Il Nicaragua di fronte ai Brics…

… a seguito del voto posto il 1° ottobre scorso dal presidente brasiliano Lula sulla partecipazione del paese centroamericano all’incontro programmato a Kazan, in Russia, dal 22 al 24 ottobre prossimi.

di Bái Qiú’ēn

Un uomo politico è grande in misura della sua forza di previsione: un partito politico è forte in misura del numero di uomini di tal forza di cui dispone. (Antonio Gramsci, 1917)

Senza scomodare Isaac Newton e la sua terza legge della dinamica, persino un ragazzino della scuola materna è in grado di comprendere (per esperienza) che a ogni azione corrisponde una reazione (uguale e contraria): se è beccato con le mani nella marmellata, è garantita una bella sgridata dai genitori. A quanto pare, però, gli inquilini della lussuosa residenza di El Carmen non riescono proprio a ragionare sulle possibili conseguenze delle scelte che compiono, essendo politicamente ciechi.

José Saramago aveva scritto nel suo romanzo Saggio sulla cecità (1995; ed it. 1996): «Creo que nos quedamos ciegos, creo que estamos ciegos, ciegos que ven, ciegos que, viendo, no ven». La coppia regnante sul Nicaragua è cieca che, pur vedendo fisiologicamente, non vede politicamente. Purtroppo, come scrive lo stesso Saramago, «i ciechi non vanno dall’oculista».

Non saprei dire se ciò sia dovuto all’“educazione” impartita ai bambini in Nicaragua, ai quali in famiglia è tutto concesso senza che mai, assolutamente mai, ricevano una qualsiasi punizione: domani niente altalena. «Ha rotto la tal cosa?» «Beh, è un bambino»… «Ha tirato un sasso contro Tizio e gli ha rotto la testa?» «Beh, è un bambino»… «Ha dato fuoco alla casa?» «Beh, è un bambino». È l’esasperazione massima delle idee pedagogiche di J.-J. Rousseau, pur essendo il vecchio ginevrino un perfetto sconosciuto per la maggior parte delle famiglie nicaraguensi. In ogni caso, diventando adulti anagraficamente, quei bambini che non hanno mai ricevuto una bella sgridata ritengono che sia loro tutto concesso: la maggior parte di loro cresce nel fisico, ma psicologicamente resta bambino fino al giorno della dipartita. Se poi un di loro diventa presidente della Repubblica con potere assoluto e indiscutibile, nessuna auto-limitazione è pensabile. Il marchese del Grillo era un dilettante al confronto.

Ultimo esempio in ordine di tempo di questa incomprensione delle possibili conseguenze da parte della coppia regnante, è stata l’espulsione dell’ambasciatore brasiliano per non aver partecipato alla celebrazione del 19 luglio (ormai festa non più nazionale ma di partito, per di più personalistico-familistico). Non si è trattato di una dimostrazione di forza, bensì di debolezza; non è stata una decisione politica, bensì uno dei tanti sintomi di decadenza della capacità di governare. Per la cronaca, tra tutti quelli invitati, erano presenti soltanto i rappresentanti di quattro Paesi: Russia, Bielorussia, Cuba e Venezuela. Come era prevedibile, per il principio di reciprocità (facente parte dell’Abc della diplomazia), l’ambasciatrice nicaraguense era stata espulsa a sua volta. Era prevedibile che la storia non terminasse con questo scambio immediato di “cortesie” diplomatiche.

Daniel e Rosario non hanno saputo ragionare a medio termine. Sono capaci di pensare soltanto a scadenza immediata, a ciò che pare convenire giorno per giorno, senza essere in grado di valutare i pro e i contro di una loro decisione. Ciò che può essere conveniente oggi, non è però detto che lo sia anche domani. Neppure l’esperienza insegna e si persiste negli stessi errori (alle volte con lievi varianti poco significative) e se aggiungiamo la classica arroganza del potere…

Il risultato non previsto, oltre all’applicazione del principio di reciprocità, è presto detto. Nel settembre del 2023 Daniel aveva pubblicamente annunciato il suo interesse a che il Nicaragua possa entrare nei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), tentativo di creare una concreta alternativa economico-commerciale al G7 da parte delle economie emergenti. All’inizio di questo 2024 altri Paesi sono stati incorporati: Iran, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia e alla sigla originaria è stato aggiunto il segno +: BRICS+. Attualmente un’altra trentina di Paesi hanno espresso il loro interesse farne parte. L’obiettivo è quello di costruire un sistema commerciale e finanziario globale attraverso accordi bilaterali non basati sul dollaro (de-dollarizzazione). Questa alleanza vede proprio il Brasile come uno dei “padri fondatori”.

Nel giugno dello stesso 2024 il Governo del Nicaragua aveva ufficialmente fatto richiesta di entrare nei BRICS. Esattamente un anno prima aveva proposto a Mosca di poter pagare in rubli o in pesos anziché in dollari le tonnellate di grano e di farina che importa ogni anno per produrre il pane necessario a sfamare la popolazione nicaraguense. Poco più di un mese dopo la richiesta di far parte del BRICS, per pura ripicca da bambino super-viziato, la coppia regnante ha deciso di espellere l’ambasciatore brasiliano. Chiunque, sano di mente, non taglierebbe il ramo dell’albero sul quale è seduto.

La situazione economica del Nicaragua, nonostante i numeri ufficiali del Banco Central (Informe Anual 2023) che si scontrano con quelli del ministero delle Finanze (Hacienda), sta lentamente ma progressivamente peggiorando: la cooperazione internazionale è ormai ridotta al lumicino e la chiusura di innumerevoli ONG aggrava la situazione sociale di buona parte della popolazione. La partecipazione ai BRICS sarebbe forse una boccata di ossigeno per il Paese, che ha un debito estero ormai impagabile (il 97,3% del Prodotto interno lordo alla fine del 2023). Alla fine di maggio il Banco Nacional aveva pubblicato un resoconto economico-finanziario che attestava senza ombra di dubbio il notevole calo delle entrate dovute alla cooperazione estera e, al contempo, mostrava le difficoltà crescenti per ricevere ulteriori prestiti internazionali. Non è secondario il fatto che i prestiti che attualmente riceve il Nicaragua, derivano da concessioni degli anni scorsi (utilizzai anche per pagare gli interessi su quelli già ricevuti). In queste ultime settimane il solito arrogante governo di Washington ha deciso di opporsi a qualunque prestito al Nicaragua da parte degli organismi finanziari multilaterali dei quali fa parte, il che non è di certo una buona notizia. Se all’apparenza il PIL pare in lenta ma costante crescita dopo il crollo del 2018, lo si deve in buona parte alle rimesse delle centinaia di migliaia di migranti e ai prestiti internazionali che portano però all’indebitamento (oggi i soldi ci sono, ma domani chi sarà in grado li restituirli e in che modo?).

Spostiamo lo sguardo verso un altro argomento, però strettamente connesso: già oggi i BRICS rappresentano il 45% della popolazione del pianeta, il 30% del territorio mondiale, il 34,4% del PIL globale e il 18% del commercio internazionale.

Quella del Nicaragua orteguista non la si può di certo ritenere una economia emergente. E se la coppia regnante è senza dubbio dominante (malamente dominante), ciò non significa che sia anche dirigente. Senza dubbio i BRICS rappresenterebbero un vero e proprio salvagente per l’economia del Nicaragua. E il Brasile è senza dubbio l’economia più forte dell’America latina oltre a essere il 7° Paese al mondo (sempre come economia), con un PIL che corrisponde a oltre la metà della somma di tutti i paesi del subcontinente (e si avvia a superare l’Italia tra i quelli più industrializzati).

Persino il bambino di cui sopra, quello della scuola materna, è in grado di comprendere che è meglio avere il Brasile al proprio fianco, piuttosto che ostile, o anche soltanto indifferente. Ma in Nicaragua il presidente della Repubblica «Sta dando fuoco alla casa?» «Beh, è un bambino».

Sarà stata pure una “questione di principio” l’espulsione dell’ambasciatore brasiliano, ma calcolare logicamente quali contropartite si sarebbero dovute pagare (oltre all’applicazione automatica e inevitabile della clausola di reciprocità), fa parte della capacità politica di qualsiasi statista degno di questa definizione. Ma la storia insegna che un regnante (per diritto divino o quasi) non è detto che sia un bravo governante, spesso neppure mediocre.

«Cosa posso dirti Lula, quanti mandati sei stato al governo? Sei stato in carica per due mandati, sembra che ti piaccia essere presidente e da questa presidenza di questo grande paese che è il Brasile, vuoi diventare il rappresentante degli yankee in America Latina. […] Per questo abbiamo rotto i rapporti con il Brasile, perché anche se il Nicaragua è un paese piccolo, abbiamo dignità». Con queste parole Daniel aveva riaffermato la rottura con Lula, alla fine di agosto, senza neppure rendersi conto che il «sembra che ti piaccia essere presidente» detto da chi è al quinto mandato consecutivo come presidente (più uno negli anni Ottanta), fa davvero ridere i polli.

Per quanto qualcuno possa intravedere un nesso con Sandino e la sua lotta antimperialista, parecchia acqua è passata sotto i ponti dalla fine del novembre 1928 a oggi: «La soberanía de un pueblo no se discute, sino que se defiende con las armas en la mano». Quale senso possono ancora avere le parole che il Generale degli Uomini Liberi scrisse all’ammiraglio Sellers, quando per anni si è collaborato strettamente con Washington e persino con il Comando Sud dei marines di stanza a Panamá? Incontrandosi con alti gradi dei marines all’inizio del maggio 2016 lo stesso Daniel aveva affermato: «Siamo interessati a proseguire le relazioni che si stanno sviluppando con gli Stati Uniti in diversi campi, e in particolare in quello Militare, dove l’obiettivo è la Pace, la Stabilità, per poter combattere efficacemente la povertà» (da: El 19 Digital, 3 maggio 2016). «Proseguire le relazioni con gli Stati Uniti»… «Proseguire», «Proseguire»… Coerenza antimperialista davvero eccezionale.

Con buona pace di coloro che sostengono esistere un forte pragmatismo nell’azione dell’orteguismo e si trovano di fronte il suo esatto opposto: le questioni di principio (dov’erano queste questioni di principio nel maggio del 2016?). Il che significa attenersi a un pensiero rigido, fondato su dogmi o verità immodificabili e di conseguenza poco produttivo, poco creativo. Se «rivoluzione» significa, come non può non significare, «cambiamento», la rigidità significa «conservazione»: «Si è sempre fatto così, perché cambiare?».

Risultato: il 1° ottobre 2024 Luiz Inácio Lula de Silva ha posto il veto alla partecipazione del Nicaragua all’incontro programmato prossimamente in Russia (a Kazan dal 22 al 24 ottobre). È presumibile che si opponga pure all’entrata nei BRICS, non soltanto al summit. E Volodia Putin, presidente pro-tempore dei BRICS (nel 2025 sarà Lula), in base alle regole che si sono dati gli stessi BRICS non può invitare i Paesi sui quali non c’è l’unanimità di consensi. Dal punto di vista formale, Putin ha la possibilità di definire le priorità, ma non pare prioritaria l’entrata del Nicaragua e nel 2025 la presidenza pro-tempore passerà al Sudafrica (entrato nell’alleanza nel 2011).

Era prevedibile la posizione di Lula? Forse sì, visto che già da tempo Daniel e la sua Corte lo hanno accusato di essere al soldo di Washington, contribuendo al deterioramento dei rapporti politici tra il Nicaragua e il Brasile. Del resto, chiunque non si allinea ai voleri e ai desideri della coppia regnante è un traditore, un venduto ecc. ecc. Chissà se Lula ne ha ormai piene le tasche di Daniel, consorte e soci? Essere di sinistra non vuol dire riempirsi la bocca di «frasi scarlatte», ma agire diversamente rispetto a ciò che normalmente fa la destra. La fraseologia da comizi lascia il tempo che trova e, se può scaldare qualche cuore, non muta minimamente la realtà.

La storia (o la cronaca) dirà prossimamente se Putin avrà voglia di confrontarsi o addirittura scontrarsi con Lula per imporre la partecipazione del Nicaragua al summit, ma non è certamente un buon viatico per la concordia di una alleanza geopolitica ed economica ai suoi inizi. Del resto esistono già notevoli tensioni e problemi internazionali all’interno dei BRICS, senza crearne uno nuovo: primo tra tutti la ormai storica diatriba tra Cina e India per questione di confini, alla quale si sono aggiunte la guerra della Russia contro l’Ucraina e la più recente situazione bellica in Medo Oriente (che ha come corollario un sempre più netto distanziamento tra l’Iran e agli altri membri arabi dei BRICS+, ovvero tra il “blocco” sunnita e quello sciita). Ragionando con un minimo di logica, inserire un altro problema geo-politico (tra Nicaragua e Brasile) non fa comodo a nessuno dei Paesi membri dei BRICS o aspiranti a farne parte.

Qualche lettore ricorderà il quadro di Bruegel il Vecchio, conservato al Museo di Capodimonte, che ritrae sei ciechi in fila indiana che uno dopo l’altro franano a terra: «quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso» (Matteo 15:14). Qualcun altro avrà presente la breve poesia di Trilussa Li nummeri. Sia l’uno sia l’altra ben si adattano alla realtà attuale del Nicaragua.

«Non credo nei santi che pisciano», afferma un detto nicaraguense.

La triste parabola discendente di san Daniel appare sempre più evidente ed è pure la causa principale del crescente isolamento internazionale di un Paese che negli anni Ottanta del secolo scorso aveva suscitato innumerevoli speranze sulla possibilità di costruire una società nuova e alternativa sia al capitalismo sia al socialismo reale. Questo attuale isolamento è dovuto alla assoluta mancanza di ragionamento logico di Daniel e alla sua scelta di farsi “consigliare” da Rosario (ancor meno dotata di razionalità e di visione politica).

Nel 2016, dopo la “chiusura” dei rubinetti economico-finanziari generosamente offerti dal Venezuela. Daniel si ricordò finalmente che esisteva una forte solidarietà negli anni Ottanta e tentò di riattivarla. Nel 2018 buona parte di quella solidarietà condannò senza se e senza ma il suo atteggiamento ultra-repressivo e non credette alla teoria del golpe blando. Coloro che tuttora lo sostengono, da anni (forse decenni) non si recano nel Paese e non conoscono la realtà effettiva e il degrado della situazione socio-politica. Quelli in buona fede sono rimasti legati a una realtà che non esiste più da tempo. Quelli in mala fede… non vale neppure la pena parlarne.

Verrebbe da pensare che Washington, a prescindere da chi sia seduto sulla poltrona della Stanza ovale, non deve neppure fare enormi sforzi o esercitare forti pressioni su altri Paesi per isolare sempre più il Nicaragua orteguista, visto che ci riesce benissimo da solo.

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