente creazione del Ministerio de Mujeres, Géneros y Diversidad de la Nación e, del quasi omologo, Ministerio de las Mujeres, Políticas de Género y Diversidad Sexual nella Provincia di Buenos Aires?
Entrambi sono stati conquistati grazie alle lotte popolari, hanno concordato Elizabeth Gómez Alcorta ed Estela Díaz, rispettivamente ministre dello Stato e della Provincia, entrambe con alle spalle anni di militanza nei movimenti sociali e, in particolare, nei collettivi femministi.
Il Ministerio de Mujeres, Géneros y Diversidad de la Nación è a sua volta suddiviso in tre aree particolarmente significative: Secretaría de Políticas de Igualdad y Diversidad, Secretaría de Políticas Contra la Violencia por Razones de Género e Subsecretaría de Formación, Investigación y Políticas Culturales para la Igualdad. Si tratta di un evidente cambio di rotta rispetto all’Argentina macrista, che non aveva mostrato alcun interesse nel tutelare le donne vittime di violenza, tantomeno alle tematiche delle politiche di genere e alla diversità sessuale. Tuttavia non è l’unica novità.
In qualità di sottosegretaria al Ministerio de Mujeres, Géneros y Diversidad de la Nación lavorerà Alba Rueda, la prima trans a rivestire questa carica e che, al momento del giuramento, lo ha fatto all’insegna di una “patria transfemminista”. Anche alla Provincia di Buenos Aires, nell’area della Diversidad Sexual, siederà una trans, Daniela Castro. Due ministeri di orientamento femminista rappresentano un grande progresso non solo per l’Argentina, ma per tutta l’America latina. Del resto, anche la provenienza di Estela Díaz, sindacalista e tra gli esponenti del Comitato per la liberazione di Milagro Sala, significa un enorme cambiamento rispetto alle politiche securitarie che finora avevano dilagato. Una delle sue prime misure è stata quella di firmare l’adesione al Protocollo nazionale di interruzione legale della gravidanza, una battaglia che l’aveva vista sempre in prima linea all’interno della Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito.
Se il femminismo per la prima volta, in Argentina, ha conquistato due ministeri promettendo un radicale cambio di rotta, in altri paesi la situazione non è così rosea, eppure sono molteplici le organizzazioni popolari che rivendicano dignità e diritti, a partire dal Guatemala, dove nel 2015 Lorena Cabnal ha fondato la Red de Sanadoras Ancestrales del Feminismo Comunitario in risposta alla criminalizzazione e alle violenze compiute sulle donne maya soprattutto nei 36 anni di conflitto armato. Intorno al femminismo comunitario si sono raccolte tutte quelle donne che subivano, e continuano subire, sul loro corpo la violenza sistematica dello Stato tramite l’imposizione dell’estrattivismo minerario, gli sgomberi violenti delle comunità in resistenza e la negazione della memoria.
La denuncia della Red de Sanadoras Ancestrales del Feminismo Comunitario è particolarmente coraggiosa poiché non è rivolta soltanto al patriarcato in qualità di braccio armato dello Stato, come canta il collettivo femminista cileno nella sua ormai celebre canzone Un violador en tu camino, ma anche contro il patriarcato ancestrale dilagante nelle stesse comunità indigene, dove gli uomini vendono i corpi di donne e bambine per degli animali, per un appezzamento di terreno o altro, ha scritto Claudia Korol sul sito web Nodal nel suo articolo Guatemala: feminismo comunitario y recuperación de saberes ancestrales.
Sul machismo indigeno e sul razzismo, anche all’interno di organizzazioni e movimenti di sinistra, insistono anche i gruppi Feminismo Comunitario Antipatriarcal de Bolivia e Feministas de Abya Yala, entrambi in prima fila sia nel denunciare il colpo di stato contro Morales, ma criticandolo per le sue posizioni favorevoli all’estrattivismo minerario e per il machismo del suo governo. Adriana Guzmán, intervistata sempre da Claudia Korol su Nodal, attacca duramente “una sinistra coloniale secondo la quale le organizzazioni indigene e contadine sono utili per fare i blocchi stradali, ma non per decidere come vivere”. Nell’articolo completo, El golpe de Estado en Bolivia es racista, patriarcal, eclesiástico y empresarial, la militante di Feminismo Comunitario Antipatriarcal de Bolivia, mette in guardia da un “femminismo borghese che ha criticato il governo di Evo per i suoi errori”, senza mai puntare l’attenzione su personaggi come Carlos Mesa, vice presidente di Sánchez de Losada all’epoca del cosiddetto Masacre del Gas dell’ottobre 2003, o Fernando Camacho, l’evangelico di estrema destra alla guida dei gruppi paramilitari che hanno propiziato il golpe.
“Crediamo che la nuova Costituzione non possa essere scritta senza la presenza femminista”, hanno sottolineato le donne del neonato Partido Alternativa Feminista a proposito della nuova Costituente cilena. Più in generale, sono le politiche degli Stati a dover tener conto dei diritti delle donne e della questione di genere, in America latina e in tutto il mondo.
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Resistimos para vivir, marchamos para transformar
di Maria Teresa Messidoro (*)
No próximo 8 de marzo, la Marcha Mundial de lasMujeres cumple 20 años
Con questa frase si presenta la ventesima edizione della MarchaMundial de las Mujeres (MMM), organizzata per l’8 marzo in Brasile. Lo slogan principale sarà “Fuera Bolsonaro”, in difesa di un lavoro dignitoso, della democrazia messa ogni giorno in pericolo dalle politiche governative, continuando a chiedere senza sosta giustizia per Marielle Franco, consigliera di Rio de Janeiro, ammazzata brutalmente ormai quasi due anni fa.
Únete al contingente Malvestida con carteles para la marcha del Día de la Mujer.
Sull’intrigante sito dell’organizzazione messicana Malvestida potete trovare un appello per tutte le donne che vogliono aderire alla marcia dell’8 marzo, unendosi allo spezzone di Malvestida: “non è una festa per celebrare, è un momento per ricordare ciò che abbiamo fatto – dicono – ciò che stiamo facendo e ciò che riusciremo a realizzare. E’ un invito a prendersi per mano, ricordando tutte le donne che vissero la nostra lotta prima di noi e coinvolgendo tutte le giovani che stanno arrivando per unirsi a tutte noi. Per arrivare tutte insieme all’antimonumento femminista realizzato in piazza a Città del Messico”.
L’appello di Malvestida si arricchisce di bellissimi ed originali cartelli, proposti da alcune illustratrici messicane, che hanno messo a disposizione la propria arte.
Se volete, scaricatele qui:
https://desinformemonos.org/carteles-para-la-marcha-del-8m-hechos-por-ilustradoras/
e sul sito di Malvestida trovate anche delle indicazioni per le donne diversamente abili che non vogliono rinunciare a partecipare al Dia de las Mujeres.
Non è di meno lo studio di arti visive messicano GRAN OM, che ha prodotto alcuni cartelli per appoggiare la lotta femminista contro la violenza di genere e per invitare le donne ad unirsi ai movimenti che cercano giustizia, ponendo fine ai femminicidi, la pratica purtroppo ancora vigente delle sparizioni, la criminalizzazione dell’aborto e la disuguaglianza sociale.
Ecco alcuni degli slogan proposti: “E’ il tempo delle donne”, “E’ giunta l’ora di camminare insieme”, “Se una donna sta lottando, il futuro di tutte sta cambiando”, “Non ci saranno monumenti sufficienti per ciascuna delle donne violate ed assassinate”, ..
Li trovate qui
https://desinformemonos.org/gran-om-disena-carteles-en-apoyo-a-la-lucha-feminista-en-mexico/
Para que la luz de las mujeres brille
Non potevano mancare le donne dell’EZLN, che si uniranno alla fermata nazionale delle donne, accendendo simbolicamente nella mattina dell’8 marzo, in tutti i caracoles e le strutture di base zapatiste, moltissime luci, perché la luce delle donne possa brillare.
Cile: Sin warmikuti no haypachakuti
Lo sciopero femminista, sostenuto anche in Cile dalla CoordinadoraFeminista 8 de Marzo, si propone nel paese andino in un momento particolare di tensioni e rivolte non sopite: in questa sovversione dell’ordine costituito, alla ricerca di un altro modo di essere, le donne cilene ci ricordano che non è possibile un pachakuti, cioè un cambiamento della Terra senza una reale alternativa femminista dei popoli, che parta dal warmi, la donna, il femminile.
Ricordando che nella cosmogonia andina il tempo è ciclico e non lineare, il pachakuti deve essere associato ad una trasformazione profonda del tutto, in cui trovino una giusta dimensione il nuovo ed il vecchio, il creativo e l’ancestrale: una trasformazione che giunga addirittura ad una inversione del mondo, facendo anche ritorno ad altri luoghi e temporalità. Le donne cilene ribadiscono che se il calendario occidentale ha imposto storicamente un tempo maschile, egemonico e patriarcale, le rivolte ed insurrezioni recenti hanno permesso di installare ed imporre nuove dinamiche temporali, che comportano necessariamente nuove forme di vita e una diversa dimensione politica comunitaria.
Così, lo sciopero femminista del 2020 deve essere riletto in chiave di un pachakuti femminista, di donne e dissidenze sessuali, con i propri tempi di mobilitazione e costruzione di proposte per un reale processo costituente in Cile, nodo politico cruciale nei prossimi mesi.
We resist to live, we march to transform
Dall’altra parte del mondo, in Pakistan, l’8 marzo avrà un momento preparatorio importante il 5 marzo, quando si ricorda il decimo anniversario della legge contro le molestie sessuali, una legge fondamentale per le donne pakistane; c’è stato un gran dibattito in Pakistan a proposito della manifestazione delle donne proprio l’8 marzo, perché avvocati della destra conservatrice inviarono numerose richieste ai tribunali per impedire la manifestazione, con la scusa che le donne sicuramente avrebbero … insultato gli uomini e quindi devono essere preventivamente censurate; il secondo argomento è stato che il commercio avrebbe subito gravi perdite… di domenica quando tutto è chiuso!
Fortunatamente, queste richieste sono state respinte e.. le donne marceranno per le strade in Pakistan.
Come faranno in moltissimi altri paesi. Coronavirus permettendo.
(*) vicepresidente Associazione Lisangà
Per l’8 marzo abbiamo pubblicato una canzone contro il patriarcato.
https://youtu.be/vILfotj4QZY