Il meglio (forse) del blog – 22
… andando a ritroso nel tempo (**)
Fantascienza, migranti, B&B
DA QUALCHE PARTE NELL’UNIVERSO OGGI E’ MARTE-DI’ (*)
[…] è stato detto in giro che avrei parlato di “presenti congelati” e “futuri indecisi sul da farsi”. Ma il titolo annunciato – «Il presente immobile e il futuro assassinato» o una roba del genere – per imperscrutabili ragioni è lievemente errato. Il titolo giusto è: «Io, ornitorinco» .
Cos’ha di strano l’ornitorinco? Se non lo sapete, guardate su un’enciclopedia. Quando dall’Australia arrivarono le prime notizie sull’ornitorinco gli zoologi al gran completo pensarono a una presa per il culo. Insomma è troppo strano l’ornitorinco per esserci: non può esistere. Invece esiste. Io anche.
In quanto auto-nominato ornitorinco ad honorem vi parlerò di tre strane faccende che si incrociano e che forse possono interessare questo convegno (sempre che io non abbia sbagliato città, pianeta o coordinate temporali). O forse le tre robbbbe non si intrecciano troppo ma io le faccio incrociare lo stesso. Vado con i titoli.
1- la fantascienza, futura umanità;
2- migranti e altri alieni, di futuri ce n’è tanti… (questo è anche uno spot occulto, come vedrete);
3- BB cioè Barbieri e Barole, due svergognati… il governo BB ovvero Berlusconi-Bossi si attivi per bloccarli.
PRIMO PASSAGGIO
La fantascienza cos’è? E` uno dei possibili incroci fra il mondo cosiddetto reale e il fantasticare intorno al mescolarsi fra le scienze e la specie dominante del pianeta Terra, il cosiddetto homo sapiens.
Faccio due brevi incisi. Inciso 1: che poi sia sapiens è tutto da dimostrare. Inciso 2: tutte le volte che il linguaggio usa homo e uomini intendendo gli esseri umani, la specie umana… mi dissocio: è un linguaggio sessuato che non nomina le donne: e siccome chi non viene nominato non esiste, io devo e voglio dissociarmi. Fine incisi.
Ovviamente le scienze possono essere hard, dure (fisica e astrofisica, chimica, biologia, ecc) o soft, più morbide (sociologia, economia, psicologia….). Definizioni, etichette. Comode per prendere il barattolo dei ceci invece che quello dei fagioli o del caffè ma nulla ci dicono del sapore (se già non lo conosciamo) o di come si cucinano la polenta o il cacao per ben nutrirsi, per evitare il mal di pancia, per stupire i commensali, magari per avviarsi a certi piaceri quando la necessità primaria di sopravvivere sia già soddisfatta.
Perché è così importante la fantascienza? Per molte ragioni ma ve ne accenno solo 4.
Un breve inciso e spot occulto: se volete saperne di più leggete questo libro che ho scritto nel 2006 con Riccardo Mancini: si intitola «Di futuri ce n’è tanti: 8 sentieri di buona fantascienza (istruzioni per uscire da un presente senza sogni)», è edito da Avverbi. Fine dell’inciso, quasi spottistico.
Ecco le 4 ragioni … non si tratta di una pizza con refuso.
La prima ragione è che il secolo da poco concluso – il terribile e meraviglioso Novecento, se contate anche voi come fanno i cristiani – è stato quello del massimo sviluppo delle scienze, ma soprattutto del dilagare delle tecnologie che sono le cuginette pezzenti delle “nobili” scienze.
La seconda ragione: la letteratura che ha provato a raccontare questo amplesso – la fantascienza appunto – per varie ragioni (che qui non è il caso di vedere in dettaglio) è stata una letteratura ad alta diffusione popolare, almeno in certi Paesi e in certi periodi, insomma narrativa a bassi costi e con un consumo di massa.
La terza ragione è che essendo la fantascienza una stranezza, un ornitorinco appunto, qui si sono radunati e radunate un certo numero di pazzi e di pazze; ovviamente la follia è sempre interessante in un mondo di sedicenti, noiosi eppur pericolosi normali (e apro una parentesi piccina-picciò per ricordare che la normalità, ammesso esista, come l’obbedienza non è una virtù; o almeno io la penso così, come don Milani e compagnia cantante) . Una pazzia che – è ovvio? – può essere di destra o di sinistra (per quel che valgono le etichette, bla-bla), una follia che può trovare forme letterarie mature, magari affascinanti, esteticamente rivoluzionarie oppure restare allo stadio di una pura intuizione, illuminazione, visione… purtroppo mal scritta.
La quarta ragione è questa, mooooooooolto politica: se lo sviluppo scientifico-tecnologico fosse partecipato, insegnato, discusso, se insomma vivessimo in una società dove il potere fosse condiviso, noi resteremmo sempre invasi (nel bene e nel male) da scienza e tecnologia – proprio come oggi siamo – ma le capiremmo almeno in parte, ne ragioneremmo, discuteremmo, saremmo in grado di decifrarne le regole, almeno quelle di fondo, e di intuire le ricadute: insomma probabilmente le controlleremmo in parte, e forse troveremmo «la coscienza del limite», per usare una bella espressione ecologista e femminista. Siccome non è cosi, siccome i saperi-poteri scientifici sono patrimonio di pochi, noi viviamo in un tecno-vudù, in una tecno-magia. Tecnologie ovunque ma per noi incomprensibili, magiche: vudù. E’ necessario approfondire questo punto o ci siamo intesi? Come era facile immaginare – e la fantascienza lo ha abbondantemente previsto – questo tecno-vudù è sociologicamente, politicamente e letterariamente mooooooolto interessante. Più di quanto lo sia quel territorio letterario che di solito definiamo fantastico oppure fantasy.
Servirebbero forse due altri minimi chiarimenti, li accenno solo in forma di domande. La fantascienza (o science fiction o sfi, come vi pare) è una letteratura solamente americana, intendo dire statunitense, o anglo-americana? Rispondo «non del tutto» e ne riparliamo un’altra volta. Per capirsi: ho letto fantascienza italiana, latinoamericana o senegalese; e tanto per consigliarvi un libro (uno degli anagrammi del mio nome e cognome è «Ride bene a librai», capite?) vi suggerisco, vi ordino, vi imploro di leggere «Gli Stati Uniti d’Africa» di Abdourahman Waberi. Il secondo minimo chiarimento in forma di domanda è: la science fiction, come il socialismo versione Urss-formicaio, a un certo punto ha esaurito la sua spinta propulsiva? La risposta giusta è: sì e no…. ma se questa faccenda vi interessa approfondirla chiedetemene dopo (oppure scrivetemi). […]
Ovviamente il 90 per cento della fantascienza è spazzatura (in gergo, questa si chiama «la legge di Sturgeon», un’altra volta vi racconto il perché) come il 90 per cento della letteratura italiana, inglese, portoghese o di ogni attività umana. A me, a noi qui oggi a Lucca – se non ho sbagliato città – interessa quel 10 per cento pieno di perle, di intuizioni, di pazzie. Questo intreccio fra scienze e tecnologie che invade le nostre vite, il tecno-vudù che ho appena citato, è importante: nel mescolarsi con le nostre antiche o nuove paure e nel confrontarsi con i nostri antichi o nuovi desideri … quasi oserei direi che diventa il cuore delle nostre vite oltre che del nostro immaginario. Se ho ragione, la fantascienza è uno strumento fondamentale, indispensabile per capire il mondo, per avere un grimaldello. Forse un rasoio di Occam al contrario: per ben capire bisogna complicare.
«Questa sfi, ma di cosa è fatta?» chiesero a Barbieri ornitorinco. E lui, rubando la battuta al libro-film «Il falcone maltese» (Dashiell Hammett, poi John Huston, lo sapete no?) rispose: «E’ fatto della materia dei sogni e degli incubi».
Dunque la (buona) fantascienza, quel 10% che non è spazzatura, assai ci serve. Perché per conquistare il futuro bisogna prima sognarlo, come abbiamo scritto io e Riccardo Mancini nella quarta di copertina del nostro libro, citando Marge Piercy). Siccome però, per ragioni politico-economiche, noi siamo poco liberi di pensare e quindi di usare bene la fantascienza (questo straordinario magazzino di incubi e desideri) effettivamente il titolo di questa prima parte potrebbe anche essere che il presente è immobile bla-bla.
Ho impiegato un migliaio di parole per inquadrare la science fiction quando me ne sarebbero servite 20 mila. Ma spero di essermi avvicinato a un brandello di fascino o almeno di avervi incuriosito.
Chi di voi non frequenta la fantascienza potrebbe chiedermi se dentro questa letteratura ci sono metafore del razzismo… Quante ne volete. E prendono forme molto interessanti. Se avessi tempo vi leggerei lo straordinario racconto «Sentinella» di Frederic Brown o qualche altra roba meno famosa.
Prima di andare verso il secondo passaggio facciamo una piccola verifica, magari per alzata di mano: quante-quanti di voi hanno letto… non dico Isaac Asimov ma Philip Dick o Theodore Sturgeon o quell’arzilla vecchietta e pericolosa anarchica nota come Ursula Le Guin? [….]Sulla fantascienza mi fermo qui. Chi fosse interessato a ulteriori chiarimenti sappia che la mia tariffa abituale è un succo di mango ogni 4 ore.
SECONDO PASSAGGIO
In che maniera alcune tipologie o, se preferite, alcune suggestioni della fantascienza si intrecciano con la cosiddetta letteratura migrante e-o delle persone che migrano? In che modo questo ornitorinco del quale sto cercando di farvi innamorare entra in relazione con quell’altro onirico/ornitorinco (o se preferite groviglio, gomitolo) di questioni che di solito chiamiamo interculture, differenze, migrazioni, nuove cittadinanze, mondialità, «siamo tutte/i meticci anzi bastardi», razzismi?
Provo a dirvi qualcosa. Fra velocità e bassa voce (la mia attuale e fedele compagna si chiama bronchite) ma con la certezza che da qualche parte John Coltrane sta suonando il sax per noi. E dunque dovrebbe andare tutto bene.
[….]
Partiamo con uno scrittore che forse conoscete, piombato qui (cioè nella un tempo ridente Italia) dal gelo, forse da un terribile iceberg e da tremende lotte con gli orsi popolari come lascia intendere il suo nome …tipicamente siberiano o finlandese: Julio Monteiro Martins. Spesso nei suoi racconti troviamo qualche riferimento al futuro o “espedienti” fantascientifici.
Un secondo riferimento: qualche anno fa Eks & Tra (credo che tutte e tutti sappiate di cosa parlo) lanciò un racconto di Miguel Angel Garcia, anche lui di origini svedesi o forse giapponesi … no scherzo: è un fuoriuscito, un esule argentino. Ve lo riassumo rapidamente. «Il virus del colore» racconta di un leghista convinto che, di ritorno da una vacanza (se la memoria non m‘inganna) si ritrova nero-nero. O «abbronzato», come direbbe quel signore che di secondo mestiere fa il presidente del Consiglio. La malattia non ha effetti collaterali… a parte il mutamento di epidermide. Però le sue conseguenze psico-sociali, specie nell’Italia di oggi, non vanno sottovalutate. Ovviamente tacerò il finale del racconto.
Chi è molto appassionato di cinema mi potrebbe obiettare che almeno un film ha usato lo stesso meccanismo. Per esempio «L’uomo caffellatte», del 1970, non per caso di un regista afro-americano, il bravo Melvin Van Peebles. Chi è molto pignolo potrebbe obiettare che qui siamo sul terreno del fantastico puro, classico piuttosto che della fantascienza. D’accordo, possiamo metterlo nel barattolo accanto ma ora che lo abbiamo assaggiato sappiamo che il sapore ci gusta… le papille e i neuroni rimasti commossi ringraziano.
Quale pen-ultimo esempio riprendo un libro citato, di un autore della diaspora africana che mi pare importante e divertente: «Gli Stati uniti d’Africa» rovescia, usando meccanismi tipici della fantascienza, il mondo come lo conosciamo. Sin dalle prime righe ci troviamo in qualche universo parallelo dove l’Africa ricca e potente viene minacciata da orde di occidentali poveri: impoveriti, rapinati, folli per troppe guerre civili… non è chiaro e in fondo poco importa. Un bello choc incontrare «un caucasico di etnia svizzera» che stremato sopravvive «nel centro d’accoglienza per migrati» della felice Asmara. Alla provocazione Waberi – nato a Gibuti ma in Francia da un ventennio – aggiunge una scrittura scintillante e i fili giusti per incrociare le storie ai personaggi. L’anti-razzista eritrea Malaika, detta Maya, è coraggiosa al punto di sbarcare nell’Absurdistan (perfido e azzeccato soprannome per l’Europa). Sullo sfondo gli astronauti del Mali, le African Queens, il Neguscafè o gli afro-razzisti alla Bossi. Vite e luoghi talvolta veri e ora inventati ma soprattutto “imbrogliati” cioè messi nel posto o nel tempo che oggi diremmo sbagliato: l’autore nomina di sfuggita il sorriso di Mouna Sylla – ricorda una certa Monna Lisa vero? – o un King Kong dalla cui manona emerge … la bella Miriam Makeba.
Un ultimo esempio, in questo caso di fanta-giornalismo, dunque che esula un pochino dal nostro contesto di oggi. Forse conoscete Massimo Ghirelli; fra l’altro è stato uno degli inventori dalla trasmissione «Nonsolonero» su Raidue, gran successo e così la Rai (cioè il governo, allora di centro-sinistra) la chiuse mentre oggi Ghirelli anima «l’Archivio immigrazione» di Roma che anni fa propose anche l’agenzia «Migranews», una esperienza (sostenuta dai fondi dell’Unione europea) che avrebbe meritato più attenzione. Bene in un lungo articolo, uscito molti anni fa (sul settimanale «Avvenimenti», se non sbaglio) Girelli raccontava per filo e per segno cosa sarebbe successo nell’Italia così “ingrata” se una mattina, al suo risveglio, avesse scoperto che tutte le migranti e tutti gli immigrati fossero di botto spariti. Tic-tac, 30 secondi per pensarci. L’Italia andrebbe a rotoli. Eppure la sparizione totale dei migranti è il sogno di molti italo-imbecilli quando si tolgono le giacche da padroni o padroncini (in quella veste sfruttano gli alieni extra-Ue) o da affitta-camere (idem) per indossare le camice brune, no volevo dire verdi.
Anche in quest’ultimo caso, il fanta-articolo di Ghirelli, potremmo trovare “cuginanze” cioè libri e anche un recente film che hanno utilizzato uno spunto analogo. Sono spiacente di dovervelo dire ma poche cose davvero nuove accadono in questo periferico pianeta del nostro insignificante sistema solare. E già che ci sono rubo una battuta a Stefano Benni per confermarvi quello che forse già sospettavate: la Terra va destra ma l’universo va davvero a sinistra. Non fatevi prendere dal panico.
Se avessi il tempo potrei continuare sugli intrecci fra questi due ornitorinchi, citandovi per esempio alcuni scritti di quella meravigliosa donna che è Christiana de Caldas Brito oppure del travolgente tuttologo Kossi Komla-Ebri che credo conosciate. Pennellate magari solo per condire al curaro, all’arsenico una già micidiale ironia come quando Kossi Komla Ebri spiega che se gli parlano di coppia mista a lui viene da pensare alla relazione fra un essere umano e un robot, non certo a due colori della pelle.
Bene, diceva ieri Pina Piccolo del grottesco, dello spiazzamento, dello spaesamento che ci può rivelare cose nuove. Se la fantascienza parla di alieni e se per ora gli unici “extra” credibili sono (lo dico con un misto di ironia e tristezza) gli immigrati e le immigrate senza portafogli pieni, penso che la fantascienza sia un iper-grottesco, uno spiazzamento al quadrato: insomma questa è-sarebbe una freccia che la letteratura detta migrante dovrebbe avere sempre nella sua faretra, nel suo arco per usarla più spesso e meglio. Mi disapproverà forse l’iper-gandhiano Karim Metref, che è in sala, ma ogni tanto bisogna uccidere qualcuno: almeno con l’ironia.
Mi pare invece che, per ora, manchino – se sbaglio avvisatemi, mi trovate quasi sempre all’osteria qui sotto – sia una fantascienza italo-immigrata, cioè maggiormente radicata sulle specificità di questo piccolo sputo nell’universo che chiamiamo Italia, sia (ed è proprio un peccato) una science fiction migrante-femminista che ci regali uno sguardo nuovo e fantastico sulle inedite forme di una sessualità sempre più nomade (in tutti i sensi) e che viene continuamente ridefinita- 1) sia da un razzismo e da un sessismo purtroppo r-esistonti, che mutano senza però mettersi in discussione e 2) sia da un patriarcato tecnologico cioè che nega dignità, potere, persino esistenza alle donne non più (o non solo) in nome della tradizione ma nel segno di una presunta modernità scientifica o meglio di chi gestisce il suddetto tecno-vudù … che ovviamente resta (al 95 per cento o giù di lì) in mano a uomini, arroganti maschi del tipo babbuini.
TERZO PASSAGGIO
Fin qui il mio discorso era da appassionato e/o giornalista e/o provocatore, che in effetti sono tre dei piedi (o tentacoli o code o chele) su cui mi muovo. Adesso potrei cambiare gamba (o ruota) e fare un pochino il narciso e raccontarvi cosa ho fatto ultimamente; oppure svelarmi come uno schifoso delatore, il più infame degli sbirri. Ovviamente non resisto alla tentazione della spiata perciò affido questa parte sopratutto al poliziotto dentro la mia testa (rubo la definizione ad Augusto Boal, conterraneo di Julio).
Ecco dunque una prima nota informativa sulle più recenti delinquenziali attività di Barbieri Daniele e di Barole Abdu Hamid. I suddetti hanno tentato di combinare fantascienza e questioni delle migrazioni con «Le scimmie verdi».Questo sedicente spettacolo, in soli due anni, ha avuto oltre 100 repliche il che lascia intravedere la presenza di una rete criminale a sostenere i suddetti B&B, non la Banda Bassotti ma Barbieri e Barole. Si parla anche della aperta complicità di alcuni personaggi definiti ornitorinchi (trattasi probabilmente di uno pseudonimo perchè questo cognome non risulta nello schedario nè come Rinco Ornito nè come Orni Torinco e altre combinazioni possibili), presunti ornitorinchi dunque che le indagini finora non sono riuscite a identificare… ma è questione di tempo li prenderemo. In terza fila, coperto dagli occhiali scuri, applaude Maroni (sì, a volte i nomi sono «le cose»).
In estrema sintesi, «Le scimmie verdi» sono state avvistate in centri sociali (e fiiiiiiiiiigurati, se potevano mancare) ma anche in piazze, in chiese sconsacrate, persino in scuole, in due università, in un pub, in paesini sardi e in una chiesa nel centro di Parma: «cazzo, non c’è più religione»… «Scusi brigadiere, questa mi è scappata».
E’ corretto a questo punto avvisare che notizie più dettagliate sulle delinquienziali scimmie verdi di B&B sono coperte da segreto istruttorio. Dunque non possono esservi date se non con una cauzione da concordare, una cifra che sarà leeeeeeeeeeggermente più salata se volete anche le relazioni scritte da tre autorevoli esperti di questioni migratorie e interculturali : Borghezio, Pacciani noto come il mostro di Firenze e l’inglese Jack detto lo squartatore.
Pare che di solito Barbieri e Barole frequentino soprattutto luoghi bassi anche se non disdegnano luoghi alti come le università o Sagarana, so-una-sega … un nome così, una roba che c’è a Lucca che ci va un sacco di gente strana. Seguiranno indagini.
Al riguardo, cioè su questa misteriosa faccenda dei luoghi alti e bassi, è stato ritrovato un appunto, forse del Barbieri. Dunque: «telefonare Elena, comprare uova e mele»… no, chiedo scusa questa è un’altra indagine. Allora, ecco qua: «per partire… sarebbe bene usare i linguaggi e le sottoculture delle persone medie, vedi Igiaba Scego, pur sapendo quanto quei linguaggi, quelle sotto-culture e quelle conoscenze siano insufficienti per capire a fondo il pazzesco casino nel quale ci troviamo». E continua cosi: «supponiamo che la scelta sia fra passare una serata con la meravigliosa Gabriella Ghermandi, regina di perle e di fiori, che io amo quasi sino alla follia o invece andare a litigare con ributtanti ubriaconi filo-leghisti alla festa della polenta a Treviso o a Bergamo… beh, è ovvio che io scelgo i secondi». Giuro, c’è scritto così: «commissario, se mi permette, questo è scemo». Continuo a leggere questo appunto trovato a Saragozza, no scusate a Castel San Pietro: «perchè scelgo di litigare con i filo-leghisti? Ma è ovvio perchè la casa brucia, perchè basta parlare solo fra noi, perchè non ho paura del mio cuore nero… tanto poi gli insulti se li becca Hamid perchè io ho il cuore nero ma la pelle nera ce l’ha lui». Mmmm, dottò .. io mica ho capito se questo qua che scrive è proprio un imbecille o se fa lo spiritosone. Comunque dev’essere Barbieri perchè lui è quello bianco, mentre Barole è il nero anche se poi all’inizio dello spettacolo si scambiano la pelle, un casino totale…
Bene, il rapporto dello sbirro si interrompe qui. Vedete c’è anche una macchia di sugo, forse è andato a mangiare alla Popporona, il noto locale di Lucca. Anche io mi fermo qui e lascio a voi il diritto a chiedere, criticare e lanciare pomodori nonviolenti. Pero voglio fare il precisino, il pignolino e visto che sia Julio che Pina hanno accennato alla frase di Calvino sull’inferno, ovviamente da «Le città invisibili», voglio leggervela quasi integrale.
Eccola. «L’inferno dei viventi è già qui. […] Lo abitiamo tutti i giorni. Due modi ci sono per non soffrine. Il primo riesce facile a molti: accettarne l’infermo e diventarne parte. […] Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è infermo, e farlo durare, e dagli spazio». Questa è la mia dichiarazione d’amore per tutte tutti voi, perché se siete qui di sicuro non fate parte dell’inferno. Grazie. Merci, tankyou, sukran, sukria, dankoschen, spassibo… Buona vita.
(*) SE UN ORNITORINCO ATTERRA A LUCCA (a mo’ di spiegazione)
Ho avuto il piacere di essere stato invitato da Julio Monteiro Martins, scrittore e agitatore, al seminario di Sagarana nel 2009 a Lucca e questa è – con qualche taglio – la mia relazione. Se andate su www.sagarana.net e vi spostate con il topastro (mouse) su “I Seminari” e infine cliccate su “2009 – IX Seminario” potete leggere e godere altre relazioni e/o info.
(**) Un po’ perché 5600 articoli sono tanti e (nonostante i “santi” tag) si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà e occorre cercare post per non star fermi, quando altre/i invece continuano a regalare i loro contributi a codesto blog. Per queste due ragioni ho deciso – d’intesa con la piccola redazione – di recuperare un certo numero di vecchi post… con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più “attuali”.
Il “meglio” è sempre soggettivo: in questo caso è inteso a ritrovare soprattutto semi, ponti, pensieri perduti… meglio se accompagnati – talvolta capita – dalla bella scrittura, l’inchiesta ben fatta, la riflessione intelligente.
Ci sarà fantascienza (il Marte-dì canonico), ci saranno le «scor-date», ci sarà di tutto un po’: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia che – noi speriamo – ci caratterizza in questo blog “collettivo”.