IL MIO COMPAGNO IDRAULICO
di Pabuda
mai avrei conosciuto Luigi l’idraulico
di Castellazzo de’ Stampi,
o dalle parti di Corbetta,
non ci avessero sorteggiati in ospedale
per condividere la medesima stanzetta…
spalle larghe e quadrate
a incorniciare un torace che in balera
era forte e irresistibile ma adesso soffre tutto
per le febbri e lo sconquasso.
l’idraulico di Castellazzo in faccia
è solcato da rugose crepe
come un’antica corteccia,
con in mezzo un nasone da usta
o da taverna
e ai lati due grandi orecchie
di dimensione comparabile.
ch’era pure parecchio alto
io l’ho visto soltanto
quando s’è levato dal letto
per andare,
tanto per cambiare,
a pisciare:
strascicando le ciabatte:
una roba che non riesco a sopportare.
per dare un’idea, l’idraulico Luigi,
amico mio d’ospedale, somiglia
all’autoritratto del cugino brutto
del grande pittore Ligabue.
senza offesa per nessuno dei due
(o dei tre? vabbé…)
non ci siamo detti quasi nulla
eppure, in quattro giorni,
ci siamo conquistati un’intimità
da marito e moglie.
messa così, son più che sicuro,
lui non sarebbe d’accordo.
ma sono incantesimi ospedalieri:
abbiam condiviso di giorno e di notte
l’uno i dolori dell’altro:
lui le mie fitte e lancinanti trafitture
io i suoi brividi di freddo,
i tremori, le sudate e i sussulti di febbre.
l’ho anche odiato, per essere sincero:
in piena notte, quando, non riuscendo
a russare fragorosamente
con quel suo naso da record,
si metteva a sgranocchiare
rumorosissimi biscotti secchi.
così… per tenermi un po’ sveglio.
ma (adesso) son belinate:
ci fossimo incontrati alla posta o allo stadio
forse avremmo fatto a botte.
e io… non sarei qui a raccontarlo:
l’idraulico Luigi tiene due manone gigantesche:
preferisco manco pensarci un secondo.
invece, ripenso volentieri agli abbracci,
alle carezze e ai baci
che il figlio in visita, anche lui idraulico, portava
al suo babbo sgangherato, impaurito e triste:
li ho spiati senza un briciolo di rimorso.