Il più bel romanzo di fantascienza da moltissimo tempo

recensione di Carlo Birocchi a «Le prime 15 vite di Harry August», romanzo di Claire North

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Ancora quindici anni per decidere se questo pianeta lo possiamo ancora salvare, se ne abbiamo voglia e capacità. Mica roba da niente. Quasi un conto alla rovescia. Questo il suggerimento dalle colonne della «Stampa» dell’11 giugno. Lo scienziato autore dell’ammonimento aveva iniziato con il darci 40 anni di tempo per trovare la soluzione al problema. Nel 1990.

«Un giornalista, in un campo del Wisconsin, dove cinque tornado impazzavano sotto un cielo attraversato dai lampi, dichiarò – L’umanità ha imparato a scolpire con gli strumenti della natura, ma non riesce ancora a vedere l’immagine che creerà – E quando le prime guerre per l’acqua iniziarono a scoppiare in Medio Oriente e in Asia, cominciai a capire come la profezia di Christa, rivelata tanti secoli prima in una stanza di ospedale, potesse avverarsi. Il mondo sta per finire, come deve essere, da sempre. Ma la fine sta accelerando».

Harry August è alla sua undicesima vita, sempre e solo nello stesso tempo, anno più, anno meno. Più di settecento anni, tutti diversi con costanti, tutte tragiche e inevitabili, come i fatti gravi della vita dell’umanità. Sta morendo come nelle precedenti vite, imbottito di antidolorifici. Il cancro gli lascia gli ultimi giorni. I primi sintomi si presentano ai 65 anni, qualunque tipo di vita abbia condotto. Se ciò avviene qualche anno dopo è pura casualità. Come è casualità sempre costante nascere da una donna che muore nel bagno di una stazione nel metterlo alla luce. Una cameriera, giovane e sicuramente bella. Il suo padrone è sicuro, no! Lui non l’ha violentata. L’ha solo presa sul tavolo della cucina e lei non ha gridato. Lei non ha gridato. Non ha neppure pensato a farlo. Avrebbe finito di lavorare, niente referenze, licenziamento. Una cameriera puttana, agli occhi di tutti. Quel bambino non ha il tempo di avere il nome che la madre avrebbe voluto, allontanandosi per partorire lontano dalla villa e dalle proprietà del padrone. Un bambino che però deve avere qualcuno che possa badargli. Basta una ricompensa per trovare due genitori adottivi e tutto può essere rimosso. E così vita dopo vita sempre uguale, le varianti stanno da un’altra parte. Ora che sta di nuovo per morire, con la memoria intatta, si presenta questa bambina di sette anni, completo gonna tartan e calzettoni bianchi a chiedergli di fare qualcosa. Perché è troppa l’accelerazione che ha preso il processo di autodistruzione della Terra e dell’umanità. La piccola è venuta da lontano, da generazioni e generazioni contemporanee e future. Anche lei una kalachakra: come dire una persona con addosso non proprio il dono dell’eternità, e neppure semplicemente quello della reincarnazione alla cui continua ruota non si può sfuggire se non arrivando all’Illuminazione. Harry ha creduto in un mucchio di cose diverse, ha cercato risposte nelle religioni, nelle scienze, negli esseri umani, nell’amore. Ci deve essere uno scopo, un perché se qualcuno è così. Pensare di sapere in anticipo cosa accadrà, sapere di Hitler giusto per esempio, e non poterlo far fuori. Ma poi che differenza c’è con il resto dell’umanità? C’è chi ha più strumenti culturali, più conoscenze, persino più capacità di essere ascoltato o di coinvolgere gli altri. Ma questo basta a interrompere il corso della storia, cambiarlo? Non si aspira forse alla tranquillità? Non si è più tranquilli quanto più si ignora? Si ignora la sofferenza altrui e pura la causa delle proprie. Meno angoscia più ignoranza. Gli uroborani, un altro loro nome, vivono di angoscia e non possono neanche far qualcosa per proiettare inquietudine tra le persone sfruttando le proprie conoscenze. Perché il problema è questo: la conoscenza. Per farne?

Mettiamo allora che a tutti sia chiaro cosa fa il Cern, cosa sia stato verificare l’esistenza del bosone di Higgs, “la particella di dio”. Mettiamo che tutti siano convinti del fatto che occorra creare i presupposti che stanno dietro all’antimateria e ai buchi neri, perché poco convinti della soluzione disneyana di «Black Hole», perché se la materia è solo il 5% di ciò che c’è, che altro c’è? Mettiamo che la ricerca serva per acquisire la Conoscenza, la ragione delle cose, dell’esistenza. Allora si potrebbe aspirare ad acquisire il punto di osservazione di dio. No? Uno specchio quantico: ecco lo scopo di tanto peregrinare da milioni di anni. Allora si può e si deve combattere. Forse si possono cambiare gli avvenimenti. Si può far arrivare con decenni di anticipo gli scienziati a fare scoperte essenziali e anche non essenziali. Cambiare la storia può creare distorsioni? Ma anche l’intervento di ogni umano e la sua azione cambiano necessariamente il corso degli eventi.

Il futuro è da riscrivere, recitava il titolo di uno dei temi de «La Repubblica delle idee». Ma Joe Strummer (su suggerimento di Karl Radek e di Karl Liebnecht) ci aveva già convinti che la storia non è scritta. Dove sono i buoni? Fortunatamente non ce ne sono. Rimane sempre il dubbio sui deliri di onnipotenza di chi aspira alla Conoscenza come di chi si adopera per contrastarli, partecipe anch’esso dei progetti di esclusione della totalità dell’umanità della possibilità di scegliere il proprio destino.

«Quella sera una prostituta venne nella mia stanza. In segreto amava Bulgakov e Jane Austin. Quando ero giovane – le spiegai – cercavo le risposte».

Il più bel romanzo di fantascienza da moltissimo tempo a questa parte. Una profonda inquietudine.

Claire North

«Le prime quindici vite di Harry August»

traduzione di Valentina Daniele

384 pagine, 18 €

NN editore

http://www.nneditore.it

 

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