«Il pane e le rose»: ieri Kean Loach e oggi California

in California scioperano lavoratori/lavoratrici degli alberghi, ne scrive Ezio Boero (su pressenza.it): nel 2000 Ken Loach, su quei lavoratori, aveva girato un gran bel film

 

una recensione del film di Ken Loach:

Maya, ha raggiunto Los Angeles in forma clandestina correndo anche dei gravi rischi e ha trovato un lavoro in un’impresa di pulizie grazie alla sorella Rosa. Un giorno aiuta uno sconosciuto a sfuggire dalle mani di Perez, il capo degli operai. Si tratta di Sam, un sindacalista che vorrebbe che i lavoratori scioperassero contro un’impresa che aumenta gli introiti e diminuisce gli stipendi. Ma non è facile spingere alla protesta chi ha assoluto bisogno di quel lavoro e, come Rosa, non vuole tornare a vivere in una condizione di cui Maya non ha mai saputo nulla..
Ken Loach attraversa per la prima volta i confini degli Stati Uniti per proporre una vicenda che trae origine da una protesta avvenuta a Los Angeles. La terra della libertà per eccellenza diviene così oggetto di una lettura non certo tenera nei confronti dei processi di coercizione a cui vengono sottoposti coloro i quali ancora credono al ‘sogno americano’ partendo da posizioni decisamente svantaggiate. Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro. Loach, anche in questa occasione, ci vuole ‘vicini’ ai suoi personaggi e per far questo utilizza tecniche che lascino al contempo spazio interpretativo agli attori e prossimità allo spettatore. Perché il suo stare a fianco degli umili di (per noi) manzoniana memoria respinge la retorica in favore di uno sguardo carico di umanità. Lui e Laverty (sceneggiatore d’elezione) non portano sullo schermo dei personaggi ma delle persone. Questo fa la differenza.

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La calda estate del lavoro in California. Continua lo sciopero negli hotel – Ezio Boero

I manifestanti per i diritti dei lavoratori degli hotel del Sud California hanno inviato una  lettera alla famosa cantautrice Taylor Swift. Solidale con molte battaglie per i diritti civili, lo fu anche nel 2017 con due lavoratrici di un hotel di Los Angeles (LA) oggetto di molestie sessuali. Ad essa si sono rivolte, con una lettera aperta pubblicata sul Los Angeles Times del 27 luglio e visibile per intero sul sito del Sindacato, 50 lavoratrici degli hotel del Sud California, in sciopero da inizio luglio, chiedendole di postporre i suoi concerti a LA di questi giorni, che potrebbero essere il tour di maggior incasso di tutti i tempi. Allo stato attuale, non è noto se la cantante abbia espresso una qualche solidarietà.

Cara Taylor,

ci piaci perché sei una donna forte e coraggiosa. I tuoi concerti portano un sacco di soldi agli hotel dove lavoriamo, ma non c’è alcun ritorno per noi. Dopo la pandemia, gli alberghi hanno aumentato i carichi di lavoro e diminuito le paghe. Non troviamo alloggio vicino al lavoro, così molte di noi dormono in auto tra un turno e un altro. Stiamo lottando per le nostre vite in modo da guadagnare un salario per sopravvivere! Faremo sciopero. Stai dalla nostra parte! Posticipa i tuoi concerti!

Dopo la manifestazione del 22 giugno di donne e uomini che lavorano negli hotel, in gran parte latinos, e dei loro supporter nella comunità e nelle Istituzioni, durante il cui sit-in di fronte all’aeroporto internazionale di LA sono state arrestate quasi 200 persone, e il successivo accordo provvisorio con un solo hotel cittadino, il Westin Bonaventure, la local 11 del Sindacato UNITE HERE ha indetto lo sciopero di 32.000 dipendenti di una sessantina di hotel. Così come deciso col voto degli iscritti.

Dopo i primi 3 giorni di sciopero, in concomitanza con la festa del 4 luglio, gli hotel hanno assunto lavoratori sostitutivi (come possono fare per legge). Una seconda ondata di scioperi si è svolta dal 10 luglio presso Disneyland e l’aeroporto, ed una terza il 20 luglio a Hollywood e Pasadina. UNITE HERE Local 11 ha promesso prossimi scioperi negli hotel delle contee di Los Angeles e Orange.

Oggi il contratto prevede un minimo orario di 20 dollari per le donne delle pulizie e di 22 per lavapiatti e cuochi. La richiesta contrattuale è di un aumento immediato di 5 dollari l’ora e di 3 dollari l’ora per gli anni successivi. Una retribuzione che consenta di vivere dove si lavora, non a chilometri di distanza, alla ricerca di appartamenti meno cari. Mentre gli affitti di Los Angeles, tra i più alti della Nazione e spesso di 2.000-3.000 dollari al mese, impongono il doppio lavoro o la coabitazione, anche di colleghi che utilizzano il letto a seconda dei turni dell’altro. Oppure, peggio ancora, il dormire in macchina durante i giorni lavorativi. Il costo di un alloggio sta ulteriormente aumentando, e così pure gli sfratti per l’impossibilità a pagarlo, mentre le protezioni per gli affittuari stabilite durante la crisi Covid sono state via via eliminate. Il Sindacato ha sostenuto durante le trattative l’imposizione di una tassa del 7% sugli ospiti che soggiornano in hotel onde finanziare l’alloggio della forza lavoro, nonché l’uso di camere d’albergo vacanti per ospitare temporaneamente i senzatetto, che crescono sempre di più.

Inoltre, approfittando del ritorno in attività dopo il picco della pandemia, in molti hotel sono stati riassunti solo una parte dei licenziati, costringendo il personale rimasto a carichi di lavoro molto più pesanti. Dunque è necessario anche un aumento degli organici.

Su tutti questi argomenti la trattativa si è arenata.

La lettera alla cantante non è stata però l’unica spedita: 16 esponenti del clero californiano hanno scritto all’Associazione proprietari di alberghi chiedendole di negoziare un contratto equo e anche di assumere lavoratori neri, che sono sottorappresentati nel personale degli hotel rispetto alla loro presenza nella popolazione. Pure 25 deputati californiani sono intervenuti sulla questione.

UNITE HERE ha infatti accusato gli hotel Laguna Cliffs Marriott e Fairfield Inn di non assumere lavoratori neri a tempo pieno, per chiedere poi, soprattutto a loro, di prestarsi al ruolo di sostituti degli scioperanti (la normativa prevede che le aziende possano assumere crumiri nel caso di scioperi come quelli di stipulazione del contratto di lavoro). Il Sindacato ha chiesto di integrare poi a tempo indeterminato questi lavoratori temporanei afroamericani assunti durante gli scioperi.

Durante lo sciopero è emersa anche una questione riguardante l’uso delle tecnologie per le assunzioni di personale temporaneo. Uno degli hotel, il Laguna Cliffs, che ha camere fino a 2.000 dollari a notte, ha utilizzato l’App Instawork per contrastare la manifestazione sindacale. Uno  dei chiamati al lavoro, un afroamericano, si è trovato di fronte al picchetto e, memore dei suoi trascorsi sindacali, si è unito allo sciopero. L’App lo ha allora automaticamente cancellato da tutti gli altri lavori per cui aveva dato la propria disponibilità. Il Sindacato ha identificato almeno sei hotel che utilizzano Instawork per assumere crumiri e ha presentato una denuncia per violazione dei diritti contro Instawork al National Labour Relations Board (NLRB), l’agenzia federale che vigila sulle norme a tutela del lavoro. Nello stesso hotel del licenziamento tramite App, è avvenuta anche un’aggressione ad un’organizzatrice sindacale e la direzione dell’hotel si è rifiutata di identificare l’ospite violento. In risposta alla due questioni emerse al picchetto, il Sindacato ha indetto il successivo lunedì un ulteriore sciopero. Anche il NLRB, con una nota dell’ottobre scorso, aveva posto all’attenzione dei legislatori il pericolo che “strumenti di gestione algoritmica interferiscano con l’esercizio dei diritti della Sezione 7”. Quella che garantisce il diritto allo sciopero.

L’uso senza regole delle nuove tecnologie è anche attualmente al centro dello sciopero contemporaneo dei lavoratori del cinema e della televisione negli studios di Hollywood (e di New York) che coinvolgono da quasi 3 mesi 11.500 sceneggiatori e dal 14 luglio 160.000 attori. L’incontro del Sindacato sceneggiatori con la controparte, svoltosi il 5 agosto dopo 3 mesi di stallo, si è rivelato inutile. Una delle questioni in ballo è appunto l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale, che riducono il lavoro umano e potrebbero tendere poi, senza una normativa di tutela, progressivamente a sostituirlo, riducendo i posti di lavoro di attori, sceneggiatori, comparse e addetti alle mansioni dietro la camera da presa.

Per fortuna però ci sono ancora persone in carne e ossa con dignità e inventiva. Come i giovani sceneggiatori che marciano sotto il sole da giorni e giorni di fronte ai cancelli dei ricchissimi studi di produzione, o le vigorose donne latine addette alla pulizia delle camere di albergo. Le quali, indossando la camicia rossa del Sindacato e dotate di cartelli bilingui (in inglese e spagnolo), usano i fischietti, percuotono tamburi, secchi, pentole e padelle e gridano slogan nel picchetto di fronte alle porte girevoli di uno degli hotel che rifiuta il rinnovo del contratto: “Sheraton, escucha! Estamos en la lucha”. “Sheraton, ascolta! Noi siamo in lotta!”.

Fonti:

https://www.unitehere11.org/

Helen Li, Hotel workers near LAX walk out in second wave of strikes e Hotel workers kick off third wave of strikes in Hollywood, Los Angeles Times, 10.7 e 20.7

Alex N. Press, Southern California Hotel Workers Are on Strike Against Automated Management, Jacobin, 28.7

Marc Wutschke, A Third Wave of Strikes Crests at Los Angeles Hotels, Labor Notes, 31.7

Jenny Brown, Hotel Workers Strike against Scab Staffing App and Anti-Black Racism, Labor Notes, 1.8

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Aggressioni ai lavoratori in sciopero davanti agli hotel di Los Angeles – Ezio Boero

Abbiamo già parlato recentemente su Pressenza della vertenza in corso dei lavoratori alberghieri di Los Angeles e dintorni, che sono soprattutto donne latine. A più di un mese dall’inizio delle ondate intermittenti di scioperi, alcuni casi di violenza contro i lavoratori, in occasione dei picchetti, hanno coinvolto polizia, Agenzia federale per il diritto al lavoro (NLRB) e amministrazioni locali di Los Angeles (LA).

Le prime violenze si sono verificate il 5 agosto di fronte al Fairmont Hotel di Santa Monica, dove infine la proprietà ha fatto intervenire la polizia.

Il Sindacato Unite Here Local 11, che rappresenta 15.000 lavoratori dell’ospitalità in 60 hotel della California meridionale i cui contratti sono scaduti il 30 giugno, ha citato nelle accuse di “pratiche di lavoro sleale” contro la rappresentanza padronale nelle trattative, scritte nel ricorso immediatamente presentato al NLRB, la sequela di aggressioni di lavoratori. Il 5 agosto, come anzidetto, da parte delle guardie di sicurezza del Fairmont, durante una manifestazione attraverso il quartiere verso l’hotel. Poi da parte di un ospite del Maya Hotel di Long Beach che, mentre un manager spostava con la forza gli scioperanti utilizzando una rete metallica, feriva un lavoratore alla testa. I partecipanti ai picchetti sono stati anche “ripetutamente aggrediti e minacciati” di fronte al Laguna Cliffs Marriott Dana Point, che è di proprietà del Fondo pensioni dell’Università della California.

Due giorni dopo, l’8 agosto, centinaia di lavoratori hanno picchettato l’hotel InterContinental nel centro di LA. Nel corso della manifestazione, le lavoratrici, che cantavano e portavano cartelli, hanno bloccato il traffico, con un grande cerchio, all’incrocio tra Wilshire Boulevard e 7th Street. Lo slogan più gettonato era “Que queremos? Contrato! Cuando? Ahora!» (Cosa vogliamo? Un contratto! Quando? Adesso!). Coppie improvvisate hanno poi eseguito lo Zapateado, una danza tradizionale messicana, al ritmo di un’orchestrina presente sul posto. Anche in quell’occasione, le lavoratrici hanno affermato di non guadagnare abbastanza per permettersi un alloggio vicino al posto di lavoro e neanche in città. Cosa confermata anche da un sondaggio sindacale tra gli iscritti che ha rilevato che il 53% di loro si è trasferito fuori LA negli ultimi cinque anni o ha intenzione di farlo, a causa dei costi degli alloggi a LA.

Dopo la dichiarazione dell’Associazione alberghiera di LA che gli interventi delle guardie private da essa assoldati hanno lo scopo di mantenere la sicurezza e l’ordine nei confronti di lavoratori che suonano sirene e allarmi a tutte le ore e cercano di abbattere le barricate poste di fronte agli hotel, Kurt Petersen, co-presidente del sindacato Unite Here Local 11, da detto nel comizio: “Non saremo vittime di bullismo al tavolo dei negoziati e sicuramente non saremo vittime di bullismo durante i picchetti”. Alcuni rappresentanti comunali hanno portato la loro solidarietà al corteo, ricordando la crescita di sfratti e tendopoli dei senzatetto in città.

La vicenda ha anche un risvolto istituzionale: la maggioranza dei componenti del consiglio comunale del distretto di Anaheim (dove ha sede Disneyland e numerosi alberghi) ha respinto a maggioranza l’unificazione, con la data delle elezioni generali, del referendum che dovrà decidere sulla proposta sindacale per l’aumento del salario minimo dei lavoratori alberghieri del posto a 25 dollari. La decisione serve evidentemente a diminuire l’affluenza ad un voto che i suoi detrattori considerano contrario agli interessi dell’economia locale.

Non è sfuggito a nessuno il fatto che le campagne elettorali di alcuni consiglieri che sostengono questa posizione sono state sostenute proprio dalle proprietà alberghiere. Un’indagine sulla corruzione politica locale, effettuata dalla FBI, ha confermato ciò che da tempo sostengono settori della comunità. E cioè che le politiche del Municipio sono da tempo indirizzate dagli interessi delle proprietà alberghiere (rappresentate dalla Camera di commercio locale), senza tener conto dei bisogni della popolazione povera e anziana e soggetta a sfratti.

Infine, non sembra abbia ricevuto risposta della destinataria l’invito pubblico dei lavoratori (e anche di alcuni rappresentanti politici dello Stato, in primis la ViceGovernatrice) alla famosa cantante Taylor Swift di rinviare i propri concerti a LA dal 3 al 9 agosto per sostenere le rivendicazioni sindacali. I concerti hanno procurato un massiccio introito alla città (per meglio dire, a quella parte delle città proprietaria di strutture turistiche e del suo indotto), introito che ben difficilmente giungerà alla popolazione delle tendopoli dei senza casa se non si attueranno politiche antispeculative. Politiche che dovrebbero tener conto degli interessi popolari finora non previsti all’interno del previsto boom urbanistico e alberghiero procurato dalla Coppa del mondo di calcio del 2026 e dalle Olimpiadi del 2028, che si svolgeranno entrambe a Los Angeles. Tali eventi, pur procurando occupazioni temporanee, faranno salire alle stelle gli affitti e saranno un ulteriore fattore di espulsione dalla città dei poveri ed anche dei lavoratori con salari di povertà (come gli alberghieri, che stanno lottando in questi giorni).

 

FONTI

https://www.unitehere11.org

Hosam Elattar, Anaheim Voters To Decide if Hotel Workers Get $25 Minimum Wage in October, Voice of OC, 27.6

Kevin Smith, Striking hotel workers denounce violence on the picket lines, LA Daily News, 7.8

Helen Li, Suhauna Hussein, L.A.’s striking hotel workers are being roughed up by employers’ security, Union says, LA Times. 7.8

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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