Il meglio (forse) del blog – 29
… andando a ritroso nel tempo (*)
GLI ALIENOMETRI
PRIMA VOCE
Ecco le istruzioni per il nuovo alienometro. Elegante, di poco ingombro, un moderno apparecchio che può venire collocato ovunque. O-vun-que.
Da tempo l’alienometro è usato negli uffici e nei locali pubblici. Sopra l’interruttore notate una scala graduata da zero a dieci.
SECONDA VOCE
Il numero su cui si arresta la lancetta corrisponde al vostro indice mentale. Il numero zero corrisponde al perfetto equilibrio. Ogni valore sopra lo zero deve essere considerato come deviazione dalla normalità. Tuttavia, da zero a tre non c’è alcun pericolo.
Da quattro a sette, invece, significa che le persone devono ricorrere alla loro terapia preferita.
PRIMA VOCE
Una persona il cui indice superi il sette è da considerarsi potenzialmente pericolosa. Per legge è obbligata a denunciare il proprio numero e riportarlo al più presto sotto il sette. Se la terapia non funzionasse questa persona deve ricorrere all’alterazione chirurgica o può sottoporsi alla terapia dell’Accademia.
Se l’indice arriva a dieci le terapie correnti sono inutili, la persona deve immediatamente subire un’operazione chirurgica o entrare nell’Accademia.
SECONDA VOCE
Bill Firman, il protagonista, è nervoso. Sua moglie se n’è andata. Ha detto che non tornerà. Bill aspetta una lettera, un posta-celere importante. Dalla moglie che… gli spieghi. È moooooooolto nervoso. Perciò, decide di consultare il suo alienometro personale. Aspetta di farlo che il suo robot-servitore abbia finito di spazzare e lavare. Anche se è soltanto una macchina, a lui non piace che il robot lo guardi, specie quando consulta l’alienometro. Ecco. Lo consulta.
PRIMA VOCE
La lancetta si arresta a otto virgola due. Un decimo più di ieri.
SECONDA VOCE
Bill ferma la macchina, si accende una sigaretta. Poi riprende in mano la posta. C’erano 5 lettere, magari ha visto male, una è della moglie. Le riguarda con calma. Due pubblicità, due fatture da pagare e un cartoncino rigido. Strappa la busta, legge. “Gentile signor Firman, la vostra domanda di ammissione è stata accolta, saremo lieti di ospitarvi in ogni momento. Con i migliori saluti la direzione dell’Accademia”.
PRIMA VOCE
Bill non ricorda di avere mai scritto all’Accademia. Forse è stata un’idea della moglie? Quel messaggio lo innervosisce ancora di più.
SECONDA VOCE
Bill si accende un’altra sigaretta con il mozzicone della precedente. “Undici dita”, così lo chiamava sua moglie ridendo, tanto tempo fa, quando erano innamorati, perché lui aveva sempre un dito acceso, la sigaretta, fra le altre dieci. Il pensarci lo rattrista e lo innervosisce, fa per accendere un’altra sigaretta ma si accorge che sta già fumando, le butta tutt’e due a terra. Il robot domestico se ne accorge e si mette a pulire.
PRIMA VOCE
“Questo robot è peggio di una madre isterica” pensa Bill e si innervosisce ancora di più. Si accende un’altra sigaretta.
SECONDA VOCE
“Ma cos’è questa Accademia?” pensa Bill. Ne ha sempre sentito parlare, tuuuutti ne sentono parlare. Ma come funziona? Perché nessuno spiega i loro metodi, e poi lui non conosce nessuno che sia stato all’Accademia e poi sia tornato guarito. Pensando “questo qua sa sempre tutto”, Bill si gira verso il robot e gli chiede: “Cos’è l’Accademia?”.
VOCE METALLICA
“Un grosso edificio grigio, nella zona sudovest. Ci si può arrivare anche con la metropolitana”.
SECONDA VOCE
“Questo lo so” gli risponde Bill, ancora più innervosito. “Voglio sapere che terapie usano, i loro metodi”.
VOCE METALLICA
Non lo so.
SECONDA VOCE
“Le loro cure sono efficaci?” chiede Bill.
VOCE METALLICA
“Al cento per cento.”
SECONDA VOCE
Bill ci pensa un po’, accende una sigaretta, la spenge. Poi chiede di nuovo al robot: “Hai mai incontrato o sentito parlare di qualcuno che sia entrato all’Accademia e poi sia uscito?”.
VOCE METALLICA
Non si è mai saputo che qualcuno sia uscito.
SECONDA VOCE
“E perché?” gli chiede Bill.
VOCE METALLICA
“Non lo so signore.”
SECONDA VOCE
Bill pensa fra sé che è strano, molto strano. Tanta gente entra all’Accademia, lui ne conosce decine. D’altronde, che dovrebbe fare uno che sta male?
PRIMA VOCE
Quelle che chiamano “alterazioni chirurgiche” oppure “operazioni” sono lobotomie, lo-bo-to-mie, ti tolgono via un pezzo del cervello, sei ridotto a uno scemo totale. Qualunque cosa sia l’Accademia, meglio di una lobotomia. Bill ripensa a un film che aveva visto anni prima con il nonno.
SECONDA VOCE (con tono infantile)
Nonno mi fai vedere ancora quel film che hanno vietato?
PRIMA VOCE
Il nonno aveva abbassato la voce: “Non dire a nessuno che te l’ho fatto vedere, me lo giuri?”.
SECONDA VOCE
Il piccolo Bill aveva chiesto: “Perché nonno non devo dirlo? è un film, come si dice? osceno, è vietato ai minori?”
PRIMA VOCE
“Non è osceno secondo me, però… sì, in un certo senso è vietato, il governo non vuole che la gente lo veda.”
SECONDA VOCE
“È un film nuovo?”
PRIMA VOCE
“No” aveva risposto il nonno. “Anzi, è quasi di 100 anni fa”.
SECONDA VOCE
Dopo tanti anni Bill aveva ancora in testa quel vecchio film visto da bambino… di nascosto con suo nonno.
PRIMA VOCE
Era intitolato: “Qualcuno volò sul nido del cuculo”… Bill ricordava ancora il nome del regista (Milos Forman) chissà perché ma soprattutto… come finiva il film. Il resto no, non si rammentava quasi nulla. Però gli tornò in mente che quando lo aveva raccontato ai suoi genitori si erano rabbuiati e aveva l’impressione che poi avessero litigato con il nonno.
SECONDA VOCE
Bill pensa che è ora di andare in ufficio, anzi è un po’ tardi. Fa una carezza al cane e gli dice: “Ciao Spid, non sotterrare ossi oggi”.
VOCE METALLICA
Spid non sotterra ossi.
SECONDA VOCE
“Che stronzo” pensa Bill, “perché i robot non si fanno mai i cazzi loro?” Il mio era un modo di dire, pensa Bill: lo so che Spid non sotterra ossi. Quando ero piccolo i cani sotterravano ossi, ora non lo fanno più. Forse i cani moderni pensano di avere l’osso assicurato, che nessuno glielo ruberà. I cani sono più sicuri oggi, come siamo più sicuri noi umani. O forse i cani fingono di essere sicuri perché…. anche loro hanno paura di finire all’Accademia. Questo pensiero lo fece ridere fra sé ma ebbe l’impressione che il robot lo guardasse storto, così smise. E poi gli era tornata in mente quella maledetta Accademia.
PRIMA VOCE
Bill esce. Per strada si accorge che è in ritardo di quasi 20 minuti. Corre e riesce ad arrivare in ufficio con solo 9 minuti di ritardo. Ma quando varca l’ingresso una voce gli urla…
VOCE METALLICA
“Signore! Il vostro indice è a otto virgola quattro, ha oltrepassato il limite di sicurezza. Provvedete immediatamente a sottoporvi a una terapia”.
PRIMA VOCE
Tutti quelli che stanno entrando o uscendo si girano a guardare lui e l’alienometro. Poco distante Bill vede due poliziotti del Nucleo Mentale che lo osservano. Entra di fretta. Fa per accendersi una sigaretta ma si ricorda che lì è vietato fumare. Butta la sigaretta in terra. Poi torna indietro a raccattarla, probabilmente è vietato buttare le cose per terra e poi potrebbe essere considerato troppo nervoso… “Ma che stronzo quell’alienometro” pensa.
SECONDA VOCE
Mentre sale in ufficio, Bill riflette. Sto sbagliando tutto. Non è colpa delle macchine. Che poi le costruiamo noi, giusto? I robot e gli alienometri non sono stronzi, fanno il loro dovere, proteggono la collettività. Come l’Accademia…
PRIMA VOCE
Ma il pensare all’Accademia gli fa tornare il malumore.
SECONDA VOCE
Arrivato in ufficio, Bill lavora per un’oretta.
PRIMA VOCE
Quando gli sembra che nessuno lo osservi, Bill fa il numero del Sif, il Servizio Informazioni Terapeutiche.
VOCE REGISTRATA
Desidera signore?
PRIMA VOCE
Vorrei qualche informazione sull’Accademia dice Bill. Ma comincia a pensare di aver fatto una sciocchezza…
VOCE CHE SEMBRA REGISTRATA
L’Accademia è un grosso edificio grigio che si trova nella zona…
PRIMA VOCE
Questo lo so, cazzo. Vorrei sapere che terapie usano.
VOCE CHE SEMBRA REGISTRATA
Non siamo autorizzati a dare questa informazione.
PRIMA VOCE
No? E perché? Credevo che tutti i dati sulla salute pubblica fossero… pubblici.
VOCE CHE SEMBRA REGISTRATA
Da un punto di vista tecnico è così ma l’Accademia non è mai stato un servizio a pagamento.
PRIMA VOCE
Cazzo, cazzo, ma a maggior ragione… Se è finanziata dallo Stato, dai contribuenti si dovrebbe sapere tutto… Gli istituti pubblici sono aperti all’indagine o no?
VOCE CHE SEMBRA REGISTRATA
Di regola è così. Salvo nei casi in cui la conoscenza potrebbe essere dannosa per … qualche persona.
PRIMA VOCE
Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, saperne di più dell’Accademia potrebbe danneggiarmi?
NUOVA VOCE (con tono duro)
Mi scusi signore, è caduta la linea. Potrebbe darmi il suo nome e il suo numero? La faremo richiamare appena possibile.
PRIMA VOCE
Bill riattacca. Trema. Accende una sigaretta e pensa: “Ho fatto un altro errore”. Si chiede se lo possono rintracciare.
SECONDA VOCE
Eccoci qua. Dal lontano o forse vicino mondo di Bill siamo tornati al presente, a uno dei possibili presenti che abitiamo, come quello di Bill. Potrebbe essere uno dei domani per noi, per i nostri figli o nipoti, chissà.
PRIMA VOCE
Quella che avete ascoltato è una liberissima rielaborazione della prima parte di un lungo racconto, “L’accademia”, scritto da Robert Sheckley negli anni ’50
SECONDA VOCE
Forse desiderate sapere come finisce il racconto
(…)
BREVE NOTA
Quanto avete letto sinora è la prima parte di una lettura teatrale (o “teatrale” fra virgolette se preferite): è costruita per due voci e magari qualche effetto sonoro. L’ho scritta anni fa e in un paio di occasioni (negli ex op di Cagliari e Imola a esempio) l’ho letta con la complicità di un amico o di un’amica… come una sorta di “prova generale”. In pratica ho rielaborato mooooooooooooolto liberamente alcuni racconti di fantascienza (lo Sheckley citato, il mio amato Philip Dick eccetera) che ruotano intorno al disagio mentale, alla psichiatria. Ho voluto far leggere la prima parte a chi passa per codesto blog per due ragioni: 1 – ogni consiglio è gradito e ovviamente chi volesse darmi una mano …se vuole riceverà l’intero canovaccio; 2 – mi piacerebbe che questo testo fosse letto… (non necessariamente da me o con me) magari usandolo come spunto per discutere nei luoghi giusti, dunque dove si cerca di decifrare e di aiutare la sofferenza; ogni contatto di questo tipo è per me interessante e vi chiedo di aiutarmi.
(*) Un po’ perché 5600 articoli sono tanti e (nonostante i “santi” tag) si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà e occorre cercare post per non star fermi, quando altre/i invece continuano a regalare i loro contributi a codesto blog. Per queste due ragioni ho deciso – d’intesa con la piccola redazione – di recuperare un certo numero di vecchi post… con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più “attuali”.
Il “meglio” è sempre soggettivo: in questo caso è inteso a ritrovare soprattutto semi, ponti, pensieri perduti… meglio se accompagnati – talvolta capita – dalla bella scrittura, l’inchiesta ben fatta, la riflessione intelligente.
Ci sarà fantascienza (il Marte-dì canonico), ci saranno le «scor-date», ci sarà di tutto un po’: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia che – noi speriamo – ci caratterizza in questo blog “collettivo”. (db)