Il Messico alle urne

Oggi, 2 giugno, si vota per la Presidenza della Repubblica, ma si terranno le elezioni anche a livello statale e locale. Per Los Pinos si confrontano due donne: Claudia Sheinbaum Pardo, per la coalizione di centro-sinistra “Sigamos Haciendo Historia”, e Xóchitl Gálvez, per le destre.

articoli di David Lifodi Marco Consolo

Messico: due donne si contendono Los Pinos

di David Lifodi

 

Foto: https://www.nodal.am/

Oggi, 2 giugno, i messicani sono chiamati al voto per eleggere la nuova presidenta del paese. La sfida è tra Claudia Sheinbaum, candidata del centrosinistra e sostenuta principalmente da Morena (Movimiento Regeneración Nacional), il partito del presidente uscente Andrés Manuel López Obrador (Amlo), e Xóchitl Gálvez, senatrice del Pan (Partido Acción Nacional) ed esponente delle diverse destre del paese, panista, priista e perredista, riunite sotto le insegne della coalizione Fuerza y Corazón por México.

I sondaggi, ad eccezione di alcuni propagandati dalla destra, indicano Sheinbaum, già sindaco di Città del Messico come probabile vincitrice, con circa il 20% di preferenze in più rispetto alla rivale. Anche un terzo candidato, Jorge Álvarez Máynez, del Movimiento Ciudadano, punta a Los Pinos, ma sembra essere piuttosto indietro rispetto alle due donne. Inoltre, nelle elezioni del 2 giugno, si voterà anche per il governo degli stati del Chiapas, Ciudad de México, Guanajuato, Jalisco, Morelos, Puebla, Tabasco, Veracruz e Yucatán, oltre che per numerosi municipi.

La sfida più avvincente, tuttavia, resta quella tra Sheinbaum e Gálvez. Quest’ultima incarna i valori tipici della destra: un forte legame con gli Usa e paladina dei poteri economici e mediatici. Claudia Sheinbaum si presenta nel segno della continuità con l’obradorismo.

Tuttavia, nonostante Sheinbaum rappresenti le forze progressiste, i suoi scarsi legami con i movimenti sociali rappresentano comunque un paradosso poiché, al contrario, la sua avversaria, da tempo sostiene di occuparsi degli ultimi del paese tramite la sua Fundación Porvenir, anche se tutto ciò ha rischiato di trasformarsi in un boomerang per le accuse relative al presunto utilizzo degli utili della sua fondazione per condurre la campagna elettorale.

La posizione che assumeranno le organizzazioni popolari (che parlano di “farsa elettorale e di guerra capitalista contro i popoli”) nei confronti di Claudia Sheinbaum potrebbe giocare un ruolo di primo piano, se non decisivo, nella corsa a Los Pinos. Se Amlo è riuscito a costruire Morena grazie anche all’appoggio popolare, è innegabile che il partito, soprattutto negli ultimi anni, abbia registrato una crescita dovuta a molti opportunisti che sono saliti sul carro del vincitore, ma non ha mai ritenuto il popolo organizzato come parte del suo governo.

Nonostante la forte mobilitazione sociale (seppur principalmente della classe media) che lo aveva portato, nel 2018, a Los Pinos, Amlo, da sempre, è stato fortemente criticato dagli zapatisti, soprattutto per il suo voltafaccia in relazione al Tren Maya, prima avversato, ma, non appena divenuto presidente, apertamente sostenuto. “Los movimientos sociales son elitistas y engañosos”, ha ripetuto in più di una circostanza il presidente uscente, e questo potrebbe ripercuotersi, nelle urne, anche su Claudia Sheinbaum che, inevitabilmente, è chiamata comunque a confrontarsi con le numerose organizzazioni popolari sorte in tutto il paese in difesa dei diritti delle donne, dei migranti, a favore dell’ambiente e dei popoli originari.

Di fronte a questo e ad altri insulti verso i movimenti sociali, che Amlo ha definito, in altre occasioni, “conservatori”, o, con disprezzo, “radicali di sinistra”, Claudia Sheinbaum dovrà inevitabilmente cambiare passo, se vuole davvero raggiungere il difficile obiettivo di un Messico realmente inclusivo in cui non abbiano diritto di cittadinanza megaprogetti ambientalmente insostenibili, ma promossi dall’obradorismo, come il Pim – Proyecto Integral Morelos, il Corredor Interoceánico del Istmo de Tehuantepec o lo stesso Sembrando Vida, che finanzia i terratenientes affinché promuovano iniziative di riforestazione, ma di cui si sono approfittati i tagliatori illegali di legname.

La critica al neoliberismo, ma anche posizioni assai contraddittorie, a partire dalla troppa vicinanza alle Forze Armate (i cui finanziamenti sono triplicati a causa della crescente violenza nel paese) da parte di Amlo, e che potrebbe assumere anche Sheinbaum, sono state più volte evidenziate dalla candidata della destra Gálvez, il cui eventuale successo rappresenterebbe un potenziale pericolo per il Messico. Di origine indigena, Gálvez punta ad ottenere il voto delle fasce sociali più deboli del paese sfruttando strumentalmente, appunto, la sua provenienza, che non è quella dell’oligarchia, alla quale, peraltro, ha aderito fin dalla presidenza di Vicente Fox (2000-2006), quando faceva parte dell’Oficina para el Desarrollo de los Pueblos Indígenas e, successivamente, della Comisión Nacional para el Desarrollo de los Pueblos Indígenas. Senatrice panista dal 2018, sotto certi aspetti Gálvez è stata abile a sottolineare le contraddizioni di Amlo, accusandolo di aver costruito una nuova egemonia politica nel paese all’insegna del campo favorevole o contrario all’obradorismo, più che sulla tradizionale divisione tra destra e sinistra.

Proseguendo su questo filone, proprio per conquistare il voto degli indecisi, Xóchitl Gálvez ha cercato di puntare sulla sua ambiguità ideologica, rivendicando il suo presunto passato di sinistra all’insegna di un maquillage ideologico volto apertamente a confondere e ad instaurare un rapporto con i tanti elettori in preda alla disillusione per aggirare così le critiche che la accusano di non avere un progetto politico chiaro.

Paradossalmente, per Claudia Sheinbaum, il pericolo peggiore risiede nell’abilità di Xóchitl Gálvez, e di molti candidati delle destre in tutta l’America latina prima di lei, nel mostrare le sue origini umili, quelle di una bambina che faceva la venditrice ambulante per strada, ma in grado di arrivare ad essere una tra le imprenditrici più influenti del paese e che si presenta come candidata antisistema, nonostante, in realtà, nel caso in cui vinca le presidenziali, tutelerà solo ed esclusivamente l’oligarchia e il latifondo mediatico ed economico del paese.

Il fatto che Washington scommetta sulla pseudo outsider Gálvez fa ovviamente propendere per Claudia Sheinbaum e la sua coalizione Sigamos Haciendo Historia, che comprende anche il Partido del Trabajo e il Partido Verde Ecologista, ma in un paese messo in ginocchio dalla violenza (nel Chiapas sono avvenuti 5 dei 29 omicidi politici che hanno contrassegnato queste elezioni) difficilmente la candidata progressista riuscirà a vincere sfide molto complesse, come quella di smantellare la base sociale del crimine organizzato, nonostante la campagna rivolta soprattutto ai giovani all’insegna dello slogan Abrazos, no Balazos” e a redistribuire la ricchezza in uno degli stati più diseguali del continente latinoamericano.

 

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Messico alle urne: una donna alla Presidenza

di Marco Consolo (*) 

Il prossimo 2 giugno, gli Stati Uniti Messicani affronteranno le più grandi elezioni della loro storia politica con quasi 100 milioni di persone alle urne. Infatti, oltre alle 98.472.789 persone residenti nel Paese nord-americano, nel registro dell’Instituto Nacional Electoral (INE) sono iscritte anche altre 223.743 che vivono all’estero, principalmente negli Stati Uniti d’America. Questi ultimi sono gli unici migranti che hanno diritto di voto, in quanto iscritti al registro elettorale. Gli altri, i circa 40 milioni di messicani all’estero, non parteciperanno alle elezioni, nonostante le loro rimesse rappresentino il principale introito economico del Paese, con oltre 63 miliardi di dollari all’anno.

Il voto nelle urne eleggerà tre livelli di cariche pubbliche, in una Repubblica presidenziale e federale come sono gli Stati Uniti Messicani. A livello federale, si voterà per la Presidenza della Repubblica, 500 deputati e 128 senatori. A livello statale e locale, ci saranno elezioni per rinnovare la bellezza di 20.079 cariche (nove governatori, 1.098 deputati statali, 1.802 sindaci, 14.764 consiglieri comunali, etc.). Ma non c’è dubbio che la battaglia principale riguarda la presidenza del paese, con tre candidati in lizza per la massima carica: due donne e un uomo, in un Paese dove le donne rappresentano la maggioranza degli elettori (circa il 51%).

Urne insanguinate

Come si sa, purtroppo in Messico il numero di omicidi è molto alto, anche per via dell’ingombrante presenza della criminalità organizzata legata al narcotraffico. La piaga della violenza è drammatica, nonostante il governo attuale rivendichi una sua diminuzione, con un tasso di 20,6 omicidi ogni 100mila abitanti (il dato italiano, non certo comparabile, è di 0,6 ogni 100mila abitanti) [1]. A parte i drammatici dati sulla violenza “comune”, non accenna a diminuire quella politica, fortemente intrecciata con la prima. Da quando si è aperta ufficialmente la campagna elettorale, nel settembre 2023, ad oggi sono 26 le vittime tra i candidati locali dei diversi partiti in lizza, oltre ai molti che si sono ritirati, sia perché minacciati direttamente o semplicemente per paura.

Tre blocchi politici.

Tre sono i blocchi politici che si disputeranno le elezioni.

Innanzitutto, la coalizione di centro-sinistra “Sigamos Haciendo Historia, attualmente al governo e in maggioranza in parlamento. La coalizione è formata dal Movimento di Rigenerazione Nazionale (MORENA), dal Partito del Lavoro (PT), e dal Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM). La sua candidata alla presidenza è Claudia Sheinbaum Pardo, dottoressa in fisica ed ingegneria energetica, ricercatrice presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) ed ex Sindaca di Città del Messico (dal dicembre 2018 a giugno 2023). Oriunda della capitale, Sheinbaum ha 61 anni e viene da una famiglia di migranti di origine lituana (il padre) e bulgara (la madre), entrambi di religione ebraica e ha una lunga tradizione di militanza politica nella sinistra. Sheinbaum è stata insignita di numerosi riconoscimenti accademici nazionali e internazionali nel campo dell’ingegneria energetica.

La coalizione delle destre

Il secondo blocco è rappresentato dalla candidata dell’alleanza delle destre, l’ingegnere e imprenditrice Xóchitl Gálvez, anche lei di 61 anni. La sua coalizione è formata dai partiti, Rivoluzionario Istituzionale (PRI), Azione Nazionale (PAN) e Rivoluzione Democratica (PRD). Quest’ultimo, dopo che nel passato era nato come alternativa di centro-sinistra ai “dinosauri” del Partito-Stato del PRI, da tempo è passato armi e bagagli con la destra.  Questi partiti hanno ereditato una serie di scandali nei 30 anni che vanno dal governo di Carlos Salinas de Gortari (1988) a quello di Enrique Peña Nieto (2018). Tranne l’ex-Presidente Vicente Fox, quasi tutti gli altri ex-Presidenti si sono autoesiliati negli Stati Uniti e in Spagna. In tre decenni, hanno applicato egregiamente il modello neoliberista (con un forte aumento della povertà e disuguaglianza sociale), smantellando lo Stato e favorendo la concentrazione di potere economico nelle mani di un’oligarchia senza scrupoli. Ciò ha favorito la crescita della corruzione come meccanismo di controllo sociale.

Dopo aver accusato Lopez Obrador di essere un dittatore, un autoritario, un chavista, un comunista e un antidemocratico (accuse che non hanno sortito l’effetto sperato), la campagna elettorale di Xóchitl Gálvez si è incentrata sulla paura e l’insicurezza, nonostante le palesi contraddizioni nel suo discorso contro la criminalità. Infatti, i governi del PAN, come quelli di Vicente Fox e Felipe Calderón, hanno dato una generosa mano all’insicurezza, mettendo le volpi a guardia del pollaio. Ad esempio, promuovendo a capo dei servizi di sicurezza un socio dei narcotrafficanti del Cartello di Sinaloa: Genaro García Luna, ex capo della Agencia Federal de Investigación (AFI) e poi promosso Ministro della sicurezza, arrestato negli Stati Uniti e condannato per narcotraffico e delinquenza organizzata nel febbraio 2023 [2]. Nelle galere a stelle e strisce, García Luna è in buona compagnia del suo socio “El Chapo Guzmán” e di Juan Orlando Hernández, l’ex narco-presidente dell’Honduras (2014-2022).

Come ormai è di moda nella destra mondiale (Trump e Milei docent), i toni della campagna di Gálvez sono stati caratterizzati da un linguaggio aggressivo ed offensivo, a tratti violento e privo di argomenti per un vero progetto di governo di questa importante nazione. Un linguaggio diffuso nei grandi media e nelle “reti sociali”, dettato dagli algoritmi dell’odio, e solo in parte moderato nell’ultima fase della campagna.

Jorge Álvarez Máynez: il giovane candidato al Centro

Il terzo candidato alle elezioni presidenziali è Jorge Álvarez Máynez, di 38 anni. Già deputato, è il leader del Movimento Cittadino (MC), un partito che si colloca al centro, ed è il più giovane tra i candidati. La sua campagna elettorale si è concentrata principalmente sui settori del ceto medio urbano con istruzione universitaria e sugli studenti di scuole superiori pubbliche e private in tutto il Paese.

Nella sua campagna, ha attaccato principalmente gli altri partiti di opposizione (PAN, PRI e PRD), facendo loro appello a “fare un passo indietro per dare spazio a una nuova generazione”. Un appello caduto nel vuoto. Grazie ai giovani, la sua candidatura ha guadagnato terreno in alcuni Stati (Jalisco e Nuevo León) dove il Movimento Cittadino governa, ma resta molto indietro a livello federale. L’impressione è che la sua candidatura serva a consolidare e aumentare i consensi verso una forza relativamente “nuova” nel panorama politico messicano.

Il governo di AMLO

Come si ricorderà, nel 2018 López Obrador (conosciuto come AMLO) era riuscito a indicare una prospettiva di progresso sociale (la 4a trasformazione, o 4T) ed a capitalizzare il rifiuto nei confronti di un sistema corrotto e vecchio di quasi un secolo. Un sistema plasticamente simboleggiato dall’egemonia del Partito della Rivoluzione Istituzionale (i dinosauri del Partito-Stato).

Con il suo stile diretto e semplice, AMLO ha rotto con gli schemi ingessati del passato dei presidenti educati da rampolli nelle università statunitensi. Da subito ha dichiarato di voler stare “dalla parte dei più poveri”. Nel suo mandato si è battuto contro quella che ha definito “la mafia del potere”, ovvero i politici corrotti del precedente regime, legati al grande capitale straniero e nazionale. Tra le altre misure, l’attuale governo ha attaccato la scandalosa evasione fiscale, organizzata con la complicità di alcune autorità istituzionali.

Tra i fiori all’occhiello del suo governo, ci sono state misure importanti come il blocco delle privatizzazioni del gigante petrolifero statale Pemex e della Compagnia Federale di Elettricità, nonostante le fortissime pressioni delle multinazionali straniere e della stessa Casabianca. A proposito di energia, c’è anche da segnalare la costruzione e l’ammodernamento di diverse raffinerie di petrolio, che hanno permesso di ridurre l’importazione dagli Stati Uniti da 900.000 a 250.000 barili al giorno, oltre che di controllare il prezzo di carburante, gas ed elettricità.

Non è quindi un caso la “campagna sporca” attivata dal primo minuto contro di lui. Uno degli ultimi episodi contro il governo 4T è stato il tentativo di associare López Obrador al narcotraffico, probabilmente con lo zampino della DEA (l’Agenzia Antidroga Statunitense). Un copione già usato in altri scenari.  Il tentativo è fallito, nonostante il megafono offerto dalla destra locale. Ma la dice lunga sui metodi degli avversari del processo di cambiamento.

La lotta alla povertà è stata la priorità della 4T e, in parte, ha avuto successo. Secondo gli ultimi dati, durante il mandato di AMLO, circa cinque milioni di persone sono uscite dalla povertà, anche grazie all’aumento del salario minimo (+88%), che aveva perso il 70% negli ultimi 36 anni. Allo stesso tempo, ci sono stati diversi programmi sociali per famiglie, giovani, anziani, agricoltori e studenti. Inoltre, la 4T ha introdotto nuovi diritti per i lavoratori, come la limitazione della “terziarizzazione’ (outsourcing) e una certa democratizzazione della vita sindacale.

A livello di stabilità macroeconomica i risultati sono positivi, grazie a una politica che ha unito la lotta contro la corruzione al recupero delle risorse naturali. Inoltre, le misure di austerità e moralità applicate a uno Stato con una forte tradizione clientelare, così come il taglio degli stipendi milionari di molte alte cariche istituzionali, sono state una priorità per favorire le classi lavoratrici.

Alcune ombre del governo

Certo, non tutto è rose e fiori, per diversi motivi.

Innanzitutto, sebbene Morena sia diventato un partito politico nel 2014, in realtà continua a funzionare come un movimento con una grande diversità e pluralità, con i suoi vantaggi e svantaggi. A proposito di svantaggi, trattandosi di un “partito alluvionale”, molti degli ultimi arrivati dai partiti tradizionali sono saltati sul carro del vincitore e vi hanno aderito per opportunismo interessato, con diversi contraccolpi sulla credibilità di figure “locali”.

Nonostante la volontà dichiarata di stimolare l’economia delle zone più povere, la politica delle grandi opere e di alcune infrastrutture ha provocato diversi malumori. In particolare, la costruzione del nuovo aeroporto internazionale di Città del Messico, il Treno Inter-Oceanico e il “Treno Maya”. Quest’ultimo ha trovato l’opposizione aperta del movimento zapatista in Chiapas.  E a proposito di popolazioni originarie (mal chiamate indigene), nonostante gli sforzi per migliorarne le condizioni di vita, il cammino rimane ancora decisamente in salita.

Sul versante della drammatica violenza e del controllo di interi territori da parte del narco-traffico, com’è evidente la “guerra alla droga” dei passati governi del PRI e del PAN non ha funzionato. La criminalità organizzata è cresciuta, soprattutto nelle zone più povere, in assenza dello Stato e di politiche pubbliche efficaci contro la povertà diffusa. La politica dell’attuale governo non è riuscita ad intaccare a fondo il fenomeno criminale, sebbene i numeri degli omicidi siano finalmente in lieve discesa.

Anche la “questione migratoria”, lungi dall’essere risolta, rimane un tema centrale per il Paese. Come si sa, il Messico è grande “esportatore” di manodopera verso gli Stati Uniti, nonché principale corridoio di transito per migliaia di persone di altri Paesi che ogni giorno cercano di passare la frontiera di 3.180 km. Con Washington, il governo AMLO ha cercato di trovare accordi in materia, ma è un tema che il Paese nord-americano è obbligato ad affrontare con il resto del continente da cui provengono i migranti. Su questo punto, nel giugno 2023 il governo messicano è stato l’anfitrione del primo Encuentro Internacional sobre Mobilidad Humana, in collaborazione con la OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) [3].

Le sfide del prossimo governo

Non c’è dubbio che Sheinbaum sia avvantaggiata dalla forte popolarità dell’attuale presidente che supera il 70% di approvazione Ma a parte “l’effetto trascinamento” dalla popolarità di AMLO, le sue azioni concrete come sindaca della capitale, negli ultimi anni l’hanno resa molto popolare.

In caso di elezione, Sheinbaum dovrà affrontare grandi sfide, oltre a consolidare i cambiamenti in corso.

Per mantenere ed ampliare i consensi, Sheinbaum ha presentato i “17 punti di visione strategica”, con le priorità del suo programma. Tra queste, il rafforzamento dei programmi sociali e il consolidamento del potere d’acquisto, il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e la promozione della parità reale per le donne. Tra le priorità, c’è anche il rafforzamento della sanità, dell’educazione pubblica, della transizione energetica.

Oltre all’azione di governo, Sheinbaum dovrà affermare il proprio ruolo dirigente all’interno di MORENA, mantenere la coerenza del progetto e l’unità di un movimento molto eterogeneo.

Ma la sfida principale per MORENA è quella di ottenere una maggioranza qualificata in parlamento per poter modificare la Costituzione (che risale al 1917, anche se ampiamente riformata) e avanzare con le trasformazioni. Si tratta di ottenere i due terzi del parlamento e poter così consolidare, tra gli altri, il recupero di petrolio, gas e litio (tra i primi 10 Paesi al mondo per riserve), riformare profondamente il sistema politico e giudiziario, quello sanitario e educativo, nonché garantire l’accesso (ancora largamente proibitivo) ad abitazioni dignitose.

In conclusione

Ad oggi, tutti i sondaggi evidenziano un forte distacco degli altri due candidati rispetto a Claudia Sheinbaum. Se nei pochi giorni che mancano al voto si mantiene questa tendenza, è molto probabile che la candidata di centro-sinistra sia la prossima Presidente, salvo brogli eclatanti e massicci. Sarebbe un risultato inedito per il Messico che, per la prima volta nella sua storia, avrebbe una Presidente donna. E l’attuale coalizione di governo avrebbe a disposizione un secondo mandato per avanzare nella cosiddetta “Quarta Trasformazione” iniziata da AMLO.

Sul versante internazionale, la possibile vittoria rafforzerebbe le forze progressiste latino-americane e non solo. Un risultato importante visto il vento di destra che spira anche in America Latina.

 

[1] https://www.ilpost.it/2023/01/02/tasso-omicidi-italia-polizia-criminale-dati/

[2] https://www.infobae.com/mexico/2024/02/20/cual-fue-el-favor-que-garcia-luna-le-hizo-a-el-mayo-zambada-a-cambio-de-una-suma-millonaria/

[3] bit.ly/EIMH_2023

(*) Link all’articolo originale: https://marcoconsolo.altervista.org/messico-alle-urne-una-donna-alla-presidenza/

 

Redazione
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