Il problema di Liu Cixin
di Franco Ricciardiello
«Un cambio di passo nel mondo della fantascienza» commenta il New York Times nella nota riportata in quarta di copertina dell’edizione Mondadori di «Il problema dei tre corpi» di Liú Cíxīn, riedito come numero 29 della serie “Urania – 70 anni di futuro”, in edicola con Il corriere della sera e La gazzetta dello sport.
Come dare torto al NY Times? La lettura di questo romanzo si rivela un piacere inatteso, sia per il neofita abituato a leggere solo saltuariamente fantascienza, sia per l’appassionato di vecchia data. Cosa ancora più sorprendente, questa storia lunga e complessa è raccontata con una trama disarticolata ma senza tentativi di drammatizzazione narrativa, com’è ormai abitudine per gli autori occidentali. Sì, perché Liú Cíxīn non è un autore americano dal nome immigrato: è uno scrittore cinese che vive in Cina, anche se ha vinto il Premio Hugo attribuito dalla World SF (altra sorpresa, dal momento che non è di madrelingua anglosassone). Infatti «The Three-Body Problem», uscito in Cina nel 2007, è stato premiato nel 2015 perché tradotto e pubblicato da Tor l’anno precedente.
«Il problema dei tre corpi» non è certamente un romanzo di personaggi; l’introspezione psicologica è scarsa, anche se uno dei molti “motori” della trama è il desiderio di revanche di uno dei personaggi principali, l’astrofisica Ye Wenjie, testimone oculare della morte del padre durante una seduta di “autocritica” della Rivoluzione Culturale; è un romanzo di idee, e ce ne sono a piene mani, come da tradizione in un romanzo che gioca molto sul futuribile. C’è molta tecnologia, soprattutto radioastronomia e telecomunicazioni, ma anche realtà virtuale; c’è altrettanta scienza — particelle elementari, astronomia e persino un po’ di meccanica quantistica – con quel finale sospeso, preludio a un seguito narrativo, che richiama esplicitamente l’entanglement; c’è infine una gran quantità di immaginazione futuribile, con dimensioni oltre la quarta, con geometria avanzata, con paradossi matematici, e poi ancora. E tuttavia, in fin dei conti è semplicemente un romanzo sul primo contatto con una civiltà extraterrestre.
Tutto inizia al tempo della Rivoluzione Culturale di fine anni Sessanta che precipita la Cina nell’anarchia, in un vuoto di potere che si rivelerà devastante e in un livello di conflittualità che sfiora la guerra civile. La violenza istituzionalizzata consegna per anni il destino del colosso comunista nelle mani dei mediocri, che perseguitano non solo i resti della classe dirigente borghese, ma soprattutto intellettuali, insegnanti, chiunque riveli una capacità superiore alla media. Le parole d’ordine “di classe” si trasformano in slogan tranchant che non ammettono deviazione da un dogma semplice da comprendere. La ricerca scientifica, sia pratica che teorica, bandita a forza dalle università, viene mantenuta in alcuni siti segreti per volontà della dirigenza del Partito.
In uno di questi luoghi, nel centro del continente, si tenta un esperimento ambizioso, che prevede la trasmissione di informazioni sulla vita terrestre verso lo spazio interstellare, nell’ipotesi che esistano intelligenze aliene su altri mondi: l’iniziativa è avviata dopo analoghi tentativi occidentali, nell’ambizione di contrastare una visione capitalista della civiltà umana.
Inaspettatamente, il messaggio viene ricevuto da qualcuno, grazie soprattutto a un’intuizione di Ye Wenje che amplia la capacità di ricezione. Il romanzo è la storia della scoperta, da parte di un esperto di nanomateriali di nome Wang, di un segreto gelosamente custodito sia da un’organizzazione nichilista segreta che auspica una palingenesi dell’umanità tramite un’invasione aliena, sia dai governi che iniziano la repressione.
Il problema del titolo è quello del pianeta Trisolaris, in orbita intorno a un sistema formato da tre stelle, che soffre periodicamente disastri tali da estinguere la civiltà, costretta a ripartire da zero: è la sfida contenuta in un gioco di realtà virtuale avvincente e altamente sofisticato, oppure è davvero la realtà di un mondo lontano, ma comunque troppo vicino, tanto da rappresentare una minaccia per l’esistenza della razza umana? Minaccia in grado di cancellare qualsiasi possibilità di progresso scientifico sulla Terra?
Un gran libro da leggere dunque, e anche da rileggere.
Perché forse è il momento di spostare parte dell’attenzione dal personaggio alla trama. Qualsiasi autore nato e cresciuto in un Paese dell’Occidente cristiano, o ex-cristiano, avrebbe speso un certo numero di pagine nel giustificare il passaggio da una posizione politically correct a un comportamento nichilista; perché non riusciamo a concepire che si possa scegliere scientemente il male. Un autore cinese invece ci dimostra che non è necessario alcun travaglio narrativo, che il bene e il male coesistono perché sono soltanto gli effetti di un punto di vista teleologico, visto che il motore della sua storia non è una guerra fra luce e tenebre, bianco e nero, ma una lotta istintuale per la sopravvivenza della razza umana.
Cixin Liu, Il problema dei tre corpi, Mondadori 2018, ISBN 9788804680604
Semplicemente GENIALE. La trilogia è una pietra miliare non solo per la fantascienza. Consiglio di leggerla nell’ordine in cui è stata pubblicata. Apre finestre, porte e portoni su mondi inimmaginabili, a partire dalla Cina.
Si, perché è sinocentrico e non eurocentrico.
Si impara tanto, relativo a quanto pensiamo di conoscere e cioè niente, sulla storia della Cina dalla Rivoluzione in poi e della loro mentalità.
Io, dopo aver letto o meglio divorato la trilogia, non sono riuscito a leggere più niente di fantascienza e per mesi.
Mi sono ripreso ripartendo da Jack Vance, l’unico che continua a sorprendermi anche dopo averlo riletto più e più volte.
Se Jack Vance avesse scritto a quattro mani con Cixsin Liu non oso immaginare cosa ne sarebbe uscito.
Dalla trilogia escono infiniti universi paralleli e infinite dimensioni … no è inutile si fa fatica anche solo a pensarci. Leggetela.